Uscite con il corso di alpinismo– 2

Uscite con il corso di alpinismo – 2 (2-2) (AG 1964-007)
(dal mio diario, 1964)

1 maggio 1964. Di nuovo sono solo. De Bernardinis è in Umbria e gli altri, cioè gli istruttori, sono sulle montagne vere e proprie, non in palestra. Qui in Bajarda, in questa palestra, ci sono solo io, oggi. La giornata non è male, sole ce n’è, ma solo in alto. Qui in fondo, al Masso del Ferrante, non c’è ancora perché sono solo le 7.35.

Salgo su alla Placca Paola: è un bel placcone, di circa 15 metri, con un’inclinazione di circa 80°. Non l’avevo mai visto da vicino. Sebbene sia abbastanza alto e difficile (IV e IV+), non è repulsivo. Salgo per roccette ed erba accanto e, dalla cima, butto giù la corda doppia. Qui c’è un chiodo, ma io per sicurezza ne pianto altri due. Sembrerà ridicolo che per una misera doppia impieghi tre chiodi, eppure ho paura, non mi fido ad appendermi a un solo chiodo. E’ la prima volta che faccio una corda doppia da solo. Comunque, fissata la corda, scendo. In fondo mi assicuro con un nodo prusik e ne provo la tenuta. Perfetto. E ora salgo la placca. Ogni mezzo metro tiro su il nodo, di modo che, se cado, non faccio più di 20 cm di volo. A poco a poco vinco la placca e quando arrivo in cima sono contento. Scendo ancora in doppia, risalgo una seconda volta, poi tolgo i miei due chiodi.

Quest’arrampicata solitaria mi ha dato piacere. Questa valle è molto solitaria, non c’è neppure una capanna. E’ tutta cosparsa di rocce e dà un’idea di abbandono e squallore. Sono solo, e mi scopro scontento.

Scendo piano piano allo zaino che ho lasciato in basso. Lo recupero ed ecco che vedo tre persone in alto, quasi all’attacco dello spigolo sud-ovest del Torrione Olga, che non ho mai fatto e mi piacerebbe fare. Li raggiungo. Sono tipi alla buona, muniti di tutto meno che di corda. Io gliela do e così facciamo subito amicizia. Ci leghiamo in quattro, lasciando qui gli zaini, e io sono da ultimo. Arrampichiamo lentamente, ma tanto non c’è fretta. Per un diedro molto lungo ma facile, arriviamo in cima a una prominenza, proprio sotto all’inizio dello spigolo sud-ovest del Torrione Olga. Qui attacchiamo per facili rocce (III) fino a uno strapiombo. Secondo la guida qui si deve passare a sinistra per una fessura (IV+). L’esposizione è abbondante. Parte il capocordata, che non so ancora come si chiama, ma non ce la fa a raggiungere un chiodo che è lì, fisso. Allora parto io, mi assicuro al chiodo e passo. Dopo faccio salire gli altri due. Il terzo, Nino, ha preferito slegarsi e non continuare la salita. Tacitamente mi si cede il posto di capocorda e, con bella arrampicata, arriviamo alla base di un roccione strapiombante (che qui si vede all’estrema sinistra della foto, indicato dalle frecce). Se si supera direttamente è di V grado, a sinistra è di IV-. Parto e lo supero direttamente, mentre gli altri lo fanno a sinistra. Da lì proseguiamo su difficoltà di III e III+ fino in vetta. Scendiamo a corda doppia con l’aiuto di un chiodo fisso. Sono le 12.10, forse meno. Loro se ne devono andare, così scendiamo giù.

Ora sono rimasto di nuovo solo. Prendo il sacco e lungo il rio Bajardetta, sotto un caldo abbastanza feroce, arrivo più o meno sotto il coddetto “Corno Stella”. Questo è un torrione della lunga dorsale del contrafforte sud-sud-ovest della Punta Martin. Il contrafforte non è difficile, visto che le difficoltà qui bisogna un po’ cercarsele, però è lungo, e a percorrerlo integralmente ci si diverte.

Il contrafforte sud-sud-ovest della Punta Martin. Visibile il Corno stella e il Dito Mondini

Sono le 12.25, vado su per erbe e roccette, sudando molto. Il sacco sulle spalle pesa e procedo con fatica. Ora sono all’attacco del Corno Stella. Non posso salire direttamente sullo spigolo sud, perché sarebbe necessaria un po’ d’artificiale. Così devio un poco a destra e arrivo così facilmente in cima, circa a 750 m, dove mi rifocillo con la frutta sciroppata. Proseguo in cresta, che qui si fa abbastanza affilata, ma mai esposta. Salgo sul Dito Mondini, 930 m c. e da lì in vetta alla Punta Martin 1001 m.

