Valanghe: comprendere il rischio e prevenire incidenti

Le valanghe rappresentano un rischio concreto, che ogni anno miete in media 21 vittime in Italia, quasi sempre legate ad attività ricreative. Il bollettino valanghe, emesso dai servizi valanghe delle Regioni e delle Province autonome dell’arco alpino italiano, è uno strumento fondamentale da consultare per pianificare la propria attività sulla neve. In questo articolo spieghiamo che informazioni fornisce e da quali basi di osservazioni e interpretazione sono ricavate. Il cambiamento climatico, intanto, sta modificando il quadro: la ricerca lavora a modelli che consentono di prevedere l’evoluzione futura.

Valanghe: comprendere il rischio e prevenire incidenti
di Lucia Ferrarin
(pubblicato su scienzainrete.it il 31 gennaio 2025)

Le valanghe sono uno dei fenomeni naturali più affascinanti, ma anche pericolosi, per chi frequenta la montagna in inverno. Rappresentano un pericolo concreto per la vita umana e per le infrastrutture, richiedendo un’attenta analisi e pianificazione da parte degli appassionati e dei professionisti della montagna. In Italia, tra il 1967 e il 2018, ben 1.044 persone hanno perso la vita a causa delle valanghe, con una media di 21 decessi per anno. Nella stagione attuale si contano già 5 vittime.

Chi rischia di più? Gli incidenti da valanga vengono di solito classificati in due categorie di attività: le attività ricreative, tra cui lo scialpinismo, lo sci fuoripista, l’alpinismo e lo sci su pista, e quelle non ricreative, legate principalmente a fatti che avvengono su vie di comunicazione e infrastrutture (il più recente esempio è il tragico incidente di Rigopiano, che ha provocato 29 vittime). Tra le attività ricreative, lo sci alpinismo è quella più rischiosa, causando una media di dieci vittime all’anno.

Il bollettino valanghe: una guida essenziale
Il bollettino valanghe è uno strumento fondamentale per chi pianifica attività sulla neve. È un documento istituzionale che sintetizza lo stato del manto nevoso, il pericolo valanghivo e le condizioni meteorologiche rilevanti. Utilizza una scala di cinque livelli di pericolo: debole, moderato, marcato, forte, molto forte. Sul territorio alpino italiano, la maggior parte degli incidenti si verifica con grado di pericolo marcato. Tuttavia, anche i gradi moderato e forte registrano una percentuale significativa di incidenti, soprattutto tra gli sciatori alpinisti.

Fattori determinanti il pericolo
Il bollettino valanghe si basa sia sulle condizioni del manto nevoso sia sulle condizioni meteo (passate, presenti e nell’immediato futuro) ed è elaborato in modo preciso, univoco e coerente. Ecco i fattori principali che determinano il grado di pericolo.

Consolidamento del manto nevoso: descrive la stabilità del manto nevoso, che dipende dalle sue proprietà fisiche e meccaniche. Un manto ben consolidato è più stabile e meno incline al distacco, mentre un manto meno consolidato è meno stabile e quindi maggiormente soggetto ad attività valanghiva.

Probabilità di distacco: dipende dal tipo di consolidamento del manto nevoso, dalla pendenza del pendio e dalla capacità della neve di sopportare carichi aggiuntivi, come il passaggio di sciatori.

Cause di distacco: possono essere spontanee o provocate da un sovraccarico. L’entità del sovraccarico necessario a causare il distacco di una valanga influisce sul grado di pericolo. Miti popolari, come l’idea che un suono forte possa causare una valanga, sono infondati; tuttavia, in condizioni di pericolo molto forte la variazione repentina di pressione causata dal passaggio di un elicottero o di un aereo a reazione può provocarne il distacco.

Dimensioni delle valanghe: influenzano sia la distanza che possono percorrere sia il loro potenziale distruttivo. Le valanghe di piccole dimensioni possono fermarsi su pendii anche molto ripidi, mentre quelle più grandi possono spingersi fino a terreni poco inclinati, arrivando talvolta a raggiungere il fondovalle. È importante sottolineare che la dimensione di una valanga non è direttamente legata all’intensità del carico che la provoca. Per esempio, si possono verificare piccole valanghe causate da carichi elevati, come un gruppo di sciatori che scende velocemente e in modo ravvicinato, oppure grandi valanghe innescate da carichi minimi, come un singolo escursionista che sale lentamente.

