Qui di seguito alcuni post di Valentina Mora, la ragazza deceduta il 3 agosto 2019 durante una salita solitaria al Pizzo d’Andolla. Di lei abbiamo già pubblicato Da Alagna al Monte Rosa, alpinismo solitario e Da Gondo alla Weissmies.
Valentina Mora
(dal suo profilo facebook, oggi “in memoria”)
20 giugno 2018
Ci sono tiri dove non sono all’altezza, altri dove non ho l’altezza; poi ci sono quelli fattibili ma che all’inizio sembrano impossibili.
Falesia di Simplon Dorf, Zanshin, 7b+. Chi mi ha visto provare e fallire, poi finalmente chiudere questa via, si è reso conto che per me non sarebbe mai stata solo 7b+:
– Ad un terzo di via ho dovuto cercare un doloroso, assurdo e minuscolo intermedio per evitare un lancio infinito… su un passaggio dove non ci sono difficoltà per chi è alto anche solo 1.70 m;
– a due terzi capire come tenere una sequenza di tacchettine praticamente inviolate (nemmeno segnate dalla magnesite), laddove tutti aggiravano a destra, rispetto alla linea degli spit, in direzione di un bel presone… io ho potuto raggiungere il buco in alto tenendo di mano destra un tridito, di sinistra una di quelle tacchettine invisibili e lavorando di piedi come mai prima d’ora;
– infine per me l’unica uscita fattibile è stata un incrocio tenendo il bidito svaso (la presa-chiave del tiro)… come poter scegliere la mano se si arriva a pelo?
Che odissea!… Ma non posso, né voglio sopravvalutare o sgradare i tiri. Ciò che è scritto su carta è legge!
La lezione di oggi? Noi nani non arriviamo a nulla, ma (alzando i piedi) se arriviamo teniamo!
Un ringraziamento speciale a mio padre che mi ha spinta ad insistere quando ormai avevo perso ogni speranza; papà ti dedico il tiro!
12 luglio 2018
Ore 6.30: sola con il mio inseparabile zaino, mi addentro per le vie di Alagna. La mia meta? Capanna Gnifetti…
La scusa è sempre quella di riprendere l’allenamento, ma ormai ho perso il conto: 7, 8, di più? quante volte i miei scarponi hanno lasciato le proprie orme su questo itinerario? Eppure ogni volta è sempre diversa, più bella della precedente.
Avevo bivaccato lassù ad ottobre dello scorso anno, quella mattina un forte vento aveva accompagnato i miei ultimi passi.
Oggi il tempo era variabile. Le nubi basse hanno nascosto il sole per gran parte della giornata; non in quota però, dove ho potuto godermi un pranzo mozzafiato… in canottiera a 3647 m!
Scendendo poi, ci hanno pensato i colori dei fiori a illuminare il paesaggio reso cupo dalla nebbia.
Itinerario: Alagna Valsesia – Piane – rifugio Grande Haltè – Pianalunga – rifugio Vigevano – Passo dei Salati – Stolemberg – Indren – rifugio Gnifetti (ritorno per lo stesso itinerario). Dislivello +2700 m circa; 33,5 km.
18 luglio 2018
Amo arrampicare su forti strapiombi, mi entusiasma l’arrampicata di forza.
È inutile dirlo: ho poca tecnica, scalo male e scalo frontale (fa anche rima ma è la realtà), vado avanti di bloccaggi e chiudo le vie per grazia divina… ma adoro la sensazione che mi regala il contatto delle dita con la roccia!
Quando arrivai a Simplon Dorf e vidi per la prima volta quell’immenso tetto pensai “mi darebbe una gran soddisfazione poter chiudere, un giorno, una via così”.
La via in questione era Massaker (Huxley’s Letzte Massaker, 7b+); un nome una garanzia… un massacro a livello energetico! Domenica, esausta, all’ultimo giro della giornata, ha finalmente ceduto!
Ringrazio: Andrea Greggio per le dritte indispensabili relative alla prima parte del tetto (ti devo il tiro!), Carmen Paradiso, Matteo Vita, Giancarlo, Luca Carapella e Andrea Doria per le foto e l’incoraggiamento, infine il fortissimo Lucas Iribarren per aver lasciato i rinvii (per lui sarà stata probabilmente una via di “riscaldamento”).