Con gli escursionisti che vanno e vengono, qui non sono più solo. Mangio qualcosa, poi mi faccio due belle arrampicate assicurato con il nodo prusik come alla Placca Paola, nei due camini che sono proprio sotto alla vetta. Questi, riportati sulla guida di Euro Montagna, sono entrambi di IV grado. Poi scendo verso Acquasanta ma, a un certo punto, scendo verso sinistra, puntando al Masso del Ferrante dove giungo alle 15.30.

Qui incontro Franco Staccione con moglie e tre bambini ancora piccoli. In un attimo decidiamo di arrampicare e dopo un po’ siamo all’attacco dello Spigolo Rosso (cioè la via delle Placche Rosse). Con due lunghezze ne usciamo e subito dopo siamo sotto al Diedrino, che faccio per la terza volta. In cima, mi autoassicuro a uno spuntone e dico a Franco (che avrà quaranta anni circa) di venire su. Lui parte, toglie i moschettoni, poi fa per attraversare a sinistra sulla traversata. E’ un passaggio che richiede molta forza di braccia e velocità, per non sfinirsi. Per di più non posso tirare la corda, anzi devo cedergliela, perché lui si sta allontanando da me, non avvicinandosi. D’improvviso sento un forte strattone, la corda comincia a scorrermi tra le mani e lui, frenato, tocca terra mentre io mi guardo la mano sbucciata. Riscendo da lui in apprensione. Lui è pallido, ma dice di non essersi fatto nulla. Mi ringrazia di averlo tenuto, sentiva che si stava capovolgendo… E’ atterrato di sedere, dopo una dozzina di metri di volo frenato.

Bajarda, Diedro del Tranviere (oggi). Foto: DaniClimb

La mia mano sinistra è in uno stato pietoso. Assieme divalliamo al Masso del Ferrante, dove c’è sua moglie ignara di tutto. Torniamo assieme fino all’Acquasanta, dove lui mi prende tutto il mio zaino con gli attrezzi alpinistici. Nel sacco grande avevo un sacchetto più piccolo che era previsto lasciassi con il materiale tecnico al deposito bagagli della Stazione Brignole. ma visto che Franco porta la roba a casa sua in auto, sto più tranquillo. Ci salutiamo e io prendo il treno. Rimane la mano: cosa racconto a casa? Per stasera non me la farò vedere. Poi domattina farò finta di andare in palestra e così le ciocche saranno giustificate. Anche Franco Staccione è della Sezione Ligure del CAI: può darsi faremo altre cose assieme.

Acquasanta, partenza per la palestra della Bajarda (Pietralunga)

Il 23 aprile 1964, con il corso, ci erano state proiettate delle diapositive di alta montagna e il 4 maggio è stata la volta del film di Gaston Rébuffat Étoiles et tempêtes, a conclusione del ciclo di lezioni teoriche. Oggi 7 maggio 1964 c’è la terza lezione pratica, questa volta in Bajarda-Pietralunga. Ci troviamo alle 7.30 alla stazione ferroviaria di Acquasanta dove, come al solito, Cavalieri ci divide in gruppi. Questa volta sono con Giorgio Noli e Vincenzo Bruzzone, istruttori, e con un certo Musso e un altro, allievi. Siamo il primo gruppo e ci dirigiamo subito, secondo le istruzioni del direttore, alla Cresta Settentrionale, dove ci raggiungono Vittorio Pescia e Gianluigi Vaccari. La mia cordata è composta così: Noli, Musso, Gogna. Musso va abbastanza bene. Il fare questa cresta in condizioni così diverse da quelle di quando l’ho fatta con Marco Ghiglione mi dà un certo senso di disagio. Superiamo facilmente i primi saltini di cresta, poi arriviamo alla fessura di IV. Noli la supera con un chiodo. Poi i due gendarmi, la placca di III. Tralasciamo lo Spigolo del Secchio e superiamo invece la Paretina dei Due chiodi. Da lì continuiamo ancora un po’ per la cresta e poi andiamo all’attacco del Diedrino. Musso qui incontra delle difficoltà, ma poi prosegue. Nessuna delle cordate seguenti farà il Diedrino (temuto per la sua traversata). E’ la volta ora del Gran Diedro Gozzini e da lì ancora a una paretina senza nome, pressoché marcia, che richiede per il suo superamento due chiodi. Per poco non mi arriva un sasso in testa. Subito dopo andiamo a mangiare quasi in vetta alla Cima Bajarda 722 m, a corso riunito.

