Un voto per una montagna sacra nel Gran Paradiso

Si intitola Una Montagna sacra per il Gran Paradiso il progetto che candida Toni Farina a miglior ambientalista dell’anno per il premio Luisa Minazzi. Il progetto sarà presentato a Torino il prossimo 26 novembre 2022, alle ore 10, al Museo della Montagna.

Un voto per una montagna sacra nel Gran Paradiso
di Emanuela Celona
(pubblicato su piemonteparchi.it il 10 novembre 2022)

«Per cominciare, non chiamarmi ambientalista. È un termine che non mi piace». Inizia così la conversazione con Toni Farina, torinese, classe 1953, candidato alla XVI edizione del premio Luisa Minazzi ‘Ambientalista dell’Anno’. Una provocazione? Non esattamente. Avendo condiviso con lui per otto lunghi anni l’ufficio di redazione di Piemonte Parchi, so cosa intende dire.

Ambientalista è una definizione che ‘ghettizza’, che divide le persone inserendole in ‘categorie’: chi si impegna per l’ambiente, e chi invece non lo fa. “Ma secondo te, può esserci qualcuno disinteressato a preservare l’ambiente in cui vive?!? Ambientalista è un termine che andrebbe superato perché bisogna obbligatoriamente esserlo!“, spiega Farina.
Una sensibilità, quella di rispetto nei confronti di ciò che lo circonda che matura fin da ragazzino, quando anziché farsi regalare un motorino – come molti suoi coetanei – preferisce una bicicletta: “Molto più silenziosa. E molto più sostenibile!”, commenta.

Veduta sul Monveso di Forzo e Toni Farina, con alle spalle la ‘Montagna Sacra’

Insieme all’esperienza giornalistica su Piemonte Parchi, si è occupato di comunicazione per il settore Parchi della Re­gione Piemonte ed è diventato esponente di spicco dell’associazione Mountain Wilderness, oltre a far parte della Commissione Centrale Tutela Ambiente Montano del Club Alpino Italiano (CCTAM) del Cai Piemonte Liguria Valle d’Aosta ed è stato membro del consiglio direttivo del Parco nazionale Gran Paradiso. La montagna del resto è una delle sue grandi passioni e da qui nasce l’idea che lo porta a essere tra i finalisti del premio Luisa Minazzi.

L’idea candidata al premio
Ho proposto di istituire una ‘Montagna sacra per il Gran Paradiso’ nell’anno del centenario del primo parco nazionale italiano per creare consapevolezza attorno al concetto di ‘limite‘.
Il progetto impegna chi aderisce dall’astenersi al salire sulla cima della montagna individuata ‘sacra’ per la natura. Nessuna regola formale, nessuna imposizione, solo una libera condivisione. Un nuovo modo di fruire un parco e, più in generale, la montagna e gli ambienti naturali
“, racconta l’intervistato.

Perché non siamo tutti strenui difensori dell’ambiente: un po’ perché impegnarsi richiede fatica, un po’ perché anche coloro che lo fanno, non riescono a essere massa critica tanto da innestare un cambiamento culturale. Eppure, i temi ambientali sollevano spesso un’attenzione generalizzata: “È vero, ma solo in occasione di disastri. E nonostante l’emergenza climatica in atto, non c’è ancora abbastanza attenzione sulle problematiche ambientali. Non piove quasi più. Non abbiamo più neve. Presto non avremo più acqua. Eppure nulla ci smuove e non adottiamo comportamenti diversi: come è possibile?“.

Perché il Gran Paradiso
«Quest’anno ricorrono i 100 anni del primo parco nazionale italiano. Quale posto migliore, per trovare un luogo da consacrare alla natura, e quale migliore ricorrenza, se non questa?», commenta Farina.

