Una bozza di regolamento assai contrastata

Sta montando la protesta contro la bozza di regolamento del Parco nazionale Gran Sasso e Monti della Laga approvata dal Consiglio direttivo dell’Ente il 9 dicembre 2019.

A dispetto del fatto che il presidente del Parco, Tommaso Navarra, abbia ribadito che “è stata redatta una semplice bozza” del regolamento “ad opera dei tecnici”, poi inviata in visione “a tutti i portatori di interesse per le osservazioni”, è anche vero che, stando alla delibera, i termini scadevano l’8 febbraio. Un tempo limitatissimo per avviare la necessaria fase di condivisione e ascolto dei portatori di interesse, delle associazioni e degli operatori oltre che dei frequentatori della montagna, nell’esame del lunghissimo e complicato documento, di ben 92 pagine.

In un momento storico in cui le aree protette vengono vissute con fastidio, se non con aperta avversione, dagli abitanti delle comunità che vi insistono, la fretta per un’approvazione e la soffocante burocratizzazione dell’Ente parco rischiano di determinare uno scivolamento del dibattito verso prospettive radicali di rifiuto dell’idea stessa di tutela. Un gioco a perdere, per tutti. “Si avverte da lontano che il regolamento difetta del sostegno politico e del raccordo con le popolazioni”, scrive l’architetto Stefano Cardelli sul Messaggero; “appare un lavoro di buona fattura burocratica, attento più al controllo e agli impedimenti che alla condivisione della tutela del paesaggio, un concetto che ha a che fare con l’uguaglianza dei cittadini”.

Scrive Daniela Tinti, botanico del Parco: “La bozza di regolamento approvata è stata ottenuta dall’assemblaggio di altri documenti di varia natura e varia provenienza: i disciplinari attualmente in vigore, le misure di conservazione, un regolamento tipo che il Ministero ha fornito ai Parchi e così via. Questo complesso lavoro è stato svolto da un consulente esterno incaricato dall’Ente, in tempi assolutamente record, e avrebbe dovuto rappresentare la base da cui partire per un lavoro di valutazione critica, standardizzazione, ma soprattutto – a parere mio, ma non solo – di un percorso condiviso e partecipato con i cittadini, le amministrazioni, i professionisti e tutte quelle figure che quel regolamento dovranno conoscerlo, applicarlo e farlo applicare, prima di tutto comprendendolo a fondo (soprattutto negli obiettivi imprescindibili dettati dalla Legge, e non da noi) e, auspicabilmente, condividendone i contenuti“.
E’ chiaro,la fretta di approvare un documento di lavoro ancora tutto da elaborare si può facilmente comprendere se si pensa alla concomitante scadenza del mandato del Consiglio. “Quello che non si può comprendere è come, ancora una volta, siamo (e dico ‘siamo’ perché non mi sento priva di responsabilità, nonostante i ripetuti avvertimenti, la preghiera di non farlo e l’esatta previsione di quello che si sta verificando ora, per non parlare delle mie vicende personali che potrebbero anche importare relativamente…) riusciti a disintegrare quella poca fiducia residua, ammesso che ancora ce ne fosse, dei cittadini verso l’Istituzione” continua amaramente la Tinti. “La questione delle e-bike, che ha giustamente scatenato questo putiferio, è ovviamente ridicola posta in quel modo, fermo restando che non è ridicola la questione delle mountain bike sui sentieri di montagna (e sicuramente non è l’unico scivolone contenuto in quel regolamento). Ma non è niente in confronto alla leggerezza suicida compiuta con questo atto“.

In seguito alle proteste il sindaco dell’Aquila, Pierluigi Biondi, aveva annunciato “Ci sarà uno differimento di almeno novanta giorni dei termini per la presentazione delle osservazioni alla bozza di Regolamento del Parco Gran Sasso-Monti della Laga“.

Nei mesi che sono seguiti il dibattito è proseguito, a cominciare da un tavolo in comune fortemente voluto dagli assessori Fabrizio Taranta, Francesco Bignotti e Fabrizia Aquilio con la partecipazione degli amministratori comunali, degli usi civici, e del Centro Turistico del Gran Sasso, “dove finalmente tutti si sono seduti insieme, senza distinzioni politiche”.
Giungendo così alla conclusione che l’infinità di osservazioni individuate rendono totalmente irricevibile il documento.

Osservazioni alla Bozza del Regolamento dell’Ente Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga
di Pasquale Iannetti (sue note in rosso)

Le finalità di un Ente Parco
Tutela e valorizza i beni naturali, quelli ambientali e quelli storico-culturali presenti sul suo territorio, coordina le attività turistico-ricreative e cura il sostentamento delle popolazioni locali.
Il perno fondamentale della gestione di un Parco è la tutela nell’interesse pubblico naturalistico. L’articolo 12 della Legge “Quadro sulle aree protette” n.394 del 6 dicembre 1991 afferma che: “la tutela dei valori ambientali e naturali affidata all’Ente Parco è perseguita attraverso lo strumento del piano per il parco” attribuendo, quindi, al Piano del Parco il valore e l’efficacia della dichiarazione di pubblico generale interesse.
Il Regolamento persegue gli obiettivi di tutela della biodiversità e di tutte le componenti ambientali, anche con riguardo al paesaggio, collocandosi nel quadro culturale delineato dalla Convenzione Europea del Paesaggio e accolto a livello nazionale con il D.lgs. n. 42/04 e s.m.i. e con la legge n. 14/06 di ratifica della stessa Convenzione.

