Valanghe
(scritto nel 1997)
Lettura: spessore-weight(1), impegno-effort(1), disimpegno-entertainment(1)
Chi pratica eliski ha problemi di sicurezza. Prima di tutto fisica. È diceria che le vibrazioni dell’elicottero (specialmente in alcuni stretti valloni) possano originare valanghe la cui caduta può coinvolgere chi è più in basso. È vero che la presenza di una guida alpina esperta dei luoghi in genere riduce assai la necessità di una verifica sulla pericolosità dei pendii, ma la discesa fuori pista con l’uso dell’elicottero esclude quella verifica che solo la salita e una visione globale del territorio possono garantire.
Le probabilità di distacco di valanghe sono superiori nella discesa e nelle curve saltate che non in salita. A maggior ragione è bene che si faccia il percorso in salita.
Una discesa su terreno non indagato in precedenza è pericolosa anche per la velocità alla quale viene compiuta. L’uso dell’elicottero autorizza alla psicologia di gruppo per la quale succede che un raggruppamento di persone sia più spericolato di quanto ciascun singolo sarebbe. E se il gruppo è costituito da inesperti alpinisti, anche se bravi sciatori, il rischio incidente aumenta paurosamente. Spesso si verifica la tendenza a scendere ognuno per la propria pista, aumentando così a dismisura la probabilità di un distacco del pendio.
E per sicurezza si può intendere non soltanto quella fisica. Si può estendere all’insieme dei comportamenti che proteggono dalle disgrazie e dalle ingiurie fisiche come pure all’insieme delle realtà psicologiche che sono alla base dell’individuo e che quindi sono necessarie alla nostra maturità. Ma, senza allargarsi troppo a un campo psicologico in cui è sempre difficile fornire delle dimostrazioni, torniamo al discorso generale ed oggettivo sulle valanghe e sui pericoli dei pendii nevosi.
Dopo ogni tragedia sui giornali tornano d’attualità i pericoli della montagna invernale e delle valanghe. Ad abbondante innevamento è sempre corrisposto un aumento dei fenomeni valanghivi che spesso si manifestano con eventi intensi e tragici. Nessuno è ancora riuscito a trovare il modo per eliminare questa spada di Damocle sempre sospesa sul capo dei valligiani e dei turisti dello sci.
Nonostante tutti gli studi e le ricerche, la valanga rimane un evento per buona parte imponderabile contro il quale la misura più efficace è la prevenzione. Ma cos’è una valanga? Tecnicamente si tratta del distacco per gravità di una massa nevosa, a causa della rottura degli equilibri di coesione del pendio. Tale coesione è data dall’intrico delle ramificazioni dei cristalli di neve. Col passare del tempo e con l’intervento di vari fattori meteorologici e climatici, i cristalli perdono la loro conformazione subendo quello che in termini tecnici è noto come «metamorfismo». Ad ogni nuova nevicata il manto fresco subisce una diversa metamorfosi, si viene dunque a formare una stratificazione ove la coesione dei singoli strati varia anche di molto. Sovente è possibile avere degli strati di buona coesione disposti su uno o più strati dove questa è quasi assente. In questi casi, un qualsiasi fattore che provochi la frattura del manto nevoso, rompe il delicato equilibrio che si era generato.
Il distacco di una massa nevosa può esser dovuto a cause spontanee o può essere provocato. Nel primo caso ci troviamo di fronte a un pericolo generalizzato su tutto un territorio e l’evento che si determina è di tipo catastrofico. Il rischio di provocare un distacco produce un pericolo localizzato poiché è circoscritto alla zona ove si muovono gli sciatori o gli alpinisti. In questo caso si parla di valanghe «ludiche» dovute cioè all’azione dell’uomo nel corso delle sue attività di svago: eliski, sci fuori pista, snowboard, sci alpinismo e, più recentemente, una novità: le rumorose escursioni con motoslitta. Più rari sono gli incidenti provocati dall’attività strettamente alpinistica e dalla marcia con racchette da neve.
Chi frequenta la montagna invernale, deve pertanto essere a conoscenza di alcune elementari norme di comportamento e prevenzione. Importante è essere a conoscenza dei bollettini nivometeorologici che vengono redatti ogni giorno dagli appositi uffici sparsi sull’arco alpino, dalla Francia all’Italia, dalla Svizzera all’Austria e Slovenia. Dal bollettino si apprenderanno le condizioni di sicurezza della regione di competenza ad ogni ufficio, comprese anche le valutazioni di Pericolo Valanghe, Indice di Rischio e Tendenza di Rischio. Su Internet è facilissimo reperire queste informazioni, giorno per giorno, ora per ora.