Il monte ‘sacro’ in questione è il Monveso di Forzo che si trova in testa al vallone omonimo, tra Piemonte e Valle d’Aosta, tra la Val Soana e la Valle di Cogne. Impervia per le sue caratteristiche morfologiche è forse una delle zone meno turistiche del parco, proprio perché più selvaggia. “Abbiamo scelto questa montagna – e preciso ‘abbiamo’ poiché il progetto nasce da una idea mia e di Antonio Mingozzi (ex direttore del parco nazionale, NdR) – perché innanzi tutto è bella da vedere, trattandosi di una splendida piramide che si vede fin dalla pianura, e poi perché effettivamente è di difficile accesso, con i suoi 2200 metri di dislivello.

Qualcuno ci ha anche detto: ‘Troppo comodo, scegliere una montagna inaccessibile come montagna sacra, e quindi di per sé già intoccabile!’. Ma non raccogliamo la provocazione, perché lo scopo non è individuare una montagna sulle cui cime vanno tutti, per poi dire: ‘Stop! Non si sale più!’. Ma, invece, individuare un monte che possa divenire depositario di un progetto culturale, simbolico, volto a un obiettivo di riqualificazione turistica del territorio“, spiega il finalista.

Una montagna da contemplare?
Ma se sono ai piedi del Monveso di Forzo, cosa posso fare? “Sicuramente contemplarlo“, risponde Farina. “Ma nessuno ci vieta , ad esempio, di progettare un percorso sulla sacralità che può trovare ai suoi piedi il punto di partenza. I nostri occhi non hanno limiti, esattamente come la nostra fantasia. L’unico limite è non salire su quella montagna, ‘simbolicamente’ – e fisicamente – non calpestarla“.

La chiacchierata continua serrata, e ci si confronta sull’importanza del concetto di ‘limite’ in un mondo che scoppia (di caldo, di plastica, di persone!) dove la biodiversità sta pagando il prezzo più alto. “Stiamo tagliando il ramo sul quale siamo seduti e l’aspetto peggiore è che siamo in pochi ad avere questa consapevolezza“, dice Farina allargando le braccia, in un gesto quansi di desolazione.

Il progetto ‘Montagna sacra’
Al progetto Una montagna sacra per il Gran Paradiso hanno aderito più di mille persone e tra queste, anche nomi illustri come: Michele Serra, Enrico Camanni, Paolo Rumiz, Lella Costa, Giovanni Storti, Luisa Ronchey, Paolo Cognetti, Guido Dalla Casa, Giuseppe Cederna, Riccardo Carnovalini, ma anche alpinisti come Hervé Barmasse, Manolo, Kurt Diemberger, Fausto De Stefani, Alessandro Gogna. Partito circa tre anni fa, oggi conta tra i suoi firmatari oltre alle singole persone, anche associazioni, enti, istituzioni (come il CAI, il Club alpino inglese, e altri ancora).

“Ma qualcuno di scettico c’è stato?”, gli chiedo. “Eccome!“, mi risponde. “Prendiamo, come esempio, gli alpinisti. La loro vita è scalare le montagne. Eppure, ce ne sono alcuni che hanno capito il senso e si sono complimentati per l’idea. Uno per tutti, Ettore Champrétavy, valdostano, posatore di lose per professione e skyrunner per passione che, nel sottoscrivere il documento d’intenti ha affermato: ‘Per me, montanaro, fa un po’ strano non salire su una montagna, io che sono stato tra i pionieri dello skyrunning, ossia il movimento sportivo dei ‘corridori del cielo’. Però sono pienamente d’accordo con voi in quanto sono figlio delle Alpi e i miei avi hanno vissuto grazie al continuo e quotidiano superamento della verticalità, senza però ricercare l’effimera euforia della conquista delle vette. Io vivo grazie alle loro fatiche e alla loro saggezza. Quindi la montagna si può scalare ma si può benissimo anche solo contemplare e direi che in questo mondo assurdo di continua corsa agli eccessi, un po’ di contemplazione non guasta’”.