Art. 8 Divieti generali
1. Sul territorio del Parco sono vietati:
v) il sorvolo non autorizzato dall’Ente e dalle competenti autorità, secondo quanto espressamente definito dalle leggi sulla disciplina del volo, ad eccezione di elicotteri ed altri velivoli esclusivamente nel momento in cui siano impiegati per interventi di soccorso, antincendio e sorveglianza e per operazioni di lavoro aereo, previa autorizzazione dell’Ente Parco.

Osservazione all’art.8
Aggiungere la nota delle associazioni di volo (deltaplano, parapendio e tuta alare).

Art. 9 Nulla osta
1. Ogni provvedimento permissorio o autorizzatorio di interventi, impianti ed opere ricadenti nel territorio del Parco deve essere preceduto da una richiesta di nulla osta presentata all’Ente. Tale richiesta deve essere corredata dalla documentazione indicata sul sito web dell’Ente. Il nulla osta verifica la conformità dell’intervento richiesto con le disposizioni del Piano e del Regolamento ed è reso entro sessanta giorni dalla richiesta. Per necessità di istruttoria tale termine potrà essere prorogato, per una sola volta, di trenta giorni. Decorso inutilmente tale termine, il nulla osta si intende rigettato ai sensi dell’art. 20, comma 4, della Legge n. 241/90
Questo è quello che dice la Legge Quadro 394: decorso inutilmente tale termine il nulla osta si intende rilasciato.

Osservazione all’art. 9
L’articolo 9 della Bozza si deve adeguare la norma della legge Quadro n. 394.

Art. 13 Accensione di fuochi e abbruciamenti
1. Su tutto il territorio del Parco è vietata l’accensione di fuochi, al di fuori delle abitazioni e loro pertinenze, dei centri abitati, delle aree appositamente attrezzate individuate e censite nella cartografia ufficiale dell’Ente Parco di cui all’Allegato L), e fatto salvo quanto stabilito dal successivo comma.

2. E’ consentito ai proprietari di edifici e agli aventi titolo di accendere fuochi per cucinare vivande o usare bracieri portatili da barbecue e fornelli da campeggio, purché ciò avvenga nelle aree di pertinenza degli edifici medesimi e nel rispetto delle norme antincendio regionali e di quelle previste dal Parco nel vigente Piano per la previsione, prevenzione e primo intervento degli incendi boschivi.

Osservazione all’art. 13
Nella proprietà privata il Regolamento mi impone di usare bracieri portatili da barbecue e fornelli da campeggio per cuocere i cibi. Ovvero in una proprietà privata non posso istallare dei barbecue fissi o dei forni.

Art. 17 Ricerca e raccolta di prodotti del bosco e del sottobosco
1. Nella zona a del Parco non è consentita la raccolta dei prodotti del bosco e del sottobosco.

2. Nelle zone b, c e d la raccolta dei prodotti del bosco e del sottobosco è vietata:

a) nelle aree di nuovo rimboschimento, prima che siano trascorsi cinque anni dalla messa a dimora delle piante;

b) nelle aree percorse da incendio, prima che siano trascorsi cinque anni dal verificarsi dallo stesso.

3. Nelle zone b, c e d, ad eccezione di quanto stabilito al comma 2, è consentita la raccolta dei prodotti del bosco e del sottobosco indicati all’Allegato G) del Regolamento, che fissa anche il quantitativo individuale massimo in peso del prodotto fresco che può essere raccolto in un giorno.

4. Ai minori di anni 14 è consentita la raccolta purché accompagnati da soggetti maggiorenni e sotto la loro responsabilità. La raccolta di prodotti del bosco e del sottobosco del minore concorre a formare il quantitativo giornaliero individuale di raccolta consentito all’accompagnatore.

5. Non sono tenuti al rispetto dei limiti di raccolta di cui all’Allegato G) del Regolamento:
a) il proprietario o chi abbia un legittimo titolo di godimento del fondo;

b) i residenti nei Comuni del Parco per i quali la raccolta dei prodotti del sottobosco costituisca fonte di lavoro stagionale o di sussistenza, da dichiarare mediante autocertificazione a norma di legge;

c) gli organizzatori di mostre, seminari e altre manifestazioni di particolare interesse naturalistico, previa autorizzazione dell’Ente.

6. È vietata la raccolta mediante rastrelli, uncini o altri mezzi che possano danneggiare lo strato umifero del terreno, l’apparato radicale o il fusto delle piante, la densità del cespuglio e i nidi di uccelli ospitati.

7. La raccolta dei prodotti del bosco e del sottobosco è consentita da un’ora prima della levata del sole a un’ora dopo il tramonto.

Osservazione all’art. n. 17
Siamo tornati al feudalesimo. Il “signore” fissa il quantitativo massimo di quanti lamponi, fragole, mirtilli, rosa canina o bacche di ginepro posso raccogliere per mangiare!!!!! Se viene con te a raccogliere il prodotto della terra un figlio, che ha meno di 14 anni ne può raccogliere di meno. Ma qual è la ragione?

Art. 18 Ricerca e raccolta di specie tradizionalmente utilizzate a scopo alimentare
1. Nel territorio del Parco, ad esclusione della zona A sottoposta a tutela integrale, sono consentite la ricerca e la raccolta delle specie tradizionalmente utilizzate a scopo alimentare di cui all’Allegato H) al Regolamento, che fissa anche il quantitativo massimo in peso del prodotto fresco che può essere raccolto in un giorno. Per i minori di anni 14 accompagnati da un adulto il quantitativo massimo si intende ridotto ad un terzo.

2. L’Ente, in relazione a particolari e motivate esigenze di tutela della flora e della fauna presenti nel territorio del Parco, può vietare o limitare, temporaneamente o permanentemente, la raccolta di specie tradizionalmente utilizzate a scopo alimentare.