Problemi tipici legati alle valanghe
Il bollettino valanghe non si limita a indicare il grado di pericolo, ma fornisce anche dettagli sul tipo di valanghe previste. Ecco i tipi principali di valanghe, utili da conoscere per adottare comportamenti adeguati.

Valanghe da neve fresca: si verificano successivamente a un evento di precipitazione nevosa, quando la nuova neve accumulata sul terreno non si è ancora stabilizzata. Possono avere dimensioni variabili e rappresentano un rischio elevato, rendendo prudente attendere che il manto nevoso si stabilizzi.

Valanghe da neve ventata: si formano dopo periodi di vento forte, che creano accumuli e croste superficiali variabili in resistenza. In questi casi, è fondamentale evitare gli accumuli di neve, specialmente su pendii ripidi o dove il manto nevoso subisce variazioni di spessore e inclinazione.

Valanghe da strati deboli persistenti: costituiscono una delle principali cause di incidenti. Non è una condizione semplice da identificare e in questi casi è necessario muoversi con cautela per limitare le sollecitazioni sul manto e preferire pendii meno ampi e meno inclinati. Poiché questa condizione può cambiare rapidamente lungo un pendio, è essenziale effettuare valutazioni locali.

Valanghe da neve bagnata: causate dall’aumento della temperatura o dalla pioggia, richiedono particolare attenzione alle condizioni meteorologiche recenti e quelle previste. Eventualmente è consigliabile pianificare le escursioni evitando le ore più calde della giornata.

Valanghe da slittamento: avvengono quando l’intero manto nevoso scivola sul terreno, fenomeno tipico della primavera. Sebbene siano difficili da prevedere, possono essere anticipate dalla formazione delle cosiddette “bocche di balena,” crepe ben visibili nel manto, che precedono il distacco completo.

L’importanza del terreno
La probabilità di valanghe dipende anche dalle caratteristiche del terreno, come pendenza, esposizione e quota. In particolare, pendii con inclinazioni tra i 30° e i 60° sono i più pericolosi. Il bollettino fornisce indicazioni sulle aree più soggette al pericolo valanghivo in base alle condizioni: è quindi fondamentale pianificare un’escursione tenendo conto anche di questi aspetti.

Misurazioni sul campo e modelli nivologici
Il bollettino viene emesso dai servizi valanghe delle Regioni e delle Province autonome dell’arco alpino italiano, i quali sono associati ad AINEVA, l’Associazione Interregionale di coordinamento e documentazione per i problemi inerenti alla neve e alle valanghe.

La valutazione del pericolo valanghivo si basa su un insieme integrato di strumenti e competenze. Si utilizzano modelli meteorologici a scala locale; modelli nivologici, che ricostruiscono le condizioni dei diversi strati del manto nevoso; dati raccolti da stazioni nivometeorologiche, sia automatiche sia manuali, e osservazioni dirette effettuate sul campo. Questo processo avviene su scala regionale ed è guidato dalle competenze ed esperienze dei previsori, che spesso alternano lavoro sul campo e attività di analisi in ufficio.

Per determinare il livello di pericolo si monitorano costantemente l’evoluzione delle condizioni meteorologiche e lo stato del manto nevoso, con particolare attenzione al grado di consolidamento di quest’ultimo. Le analisi sul campo includono la misurazione di parametri chiave del manto nevoso, come lo spessore, la densità della neve, il profilo termico e la resistenza dei diversi strati di manto nevoso. Questo lavoro si effettua scavando trincee nella neve, profonde fino al suolo, per esaminare ogni strato individuabile e i cristalli di neve che lo compongono, osservandone forma e dimensione; lo studio dei cristalli fornisce informazioni essenziali sulla stabilità di ciascuno strato.

Si eseguono inoltre prove empiriche di stabilità, che consentono di valutare rapidamente e in modo efficace il consolidamento del manto nevoso. Questi test, condotti con strumenti semplici come bastoncini da sci, pale o gli sci stessi, consistono nel separare sezioni di neve e applicare vari tipi di carichi per verificare se e quando si forma una superficie di slittamento e la neve si distacca.

