Una giornata particolare

Poco incline al sorriso, scontroso, severo con se stesso e gli altri, tecnicamente preparatissimo su tutti i terreni ma soprattutto capace di entrare nella tua testa e capirti, per tirare fuori di te il meglio. Così mi apparve Soro Dorotei quando lo conobbi nel 1983 mentre frequentavo il corso di aspirante guida alpina e lui era uno dei miei istruttori. Tutti avevano paura di finire sotto le sue grinfie perché era uno molto esigente, dallo sguardo glaciale e dal fisico che capivi che ti avrebbe dato comunque filo da torcere. Sul terreno, qualsiasi tipo di terreno, ti tirava il collo in maniera inverosimile, era allenatissimo e tenere il suo passo o scalare con lui era come correre a piedi dietro a uno in moto. Era già tanto se arrivavi tutto intero alla sera. Soro era convinto che per fare la guida alpina dovevi essere forte ovunque, se non lo eri ti bocciava. Ai corsi guida si passa vorticosamente dall’azione alla teoria e anche in quest’ultima Soro ne sapeva da vendere. Ti spiegava tutto minuziosamente, rispondeva pazientemente a ogni domanda e sapeva motivare i nostri interessi di allievi. La frequentazione durante i vari moduli del corso me lo fece conoscere di più anche dal lato umano. Restava severo ma sempre più noi allievi ne apprezzavamo la validità in tutti i sensi. Dopo qualche anno, divenni istruttore anch’io e la nostra conoscenza si approfondì ulteriormente. Alla fine diventammo amici e credo che ancora oggi tra di noi ci siano un grande rispetto e stima reciproca.

Soro Dorotei

Soro nel 2011 ebbe un brutto incidente, una caduta lungo un tratto facile di una via che lui stesso aveva aperto in Moiazza. Era in compagnia di sua moglie Ornella Calza, che io già conoscevo quando da ragazzi ci vedevamo per scalare a Finale e poi in Dolomiti. L’incidente ha lasciato sul suo corpo dei segni pesanti, ma il suo spirito e il suo sguardo sono rimasti gli stessi e li ha tramandati in maniera inequivocabile ai suoi figli, e siccome anche Ornella è una tosta, loro sono ovviamente dei tipi in gamba.
Poco prima del corso guide, durante la naja ad Aosta avevo conosciuto Roberto Bampo, bellunese anche lui, con cui si instaurò una bella amicizia che dura tutt’ora, cementata, anche ma non solo, dalle fughe in montagna per arrampicare, che facevamo non appena la massacrante scuola ufficiali degli alpini ce ne dava il tempo. La grande passione per l’alpinismo e lo sci ci accomuna da più di 40 anni.
Lo scorso 20 agosto 2024, Roberto ha voluto radunare nella sua bella casa sulle alture della città di Belluno un folto gruppo di amici, praticamente la crème dell’alpinismo storico bellunese, per festeggiare la ricorrenza di cui lui stesso ci ha raccontato, con amore e ironia, nel discorso che segue (Marcello Cominetti).

Una giornata particolare
(Solleder forever)
di Roberto Bampo
Foto di Roberto Bampo, Famiglia Dorotei e Marcello Cominetti

20 agosto 1994, come oggi, 30 anni fa. Adesso sono le due e mezza, ancora due ore e saremmo saltati fuori da quella che considero la via in montagna più importante della mia vita.
La Solleder, per me la Sofia Loren delle vie, finalmente era in saccoccia.

A destra è Roberto Bampo durante la naja; davanti a lui, di spalle, è Marcello Cominetti

Ma oggi non voglio parlare della via in sé e delle emozioni che ho provato nello star dentro a quel paretone per tutte quelle ore, bensì voglio raccontarvi di un’amicizia, quella con Soro, che si è sviluppata in tre periodi ben distinti e diversi tra loro, anche con qualche risvolto divertente.