Osservazione all’art. 18
Anche in questo caso siamo tornati al feudalesimo. Il “signore” fissa il quantitativo massimo di quanti spinaci o quanta cicoria posso raccogliere per mangiare!!!!! Mio figlio, che ha meno di 14 anni e che viene con me a raccogliere il prodotto della mia terra ne può raccogliere un terzo in meno. Ma quale è la ragione? Forse lui mangia di meno?


Art. 24 Animali randagi e d’affezione
1. È vietato immettere cani e gatti e altri animali di affezione all’interno del Parco, ad eccezione di quelli di proprietà dei residenti che possono stazionare esclusivamente nell’ambito delle aree di pertinenza delle abitazioni e nei centri urbani (zone d2, d3, d4, d5).

2. I cani di proprietà, al di fuori delle proprietà private come sopra definite dovranno essere condotti in base a quanto previsto dall’Ordinanza del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali 3 marzo 2009 “Ordinanza contingibile ed urgente concernente la tutela dell’incolumità pubblica dall’aggressione dei cani”.

3. Nelle zone b e c del Parco l’ingresso di cani, al fine di evitare il disturbo della fauna, è autorizzato solo sui percorsi pubblici (strade e sentieri) e tassativamente al guinzaglio.

4. Nelle zone a del Parco l’ingresso di cani è comunque vietato.

Osservazione all’art. 24
Considerazioni sul divieto di introduzione del cane domestico nel Parco (a cura di Luigi Nespeca, autore di centinaia di fotografie del Gran Sasso, autore della pubblicazione Dog Trekking in Appennino.

Premetto che un corretto approccio ad un turismo dog friendly potrebbe in qualche misura combattere il problema del randagismo nelle aree protette. É chiaro che occorre predisporre delle aree di riserva integrale ove non sia possibile introdurre cani o essere umani “non addetti ai lavori” occorre però delimitare tale area in modo ragionevole.

Le principali giustificazioni a base delle interdizioni sono:
a) Rischio di predazione di animali selvatici da parte del cane domestico.
Quali sono le statistiche relative ai casi certificati di predazione di animali selvatici da parte di cani domestici durante un’escursione? Io non ho mai incontrato un bassotto all’inseguimento di un camoscio o di un capriolo, ma non nego che vi siano casi in cui l’animale domestico possa sfuggire al controllo del proprietario lanciandosi all’inseguimento di una lepre, di sicuro senza alcun successo venatorio e senza gravi conseguenze per la psicologia dell’animale inseguito. In questi casi il pericolo maggiore è indubbiamente per l’animale domestico, che non essendo abituato all’ambiente potrebbe incorrere in incidenti. Questi sono comportamenti da evitare, magari grazie a delle campagne informative mirate, organizzate e promosse dall’Ente Parco.

b) Interferenza nelle politiche di ripopolamento di alcuni selvatici.
Esprimo il forte dubbio che un cane domestico abbia poteri anticoncezionali, specialmente se condotto al guinzaglio in aree frequentate sia da turisti che da selvatici, come per esempio la zona del Corno Grande, Corno Piccolo, Monte Aquila, Portella, Brancastello, dove i camosci spesso accompagnano i numerosi escursionisti senza risentire della loro presenza, come evidenziato dal successo ottenuto nel ripopolamento.

c) I cani sono portatori sani di malattie che potrebbero decimare le popolazioni dei selvatici.
Quali sono le statistiche sulle cause di mortalità dei selvatici? Di certo sappiamo che un’altissima percentuale dei decessi prematuri di orsi marsicani è direttamente legata al fattore umano (orsi morti annegati e di stenti dentro le vasche di cemento o investiti). Senza contare le attività venatorie non autorizzate e di frodo.
Sarebbe opportuno verificare le condizioni sanitarie dei cani residenti nel territorio, adibiti a guardiania delle greggi o altro, attraverso campagne di censimento e vaccinazione.

Mi rendo conto che l’argomento potrebbe essere oggetto di una lunga trattazione, difficilmente esauribile in poche righe; mi rendo disponibile a partecipare a tavoli di discussione finalizzati alla stesura di un capitolo dedicato alla conduzione dei cani nel territorio del parco, proprio al fine di massimizzare l’efficacia del regolamento in tal senso, senza diffondere sentimenti di discriminazione nei confronti di chi consapevolmente ed amorevolmente voglia vivere la montagna con il suo cane.

Articoli n. 79, 80, 81, 82, 83, 86 e 89
L’alpinismo è una delle più belle manifestazioni anarchiche che esistano sul pianeta terra e tale deve rimanere, senza leggi, senza regole, senza imposizioni dall’alto, senza padroni e senza padreterni.
“Sarà merito degli alpinisti di oggi e di domani, combattere una lotta accanita contro ogni forma di strumentalizzazione, sia che venga dall’interessatissima industria, sia che venga dai confini politici di destra e di sinistra. I caratteri più belli e genuini dell’alpinismo sono la ricerca appassionata e forse disperata di libertà, l’insofferenza per ogni regola umana e per ogni legge che non sia dettata dalle forze supreme della Natura, la ricerca di spazio e di infinito, il desiderio di entrare in armonia con le forze cosmiche e terrestri. La vita di oggi cammina verso una pianificazione che porta all’esatto contrario (Gian Piero Motti)”.
Pertanto questi articoli vanno rimossi completamente.

Art. 79 Attività sportive
1. Nel territorio del Parco è ammessa l’attività sportiva, nell’ambito dei limiti fissati dal Piano del Parco e dal presente Regolamento.

2. I limiti di cui al comma precedente possono riguardare, la natura dell’attività ammessa, il periodo e le località di espletamento, il numero dei fruitori e altri specifici aspetti che lo richiedano.