La sacralità della montagna
Sembra che in tutto l’Occidente non esistano montagne sacre sulle quali l’uomo ha scelto di non salire. Almeno questo è quanto rilevato dai filosofi, teologi e storici delle religioni che hanno contribuito all’evoluzione dell’idea. Montagne sacre, nel senso religioso del termine, esistono ma in altre culture. Sono sacri alle culture locali il Machapuchare 6993 m (Nepal) e il Kailash 6638 m (Cina), entrambi preclusi all’accesso umano. Poi, nell’Uluṟu – Ayers Rock, sito nell’omonimo parco nazionale australiano, è vietato all’accesso turistico dal 2019, almeno secondo quanto si legge sulla pagina internet del progetto.

Spesso le montagne sacre essendo legate a culti religiosi, diventando luoghi di incontro simbolici tra Dio e l’uomo. Ed è proprio su questo termine, ‘sacro’, che si sono misurate le discordie: “Alla fine abbiamo deciso di interpretare il termine in senso ampiamente laico: una sorta di sacralità come simbolo di tutta la Natura. Sacro non vuole quindi avere, nel nostro caso, alcun collegamento a una religione, né essere segnale di un particolare misticismo. Semplicemente, una montagna sacra che viene individuata come luogo da lasciare esclusivamente agli ‘altri’, simbolo affettivo ed emotivo della Natura tutta e per il suo valore intrinseco, non in funzione umana“, aggiunge Farina.

Le tappe del progetto
Lo scorso 19 giugno 2022 è stata organizzata la prima camminata per la ‘Montagna sacra per il Gran Paradiso’. Hanno aderito un centinaio di persone e ora il progetto viene presentato il prossimo 26 novembre 2022, alle ore 10, al Museo della Montagna di Torino (scarica qui la locandina). “Adesso è tempo che l’idea della Montagna sacra diventi un progetto culturale vero, concreto. Occorre che sia propulsore di confronto, di dibattito e di crescita per le comunità locali. Trovare accoglienza da chi abita in quelle valli non è scontato. Cogne, ad esempio, comune notoriamente turistico, non ha sostenuto l’idea. Il Comune di Ronco, invece, è più possibilista e, ad esempio, il presidente del Consorzio turistico delle Valli del Canavese ha già sottoscritto il documento», spiega l’intervistato. L’obiettivo è contribuire a rendere ‘vivo’ questo territorio montano, magari intercettando finanziamenti destinati a territori abbandonati e risollevare borgate come Boschetto e Boschettiera; oppure far nascere un centro di documentazione sulla montagna, e via di questo passo… Le idee non mancano“, spiega Farina.

Ma il parco nazionale può contribuire in tutto questo? “Certamente! Anche se per ora l’ente non ha ancora aderito, i parchi – in generale – sono i migliori propulsori di cultura ambientale, sostenitori ed educatori di un turismo rispettoso della natura e dell’ambiente, al quale tutti noi dovremmo tendere. Sono quei laboratori di sostenibilità in cui nuovi rapporti tra uomo e natura possono essere costruiti. Ma per fare questo, sono obbligati a ‘uscire’ dai propri confini per essere parte di un progetto, più ampio, culturale e non limitarsi all’area protetta“.

Il premio Luisa Minazzi
Il tempo della chiaccherata è volato e non abbiamo parlato abbastanza di un premio che riconosce l’impegno, la tenacia e la passione messi al servizio di un unico grande obiettivo: il cambiamento positivo. Promosso da Legambiente e da La Nuova Ecologia insieme al Comitato organizzatore composto da numerose organizzazioni sociali di Casale Monferrato (Al), dall’Ente di Gestione delle Aree Protette del Po piemontese e dal Comune monferrino, il vincitore verrà proclamato il prossimo 2 dicembre 2022, in una cerimonia conclusiva che avverrà al termine della quinta edizione di un Festival della virtù civica che si tiene a Casale, a partire dal 27 novembre 2022.