Infine grazie per il tifo a tutti i falesisti presenti domenica, mi avete davvero emozionata!
5 agosto 2018
Cari amici, quella che sto per raccontarvi è la storia di un viaggio infinito…
In una giornata che rimarrà per sempre impressa nel mio cuore, ho visto alternarsi più volte sentimenti di stupore, gioia, felicità estrema e timore. Mai come prima d’ora i miei stati d’animo hanno riflesso tutti i colori del cielo: dal calore dell’alba, al bagliore del sole, al cupo grigiore del temporale…
Ore 00.30, Alagna – dopo una squisita colazione notturna a base di torta di mele fatta in casa (il dettaglio è rilevante) sono pronta per partire. L’umidità dovuta alla pioggia serale avvolge le case walser in una nuvola fiabesca… Alagna, paese magico!
Mi sento meravigliosamente bene. Sono stata lontana tre settimane dai miei amati scarponi, dove ricominciare a camminare se non laddove li avevo posati l’ultima volta? Avvolta da semplici indumenti estivi e con in spalla uno zaino non troppo pesante (gli 11 kg dello scorso anno erano eccessivi) procedo per il sentiero che conduce dapprima alle Piane poi al rifugio Grande Haltè. A Pianalunga una pioggerella fitta rinfresca l’aria; cessa dopo un’oretta e una luminosa luna trionfa nel cielo, libera di splendere ora che le nubi si sono finalmente dileguate.
Prima di sbucare nuovamente sulle piste da sci, il luccichio di quattro diamanti attira la mia attenzione: sono gli occhi di una splendida coppia di stambecchi. Mi guardano un po’ assonnati, ma in allerta… Con un sorriso comunico loro le mie intenzioni. Che meraviglia! Grazie montagna per le fantastiche emozioni che mi regali!
Sono a Indren quando i colori di una splendida alba dipingono il cielo… lo spettacolo è bello da togliere il fiato! Mi perdo in qualche foto… Troppe foto come sempre!
Superate le corde fisse e raggiunte le roccette della Piramide Vincent inizio ad avere un calo di energie. La strada è ancora lunga… Al termine della prima rampa scorgo il profilo di due cordate che procedono a rilento. Saranno il mio primo obiettivo: lo spirito di competizione ereditato dalle gare di corsa di anni ormai lontani, adesso mi tornerà utile anche se in modo diverso: non vado in montagna per competere ma per realizzare i miei sogni. Passo dopo passo supero una, due, tre cordate e, sotto il cielo azzurro e un sole bollente, giungo al Colle del Lys.
Sono quasi sotto la seraccata della Punta Gnifetti quando, esattamente come lo scorso anno, smarrisco – indovinate cosa! – … Ebbene sì! La mia cuffia (la seconda in due anni). Chi ha letto l’album A piedi da Alagna al Rosa, cinque vette in due giorni sa benissimo che: a) torno indietro per un lungo tratto nella speranza di recuperarla; b) ovviamente non trovo nulla ma allungo il giro visto che è breve… fine della storia! prima di tornare brevemente sui miei passi, con un barlume di speranza, chiedo a due ragazzi se l’han vista; niente da fare, ma… “persa una cuffia, trovo un amico”.
Raggiungo la Zumstein 4563 m quando il tempo comincia a cambiare. Qualche foto e scendo in fretta risalendo a Capanna Margherita; qui ritrovo Maurizio e Alessandro… Scambiamo due parole e scopro che è sogno anche di quest’ultimo raggiungere un Quattromila a piedi senza funivie. I loro sinceri complimenti e l’incoraggiamento unito alla stima che provano nei miei confronti saranno pensieri preziosi su cui tornare con la mente durante il difficile rientro. Grazie ragazzi!
Percorriamo un tratto insieme, ma sono nettamente più veloci; in questa neve marcia corro ma più spesso sprofondo fin quasi a sparire completamente, bassa come sono.