3. L’Ente Parco, con proprio atto, può in ogni caso modificare i suddetti limiti in ragione di specifiche necessità di salvaguardia degli ecosistemi.

4. In tutto il territorio del Parco sono vietate le manifestazioni sportive e ludico ricreative che possano direttamente danneggiare o disturbare la fauna ovvero danneggiare la flora e la vegetazione.

5. In tutto il territorio del Parco, l’arrampicata sportiva è consentita esclusivamente nelle palestre di roccia autorizzate dall’Ente Parco.

Art. 80 Attività alpinistica
1. L’alpinismo è il percorrere zone rocciose, glacializzate, innevate o ghiacciate delle montagne, in ambiente isolato, lontano e selvaggio (alpinismo d’avventura), seguendo degli itinerari che presentano difficoltà variabili sia tecniche sia psicologiche, che conducono ad una vetta, ad un valico oppure al termine di una parete rocciosa o di un pendio innevato, anche con gli sci ai piedi.

2. Per il superamento delle difficoltà tecniche si possono utilizzare delle metodologie di assicurazione, atte a prevenire incidenti che compromettano l’incolumità personale, senza modificare l’ambiente. Oltre al materiale di assicurazione tradizionale possono essere utilizzati chiodi a espansione per l’attrezzatura delle soste, per evitare danni alla roccia con le continue chiodature e schiodature; il numero di ancoraggi tra le soste deve restare limitato al minimo indispensabile.

3. L’adattamento delle Vie Storiche con le metodologie moderne per il mantenimento delle condizioni di sicurezza non deve comportare un deterioramento ambientale e paesaggistico, deve salvaguardare l’interesse sportivo, senza denaturare o sminuire l’aspetto e l’interesse storico delle vie.

4. La pratica dell’alpinismo è consentita liberamente su tutto il territorio del Parco, salvo eventuali interdizioni di cui all’art. 86 che segue.

5. L’arrampicata sportiva consiste nell’arrampicare su massi, blocchi e/o falesie, tramite passaggi di ogni difficoltà il cui fine è procurare piacere sportivo, della prestazione fisica e delle difficoltà tecniche superate mediante il concatenamento di gesti tra i più belli e vari, oltre che atleticamente difficili e impegnativi. Essa è consentita liberamente nelle località descritte nel seguente art. 83, salvo eventuali interdizioni di cui all’art. 86 che segue.

6. Gli itinerari sono attrezzati in maniera da ridurre al minimo il rischio di incidenti in caso di caduta che, per le difficoltà elevatissime che si cerca di superare, ha una elevata probabilità di verificarsi. Il fine è di mettere in condizioni di tranquillità l’arrampicatore, il quale può sentirsi sicuro nel portare i propri gesti ai limiti.

7. Il bouldering è una branca dell’arrampicata sportiva che consiste nell’arrampicare su massi e blocchi di roccia di buona qualità, privi naturalmente di vegetazione, senza che occorra alcuna attrezzatura (si arrampica slegati). Esso è consentito liberamente in tutto il territorio del Parco salvo eventuali interdizioni di cui all’art. 86 che segue.

8. Al contrario dell’alpinismo, l’arrampicata sportiva e il bouldering non tendono al raggiungimento di una vetta o di un valico in alta quota e sono svolte in aree generalmente a bassa quota e all’uopo appositamente dedicate.

9. Le attività su terreno libero da neve sono costituite dal camminare sui sentieri della rete escursionistica, per la percorrenza di valli e crinali e il raggiungimento di vette, valichi, rifugi, ecc. Esse sono consentite liberamente su tutto il territorio del Parco, salvo eventuali interdizioni di cui all’art. 86 che segue.

10. Le attività in ambiente innevato sono quelle che consentono di percorrere, con gli sci, ciaspole, scarponi e ramponi, ecc., valli, pendii, creste, crinali, canali ecc., per il raggiungimento di vette, valichi, rifugi, ecc. Esse sono consentite liberamente su tutto il territorio del Parco, salvo eventuali interdizioni di cui all’art. 86 che segue.

11. L’attrezzatura delle vie escursionistiche (vie ferrate) o di arrampicata, la moltiplicazione degli ancoraggi su un sito o la moltiplicazione dei siti attrezzati può portare a un degrado ambientale spesso non sostenibile in particolare all’interno di un parco ed anche in relazione all’etica comportamentale della frequentazione rispettosa della montagna.

Art. 81 Attività su terreno libero da neve
1. Le attività su terreno libero da neve si possono praticare liberamente su tutto il territorio del Parco, tranne le limitazioni di cui all’art. 86.

2. Gli escursionisti sono tenuti a percorrere i sentieri, per evitare l’innesco di gravi fenomeni erosivi (sentieri che attraversano ghiaioni, rocce, pendii ripidi), il disturbo alla fauna selvatica e il danneggiamento della vegetazione.

3. In relazione ai Percorsi attrezzati, sarà permesso esclusivamente il ripristino e la manutenzione delle ferrate storiche.

Art. 82 Attività in ambiente innevato
1. Le attività in ambiente innevato si possono praticare liberamente su tutto il territorio del Parco fatte salve le limitazioni di cui all’art. 86 ed il rispetto delle disposizioni normative vigenti.

Art. 83 Arrampicata sportiva e bouldering
1. Il bouldering si può praticare liberamente su tutto il territorio del Parco fatte salve le limitazioni di cui all’art. 86 ed il rispetto delle disposizioni normative richiamate in premessa.

2. L’attività di attrezzatura delle vie multiple (arrampicata sportiva) sarà limitata alle strutture situate in aree raggiungibili a partire dai pressi delle strade con pavimentazione asfaltata e aperte alla circolazione delle automobili.

3. I siti di arrampicata sportiva potranno essere attrezzati in prossimità dei rifugi alpini solo previa autorizzazione del Parco.