Come si vota
Dopo le nomination designate dalla giuria preliminare – composta da Rosy Battaglia (Cittadini Reattivi), Stefano Ciafani (Legambiente), Daniela Ciaffi (Labsus), Domenico Iannacone (giornalista), Francesco Loiacono (La Nuova Ecologia), Toni Mira (giornalista), Letizia Palmisano (giornalista) – adesso è la volta della giuria popolare che potrà esprimere la propria preferenza tramite il modulo on-line sul sito www.premioluisaminazzi.it.

Ci sarà modo di conoscere meglio Toni Farina e anche gli altri finalisti venerdì 2 dicembre 2022, data in cui è prevista la cerimonia conclusiva del Premio intitolato a Luisa Minazzi. Ma sia chiaro: le otto figure finaliste selezionate sono tutte emblematiche della voglia di lasciare un segno positivo e tutte particolarmente significative per questo momento storico, ma noi facciamo il tifo per una sola…)

Votate qui Toni Farina e il progetto ‘Una montagna sacra per il Gran Paradiso!

Il video della RSI Radiotelevisione svizzera di lingua italiana

https://www.rsi.ch/play/embed?urn=urn:rsi:video:15128536&subdivisions=false

Informazioni sul premio:  www.premioluisaminazzi.it – www.festivalvirtucivica.it – segreteria@premioluisaminazzi.it 

Premiazione: venerdì 2 dicembre 2022 (ore 16.30) a Casale Monferrato, anche in streaming

Pagina Facebook @premioluisaminazzi 

*********************************

Informazioni su ‘Una montagna sacra per il Gran Paradiso’: https://www.sherpa-gate.com/la-montagna-sacra/ 

Pagina Facebook @montagnasacra 

10
Un voto per una montagna sacra nel Gran Paradiso ultima modifica: 2022-11-13T05:20:00+01:00 da GognaBlog

23 pensieri su “Un voto per una montagna sacra nel Gran Paradiso”

  1. Ho già espresso il mio pensiero su questa iniziativa tempo fa, quando sul blog venne pubblicato l’articolo che la presentava.
    Mi fa molto piacere che la cosa abbia avuto seguito. Avanti così e speriamo che quante più persone possibile arrivino alla consapevolezza del “limite” (in montagna e non solo).

  2. Sarà per via del fatto che è la giornata mondiale degli incidenti sulla strada … Ma limitare la velocità a 65 allora servirebbe eccome

  3. Ringrazio Ghezzer (20) per avere scritto il commento che avrei voluto scrivere io ma non riuscivo a mettere le idee insieme così bene.
    Quindi sottoscrivo pienamente!

  4. L’idea non sarebbe brutta in sé se non fosse inutile, velleitaria e persino patetica. E’ come se qualcuno proponesse di usare un’ora in meno al giorno il telefono cellulare, o un gruppo di automobilisti si imponesse di non superare mai i 65 km orari. 
    Servirebbe a qualcosa? A nulla. Valorizzatori e speculatori continueranno l’assalto alla montagna come prima e più di prima. E non sarà certo un’elite di illusi idealisti a impedirglielo o a fargli cambiare idea.  
    Serve, come ha già detto qualcuno, non ripiegarsi nella rinuncia ma piuttosto un sano antagonismo. Alla fine il problema vero è che gli ambientalisti sono sempre quattro gatti che combattono contro i mulini a vento, incidono nella realtà poco o nulla. Perché la maggior parte delle persone se ne frega, non si interessa, non si informa, non si impegna in nulla. 
    E anche il vasto popolo dei “montanari”, cioè di quelli che hanno il profilo Facebook zeppo di foto di montagna, sono in buona parte dei consumatori di montagna: usano gli impianti, vanno in bici sui sentieri, lasciano rifiuti in giro, fanno scialpinismo alla faccia della fauna che cerca faticosamente di sopravvivere in inverno, vanno in auto, in jeep, in moto, ovunque e comunque. La montagna è la loro “palestra outdoor” personale e non sono disposti a rinunciare a nulla. I valligiani poi, quelli che spesso si vantano di “vivere la montagna”, sono i primi che vorrebbero sparare a orsi e lupi.
    La “montagna sacra” senza alcun limite reale, è un simbolo vuoto, che rischia addirittura di ottenere l’effetto contrario: cioè attirare ancora più gente del solito. 