Prima di giungere alla Indren (stazione vecchia) vengo colta dalla grandine. I tuoni uditi poco prima danno vita a un immenso temporale. Mi riparo e penso al da farsi. Sono un po’ intimorita all’idea di passare dallo Stolenberg, famoso parafulmini naturale. Valuto l’alternativa di scendere alla Bocchetta delle Pisse, ma è un percorso che non conosco e la vallata è avvolta dalla nebbia. Comincio a correre, scendo da Indren, risalgo lo Stolenberg ed esausta arrivo al Passo dei Salati.
Il cielo si apre e torna a splendere il sole, ma il mio corpo dopo tutti questi repentini cambiamenti atmosferici comincia a dare i primi segnali di cedimento. Scendo a rilento, quasi barcollando: ho un forte mal di testa dovuto al sole preso troppe ore, un occhio continua a lacrimare, le labbra sono ustionate… Giungo sfinita ad Alagna, riposando un’ora prima di rimettermi in viaggio verso casa.
Sono stanchissima, ma ho il cuore colmo di ricordi indelebili ed emozioni uniche.
Percorso: Alagna 1190 m – Piane – rifugio Grande Haltè – Pianalunga – Passo dei Salati – Stolenberg – Indren – Gnifetti – Colle del Lys – Punta Zumstein – Capanna Margherita (rientro per lo stesso itinerario). Dislivello: oltre 3600 m, ma non ho dati precisi.
Il ricordo di m.n.
(pubblicato su italiastarmagazine.it l’8 agosto 2019)
(storia dell’alpinista morta giorni fa nell’area del Pizzo d’Andolla, tra Italia e Vallese. Aveva 28 anni, scalava in solitaria e scriveva il suo indomito amore per la natura su Facebook)
Ciao Valentina, climber senza sponsor ma con il tuo inseparabile vecchio zaino…
Chi segue ItaliaStarMagazine sa con quale attenzione – e partecipazione emotiva dei redattori appassionati di montagna – abbiamo seguito le conquiste e anche le tragedia dell’alpinismo mondiale. Ma in genere chi muore sugli Ottomila è un esperto e conosciuto climber, come lo era il compianto Daniele Nardi o tanti altri protagonisti di avventure epiche, finite nel lutto, la più recente in India con 8 morti. Ma la montagna ogni tanto porta via con sé, per un disegno che non ci è dato sapere, anche persone semplici e normali come la 28enne Valentina Mora, morta pochi giorni fa in un incidente in montagna in Valle Antrona, nella zona del Pizzo d’Andolla 3654 m, tra Italia e la Svizzera del Canton Vallese. È caduta durante la discesa.
Senza sponsor, senza video, senza scrivere libri o tenere conferenze in tour, senza materiali al top, ma con sé solo un vecchio zaino “inseparabile” e il minimo indispensabile per scalare, sopravvivere e vivere. Partita il 3 agosto da Cheggio per una delle sue “imprese” solitarie (“Lo so – scriverà sul diario di Facebook – ho ancora molti limiti tecnici, commetto degli errori…”), quella sera doveva rientrare a casa per la cena ma non era comparsa e i genitori avevano dato l’allarme. A trovare il corpo gli uomini del Soccorso alpino Valdossola e Guardia di Finanza. Valentina, piccolina ma con un fisico robusto e flessuoso, abitava a San Maurizio d’Opaglio e solo un mese fa a luglio aveva raggiunto di notte Alagna per salire a quota 4000 in solitaria, le piaceva affrontare le difficoltà di una parete in perfetta solitudine.