4. L’attività di bouldering potrà essere svolta liberamente purché non danneggi la flora e disturbi la fauna dei dintorni del sito e non comporti l’asportazione di vegetazione dal blocco di roccia stesso.

5. I frequentatori dovranno mantenere la pulizia dei siti di arrampicata pena l’applicazione delle sanzioni di cui all’art. 87 e al titolo VI – capo III.

Art. 86 Interdizioni
1. L’Ente Parco può interdire, al fine di perseguire i propri fini istituzionali, la frequentazione di alcune particolari aree per la conservazione di ecosistemi, habitat e specie, provvedendo, conseguentemente, anche alla chiusura di sentieri, piste e vie di arrampicata esistenti, sulla base delle conoscenze a disposizione e/o di studi specifici.

2. Tali interdizioni, che potranno essere a tempo indeterminato o limitate nel tempo (ad esempio periodo riproduttivo di una o più specie), saranno formalizzate in speciali atti pubblicizzati completi di adeguata cartografia.

3. In tali atti potrà essere eventualmente considerata la possibilità di ingresso a turisti (in numero limitato) esclusivamente se accompagnati da Guide Alpine o Accompagnatori di Media Montagna o a referenti del Club Alpino Italiano e di Club Alpini Stranieri, previa autorizzazione dell’Ente Parco.

Art. 88 Riprese fotografiche, fonografiche e video-cinematografiche
1. Nel Parco sono libere e gratuite le riprese fotografiche, fonografiche e video cinematografiche eseguite con qualsiasi mezzo esclusivamente per fini personali e dilettantistici e di cronaca giornalistica, nonché quelle svolte nell’ambito di attività di ricerca scientifica.

2. Nell’esecuzione delle riprese è vietato arrecare disturbo alle specie animali e danneggiare il patrimonio naturale e ambientale.

3. Le riprese fotografiche, fonografiche e video-cinematografiche eseguite a fini commerciali, editoriali e pubblicitari, sono soggette a preventiva autorizzazione dell’Ente Parco e subordinate al pagamento dei diritti stabiliti come segue, e aggiornabili con apposito provvedimento:
a) riprese con finalità editoriali commerciali, eseguite con qualsiasi mezzo: da Euro 150,00 a Euro 1.500,00;

b) riprese pubblicitarie fotografiche: da Euro 250,00 a Euro 2.500,00;

c) riprese pubblicitarie video cinematografiche da Euro 500,00 a Euro 5.000,00.

4. Il diritto, così determinato, è comprensivo delle spese per l’assistenza fornita dal personale del Parco durante l’effettuazione delle riprese.

5. La Direzione del Parco può applicare una riduzione del diritto fino al 20%, qualora sul materiale foto-video-cinematografico venga chiaramente riportata la dicitura “Ripresa effettuata nel Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga”.

6. L’autorizzazione alla vendita a terzi dei prodotti realizzati con le immagini riprese nel Parco comporta il raddoppio dei diritti stabiliti.

7. L’autorizzazione comporta l’obbligo di consegnare all’Ente copia delle riprese effettuate su supporto riproducibile in modo da poter essere utilizzate dall’Ente per i suoi fini istituzionali.

8. Sono fatte salve le norme sui diritti d’autore qualora tale materiale venga utilizzato dall’Ente per fini commerciali.

Osservazione all’art. 88
Il pagamento del “pizzo” per le riprese fotografiche, fonografiche e video-cinematografiche. Quali sono le Entrate di un Ente Parco secondo l’art. 16 della Legge Quadro sulle Aree Protette 6 dicembre 1991, n. 394?
1. Costituiscono entrate dell’Ente Parco da destinare al conseguimento dei fini istitutivi:
f) i canoni delle concessioni previste dalla legge, i proventi dei diritti d’ingresso e di privativa e le altre entrate derivanti dai servizi resi.
Spiego qui che cosa sono i “diritti d’ingresso e di privativa”.

La privativa, in diritto, è una disposizione che dà dei privilegi a determinati produttori o artefici in cambio della loro opera. Le leggi privative erano particolarmente frequenti durante il medioevo in paesi come l’Italia, ma esistono privative tuttora, soprattutto nel campo del diritto industriale (associate spesso ai monopoli). Con le privative, assimilabili a diritti di esclusiva, si riconoscevano ad alcune classi di artefici particolari privilegi (stato di monopolio o oligopolio, talvolta associate a esenzioni, sovvenzioni, ecc.), affinché essi non esportassero le loro conoscenze tecniche in altri luoghi, permettendo alla città o alla regione in questione di ottenere una supremazia tecnica e commerciale in alcuni settori di eccellenza. In alcune città le privative erano rivolte solo a esperti provenienti da fuori, affinché essi instaurassero botteghe e officine per praticare il loro mestiere. Nel medioevo le categorie più esposte a privative erano quelle dei lavori tessili di pregio, del vetro, dell’oreficeria, talvolta di discipline artistiche. Il rovescio della medaglia era che spesso erano previste pesantissime sanzioni per chi lasciava la città anche se spesso, per le produzioni d’eccellenza, c’era sempre qualche altro luogo pronto ad accogliere a braccia aperte questa manodopera altamente specializzata e redditizia. Attraverso una storia delle privative si evince che spesso queste sono introdotte quando una tecnica è stata adottata in una città o quando essa ha raggiunto un livello di eccellenza tale da venire tutelata. Per esempio verso la metà del Trecento un gruppo di artefici dell’industria serica fuggì da Lucca, a causa di persecuzioni nelle lotte politiche, rifugiandosi a Firenze dove impiantarono la prestigiosa lavorazione e ricevettero privative per il loro operato. Lo scambio di artefici coperti da privative era un privilegio che solo in rarissimi casi veniva concesso tra grandi città e per scopi di prestigio: per esempio tra Firenze e Venezia nel XIV secolo vi fu uno scambio di addetti gli uni esperti dell’arte tessile, gli altri di quella del vetro. In epoca moderna invece la privativa diviene sinonimo di diritto al monopolio (spesso attraverso lo sfruttamento di una proprietà intellettuale quale ad esempio un marchio o un brevetto). In passato privativa era anche sinonimo di tabaccheria.
Quindi noi dovremmo rispettare una norma rinascimentale?