Partiamo dall’inizio. Siamo a metà degli anni ‘70 ed io sono già un alpinista famoso perché ho appena scalato con Piero Valmassoi il Pupo delle Marmarole, con un passaggio di IV+ ma soprattutto una doppia da venti metri nel vuoto…

Soro negli anni della “baionetta”

Vengo così contattato da un noto alpinista bellunese, che qui molti ricorderanno, tale Nicola Graziano, che mi fa: ”Domani vieni che andiamo a fare lo Spigolo del Velo, su a San Martino, e viene anche un mio amico, non so se lo conosci, si chiama Soro Dorotei”.
“No, non conosco nessun Soro Dorotei, ma va ben lo stesso, andiamo”.

Partiamo e andiamo a dormire al bivacco sotto lo Spigolo. Di notte vien giù un temporalone e alla mattina piove ancora. Decidiamo di tornare a casa e Nicola fa: “Basta, è la seconda volta che vegne qua par far lo Spigolo e piove sempre, non vegne pì, fevelo voialtri!”.
Soro mi guarda e fa: ” Se vuoi torniamo su domani mattina e lo facciamo noi due”.

Io, che ero un po’ perplesso, non conoscendo la via ma soprattutto non conoscendo Soro, non sapendo cosa dire tiro fuori un improbabile “Sì, ma non abbiamo i chiodi.” “Non importa”, fa lui, “io ho una baionetta, la incastriamo nelle fessure e facciamo sicura con la baionetta.” “Ah bene!” faccio io, e a quel punto, non avendo più scuse, non mi restava che sperare nella perturbazione, che durasse ancora qualche giorno.

Soro in arrampicata, anni Settanta

Così fu e allora l’esperienza della baionetta saltò. Lo Spigolo lo facemmo comunque qualche anno più tardi, ma con attrezzatura più “tradizionale”.

Ma intanto eravamo diventati amici e avevamo incominciato ad arrampicare insieme facendo quello che fanno tutti all’inizio: Cinque Torri, Falzarego, Moiazza, ecc.

Però si vedeva subito che il ragazzo aveva una marcia in più. Determinazione, grinta, cattiveria assieme ad una preparazione fisica bestiale facevano sì che meritasse di arrampicare con gente più importante di me, anche se avevo fatto il Pupo delle Marmarole! A quei tempi studiavo a Bologna, fra l’altro avvezzo più a frequentare le osterie bolognesi che non le aule universitarie, e non potevo certo star dietro ad uno che mordeva il freno e che bruciava le tappe come lui, destinato a diventare una vera “macchina da guerra”.

Comunque posso vantarmi di essere stato uno dei primi ad arrampicare con Soro.

Da sinistra, Soro Dorotei, Gianni Gianeselli e Giuliano De Marchi.

Soro comincia così ad arrampicare con quelli “giusti”, Gianni, Renato, Giuliano. Giuliano (De Marchi, NdR), cui rivolgiamo un sentito ed affettuoso ricordo. Soro così comincia ad inanellare una serie di successi alpinistici di tutto rilievo. Mia madre mi spediva a Bologna i ritagli del Gazzettino dove si parlava delle nuove imprese del nostro campione, e così ero aggiornato su tutto quello che faceva. Le nostre strade però giustamente si separano e così dopo quattro o cinque anni finisce il primo periodo della nostra amicizia.

Passa qualche anno e un giorno ci troviamo a Belluno.
Gli faccio: ”Sai, Soro, sto per laurearmi e, dovendo fare la naja, ho fatto domanda, e mi hanno preso alla Scuola Ufficiali di Aosta”. Soro cambia espressione, diventa serio, mi guarda dritto negli occhi, e fa, scandendo le parole: “Vai ad Aosta a fare la Scuola Ufficiali?”. “Eh… sì”, faccio io, timoroso di aver detto qualcosa di sbagliato.
“Allora ti alleno io perché voglio che tu faccia bella figura, ci tengo che ad Aosta tu faccia bella figura!”.