Così, per esempio, scriveva delle sue “imprese”: «1 luglio 2019, salita in solitaria da Alagna 1190 m fino a quota 4000 metri circa, con partenza in notturna. Nessun obiettivo, solo la voglia di accarezzare con lo sguardo il Monte Rosa… l’ultima volta che i miei scarponi avevano avuto l’onore di posarsi lassù era stato in un’infinita giornata di metà settembre dello scorso anno, durante l’ascesa in solitaria della cresta integrale del Soldato… che nostalgia! Scelgo di percorrere il tragitto della gara AMA, toccando per la prima volta dopo almeno 14 anni il tratto Bocchetta delle Pisse-Indren… scelta che si rivelerà, ahimè, sbagliata: le tracce della gara sono pressoché inesistenti sebbene sia passata solo una settimana; la neve marcia rende quasi pericoloso il passaggio vicino agli sfasciumi rocciosi. Raggiungo Indren dopo una ravanata assurda e le gambe sembrano riprendersi solo dopo aver superato capanna Gnifetti… Proseguo sul ghiacciaio fino al primo grande crepaccio. Le alte temperature non mi convincono ad andare avanti e la montagna sembra volermi comunicare qualcosa. Due alpinisti mi mettono in guardia: durante la mattinata un ponte su cui sono passati è crollato… Saluto con lo sguardo il Balmenhorn e torno indietro, comunque sia, soddisfatta; in fondo non ero mai salita così in alto a inizio luglio! Scendo passando dallo Stolemberg: percorso nettamente più veloce, giusto qualche traverso innevato che richiede un pizzico di attenzione…». Prudente e saggia, Valentina. Scriveva: “La vita va vissuta al 100%, senza risparmiarsi. Se in futuro mi si presenterà il conto sarò comunque felice di aver fatto tutto ciò che desideravo. Senza rimpianti…”.
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3 agosto 2019 – 3 agosto 2024
Un pensiero per Valentina.
Ho avuto il piacere di conoscere Valentina solo a distanza. Seguivo le sue escursioni in solitaria, ed ammiravo la sua preparazione e determinazione nell’ organizzare ogni sua uscita. I suoi racconti insieme alle sue foto, erano così minuziosi e cosí dettagliati, che ogni volta che li leggevo, mi dava l’impressione di vivere l’esperienza in prima persona. Credo a volte che il destino non puoi cambiarlo. Ha scalato la vetta più alta della vita. Un pensiero a te, cara Valentina.
Infatti, nessuno ha detto che la povera Valentina avesse sbagliato, ma il suo modo di “sentire: è stato ingiustamente strumentalizzato allo scopo di propagandarne uno diverso da imporre come il più sano. Non è cosi, però.
Ognuno ha il suo percepire le cose per sé, con le sue intime modalità, tempi e profondità. Questa è la libertà contro cui si scagliano quelli che sono imbavagliati in loro stessi e nulla più. Ma stravolgerla a proprio uso (popolarità approvazione, successo sociale ecc) è impossibile. Rassegnamoci tutti.
Valentina aveva il suo stile, aveva bisogno di provare certe sensazioni, emozioni. Per Valentina credo fosse importante non tanto salire, quanto soprattutto come salire, la qualità del suo salire.
Se fosse stata un pittore come avrebbe dovuto dipingere il suo quadro? Secondo delle regole prefassate da qualcuno, da un manuale, da un codice, da un giudice?
O in base a quello che sentiva dentro!?!?
Si può discutere su un errore tecnico, ma non si può dire che ideologicamente Valentina ha sbagliato.
L’opinione l’avevi già espressa a suo tempo, da dove poi ricavi l’impressione di atteggiamenti apotropaici lo sai solo tu e che non si possano giudicare le azioni di un morto lo pensi solo tu.
Ribadisco: Valentina era un’alpinista, forte, determinata, innamorata.
E da quel che scrive ben conscia di ciò che faceva e dei rischi.
Ogni altro giudizio è opinione pelosamente ideologica, nel senso più retrivo e sminuente.
Caro Matteo #15,
leggi bene quanto ho scritto: non ho espresso alcuna opinione su Valentina, nè ce l’ho, un’opinione su di lei. Al più posso esprimere rammarico per non averla conosciuta.
Ho invece espresso un’opinione su alcuni commenti e commentatori, e ho pure l’ardire di pensare che questa estemporanea riflessione possa servire, visto che questi commentatori sono vivi, e la dialettica possono esercitarla. Ho scritto che trovo illogico questo modo di pensare per cui si possono giudicare i vivi, e non i morti; se è per rispetto per i parenti del defunto, come in questo caso in cui la mamma della stessa Valentina si è presentata, va bene; se è un atteggiamento apotropaico, è semplicemente stupido.
Jerome Savonarola (si vabbé…) e quindi?
Era una che faceva il 7b o che partiva da Alagna per andare in cima alla Zumstein in giornata.
Era una alpinista a tutto tondo e pure forte.
Come ogni alpinista che sia un alpinista, sapeva cosa stava facendo e i rischi che correva.
