John Muir era un ingegnere scozzese trapiantato negli Stati Uniti ed è stato un noto precursore dell’ambientalismo: fondò il Sierra Club, tuttora attivo: https://www.sierraclub.org/library
Nel maggio 1869 Pat Delaney, padrone di un grosso ranch, gli offrì un lavoro estivo nelle montagne della California per accompagnare e sorvegliare le sue pecore e i suoi pastori. Muir accettò con entusiasmo l’offerta e passò quell’estate con le pecore nell’area di Yosemite. Durante quell’estate Muir cominciò a creare teorie su come quelle aree si erano sviluppate e come si era comportato in esse l’ecosistema, facendo escursioni ed osservazioni naturalistiche, disegnando ed osservando piante, animali e rocce.
Il suo diario di quell’estate è stato in seguito raccolto nel 1911 nel suo libro La mia prima estate sulla Sierra.
Proponiamo per la lettura alcune pagine tra le tante, quelle relative ad una lunga escursione attraverso il Bloody Cañón sino al Lago Mono, in cui ha occasione di incontrare dei nativi americani ed un loro villaggio.
A fronte del fatto che Muir è stato un precursore, un secolo e mezzo fa, del moderno ambientalismo, egli è stato criticato per la sua visione della natura selvaggia come pura, in accordo con ciò che scrisse Carolyn Merchant “John Muir vedeva i parchi nazionali come natura selvaggia allo stato puro, senza animali [domestici] o nativi Indiani”. Nel brano relativo al lago Mono Muir disprezza gli indiani che aveva incontrato, rapportandoli a degli sporchi animali che non appartengono alla vita selvatica.
Il libro è stato tradotto in italiano ed è stato pubblicato nella collana Licheni di Vivalda già nel 1995, poi riedito dalla casa editrice Keller nel 2021 (Massimo Silvestri)
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Concordo con i commenti. Ma mi chiedo cosa pensare di quei politici che nel corso degli ultimi decenni han chiuso presidi sanitari, uffici postali, trasferito uffici pubblici, vessato con norme e balzelli chi produceva in loco con i modi del luogo i prodotti del luogo. Costringendo, di fatto, all’abbandono di interi paesi. E non si può dire nemmeno l’abbiano fatto per il “bene” della natura!
Sono stati razzisti? Poco colti? Di corte vedute?, Ma al di là dei termini se guardo ai molti paesi invasi dal bosco non riesco a non confrontare i nativi americani con i nativi montani miei connazionali
Chiunque può essere un buon naturalista , a prescindere dagli studi intrapresi antecedentemente. Quello che conta è immergersi totalmente in questo meravglioso mondo , ,con un certo criterio didattico per fornire alla scienza e quindi al mondo intero un patrimonio ( la conoscenza esatta dlle bellezze della creazione) Non basta ,però l’assiduità con cui si lavora; è necessaria tanta sensibilità verso ogni forma di creazione, una sensibilità che tutti non possiedono, come si vede. Costui, per quanto abbia contribuito con la ricerca, con lo studio e con il sacrificio alla realizzazione di una grande opera, no sarà mai, a mio avviso, degno nè di essere ricordato nè di essere encomiato per la sua lucida stupidità.Apprezzare le piante e non apprezzare la cultura ,la vita dei nativi di quel posto, al punto di disprezzarli e di odiarli, svaluta il suo operato.
Il razzismo potrebbe identificarsi con la semplice cattiveria, mentre, in realtà è una foma distorta della realtà, cioè una patologia psichiatrica.
Ostico commentare qui, la idea del titolo (Muir discutibile) sembra volere sposare il concetto assai in voga della cancel culture , idea che non condivido . Sorvolare puo’ essere (oggi non allora) tacciato di razzismo incipiente se non conclamato. Letto i passaggi incriminati mi pare non ci siano peccati tali da rimuovere J.Muir dal libro dei profeti sacri , ammesso che le sue descrizioni portino titoli di sacralita’ ambientalista.