Soro Dorotei in spedizione, anni Novanta

Io resto senza parole, sorpreso ed allibito di fronte a questa dimostrazione di amicizia ed affetto, che sinceramente non mi aspettavo; anche perché erano due o tre anni che non ci vedevamo. Mancava poco all’inizio della naja, però tre o quattro vie belle le facemmo insieme lo stesso. Ricordo su tutte l’Eisenstecken ai Mugoni sul Catinaccio dove, sul tetto finale, a Soro è rimasto il chiodo in mano, e solo perché era lui non so come abbia fatto a non saltare giù. Fatto sta che arrivo ad Aosta, dove conosco e divento amico di Marcello Cominetti, e sono effettivamente tirato come un violino. E così faccio bella figura, piazzandomi bene in classifica finale e venendo così premiato con l’assegnazione del reparto alla vicina Feltre dove, comandante del plotone Esploratori, faccio una naja che uno paga per fare le cose che ho fatto io sotto naja! Mai in caserma. Sempre in montagna, corsi roccia, corsi sci, ferrate, vie normali, campi estivi e campi invernali, con la jeep con l’autista! E tutto questo soprattutto per merito dell’amico Soro e del suo allenamento.

Ornella Calza in arrampicata sul Diedro Mayerl al Sass dla Crusc
Ornella Calza in arrampicata sulla temuta via Mephisto al Sass dla Crusc.

Ci separiamo così per la seconda volta, io vado a lavorare in meridione per tre anni, mentre lui comincia a frequentare l’Himalaya, con mia madre che mi manda sempre i ritagli del Gazzettino, stavolta a Caserta invece che a Bologna, con i suoi successi sugli Ottomila.

Dopo tre o quattro anni ci troviamo, sempre a Belluno, e qui comincia il terzo tempo, e mi fa: “E in montagna vai ancora?”.

La parete nord-ovest del Civetta da La Court

“Sì”, faccio io, “faccio ancora qualche via ogni tanto”. E qui approfitto per ringraziare due di voi con cui ho passato parecchie giornate bellissime in montagna. Con molti mi sono legato insieme, ma due in particolare sono stati quelli che mi hanno fatto fare tante vie bellissime: Gianni Gianeselli e Fulcio Miari. Grazie!

Ma torniamo a Soro. Gli faccio: “Sai, ho un cruccio, ho sempre avuto ‘sto cazzo di Solleder per la testa, mi sono letto tutto, le prime ripetizioni, le tragedie, le invernali di Piussi e Sorgato, sono stato sotto a vedere dove va su, insomma, mi manca!”.
“Se vuoi andiamo a farla, non c’è problema, ma ti alleno io!”.
“N’altra volta!?”.
“Sì, perché non voglio bivaccare!”.

20 agosto 1994, in cima al Monte Civetta, dopo aver salito la via Solleder. Soro Dorotei (a sinistra) e Roberto Bampo. Questa foto è stata firmata da tutti coloro che erano presenti alla festa del trentennale.

E così, con il bivacco in testa, cominciamo una serie di allenamenti di tutto riguardo, Cassin alla Ovest, diedro Buhl, Strobel, ecc. Fatto sta che il giorno fatidico arriva e, come per Aosta, sono tirato come un violino, infatti in 9 ore saltiamo fuori.

Di quella giornata voglio ricordare solo un’emozione tra le tante, che ho scolpita ancor oggi perfettamente nella memoria: è quando salti fuori.

Belluno, 20 agosto 2024: Soro Dorotei (a sinistra) e Fulcio Miari Fulcis, fondatori della scuola di alpinismo Zero&8000

Capisci che sei fuori perché con l’ultimo strapiombo le mani sono al sole, mentre i piedi ancora in ombra dentro al paretone. Tiri su la testa e la croce è lì, improvvisa, a pochi metri, sei proprio in cima! La Solleder arriva veramente in cima! Molte volte, quando fai una via salti fuori e poi per arrivare in cima devi camminare ancora, lì no, hai la croce lì, potresti fare sicura sulla croce, magari integrandola con qualche “baionetta”!! Resto lì ipnotizzato a guardare questa croce, come se avessi davanti Sofia Loren, con la luce del pomeriggio ed il vento che gli conferivano dei colori speciali, con nella testa mille pensieri, quando un brusco “e allora te movetu?” mi ricorda che dobbiamo scendere. Un tedesco che ha appena fatto l’Alleghesi passa di lì e ci fa una foto. Quella che prego tutti i presenti di firmare!