C’è qualcuno a cui non è andata bene per un capello? E magari più di una volta in modi e circostanze differenti?
A lei quel capello è mancato.
Non so come tu possa esserti formato un’opinione su Valentina, che non conoscevi fino al 9 marzo, ma di sicuro è sbagliata; quindi tienitela per te, che non serve a nessuno (e se vuoi la mia opinione, credo che nemmeno a te servano opinioni preconcette e infondate)
Chi ha il coraggio delle sue idee deve averlo anche di fronte alla morte e ai morti. E’ questo il rispetto, per se stessi, per la dialettica, la logica, la realtà.
In Italia abbiamo questa strana cosa per cui non si può parlar male dei morti, forse un comportamento apotropaico residuo di mediterranee superstizioni. In realtà la morte non dovrebbe modificare in alcun modo l’opinione sulla persona, se biasimo uno da vivo dovrei continuare a biasimarlo anche da morto.Il rispetto tuttal’più si deve ai parenti, nel senso che se si presenta qui la madre di Valentina sarebbe buona creanza evitare di insultare la memoria della figlia (cosa che però nessuno ha fatto) e crederle quando dice che fosse esperta e pure prudente nei limiti del consentito nelle attività che voleva fare (e non mi sembra che sia stato messo in dubbio).
In questo periodo molti incidenti piu’ o meno gravi. Tuttavia sono esposti a commenti malevoli ( soliti argomenti degli hater :andava in solitaria, mancava attrezzatura, non era esperto..non aveva artva o gps, stattene a casa, adesso paga tutto il soccorso. ..tutto ormai prevedibile)…..in maggior parte gli incidentati che hanno un sito social, qundi meglio praticare e non postare e si resta abbastanza in pace…con le sole iniziali anagrafiche Poi un altrui nuovo incidente e si ritorna nell’oblio.
Penso che sia inutile riempirsi la penna di valori acquisiti in montagna, se in montagna non si è mai imparato il rispetto della natura – materna in questo caso.
Sappiamo tutti che in montagna c’è pericolo, ma affermarlo in faccia alla madre venuta qui a piangere la figlia, accompagnata dalla redazione e da molti commenti simpatetici, beh significa non conoscere il rispetto per la natura.
Per me non è giustificabile in alcun modo.
Quando si è giovani, Carlo, si è spesso latte e miele. È la fiducia nella vita, nel futuro, nel sentirsi unici e diversi. Nel sentire il mondo come un territorio da esplorare e non come un palcoscenico di doveri e necessità.
L’essere giovani fa per un momento apparire le emozioni e le possibilità come un arcobaleno. Non è un male, è la forza della vita.
Prima che il sistema degli adulti, del denaro, dei doveri, dei dolori che costellano anche la vita, ci portino ad essere non più latte e miele.
Ma è bene ricordare che questa dimensione esiste. E potrebbe essere una realtà concreta.
Anche se si fa di tutto per reprimerla, con imbarazzo e silenzio, come un panno sporco dell’anima, che distoglie e mette in discussione il migliore dei mondi possibili di merda che siamo riusciti a costruire.
Walter Bonatti ci credeva ed era un poveretto prima di incontrare Rossana.
Avrebbe continuato a crederci.
Ma perché continuate a dargli spago?Ma davvero non siete capaci di ignorarlo????? Non avete mai sentito il detto: “È inutile discutere con certa gente: ti portano al loro livello e ti battono per esperienza!”
IGNORATELO!!!!
Un saluto e un forte abbraccio alla Signora Maria.
“Diritto di critica” significa non imporre il proprio pensiero né la propria visione della montagna. (o di qualsiasi altra cosa)
Carlo, ancora insisti?
Devi capire che esistono persone che concepiscono la montagna – e l’universo mondo – in modo differente da te. Lasciale vivere.
E tutti noi del forum abbiamo il diritto di concepire la montagna in modo differente da te. Lasciaci vivere.
E tu concepisci la vita in un modo che ormai conosciamo a menadito, perché ce lo hai spiegato nel corso di ottocentocinquantasette commenti. Prenditi una pausa.