Accanto a questo insostituibile mezzo di valutazione e prevenzione, sarebbe anche assai utile chiedere informazioni in loco agli eventuali valligiani: la memoria storica di chi ha vissuto per generazioni in una certa zona è forse il più valido aiuto per il buon esito di una gita. Rivolgersi però non al primo capitato ma a personaggi che conosciamo personalmente. Gli addetti agli uffici turistici spesso ne sanno meno di noi. In caso di incertezza, è sempre meglio affidarsi all’esperienza di una guida alpina. Se ogni componente la comitiva è dotato di un abbigliamento caldo e funzionale, bastoncini-sonda, apparecchio ricetrasmittente ad impulsi (ARTVA) e pala da neve, già si parte predisposti ad una condotta prudente.
Nel corso della gita occorre evitare di passare in zone sottovento ove maggiori sono gli accumuli di neve, evitare il più possibile gli avvallamenti e i pendii vasti e molto uniformi. Meglio muoversi lungo i crinali e le zone con affioramenti rocciosi. Costretti ad attraversare o scendere un canale o un pendio potenzialmente pericolosi, farlo sempre uno alla volta, tenuti sotto controllo dai compagni. Traversare sempre nel punto più alto del canale e farlo in leggera diagonale discendente per essere più veloci in caso di fuga; tenere slacciati i laccioli degli sci e dei bastoncini; inoltre è buona norma essere completamente vestiti e indossare un passamontagna che copra bocca e naso.
Tuttavia deve essere chiaro che, se per le valanghe provocate esistono numerosi mezzi di prevenzione, contro gli eventi catastrofici vi sono ben pochi provvedimenti efficaci. Certo non serve demolire con la dinamite i seracchi sporgenti sui pendii pericolosi: il seracco è il prodotto del lento flusso del ghiacciaio e la sua riformazione è inevitabile, a meno di non sciogliere il ghiacciaio stesso. E non serve neppure riempire le montagne di paravalanghe e barriere di cemento: troppo spesso abbiamo avuto la prova di quanto la natura sappia irridere alle nostre fragili difese.
I bollettini sono sufficienti a trarre delle valutazioni, a volte si tratta soltanto di non lasciarsi prendere dal desiderio di partire quando tutte le informazioni sono assai allarmanti. Meglio aspettare condizioni più favorevoli, che a volte si verificano anche solo dopo un giorno.
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Grazie a tutti delle precisazioni. Mi preme però aggiungere che da nessuna parte nell’articolo è detto che marciare con le racchette sia meno pericoloso che procedere con gli sci. L’articolo è stato scritto nel 1997 e questo è il motivo per cui il fenomeno dei ciaspolatori non è stato preso in considerazione nel modo in cui è dovuto oggi (e qui devo dire che avrei dovuto precisarlo…).
Quanto al dispositivo ARTVA ho dato per scontato che occorra averlo ACCESO e saperlo usare, esattamente come si può parlare al telefono solo se si è in grado di digitare i numeri e solo se l’apparecchio è acceso…
Anche a me quest’articolo è sembrato pieno di inesattezze pericolose. Mi associo a Stefano aggiungendo che gli anni meno nevosi sono quelli che percentualmente registrano il maggior numero di incidenti in valanga.
Cosa ti aspetti, non senti che per la maggioranza delle persone la terra è piatta? Qualsiasi discorso è inutile, pensano tutti di sapere perfettamente cosa fare. Puoi verificare questa opinione vedendo che nessuno di loro è capace di fare qualcosa di un qualche serio interesse e molti si fanno male o si ammazzano credendo che facendo corsi e ricorsi la loro capacità venga certificata e quindi esista. Ma la colpa è sempre degli altri che magari sono a casa a dormire.
Aldilà di eliski sì eliski no, l’articolo riporta diversi particolari superficiali e un dato sicuramente falso e potenzialmente pericoloso, visto che spesso la “mitologia” dei frequentatori delle montagne innevate si basa su argomenti di questo tipo.
Se i tecnici del servizio valanghe dovessero basarsi sulle deduzioni da manovale fatte sulle cause dei distacchi di questo articolo sarebbe meglio chiudere tutti i servizi dedicati ed andare in giro col santino…
Inoltre il dato certamente pericoloso è quello relativo alle racchette da neve, visto che è risaputo quanto di più impatti sul terreno la racchetta da neve oppure il passaggio di un alpinista a piedi rispetto a chi passa con gli sci. Dovuto questo ad una maggior dispersione del peso grazie alla sua distribuzione lungo le assi.