Belluno, 20 agosto 2024: Roberto Bampo e Soro Dorotei

Scendiamo al Torrani, dal Bruno Sorarù, ed io mi bevo una birra media con due mani, così, e Soro cosa beve? Cosa beve un alpinista internazionale, guida alpina, himalayista affermato dopo una via come la Solleder? Un caffè! Ovvio! Un caffè!! E con poco zucchero!

Vabbè. Prima cosa che faccio, dopo la birra, telefono subito giù al Vazzoler al Pierre. Avevamo cominciato a volare insieme io e il Pierre con l’aliante, e la sera al bar dell’aeroporto, tra una birra e l’altra, scherzando, avevamo scommesso su chi faceva per primo la Solleder, chi la Carlesso, ecc. “Pierre, indovina dove che son”. “Dai, dime che no ho temp da perder!”. Classico. “Son al Torrani”. ”Bravo, atu fat l’Alleghesi?”. “Eh no, col cazzo! Pierre.. Ho fat la Solleder! Son qua con Soro!!”

Silenzio… ”Pierre, setu ancora vivo?”. “Dio can, m’à tu ciavà anca stavolta?”. Come per Giuliano, un saluto e un ricordo al Pierre, grande uomo di montagna!

Roberto, oste generoso

Scendiamo dal Torrani, ovviamente di corsa, che l’Ornella (Calza, NdR) ci aspetta giù in fondo alla casera La Grava. Ci vede arrivare… Di’, Ornella, quanto stanco era Soro?

Soro, fresco come una rosa, io distrutto. Mi sembrava di essere Forrest Gump, “sono un po’ stanchino…”. Ma secondo me era colpa della birra su al Torrani.

Un saluto anche all’Ornella, grande moglie, grande madre, grande grinta, brava!! E non serve dire altro!

Belluno, 20 agosto 2024. Da sinistra, Andrea Arban, Andrea Dorotei, Manolo, Marcello Cominetti e Marco Garbin.

E così finisce anche il terzo periodo di questa amicizia che dura ormai da 50 anni. Forse adesso ne comincia un quarto, di periodo, fatto di ricordi, brindisi moderati, caffè con poco zucchero, ma magari anche con qualche bottiglia in fresca, e qui sono io che alleno Soro.

Soro, oggi qui, come vedi, sono venuti in tanti a salutarti, e direi che, visto il livello, sembra di essere al Festival di Trento. Manca Messner, se no ci sono tutti, e tutti accomunati dallo stesso amore per la montagna, e per il Civetta in particolare. Amore che ancora oggi, magari di ritorno da una sciata con gli amici su per Arabba, tornando indietro a Caprile non riesco a non accostare a destra, spegnere il motore, e guardare ipnotizzato questa meraviglia della natura che è la Nord-ovest, con gli amici che mi guardano e dicono tra loro: ”Cosa falo sto’ qua?” E resto lì, come un mona, ipnotizzato, a pensare con giustificato orgoglio che ci sono passato dentro, finché un di nuovo brusco e già sentito “E allora te movetu?” mi ricorda che devo mettere in moto e portare a casa gli altri, che magari al Civetta non ci pensano proprio.

Ho finito: con la Solleder, grazie a Soro, ho coronato un sogno che inseguivo da tempo. Certo, ci sarebbero ancora tante vie che mi mancano, che non sono riuscito a fare e che ormai non farò più, su tutte una certa Carlesso, ma mi consolo, in fin dei conti, tutto sommato… anca Sofia Loren lè deventada vecia!!