Le informazioni raccolte sul campo vengono integrate in modelli nivologici capaci di rilevare automaticamente la presenza di strati deboli, che potrebbero agire come superfici di distacco e scorrimento di una valanga. I risultati di questi modelli, combinati con i dati empirici e l’esperienza, permettono ai previsori di assegnare un grado di pericolo, identificare i problemi valanghivi tipici e individuare le aree più a rischio.

Le valanghe e il cambiamento climatico: che cosa aspettarsi
Le valanghe sono un fenomeno naturale strettamente legato alle condizioni climatiche. Tuttavia, il riscaldamento globale sta modificando il quadro. Gli studi più recenti mostrano che l’aumento delle temperature ha portato a una diminuzione del numero di valanghe, delle loro dimensioni e dei percorsi attivi nelle aree a bassa quota. Questo è dovuto principalmente alla riduzione della copertura nevosa e al graduale innalzamento della linea di congelamento.

Alle altitudini più elevate, invece, si osserva una tendenza opposta. In queste zone, il freddo persistente combinato con precipitazioni più intense può aumentare temporaneamente l’attività valanghiva. Questo scenario evidenzia un’evoluzione dinamica che sposta i rischi dalle quote più basse a quelle più alte.

Un altro cambiamento significativo riguarda la natura stessa delle valanghe. Gli eventi di neve bagnata, causati da pioggia o scioglimento rapido della neve, sono in aumento, estendendo il periodo in cui possono verificarsi. Al contrario, le tradizionali valanghe asciutte, tipiche dell’inverno, stanno diminuendo. Questi cambiamenti alterano non solo la frequenza ma anche il comportamento delle valanghe, rendendole più imprevedibili e difficili da gestire.

Le implicazioni di questi cambiamenti vanno oltre la neve. I rischi per le comunità montane dipendono anche da come le persone si adattano. Mentre alcune aree vedranno un calo dei pericoli, altre potrebbero affrontare nuove minacce legate a valanghe più imprevedibili, come quelle bagnate. Inoltre, mancano studi approfonditi sull’impatto di queste trasformazioni per gli appassionati di sport invernali e per i lavoratori delle montagne.

La strada della ricerca: modelli per prevedere
Per affrontare queste sfide, è cruciale colmare le lacune nelle conoscenze attuali. È necessario migliorare la raccolta e la condivisione dei dati e sviluppare modelli più precisi per prevedere i rischi. Solo con un approccio integrato sarà possibile garantire uno sviluppo sostenibile delle regioni montane, proteggendo sia le comunità sia gli ecosistemi. I cambiamenti climatici stanno riscrivendo la storia delle valanghe. Monitorare, comprendere e adattarsi a questi fenomeni sarà essenziale per affrontare il futuro con maggiore sicurezza.

Al Politecnico di Milano, il Climate Lab, diretto da Daniele Bocchiola, docente di Idrologia e costruzioni idrauliche, è un gruppo di ricerca che studia l’impatto del cambiamento climatico sul regime valanghivo con un approccio innovativo. Il team combina l’utilizzo di due approcci: da un lato l’analisi statistica delle variabili meteorologiche di interesse, principalmente temperature e precipitazioni, dall’altro la simulazione degli eventi valanghivi in 2D, tramite un modello basato su equazioni fisiche sviluppato internamente.

L’analisi statistica permette di ricavare un set di dati sufficientemente affidabile che descriva le condizioni climatiche, da cui si traggono informazioni sulle caratteristiche del manto nevoso, come spessore di neve, grado di compattezza, quantitativo di neve fresca. Le caratteristiche del manto nevoso sono quindi utilizzate per far girare il modello di simulazione delle valanghe. Vengono effettuate diverse analisi, sia nelle condizioni climatiche attuali osservate sul territorio, sia in quelle previste dai Modelli Globali Climatici per i prossimi 100 anni. Con questo sistema è quindi possibile simulare in modo dettagliato il regime valanghivo, in diversi scenari di cambiamento climatico, dando informazioni sulle caratteristiche principali delle valanghe come la distanza percorsa, il volume di neve coinvolto e la pressione d’impatto raggiunta. Questo metodo può rappresentare uno strumento utile per valutare i rischi futuri e sviluppare strategie di mitigazione e adattamento efficaci.