Sono stato il primo a scrivere un commento nel precedente articolo su Valentina e, rileggendo quello e questo, molto probabilmente ho sbagliato i tempi ed i modi. Di questa ragazza mi colpisce la gioia di arrampicare, soprattutto in strapiombo e di partire, di notte, dall’uscio di casa e salire verso le alte vette, senza mezzi meccanici. Entrambe le cose sono state anche per me due modi per esprimere la mia grande passione. Le riflessioni su come aiutare soprattutto i giovani ad evitare il piu’ possibile i rischi sono legittime, direi quasi doverose e ce le possiamo tenere per altri articoli, magari piu’ specifici, che certamente ci saranno.un saluto
anni fa in Apuane sul monte Nona ho aperto una via che ho chiamato “CERCATORI DI EMOZIONI ” .
In fondo noi siamo dei cercatori di emozioni. Penso cha a Valentina questo nome sarebbe piaciuto.
Ho letto con particolare attenzione questo testo, alla luce di quanto accaduto qualche tempo fa. Devo dire che, anche oggi, provo le stesse sensazioni di allora, sintetizzabili in due punti principali.
1) Una profonda tristezza per la scomparsa di una giovane donna, troppo presto cancellata dalla vita.
2) Nell’articolo percepisco un impianto ideologico che mi è estraneo: per i miei parametri si tratta un fattore addirittura negativo.
Lo stesso impianto ideologico lo si percepisce spesso, quindi anche in altri post di questo blog, come ad esempio quello relativo alle due ragazze trentine e al loro trekking, uscito il 2 febbraio 2021: racconto che di certo è ben diverso dalla vicenda umana di Valentina Mora.
Al netto quindi dell’incidente, ritengo che sia proprio un modo inconcepibile di vivere, a me estraneo. Un clima “latte e miele” che trovo inadeguato perché diverso da quello che sono davvero sia la montagna che la vita.
Per carità, è bene che ci sia lo spazio di espressione per il clima “latte & miele”, non lo voglio certo negare. Ma ci dovrebbe essere anche pari spazio espressivo per l’ideologia opposta, senza nessuna preclusione e senza alcuna censura.
Se si sbandiera l’incomprimibile diritto di ciascuno ad essere quello che è (e di poterlo manifestare pubblicamente), si dovrebbe riconoscere senza esitazioni il corrispondente “diritto di critica” a chi ha un paradigma diverso, se non addirittura opposto. Ciao!
Grazie ! Per l’articolo Dottor Gogna.
Ogni volta che leggo i racconti di mia Figlia mi commuovo e provo dei rimorsi.
Le abbiamo trasmesso la PASSIONE della montagna .
Per noi era uno stile di vita.(fatica per raggiungere la cima ma felicità immensa quando si raggiunge).
Ho provato ad odiare la montagna, ma non riesco.
Valentina ha vissuto la Sua breve vita, in pienezza,in bellezza con molta PASSIONE.
Valentina, mi hai insegnato a vivere!
La Tua mamma
“Se in futuro mi si presenterà il conto sarò comunque felice di aver fatto tutto ciò che desideravo. Senza rimpianti”
Appassionata, umana, folle e misurata
Commovente.
Che la terra ti sia lieve.
Per chi giudica e valuta , ignorando che l’imprevisto esiste, ecco cronaca recentissima..
https://corrierealpi.gelocal.it/belluno/cronaca/2021/03/05/news/neve-sciolta-e-ghiaccio-lungo-i-sentieri-il-soccorso-alpino-prudenza-e-attenzione-1.39988227
ecco il cigno nero
https://www.ilgazzettino.it/nordest/belluno/laghetto_delle_streghe_val_di_zoldo_incidente-5815543.html
ragazza camminando in escursione , posa piede su crosta di neve che cede e il piede rimane incastrato tra sassi sottostanti, provocando trauma distrosivo al ginocchio.. poi soccorsa ecc.almeno un semilieto fine.
Grazie Alessandro. Ci voleva. Soprattutto nei confronti della sua cara mamma. Penso di interpretare il sentimento di altri. Abbiamo sempre onorato e rispettato i caduti in montagna. Senza giudicare e valutare. Ora spero vivamente in un rispettoso silenzio unito, per chi crede, ad una sommessa preghiera.