  5. Diciamo che forse sarebbe stato meglio scegliere il Gran Paradiso..Sul Monveso di Forzo ci saranno salite 10 persone in 100 anni..

  6. Intervengo solo per precisare un risvolto che mi pareva implicito, ma spesso non tutto è chiaro a tutti. Oltre la numero di uscite individuali, conta moltissimo il “modo” in cui si agisce durante l’uscita. Ovvio: il modo “riservato” in cui si mette piede in un mondo in cui siamo ospiti (l’ambiente naturale). La combinazione fra le due cose (numero uscite e modalità di comportamento durante ogni uscita) determina la pesantezza o meno dell’impatto antropico sull’ambiente.

  7. In merito al progetto qui discusso sono già ampiamente intervenuto in precedenza quindi mi esento. Rubo spazio alla rete solo per brevi considerazioni riguardanti alcuni equivoci che continuano a circolare.
    non si tratta di divieto, impossibile e soprattutto inopportuno, in quanto progetto culturale nato per far discutere, quindi ben venga la discussione
    non c’entra con riservfe integrali o similari, codificate e istituite a tutela di specifici habitat e/o specie naturali (vedasi caso limiti allo sci alpinisno nei parchi d’Abruzzo, Mont Avic e altri ancora)
    non è un progetto di Toni Farina ma di un comitato. Progetto al quale continuano le adesioni e che sarà presentato il 26 novembre al Museo nazionale della Montagna di Torino
    infine saluto l’amico Alberto Paleari che mi ha definito “buono e gentile”. Non mi era mai capitato, nelle valli del Parco Gran Paradiso sono definito un gran romp…i
    Saluti

  8. Grazie Claudio e Mg. Penso che anche un piccolo atto simbolico come quello proposto da Toni Farina possa servire a cambiare le coscienze. Non quella dello speculatore, le nostre. I simboli sono importanti, servono a unirci, noi che la pensiamo allo stesso modo, a trovarci, a riconoscerci, a renderci più forti, a essere più consapevoli, e, come dice bene Claudio, a prepararci a lotte più concrete. 

  9. Se Alberto Paleari dice che Toni Farina è una brava persona, io non ho dubbi. Non ho neanche dubbi sulla genuinità della sua iniziativa. E non vorrei che lo schierarsi su un fronte critico facesse pensare a un atteggiamento autoassolutorio: non sono uno che se ne frega, cerco sempre di fare la mia parte, soprattutto se si tratta di difesa della wilderness montana. Ma detto questo, voglio ribadire che, in particolare in questo momento storico, quello che occorre è antagonismo. Cosa volete che gli importi, a uno speculatore, se un gruppo di alpinisti sottoscrive l’impegno a non violare più una cima. Se poi lo vogliamo vedere come un esercizio di autodisciplina, una specie di purificazione che ci possa preparare alle lotte più concrete dell’immediato futuro, allora ci sto. Eleggo a mia montagna sacra le Stornade dei Monti del Sole, che ho qui davanti ai miei occhi. Seconda cosa: non dovete pensare che essere critici nei confronti di questa iniziativa possa nascondere una posizione di tipo “negazionista”. La crisi ambientale c’è. Nessun dubbio su questo.
    Paleari per favore intervieni più spesso!