Uno studio statistico che personalmente ho eseguito l’anno scorso su delega del Collegio Nazionale Guide Alpine Italiane, basato su dati ufficiali di AINEVA e CNSAS di diversi settori alpini, oltre ad un buon numero di articoli giornalistici relativi, anche d’oltr’alpe, dimostra come la racchetta da neve non è affatto indenne da incidenti ma anzi, quest’ultimi sono in netto aumento e considerando il numero di scialpinisti in rapporto al numero dei “ciaspolatori” la percentuale che si evidenzia non è certo favorevole ai secondi.
“partire predisposti” come cita l’articolo non è certo sufficiente ed anche questo si rileva dal numero di incidenti che coinvolgono escursionisti senza alcuna attrezzatura di auto-soccorso o ancor peggio con questa attrezzatura non completa o ancor “peggissimo” con l’attrezzatura completa ma senza essere a conoscenza del suo utilizzo.
Non basta avere l’ARTVA, non serve praticamente a nulla nello zaino e se non lo si accende serve ancora meno (tanto per fare alcuni esempi di situazioni che si verificano ogni anno…!!!).
“Ma la pala e la sonda non ce l’hai?” ” Sì ce l’ha il capogita…!”
risposta piuttosto frequente (provare per credere) che denota una completa ignoranza sulle tecniche e le attrezzature di auto-soccorso in valanga, se poi sommiamo questo a falsi miti come quello che le ciaspole sono più sicure, allora il mix diventa esplosivo… per non parlare della confusione che fanno articoli come questo, i quali mettono a paragone seracchi e pendii nevosi invernali… solo questo basterebbe ad usare la carta utilizzata per scriverlo per usi meno nobili ma più utili…!
mi associo: elicotteri solo per soccorso, ed eventualmente, con pochi voli programmati e pubblicizzati, per il rifornimento dei rifugi aperti in inverno (per fortuna sempre più numerosi). NO moto, quad, motoslitte, nuovi impianti, nuove strade. Strade e veicoli fino a dove arriva il postino, poi tutti a piedi (questa è di Mario Rigoni Stern, Alp 138 pag. 19); io fermerei pure le mountain bike.
Una volta in una scialpinistica sopra La Thuile siamo stati disturbati dall’elicottero che portava su clienti francesi. Quando siamo arrivati in cima, con un vento non banale, il pilota ha ritenuto prudente non posarsi, e i suoi clienti sono tornti con le pive nel sacco a valle. Ho fatto allora una delle discese più belle che io ricordi. Chissà, magari anche per il godimento dovuto allo scorno subito dagli sciatori elicotteristi…La prossima volta, magari metteranno le pelli ho pensato.
L’elicottero in montagna deve essere utilizzato SOLTANTO per il soccorso, i rifornimenti ai rifugi e le emergenze in generale.
NON deve essere utilizzato né per gli sciatori fighetti né per i turisti fighetti. E neppure per il Trofeo Mezzalama!
Le guide alpine che se ne servono sono indegne. Da boicottare.
Circa tre anni fa in Valgrisenche (VdA) si è verificato un episodio di questo tipo.
Un paio di guide risalivano con le pelli un pendio accompagnando i loro clienti.
Al sommo del pendio, dove diventa costone (divisorio con un altro valloncello), si posa un elicottero dell’eliski.
Nel ripartire, l’elicottero fa staccare un bel po’ del pendio sottostante e la massa nevosa coinvolge alcuni dei clienti delle guide. Queste ultime quindi sono state impegnate a tirare fuori i loro clienti…
La cosa “buffa” è che l’elicottero non era riuscito ad alzarsi in volo e ogni tentativo lo infossava sempre di più, finché (se non ricordo male) si è addirittura girato su un fianco. In ogni caso l’elicotterista era bloccato dentro.
Le guide, dopo aver dovuto liberare i loro clienti dal distacco nevoso, sono corse all’elicottero per liberare il pilota, con tanto di utilizzo di pale da neve…
Ho sintetizzato a memoria l’episodio e alcuni risvolti potrebbe non essere perfettamente aderenti alla realtà dei fatti.
Ma il succo complessivo è che gli elicotteri comportano un pericolo di valanghe per tutti quelli che si trovano nei paraggi. Uno assolda una guida per farsi una gita da tranquillo e poi si ritrova travolto perché al colmo del suo pendio si è posato un elicottero!
Alessandro io sono per l’utilizzo dell’elicottero esclusivamente nelle operazioni di soccorso o supporto ai rifugi.
«Chi pratica eliski ha problemi di sicurezza. Prima di tutto fisica.»
No! Chi pratica eliski ha problemi prima di tutto nella testa!