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Valanghe: comprendere il rischio e prevenire incidenti ultima modifica: 2025-02-19T05:33:00+01:00 da GognaBlog

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10 pensieri su “Valanghe: comprendere il rischio e prevenire incidenti”

  1. Ergo, state a casa e godetevi lo spettacolo..
    Oddio , è tutto vero , anche gli aerei negli uragani a volte cadono , ma esistono previsioni del tempo sempre più accurate , che ti permettono di volare senza troppe paturnie.Allo stesso modo ,i bollettini valanghe sempre più accurati , insieme ad una buona formazione sul campo, ti permettono di vivere  splendide giornate di alpinismo invernale , scegliendo la meta in funzione dei rischi attesi sui pendii.

  2. Segnalo a tutti (magari c’è qualcuno che non lo sa…) che, in parallelo a questo dibattito,  si sta sviluppando un altro interessante dibatto su temi connessi allo scialpinismo, e quindi anche collegati a questo articolo per il comun denominatore dello “scialpinismo”, in calce ad un articolo pubblicato qualche giorno fa su Altri Spazi (sito collegato al Gogna Blog): 
    https://www.sherpa-gate.com/altrispazi/lo-scialpinismo-su-pista/
     
     

  3. @4 Parole sante, ma il concetto di PRUDENZA io lo do per scontato a priori.
     
    Soldato che scapa, xé bon per un’altra volta“, è un antico proverbio veneto che mi citava sempre un mio conoscente del Nord Est. Saper leggere i bollettini non serve solo per scegliere l’itinerario indicato per l’indomani, ma in primis serve per saper capire se, domani, convenga addirittura stare a casa. Quanti incidenti la cronaca ha registrato, purtroppo, in giornate in cui i bollettini davano pericolo 4 o addirittura 5!

  4. A me pare che, il cai in primis con i suoi corsi, si stia insinuando l’idea  che con pala ed arva si possa soccorrere e salvare un travolto.
    Per me andrebbe instillato il concetto che le valanghe son come le pere: puoi sapere che sono mature ma non dove cadranno.
    Le valanghe cadono dove son sempre scese, dove cadono qualche volta e dove non sono mai cadute. 
    Ergo, state a casa e godetevi lo spettacolo

  5. Tre considerazioni, sommessamente.
    1. Non mi sembra che il Blog sia dedicato solamente alle Alpi. Nell’articolo, l’Appennino non è considerato (richiamare alla mente la valanga scesa in località Rigopiano non significa prenderlo in considerazione). In tal modo può passare l’idea, rischiosa, che le montagne dell’Appennino non meritino molta attenzione riguardo alle valanghe, mentre hanno una storia non trascurabile in fatto di distacchi nevosi, i quali hanno causato e causano morti e feriti. Coloro che recentemente sono scesi dal Trentino, per aiutare i soccorritori locali a trovare quattro alpinisti sepolti da un distacco nevoso nella catena del Sirente Velino, sono rimasti sorpresi dalla quantità di neve, dal freddo e dalle dimensioni della valanga sulla quale si sono trovati ad intervenire.
    2. Il titolo “Fattori determinanti il pericolo”, dovrebbe essere rivisto sostituendo ‘pericolo’ con ‘rischio’. In seguito, si usano indistintamente i due sostantivi e questo può provocare incomprensioni importanti. Il rischio valanghe è una cosa, il pericolo di finire in una valanga è un altro.
    3. Il capitolo “Le valanghe e il cambiamento climatico: che cosa aspettarsi”. Dopo il primo punto, la parola ‘tuttavia’ non è adeguata. Metterei un ‘infatti’.

  6. Il livello qualitativo raggiunto dagli ARTVA è elevato. Occorre però saperlo usare e impostare la ricerca correttamente. Mediamente il tempo di individuazione è circa il 30/40% del tempo necessario x il soccorso; occorre molto tempo x lo scavo quindi come e dove scavare è rilevante. I tempi utili sono 20/30 min .Il trattamento del travolto è poi essenziale per evitare arresti cardiaci e/o traumi di vario tipo. L’intervento del 112 è fondamentale. Questo e molto molto altro per dire che la neve è estremamente insidiosa e variabile e occorre trattarla con molta molta prudenza.Molti molti espertissimi sono stati travolti e morti. Quindi l’elemento veramente ESSENZIALE , oltre a conoscere strumenti e tecniche è PRUDENZA PRUDENZA E ancora PRUDENZA