Grazie a tutti e un applauso a Soro e Ornella!!

Una giornata particolare ultima modifica: 2024-10-25T05:34:00+02:00 da GognaBlog

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21 pensieri su “Una giornata particolare”

  1.  Ciao Soro sono Mario Menato  dal Monte Venda . Un Saluto a te e alla tua grande squadra di amici  .

  2. Soro era convinto che per fare la guida alpina dovevi essere forte ovunque, se non lo eri ti bocciava
    Quando feci il Corso Guide, con Soro partimmo per salire una cascata di ghiaccio decisamente impegnativa. Lui alla mattina aveva la febbre, arrivati all’attacco mi preparo a partire ma lui mi ferma, mi guarda in faccia e mi fa :” varda che ‘nden in alternata, che no son qua par farme tirar su !”
    Altri tempi, altri Corsi, altri Uomini.

  3. Letta tutto d’un fiato. Che bella storia. Soro è stato anche mio istruttore, ricordo una via insieme, la sua Tempi Moderni in Moiazza, e molti altri episodi divertenti. Un andare in montagna, come si dice oggi, a full throttle. 

  4. Cominetti. Eh sì, un film straordinario sull’amicizia, che come ben sai era per i greci una delle tre forme dell’amore, oserei dire nella mia esperienza di vita forse la più stabile. Un beneficio “secondario” non banale dell’andare per monti. 

  5. Pasini, il titolo al post l’ho dato io pensando proprio a un film con la Loren e al fatto che comunque, quella a Belluno, è stata davvero una giornata particolare.
     
    Sui corsi guida: Luca Vallata, che tempi. Davvero!

  6. Il racconto aggiunge un elemento importante alla riflessione di qualche post fa su cosa ci spinge ad andare in montagna. Qui abbiamo descritta in tutta la sua forza l’amicizia. Amicizie, legami di gruppo che durano una vita, che solo certe attività riescono a fondare, che ci commuovono e nei quali ci rispecchiamo. Non a caso si parla anche della naia. Il titolo rimanda a uno splendido film di Ettore Scola, con una Loren e un Mastroianni totalmente fuori dai loro schemi classici. Anche lì si parlava di amicizia, anche se in contesto particolare, ma l’amicizia, soprattutto quella che si crea in circostanze sfidanti, non conosce limiti e confini di spazio e tempo. Una risorsa cruciale, anche quando la fortuna abbandona uno degli amici come ricorda anche il narratore, parlando del presente.

  7. Freudianamente, la psicopatologia si è trasformata in psicopattologia.
    La doppia t, secondo me, è stata indotta dal fatto che si trattasse di circostanza in cui mi ero aperto la patta dei pantaloni per abbassarli e cagare.

  8. Accanto la scusa della scarsa visibilità ma tutti sanno che Bertoglio andava come un razzo. D’altronde è uno che corre su e giù dalle montagne stabilendo record. Soro non accetta scuse e io ho il terrore di beccarmi un’insufficienza irrimediabile. Provo con un ultima scusa.
    Estraggo dallo zaino un’edizione tascabile del libro di Freud, Psicopattologia della vita quotidiana, e dico a Soro che per trovare lo stimolo devo per forza leggere qualche riga di qualsiasi cosa e nello zaino avevo questo…
    Soro allunga la mano, prende il libro e ne legge la copertina. Me lo restituisce senza mostrare nessun tipo di espressione. Gli altri sono tutti seri. A Paolo Vitali scappa da ridere ma riesce a trattenersi.
    Ripartiamo e per tutto il giorno non ci sarà tregua e io pensavo che sarei stato bocciato. Moralmente mi sentivo distrutto ma dovevo spingere sugli sci. Salite, discese, tratti a piedi sulle rocce. Credo che ci fermammo in totale non più di mezzora in tutto il giorno.
    La sera in albergo a Pontechianale ci diedero i risultati. Promosso!
    Dopo cena Soro mi incrocia e mi dice, abbozzando un sorriso alla Clint Eastwood: che cazzo leggi, tu.
    Da quel giorno ci siamo dati del tu. 