  10. “Non piace l’iniziativa individuale per risolvere la crisi ambientale? ”
    Certo che piace, l’ho scritto ieri in altro thread. 
    Ma il cambiamento, a mio avviso, non è l’autolimitarsi a 40 gite all’anno invece di 80, quella è semplicemente una scelta inutile (o stupida, a seconda dei punti di vista.
    Le scelte individuali  che rilevano sono a mio avviso quale che derivano da un cambio di prospettava individuale che, gradualmente, può portare ad una presa di coscienza più ampia ideano a contrapporsi al meccanismo imperante ( che se frega totalmente  se tizio va ai monti 1/7/10 volte). 
    In altri termini, non è diminuendo l’impronta singola, comportamento certamente virtuoso, che migliorerà l’impatto globale sull’ambiente, almeno sino a quando non prenderemo coscienza che è l’impostazione complessiva dei sistemi occidentali destinata a deflorare, con il concetto di crescita e profitto continui e faremo qualcosa per contrapporci a quello, senza inutili pratiche autocastranti.
    quanto alla montagna sacra, ben venga se diventa uno stimolo, iniziativa inutile se diventa un parafulmine (imho, ovviamente)
    Non conosco Toni Farina e se Paleari ne parla bene non dubito che sia un grande. 

  11. Ho conosciuto Toni Farina tanti anni fa come sporadico collaboratore di Piemonte Parchi, l’ho conosciuto meglio  e personalmente nel 2016. Ho scoperto un uomo buono e gentile che è un vero difensore della natura. Ho appoggiato fin dall’inizio il suo progetto di istituire una montagna sacra. Il nome non piace per il suo significato religioso? Bene, visto il successo che ha avuto presso tutte le religioni, perché non farlo nostro per attribuirlo a qualcosa che vogliamo rimanga inviolato? Non piace l’iniziativa individuale per risolvere la crisi ambientale? Tutti i cambiamenti sono nati dagli individui, dal cambiamento delle coscienze individuali. Tanti individui con la medesima idea messi insieme fanno i movimenti, i partiti, le rivoluzioni.  

  12. “Se, magari fra 10 anni, sapessimo tutti “autolimitarci” (nell’intensità, nel numero di uscite, nei luoghi frequentati, nel tipo di approccio), magari non ci sarà più alcun bisogno dei tanto vituperati “divieti.”
    l’autolimitazione tafazziana del singolo, il controllo ossessivo e maniaco sulle condotte individuali, per comprimere vite, spunti, energie, serenità, sensibilità e creatività individuali.
    Mentre l’industria prospera, sbanca, devasta, muta, inquina ovunque e comunque. per il proprio profitto e della finanza che la gestisce.
    dall’amazzonia a Cortina. Passando per le Apuane.
    Ma voi, mi raccomando, comprate solo pile riciclati  e fate il corso caianosabaudo per andare a vedere la montagna sacra… che fra trent’anni ci sarà un pinguino in più, grazie al vostro sforzo encomiabile di bravi sudditi. 

  13. @7 Paolo Gallese. Ho detto stamattina che a suo tempo ebbi addirittura uno scambio “vivace” con farina sul punto un questione. Non c’entra la sua attività nel complesso, che è solo da ammirare e costituisce un esempio cui ispirarsi. Il progetto specifico mi lascia un po’ perplesso per una diffidenza (ideologica) di fondo che cerco di sintetizzare: non è il piato forte dell’impegno ambientalista, socie in questo frangente. Altri e ben peggiori avversari abbiamo cui dedicarci come prima attività. Li ho specificati nel primo intervento. Tuttavia il progetto ha un notevole fascino “culturale”: dare esempio a tuti gli appassionati dell’outdoor che i frequentatori “maturi” (della montagna, ma non solo) sanno autolimitarsi. Se, magari fra 10 anni, sapessimo tutti “autolimitarci” (nell’intensità, nel numero di uscite, nei luoghi frequentati, nel tipo di approccio), magari non ci sarà più alcun bisogno dei tanto vituperati “divieti.
     
    L’aggettivo “sacro” dovrebbe estendersi a tutto l’ambiente montano, anzi a tutto l’outdoor. Come entriamo “rispettosi” in San Pietro o a Notre Dame, ugualmente dovremmo imparare tutti a muoverci “rispettosi” in ambiente. Il primo passettino verso questo obiettivo strutturale può essere quello preconizzato da Toni Farina.

