Stéphane Benoist e Yannick Graziani ripetono la via di Ueli Steck, intitolata a Béghin-Lafaille, sulla parete sud dell’Annapurna. Impresa nominata al Piolet d’Ot 2014 per la Menzione Speciale.
Dopo solo due settimane dalla stupefacente salita di Ueli Steck sulla Sud dell’Annapurna, due espertissimi alpinisti francesi riprendono la sua salita: sono le guide Stéphane Benoist e Yannick Graziani.
Non riusciamo a pensare a un’altra occasione simile: una via così storica e dirompente su una significativa vetta himalayana ripetuta dopo così poco tempo.
La parete sud dell’Annapurna 1 con l’itinerario della cordata Benoist-Graziani
Ma le due storie sono assai diverse. Per acclimatarsi la cordata di Benoist e Graziani si è fatta la prima ascensione di una cima di 6505 m, una bella vetta sul bordo orientale del Santuario dell’Annapurna, tra l’Annapurna III e il Gandarbha Chuli. Dopo aver salito un evidente couloir sul versante sud-ovest (700 m, TD- con sezioni a 90°) hanno passato due notti in vetta.
Mentre stavano facendo il secondo bivacco hanno ricevuto un messaggino da Steck (l’idea originaria era che tutti e tre dovessero spartire il permesso per l’Annapurna), che sostanzialmente li informava che lui stava partendo la sera stessa.
Naturalmente, nel tempo in cui Benoist e Graziani scesero al campo base, Steck era già partito. I francesi erano molto meravigliati che Steck avesse potuto salire la parete sud dopo una sola escursione di acclimatamento non oltre i 6500 m.
Ci si è messo il brutto tempo a fermarli, con 30-40 cm di neve fresca sulla montagna. I due aspettano fino al 17 ottobre prima di osare il loro tentativo.
Nella parte bassa prendono un percorso diverso da quello di Steck, più sicuro, e arrivano a bivaccare in un luogo protetto, a 6100 m.
Da lì risalgono il couloir (50-70°) del Pilastro dei Giapponesi, fino a bivaccare a 6650 m, in un luogo che loro conoscevano da un precedente tentativo del 2010.
Il tempo si mette ancora al brutto, nevica e fa vento. Dopo aver passato tre notti in quel bivacco, mangiando, bevendo e riposandosi, i due iniziano il lungo obliquo per andare a raggiungere la base (7100 m) della barriera rocciosa a sinistra, la stessa di Steck. Qui, con Benoist in testa, arrampicano per lunghezze di corda molto difficili, specialmente due, davvero impegnative, su roccia coperta da un velo sottile di ghiaccio, improteggibile.
Il giorno dopo, saliti altri tiri duri (80-90°), si trovano quasi alla sommità della barriera e bivaccano a 7400 m circa. A circa metà della barriera rocciosa avevano notato, sulla destra, un friend a barra rigida, con moschettone, presumibilmente lasciato da Pierre Béghin e Jean-Christophe Lafaille nel lro tentativo del 1992. Avevano visto anche tracce del passaggio di Steck a circa 7300 m.
Il giorno dopo i due superano altre lunghezze difficili (le più dure ancora con Benoist in testa) per bivaccare a 7550 m e raggiunger il giorno dopo ancora la vetta.
Yannick Graziani
Immediatamente iniziano a scendere per raggiungere il loro bivacco a 7400 m, ma a quel punto Benoist cede e comincia a muoversi assai lentamente.
Nella notte si alza il vento, le previsioni promettono neve.
Il giorno dopo Graziani prepara le doppie nella lunga discesa fino al piede della barriera rocciosa e oltre. Su insistenza di Graziani continuano anche di notte.
Le pile frontali hanno le batterie scariche, Graziani prepara gli ancoraggi all’incerta luce di un fornellino acceso. Continuano nell’oscurità, su ancoraggi sempre più precari, fino al luogo del loro primo bivacco, dove si concedono qualche ora di sonno. Il gas è finito. Fortunatamente la notte è calma, contrariamente alla previsioni non nevica e Graziani è in grado di operare a mani nude.
La cordata raggiunge la crepaccia terminale il 26 ottobre, impiegando poi ben sei ore per coprire la relativamente breve distanza con il campo base avanzato. Avendo capito che nessuno avrebbe potuto andare oltre, specialmente Benoist, il giorno dopo Graziani usa un pannello solare per ricaricare il telefono satellitare e chiamare per l’elicottero.
Il 28 I due francesi sono a Kathmandu, Benoist è costretto al ricovero in ospedale per seri congelamenti alle dita delle mani e dei piedi.
Graziani sembra invece aver superato indenne quella prova tremenda.
Stéphane Benoist tornato a casa
Sebbene la loro ascensione sia stata del tutto oscurata da quella di Steck, non si deve sottostimarne la rilevanza.
Materiale raccolto da Lindsay Griffin e Rodolphe Popier
Postato il 14 marzo 2014
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come purtroppo si sa la storia è piena di patti non rispettati. Ma anche di cordate che si sono unite perchè sarebbe stato insensato cercare di primeggiare. Si potrebbero aprire capitoli sulle motivazioni di condivisioni o meno. Potrei immaginarmi il suo punto di vista (di Steck) che si allena in maniera maniacale per un obiettivo, anche se sino ad adesso non mi aveva dato l’aria di un egoista
a me, più che il dubbio o cos’altro della salita di Steck, la cosa che mi lascia perplesso è questa frase :
“Mentre stavano facendo il secondo bivacco hanno ricevuto un messaggino da Steck (l’idea originaria era che tutti e tre dovessero spartire il permesso per l’Annapurna), che sostanzialmente li informava che lui stava partendo la sera stessa.”
Di tutto il resto, dubbi compresi, ne è piena la storia, ma, a me piace pensare che da uomini grandi, si comportino da tali.
sarà per come l’hanno vissuta loro, pero’, e purtroppo direi, leggo che c’è qualche velo di dubbio sulla cima raggiunta da Steck…speriamo siano solo insinuazioni….