Art. 89 Modalità di svolgimento delle attività in forma organizzata
1. Per attività svolte in forma organizzata si intendono le attività sportive, escursionistiche e le manifestazioni effettuate sotto l’egida e la responsabilità di un soggetto organizzatore che interessano, in tutto o in parte, il territorio del Parco.

2. Le attività svolte in forma organizzata sono soggette a preventiva autorizzazione dell’Ente.

3. Sono comunque vietate, facendo salve le eccezioni menzionate negli articoli precedenti, le attività:
a) sportive svolte con mezzi a motore di qualsiasi tipo e natura;

b) di escursionismo motorizzato fuoristrada o lungo piste, sentieri e mulattiere;

c) ricreative svolte con aeromobili a motore, imbarcazioni a motore, moto d’acqua e motoslitte;

d) sportive o ricreative che prevedono forme di interazione con la fauna selvatica o l’immissione in natura di specie animali selvatiche o d’allevamento;

e) sportive o ricreative che prevedono l’uso di armi per come definite all’art 2, co. 1, lettera b).

4. Fatte salve le attività svolte per esigenze di servizio, di pubblica utilità o connesse alle attività agrosilvopastorali e di manutenzione delle piste e degli impianti da sci, è altresì vietato:
a) il transito, se non autorizzato dall’Ente, dei mezzi motorizzati fuori dalle strade gravate dai servizi di pubblico passaggio e private esistenti nonché lungo sentieri, mulattiere e piste;

b) il transito con mountain bike fuori da strade, piste forestali, sentieri o mulattiere.

Osservazioni all’art. 89.
In sostanza un soggetto organizzatore; una sezione del CAI un’Associazione, una singola Guida Alpina o un altro titolato che vuole organizzare una attività sportiva o escursionistica deve chiedere l’autorizzazione al “PADRONE”.

Art. 98 Limitazioni all’accesso e alla fruizione
L’Ente Parco, per con apposito provvedimento, può vietare o limitare, anche temporaneamente, l’accesso in qualsiasi zona del territorio del Parco.

Osservazione all’art. 98
Il Parco ci spieghi quali potrebbero essere “le sopravvenute esigenze di tutela ambientale o per ragioni di sicurezza” altrimenti l’articolo 98 è da cancellare.

Art. 101 Marchio e simbolo del Parco
1. Ai sensi della legge n. 394/91, articolo 14, comma 4, l’Ente Parco può promuovere attività economiche, sociali e commerciali presenti nel territorio del Parco e dell’area vasta contigua, sia attraverso proprio materiale sia attraverso la concessione d’uso del proprio nome e del proprio emblema, nonché attraverso l’eventuale creazione di uno specifico marchio.

2. L’Ente Parco può concedere l’uso del proprio simbolo e del marchio a servizi e prodotti locali che presentino requisiti di sostenibilità ambientale, qualità e tipicità. Il simbolo e il marchio del Parco Nazionale può essere concesso attraverso la sottoscrizione di specifiche convenzioni.

3. Chiunque intenda utilizzare il simbolo del Parco nel proprio materiale promozionale, dovrà inoltrare richiesta scritta all’Ente.

4. La concessione dell’uso del simbolo e del marchio è disciplinata dalla legislazione vigente, per quanto non previsto dal presente Regolamento e si applicano le norme vigenti in materia di denominazione.

5. La concessione del simbolo e del marchio è disciplinata da autonomo provvedimento emanato dall’Ente Parco.

Osservazione all’art. 101
L’Ente Parco ha concesso l’uso del logo del Parco ad una nota casa vinicola della Provincia di Chieti? Nel regolamento c’è scritto che l’Ente Parco può concedere l’uso del proprio simbolo e del marchio a servizi e prodotti locali. E quindi?

Art. 112 Accesso pedonale, con velocipede e a cavallo
1. Nelle zone a del territorio del Parco l’accesso agli escursionisti è consentito esclusivamente lungo i sentieri individuati nella Rete Sentieristica e senza mai allontanarsi da essi.

2. Nelle zone b l’accesso del pubblico, per finalità escursionistiche, è consentito lungo la Rete Sentieristica, le piste forestali, la viabilità stradale esistente e nelle aree di sosta, appositamente predisposte e segnalate dall’Ente Parco, nel rispetto delle norme comportamentali previste dal presente Regolamento.

3. Nelle zone c e nelle zone d l’accesso del pubblico, per finalità escursionistiche è libero, fatto salvo il rispetto delle altre norme comportamentali previste dal presente Regolamento.

4. Su tutto il territorio del Parco, è consentito accedere con velocipedi e praticare l’escursionismo a cavallo esclusivamente lungo i percorsi individuati dall’Ente Parco e, ad eccezione della zona a, lungo le strade silvo-pastorali e lungo la viabilità stradale ordinaria. L’uso delle biciclette a pedalata assistita, conformi a quanto previsto dal comma 1 dell’art. 50 del citato D. Lgs. n. 285/92, è consentito esclusivamente lungo la viabilità ordinaria di cui all’art. 109, co. 1.