  14. @7 Dal mio punto di vista l’equazione non è matematica. Ma spesso chi arrampica al top (anche a livello amatoriale) ritiene invece che lo sia nell’altro senso, ovvero che gli “esempi” da seguire siano i top climber. Io penso che il tema dei nostri tempi sia la mentalità ambientalistica e quindi tendo a privilegiare l’attività di persone come Farina piuttosto che l’ottavogradista. quanto ai cannibali, essi sono trasversali: ci sono terzogradisti cannibali e ottavogradisti cannibali. E, per inverso, ci sono terzograditi ma anche ottavogradisti “maturi e responsabili”. Il grado non c’entra, ma non c’entra neppure in positivo. Ovvero non è che se uno fa l’8c, allora è in assoluto un “esempio” cui ispirarsi. Tutto qui.

  15. In pratica, da quello che leggo, l’intervento di Crovella ha già buttato in vacca l’ennesima opportunità di discutere. Contenti voi, contenti tutti.

  16. Crovella, benchè io condivida spesso molto di quello che dici, proprio con capisco perchè ripresenti regolarmente la stessa equazione scalatori estremi = esempi da non seguire (cannibali come li chiami tu).
    Guarda che chi scala su vie dure (falesia, montagna), non ci arriva per caso ma tramite un percorso, spesso lungo di anni, di sacrificio, determinazione, passione. E non di rado trovo molta più attenzione all’ambiente fra questi che non in altri. Tra l’altro, volendo seguire il tuo concetto di “più montagna per pochi”, noto che sulle vie difficili come nelle falesia più selettive c’è sempre poca gente. Il problema se mai è il numero di quelli che NON volteggiano sull’8c.
    In ogni caso l’equazione non tiene, in entrambi i sensi.
    Detto questo, sul tema dell’articolo, ho già avuto modo di dire la mia ai tempi. Meritevole ogni tentativo di sensibilizzazione sul rispetto dell’ambiente. Ma questa iniziativa proprio non mi trova d’accordo, la valuto troppo poco concreta. Si voleva fare qualcosa di più dirompente? Ma allora perchè non il Gran Paradiso stesso? Perchè una montagna che, con tutti il rispetto, pochissimi conoscono?
    E poi perchè uno sfortunato tizio che passa le sue vacanze in quella zona, che rispetta la montagna più di qualsiasi altro, che sale il Monveso da anni per godersi una gita che ama, magari la sua preferita, dovrebbe astenersi dal farlo perchè qualcuno, non si sa bene su quali basi, lo ha nominto “Sacro” e invita tutti a non salirlo? Mah….che pensiero contorto. Nel frattempo rifugi sempre più alberghi (e dalle parti del Gran Paradiso ne sanno qualcosa), auto sempre più in alto, piste da sci ovunque.
    Ditemi voi….
     
     
    Per me, a titolo di esempio, 

  17. Bene fa chi ha a cuore la salute dell’ambiente (in montagna, ma non solo) a preferire progetti come questo rispetto a quelli diametralmente opposti.
    Carlo Crovella, non mi è chiaro il tuo perché. Senza nulla eccepire all’ideatore, cosa ha di più questo progetto?
    Non si vuole nessuna limitazione? Ma se il progetto partisse pensi che altri non lo cavalcherebbero magari distorcendolo?
    E a quel punto come si svilupperebbe il confronto tra “sacro e profano”? (È una battuta)

  18. Una precisazione, anche se non voglio mescolare temi di articoli diversi.
    Quando parlo di “formazione” (prospetticamente inevitabile, a mio parere) non intendo limitarci a insegnare come si fa il mezzo barcaiolo o come si usa l’ARTVA. Anche quelle cose, ma la vera “formazione” cui mi riferisco è quella che punta a creare una mentalità rispettosa dell’ambiente (montano nel ns caso, ma in teoria non solo montano).
     