  9. Corso guide Marzo 1983. L’istruttore del mio gruppo è Soro Dorotei e dobbiamo fare il giro del Monviso in un giorno con partenza da Pian del Re. Il tempo è orribile, nevica e la visibilità è di pochi metri. Si parte che è ancora buio ma l’individuazione del percorso è di compito di noi allievi. Carta, bussola e altimetro. Sulla neve non c’è traccia alcuna. Sono il primo a battere e a cercare di andare dalla parte giusta. Cerco di dare tutto me stesso e lo stesso fanno i miei compagni. Soro si muove dalla coda fino alle mie code continuamente. La traccia non va mai bene, secondo lui, ma andiamo piuttosto velocemente. Mi da il cambio Valerio Bertoglio proprio mentre sognavo di poter fare una sosta per liberare il mio intestino. Chiedo a Soro il permesso per fermarmi. Ci diamo del lei. Me lo concede a patto che entro 5 min raggiunga il gruppo. Mi abbasso i pantaloni che li vedo ancora, mi alleggerisco e riparto più veloce che posso. Quel bastardo di Bertoglio vuole dimostrare che è uno che va e ci riesce benissimo. Seguo la traccia come fossi inseguito da un orso ma del gruppo non c’è manco l’ombra. Dopo almeno 20 min li raggiungo. Sono fermi a decifrare la carta tutta bagnata. Come noi.
    Soro mi rimprovera.
    Continua.

  10. Da cittadino, ho macinato un bel po’ di vie tra Moiazza e Civetta, tante volte partendo dal Passo Duran proprio dal rifugio di Soro,  passando dal rifugio di Fausto Todesco prima di mettere mano sulle rocce. Ho sentito le loro storie raccontate direttamente, ho ripetuto le loro vie con la fierezza che ancora vedo nei loro volti e che leggo nei loro racconti. Siete un gruppo fantastico, la vostra impronta rimarrà impressa per sempre.

  11. Che bella, mi commuovo a leggere questa storia d’amicizia, che belle persone.
     

  12. Parole e pagine  davvero belle…che(mi) riconciliano un po con il tutto chiacchiere e distintivo attuale.
    Belle come il rivederlo ( nella mia memoria) arrampicare  in sorpasso senza freccia negli ultimi tiri della parete dei falchi , un vero fuoriclasse!

  13. Cosa devo dire , per me un grandissimo amico è un compagno di scalate unico ! Ho fatto con Soro vie incredibili due su tutte la nord Del Pelmo via incredibile e meravigliosa credo la più bella via nuova da me fatta con Soro e l’invernale alla Comici alle  sorelle del Sorapis ! Un uomo unico e un amico unico che non potrò mai dimenticare per la sua generosità e la sua amicizia sincera , anche se persona burbera ! Grazie Soro amico mio ! 

  14. Non so se qualcuno ha “allenato e tirato a lucido” la penna di Roberto Bampo o se è naturale dal DNA, di certo sa scrivere senza fronzoli, farti capire, coinvolgerti, in modo perfetto. Un piacere il leggerlo.

  15. Bella storia di amicizia. Di Soro Dorotei ho ripetuto la via da lui aperta insieme a Masucci sulla destra dello spigolo Strobel alla Rocchetta Alta di Bosconero. Grande via, ci sembrò la più impegnativa di quelle ripetute alla Rocchetta Alta.

  16. Soro era convinto che per fare la guida alpina dovevi essere forte ovunque, se non lo eri ti bocciava.

    Che tempi!

  17. Che dire…..storie e ricordi come queste…riscaldano sempre ilcuore…
    Poi con amici come questi….é anche bello diventare anziani con la montagna..NEL ❤️!!

  18. Bellissima storia di passione,di amicizia e di solidarietà.Grazie per la semplicità con la quale narrate imprese difficili e indimenticabili.Buona continuazione

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