5. In deroga a quanto stabilito nei commi precedenti, l’Ente Parco può, per motivate esigenze di salvaguardia ambientale, precludere temporaneamente l’accesso al pubblico a determinate aree. Il divieto viene disposto con provvedimento dell’Ente Parco, e divulgato tramite pubblicazione sul sito web del Parco ed apposizione di specifica segnaletica nei punti di accesso alle zone precluse. Per esigenze di salvaguardia ambientale e/o di tutela dei visitatori del Parco, l’Ente Parco può, altresì, riservare l’accesso ad aree di particolare rilevanza naturalistica, ancorché lungo la Rete Sentieristica, esclusivamente ad escursionisti accompagnati dalle Guide del Parco (Vedi Nota 1) dietro pagamento di un corrispettivo ai sensi dell’art. 16 della legge n. 394/1991 e 3 del D.P.R. 05.06.1995 ed eventualmente prevedere un numero massimo giornaliero di escursionisti.

6. Considerata l’elevata valenza naturalistica del territorio dell’area protetta, chiunque acceda al territorio del Parco, sotto la propria esclusiva responsabilità, deve attenersi alle seguenti regole:
a) usare prudenza e seguire itinerari la cui difficoltà sia commisurata alle proprie capacità tecniche e fisiche;

b) nel caso di mancata conoscenza del tracciato, soprattutto in presenza di sentieri classificati a media e alta difficoltà e di lunga percorrenza, rivolgersi all’assistenza di una Guida qualificata.

7. Gli escursionisti che utilizzano velocipedi, biciclette a pedalata assistita o cavalli, da soma o da sella, o qualunque altro mezzo di trasporto autorizzato sono tenuti a un comportamento, ad un’andatura tale da non mettere in pericolo la sicurezza di altri escursionisti. In particolare devono adeguare la velocità in modo da garantire l’arresto tempestivo entro i limiti della metà del proprio campo di visibilità e dinanzi a qualsiasi ostacolo prevedibile.

8. Chiunque si accorga di situazioni che possono mettere in pericolo la sicurezza degli escursionisti lungo i sentieri è tenuto a darne tempestiva informazione all’Ente Parco.

Osservazione all’art. 112
E-bike vietate nel Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga
di Loredana Lombardo – pubblicato su ilcapoluogo.it, 28 gennaio 2020.

Dopo la notizia di un possibile divieto alle e-bike nel Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, monta la protesta da parte di utenti e sostenitori del turismo “a due ruote”.
Dopo la notizia anticipata dal Capoluogo domenica 26 gennaio 2020 di un possibile divieto da parte dell’Ente Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga alla circolazione delle ebike, è montata la polemica da parte di utenti e amanti delle due ruote elettriche. Una polemica che esce fuori dalla passione per la e-bike, o pedelek o semplicemente bicicletta a pedalata assistita ma coinvolge e abbraccia anche il settore del turismo di settore che richiama da sempre appassionati e professionisti anche da fuori regione, che vengono in Abruzzo alla ricerca dei paesaggi mozzafiato da scoprire in sella. La bozza del nuovo regolamento del Parco Nazionale del Gran Sasso, sulla quale si potrà discutere fino all’8 febbraio prima di una decisione definitiva, recita all’articolo 112 co. 4: ” l’uso delle biciclette a pedalata assistita conformi a quanto previsto dal comma 1 dell’art. 50 del citato d. lgs. 285/92, è consentito esclusivamente lungo la viabilità ordinaria di cui all’art. 109, co. 1.”. Quindi, come si dice, “carta canta”; leggere e capire quello che è scritto sulla bozza è molto facile: le mbt fornite di batteria ricaricabile non potranno più circolare sui sentieri del Parco se la bozza del regolamento dovesse passare. Il divieto ha fatto storcere il naso anche ai “puristi” delle 2 ruote, non ancora convertiti alla e-bike; va ricordato che la bicicletta elettrica è un mezzo di trasporto ibrido e che la pedalata assistita è un optional: in qualsiasi momento si può attivare la modalità “off” e utilizzarla in modo autonomo, proprio come con una normalissima bici.
Perchè il divieto alle e-bike danneggerebbe anche l’indotto turistico?
La bozza del nuovo regolamento in ogni caso ha indignato, come premesso, non solo i possessori di ebike, ma anche chi al territorio ci tiene e sa bene che una decisione del genere potrebbe creare degli svantaggi anche all’indotto turistico. Il ciclista che viene da fuori regione per fare una sgambata nel Parco frequenta anche le attività commerciali, i ristoranti e gli alberghi; tanti sono i gruppi che arrivano anche dall’estero: tedeschi, francesi, in particolare dal Nord Europa, attratti dalle montagne ma anche dalla gastronomia locale. In occasione della giornata mondiale della bicicletta, il Ministro dell’Ambiente ha dichiarato: “L’Italia deve diventare un paese a misura di bicicletta con il potenziamento delle infrastrutture urbane necessarie a garantire la sicurezza in strada. Inoltre il nostro Paese deve investire sull’ecoturismo e quello su due ruote è certamente la nicchia più importante”. In prima linea, a difesa della libera circolazione alle e-bike e dell’indotto turistico conseguente, il consigliere comunale aquilano con delega alla Montagna Daniele D’Angelo “Parkeller”.
A dicembre abbiamo deciso con la Comunità del Parco di non approvare il bilancio, perchè noi vogliamo un Ente volto a migliorare il territorio e che non si limiti soltanto a mettere vincoli che troppo spesso strozzano la vita economica e sociale degli abitanti che vi risiedono“, ricorda D’Angelo, al microfono del Capoluogo. “Questa bozza di regolamento presenta molte restrizioni. Non si fa altro che parlare di turismo e montagna però poi a nessuno importa nulla. La montagna ce l’ho nel cuore, ci vivo e ci lavoro“, chiarisce. “Sentire che da una parte si parla di sviluppo turistico e poi alla fine c’è qualcuno che non conosce nemmeno le leggi che il Parco cambia in continuazione, mi lascia una forte delusione”, conclude. Le motivazioni del divieto non sono ancora chiare; una cosa è certa le e-bike non inquinano, o quantomeno non hanno un impatto invasivo sull’ambiente specie se sono quelle con le batterie al litio. Poi ci sono le e-bike con parti delle batterie in piombo; in ogni caso si tratta dello stesso usato anche dai cacciatori (nelle pallottole) e nei pesi dei pescatori e nelle batterie delle auto se non smaltite correttamente. Le E-bike non utilizzano alcun tipo di combustibile fossile e le batterie, ricaricabili, vengono smaltite presso punti di raccolta e riciclo. La bicicletta elettrica non inquina l’aria ma ha bisogno dell’energia muscolare per funzionare. Inoltre, le E-bike sono silenziose e anche da questo punto di vista, dunque, rappresentano un evidente vantaggio rispetto alle macchine e un ottimo alleato nella lotta all’inquinamento acustico. Le e-bike e la sostenibilità ambientale insomma sono un connubio ormai riconosciuto anche dalle autorità e dalle amministrazioni statali italiane. Lo scorso 3 giugno il ministero dell’Ambiente infine, ha annunciato un bando per erogare 15 milioni di euro pro-Bike per le città sopra i 50 mila abitanti.