  7. Un tema in cui non si finisce mai di imparare , e come dice Crovella , la natura “escursionistica” del terreno spesso trae in inganno nella percezione del rischio..La consultazione dei bollettini rimane una pietra angolare , perchè non tutti sono in grado di fare le valutazioni successive sui singoli pendii proposte dalla matrice di riduzione del rischio di Munter..Secondo me i bollettini aineva e slf sono fatti sempre meglio , ed ho apprezzato lo sforzo divulgativo che entrambi hanno fatto negli ultimi anni…Bella anche la descrizione per inquadrare i diversi “animali di neve” che troviamo la fuori :  https://bollettini.aineva.it/education/avalanche-problems

  8. La lettura dei bollettini è FONDAMENTALE (ben vengano, quindi, articoli come questo!). Anzi uno scialpinista “serio” li legge sistematicamente (cioè da inizio a fine stagione, bollettino dopo bollettino) e non solo la sera prima dell’uscita, perché così memorizza l’evoluzione nel frattempo registrata dal manto nevoso: i distacchi di domani NON sono solo figli di ciò che accadrà domani, ma si portano dietro l’azione di eventi anche dei giorni e perfio delle settimane precedenti.
    Tuttavia la lettura dei bollettini, che ripeto è cosa FONDAMENTALE, da sola non basta: occorre studiare la nivologia e saper mettere insieme le informazioni che otteniamo grazie ai bollettini con i meccanismi che governano l’evoluzione del manto nevoso e ne determinano il grado di pericolosità. Così come indossare l’ARTVA senza esser pratici nel fare la ricerca (grazie alle esercitazioni a iosa), serve a poco (direi a nulla, se sotto ci sono i compagni), lo stesso vale per i bollettini: sono uno strumento preziosissimo, ma non sono un talismano contro i rischi.

  9. L’alpinismo, in tutte le sue accezioni, compresa quella con gli sci (=scialpinismo), è una disciplina molto affascinante, io la paragono addirittura a una “arte”. cioè è molto di più di un semplice sport, praticato in zone controllate e preventivamente verificare. non ho nulla contro il concetto di sport, sia in montagna che in altri contesti, ma sottolineo l’abissale differenza di approccio mentale e ideologico. Lo scialpinismo, così chiamato perché richiede la stessa forma mentis dell’alpinismo (pur snodandosi, nell’80% dei casi-forse anche di più, su terreni che, d’estate, sono di stampo “escursionistico”) è sicuramente la forma più rischiosa di alpinismo, perché, per il suddetto contrasto con i terreni tendenzialmente “escursionistici”, il rischio è subdolamente incorporato nel manto nevoso. Conoscere il manto nevoso, come si evolve e come si “rompe” (causando le valanghe) è a sua volta un’ “arte”, nel senso che ci vuole predisposizione, determinazione, cocciutaggine a studiare la nivologia e a osservare le fattispecie sul campo, nonché a effettuare una serie infinita di test/esercitazioni (dal cuneo alla ricerca ARTVA) per entrare il più possibile in intimità con i meccanismi del manto nevoso. Probabilmente nessun essere umano arriverà mai a controllare e prevedere al 100% tali movimenti, data l’estrema natura eterogenea delle rispettive cause, a tal punto che in passato si coniò la definizione “L’enigma delle valanghe”. Fatta questa doverosa premessa, la maggior parte dei rapporti causa-effetto che agiscono sul manto nevoso sono codificabili in macro categorie, che il “vero” scialpinista deve conoscere a menadito. Ascoltare (oggi: leggere su internet o su app) i bollettini consente di avere una “radiografia” immediata del quadro: se danno forti venti da nord-ovest (tipici delle valli piemontesi), NON vado a cacciarmi su pendii posti sotto la cresta spartiacque, perché “lì” si cerano accumuli da vento e quindi è probabile che si stacchino i lastroni. Anzi, evito già la sera prima itinerari del genere nella scelta a tavolino per l’indomani. Ho fatto uno dei mille esempi, forse il più “banale”, ma per esser sicuro di farmi capire da tutti. CONT.

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