    L’obiettivo di tale formazione è che gli alpinisti (=frequentatori delle montagne) del domani abbiano una mentalità del genere e che, soprattutto, NON abbiano le mentalità opposte e deleterie. Da questo punto di vista vale di più l’esempio e l’impegno dei Farina & C che il volteggiar sull’8c di alcuni “istruttori”, magari in una falesie sul bordo della strada…

  19. Il progetto impegna chi aderisce dall’astenersi al salire sulla cima della montagna individuata ‘sacra’ per la natura. Nessuna regola formale, nessuna imposizione, solo una libera condivisione. Un nuovo modo di fruire un parco e, più in generale, la montagna e gli ambienti naturali
     
    Siamo all’opposto di chi “protesta” perché il Parco (Abruzzo, non G.Paradiso) gli impedisce di concretizzare la “passione di una vita” (?!?). Bene fa chi ha a cuore la salute dell’ambiente (in montagna, ma non solo) a preferire progetti come questo rispetto a quelli diametralmente opposti. 
     
    A suo tempo ho preso le distanze dall’idea di Toni farina, di cui però apprezzo immensamente l’operato. infatti più che preservare una montagna, dovremmo agire per estirpare le mentalità opposte, sia quella di chi concepisce la passione epr la Natura come praticare sport in montagna sia quell’altra, altrettanto deleteria, della montagna consumistica e commercializzata (“alla Briatore”). in sintesi: oggi come oggi, meglio una stazione sciistica in meno che una montagna sacra in più.
     
    Ciò precisato, “Chapeau” a Toni Farina e a tutti quelli che operano con lui e come lui. Avercene…

  20. Un’iniziativa che non mi piace. A parte l’idea di autolimitarsi, che rimanda a penitenze di tipo religioso, c’è poi quella forma sbagliata di ambientalismo che fa dire al promotore dell’iniziativa: “non piove più, non c’è più neve, eppure nulla ci smuove e non adottiamo comportamenti diversi”. Come se l’autolimitarsi, l’iniziativa individuale di autolimitarsi, potesse portare davvero un contributo per la risoluzione della crisi ambientale. Ed è proprio la natura simbolica dell’iniziativa che è sbagliata, perché a insistere sull’importanza di “cambiare stile di vita”, imporsi qualche rinuncia ecc. ecc., a insistere su questi concetti sono proprio e per primi i centri di potere che poi, inevitabilmente, promuovono lo sfruttamento dell’ambiente per motivi di interesse economico. In questo senso, un’iniziativa di autolimitazione non può che guadagnarsi applausi istituzionali e premi.

  21. Nella religione cristiana il santuario è un luogo di venerazione e di pellegrinaggio, ma non è un feticcio o un alibi per consentire altrove ciò non si dovrebbe fare dovunque. In questo caso la tradizione religiosa offre un modello di educazione morale superiore ai maldestri tentativi laici di recuperare il senso della sacralità con l’esclusione dalla vita. Tutti possono partecipare e diventare pellegrini alle condizioni stabilite dal rispetto della natura, il silenzio e soprattutto l’umiltà.
     

  22. La parola “sacra” è quella dietro la quale, a mio modesto parere, si nasconde la criticità del progetto. 
    Nel nostro paese è una parola che appartiene a dimensioni molto precise dei nostri pur differenti retaggi culturali regionali e locali.
    Ed è diverso il senso con cui, ad esempio, la si utilizza in culture più “esotiche” (delle quali ho la sensazione si voglia fare il verso).
    Sul senso e sui diversi sentimenti che questa parola accende o meno nella sensibilità di ognuno, nasce un primo fronte di perplessi.
    Inoltre si tratterà sempre di una “sacralità” nata a tavolino, non affermatasi nel sentimento comune, nel senso di appartenenza.
    Alcuni, per quanto tanti, avranno deciso che…
    Se si vuole scegliere un simbolo, lo si faccia e basta, come un marchio nel marketing, senza attribuirgli significati che non avrebbe, né potrà mai avere in questo modo.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.