Nota (1). Chi sono le Guide del Parco? In uno dei vecchi regolamenti era prevista la costituzione di un corpo di Guide del Parco formate dall’Ente.

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Una bozza di regolamento assai contrastata ultima modifica: 2020-10-04T05:26:03+02:00 da GognaBlog

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5 pensieri su “Una bozza di regolamento assai contrastata”

  1. Il problema reale non è il regolamento, che dimostra l’assoluta incapacità del parco di fare qualsiasi cosa.
    Occorre ridefinire i compiti del parco. Siamo sicuri che compete al parco definire come dove e quando fare una recinzione anticinghisle? E ne ha le capacità tecniche? Li stesso dicasi per la realizzazione di vie ferrate e segnaletica. Oggi il parco è solo una accolita di burocrati capaci solo di vietare. Non era quello che volevamo quando ne abbiamo sostenuto la creazione. Inutile pubblicare delle “grida” poco realistiche che restano solo norma da interpretare per gli amici e da supplicare agli altri

  2. Che la bozza possa essere perfezionata é fuori di dubbio ma le osservazioni di Iannetti sono fuori dal mondo e dettate soltanto dalla sua ormai storica avversione per il Parco del Gran Sasso e dei Monti della Laga. Si può essere d’accordo con la libertà insita nelle attività che si svolgono in montagna ma frequentando il Gran Sasso e soprattutto alcune zone di esso non si può non accorgersi che la libertà di ogni alpinista ed escursionista é già limitata dai comportamenti degli altri frequentatori della montagna che non possono definirsi alpinisti né escursionisti perché la loro mentalità, plasmata dai canoni peggiori della nostra società, é quanto più lontano possa esserci dalla cultura della montagna. Sarebbe sufficiente salire per la normale o per la direttissima alla vetta  occidentale del Corno Grande per rendersi conto di quanto sia indispensabile un regolamento che sanzioni anche severamente i comportamenti “libertini” che limitano la libera fruizione della montagna da parte degli alpinisti e degli escursionisti. 

  3. Ognuno di noi è un cosiddetto portatore di interessi. Certo che sarà sempre così. Non è necessariamente un male. Se è vero (ma non ci ho mai creduto troppo) che il territorio è di tutti, la sua tutela è un percorso a ostacoli a cerchi concentrici. 

  4. Leggendo l’articolo e relative note, mi torna alla mente per un veloce e generico confronto quanto scritto in questo blog sul Lagorai.
    Da un lato un ente parco che impone rgole stringenti contestate da varie entità, dall’altro una provicia autonoma che permette lo sfruttamento di una porzione di territorio a fini turistici/commerciali e pure questa contestata.
    Per come la si voglia guardare fai bene o fai male c’è sempre qualcuno che contesta e che avrà sempre da ridire

  5. Ho sempre considerato i monti della Laga e il Gran Sasso, le mie montagne. Gran parte di quello che so fare in montagna e l’esperienza di sopravvivenza in ambiente naturale, nasce per me nelle foreste, sulle rocce, sulle nevi di quei luoghi. Ho avuto il privilegio e la fortuna di vivere quei monti quando, dimenticati da tutti, potevi fare quello che volevi e nessuno, all’epoca, se non imprenditori facoltosi senza scrupoli ed enti pubblici, faceva un danno che fosse uno. Mi sono goduto quelle montagne in ogni modo possibile, associando all’idea stessa di libertà, di anarchia, di vita selvaggia, i luoghi di un mondo che era incantato e accessibile solo a chi era davvero esperto. 
    Leggere questo regolamento, con anche qualche giusto divieto, tuttavia mi intristisce. Quasi che per fare quello che un tempo rappresentava l’immergersi in un mondo lontano e selvatico, oggi necessita della consulenza di un legale, di un commercialista e di innumerevoli code a uno sportello pubblico, con carte, bolli, firme, controlli.
    Se la tutela di un ambiente naturale continuerà ad essere divieto, sanzione, controllo (pur necessari) ma senza progetti veri di educazione, sensibilizzazione, non vedo futuro.
    Né per l’ambiente né per la tutela. 
    E non scrivo qui, per educazione, in dialetto marchigiano quello che mi verrebbe da dire… 

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