Bajarda, Via dei Camini (oggi). Foto: DaniClimb

Dopo un bel po’, ripartiamo. Con due corde doppie siamo sul piazzaletto dello Spigolo del Secchio. Qui, come istruttori, ci sono: Noli, Pescia, Gianluigi Vaccari, del quale ormai sono amico, Bruzzone. E qui si decide di scendere a corda doppia giù per lo strapiombo dello Spigolo del Secchio: 45 metri!

Due corde unite non arrivano in fondo, ce ne vuole una terza. E la terza ci sarebbe, però poi rimarrebbe solo una corda da 40 m per l’assicurazione (che qui al corso è sempre obbligatoria). 40 metri non bastano, così si butta giù la doppia da un piazzaletto un po’ più basso: ma la calata che ne risulta è sempre bellissima, saranno circa 38 metri! Mai fatta io una doppia così!

Intanto vediamo le altre cordate del corso (la maggioranza) che scendono a corda doppia le Placche Rosse. Altre sono andate alla cresta sud-sud-ovest della Punta Martin. Altre ancora al Torrione Olga. Noi siamo nel posto più bello. E così ci caliamo uno a uno dallo strapiombo. In fondo, la giornata è finita.

Bajarda, Diedro del Tranviere (oggi). Foto: DaniClimb

17 maggio 1964. Siamo di nuovo all’Acquasanta, ore 7.35. Sono con Francesco Masetti, gli altri due allievi sono Gonella e Gianfranco Negro. Giornata calda ma nuvolosa. Dopo 35 minuti siamo al Masso del Ferrante, subito dopo arrivano tutti gli altri gruppi. A noi tocca andare alla Cresta Settentrionale, che a questo punto faccio per la terza volta. All’attacco ci leghiamo. Assieme a noi è l’istruttore Stefano Sironi con due allievi e Giorgio Vassallo con un altro allievo. I primi tiretti di corda non hanno storia. C’è da notare che eravamo osservati dal direttore Enrico Cavalieri e dal vice, Euro Montagna. poi la fessura di IV. Qui trasloco da Giorgio Vassallo, che ha solo un allievo. Ci facciamo la fessura ottimamente. Vassallo mi dà consigli sul come devo saggiare gli appigli: infatti, siccome questa fessura la conosco bene, non mi viene spontaneo. Ecco perché mi rimprovera Giorgio. Poi tutto benissimo fino alla Paretina dei Due Chiodi. Qui ci sono di nuovo Cavalieri e Montagna che danno ordini a tutta la Bajarda. Quando tocca a me fare la Paretina dei Due Chiodi, siccome sono da secondo, tolgo il moschettone dal primo chiodo per ripassarlo nella corda che va al terzo di cordata. Nel fare ciò metto male il moschettone. Come se non bastasse, oltrepassato il chiodo, la corda mi s’incastra sul sacco e m’impaccia la salita. Arrivo però sul terrazzino, sentendo urlare vagamente Cavalieri, mi tolgo il sacco per disincastrare la corda, poi continuo. Cavalieri ora mi scruta. Sono al famoso passaggio di IV, con quell’appiglio in cima per la mano sinistra. Pur sapendo perfettamente dov’è quell’appiglio, faccio finta di cercare e poi, con la massima naturalezza, passo, troncando tutte le osservazioni e i consigli possibili di Cavalieri, che stava per dirmi cosa bisognava fare, non credendomi abbastanza capace, visto il grave inconveniente di prima.

Bajarda, Gran Diedro Gozzini (oggi). Foto: DaniClimb

Proseguiamo in cresta e, arrivati in cima, mangiamo. Poi ripartiamo e andiamo alla Punta Martin, con Vassallo, Calcagno, Sironi e Pàstine come istruttori. Tutti assieme, con gli allievi, qui sul contrafforte sud-sud-ovest saremo una quindicina. Vassallo, con me e l’altro allievo, attacca il Corno Stella per dove ero passato io il 1° maggio scorso. Poi continuiamo fino in cima, dove aspettiamo gli altri. Facciamo una corda doppia, scendiamo al Masso del Ferrante, dove Vassallo e io arriviamo per primi alle 18.45. Un po’ di esercitazioni, poi via. Ma a Voltri restiamo fermi 35 minuti o quasi per un ingorgo. Quindi Vittorio Pescia, che guida l’auto, ci riporta su all’Acquasanta dove molti si erano fermati a mangiare. Una cena in compagnia allegra. E’ ancora Pescia a riportarci a Genova, lui alla guida e Noli, Masetti ed io dietro. Alle 23.25 sono a casa.

 

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Uscite con il corso di alpinismo– 2 ultima modifica: 2017-05-25T06:00:08+02:00 da GognaBlog

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