White wilderness

Questo breve ma dirompente e fondamentale articolo fu pubblicato proprio quando cominciava a diffondersi il concetto di wilderness anche nell’Europa meridionale, cioè quando l’associazione internazionale Mountain Wilderness aveva soltanto pochi mesi di vita. Reinhold Messner, che di questa era stato nominato garante di fronte al mondo assieme ad altri alpinisti di prestigio, non era stato presente a Biella in occasione del gigantesco convegno (novembre 1987) che ne aveva sancito i fondamenti teorici e la fondazione. La mancanza di un suo contributo fu indubbiamente avvertita (anche se il documento fu letto pubblicamente in assemblea). E quando il seguente articolo fu pubblicato un anno dopo, anche a causa del suo titolo diverso (White al posto di Mountain), non furono pochi quelli che pensarono che in qualche modo Reinhold avesse voluto affermare un suo “diverso” pensiero.

In realtà Messner riprendeva il titolo del famoso libro di Shipton Blank on the map e ne capovolgeva il significato!

La Cotton World Map (circa 1040 d.C.) riporta un sibillino hic abundant leones, sulla costa nord-orientale dell’Asia. La scritta è in alto a sinistra.

La spedizione del 1937 di Eric Shipton e Bill Tilman (due tra i più grandi esploratori del XX secolo) era penetrata nell’area del Shaksgam, a nord della catena del Karakorum.

Per Shipton e Tilman l’esplorazione era tutto: Blank on the Map è il libro che meglio descrive il loro spirito di avventura. Con occhio attento e acuto senso dell’umorismo, Shipton racconta come la spedizione si sia addentrata nelle sconosciute montagne dello Shaksgam, attraversando gole impenetrabili, fiumi enormi e campi di neve infiniti.

“As I studied the maps, one thing about them captured my imagination – Across this blank space was written one challenging word, Unexplored (Mentre studiavo le carte, una cosa mi aveva colpito l’immaginazione: sugli spazi bianchi era scritta l’entusiasmante parola ‘Inesplorato’)”.

Blank on the map è la traduzione nel mondo moderno e post-illuministico dell’antico Hic sunt leones (questa è la terra dei leoni), locuzione latina che, come scrive Nicola Colonnata, “è un’espressione che viene associata alle carte geografiche antiche per indicare le zone ancora inesplorate, oppure utilizzata con un significato più anacronistico, ovvero ‘Dio ha voluto che ci siano dei confini al di là dei quali non è permesso andare‘”.

Anche se non esiste una sola prova storica che la locuzione sia mai stata utilizzata da un cartografo per l’Africa mediterranea, è molto diffusa la spiegazione secondo cui, in origine, la locuzione latina hic sunt leones sarebbe comparsa su carte geografiche dell’antica Roma e di età successiva in corrispondenza delle zone inesplorate dell’Africa e dell’Asia.

Nel romanzo Il Nome della Rosa, di Umberto Eco, Jorge da Burgos si rivolge al protagonista Guglielmo da Baskerville e pronuncia la frase «Ci sono dei confini al di là dei quali non è permesso andare. Dio ha voluto che su certe carte fosse scritto: hic sunt leones». I due si trovavano nella stanza segreta della biblioteca chiamata «finis Africae».

Solo l’anglo-sassone Cotton World Map (circa 1040 d.C.) riporta un sibillino hic abundant leones (qui ci sono tanti leoni), sulla costa nord-orientale dell’Asia, con tanto di disegno del noto felino con la criniera: in effetti in quell’area si trovavano tigri e leopardi, ma anche leoni (ancora oggi ne rimane una piccola popolazione in India). In alcune mappe si legge piuttosto hic sunt dracones.

Particolare della Cotton World Map

In queste tre espressioni che ho appena citato è condensato il più profondo significato dell’evoluzione della nostra civiltà:
1) Hic sunt leones segnava drasticamente un limite, dunque un confine invalicabile, che solo gente speciale come Ulisse poteva oltrepassare, di sicuro con l’immaginazione ma talvolta anche fisicamente. Oltre le Colonne d’Ercole.

2) Blank on the map annullava il concetto di limite, perché con i necessari forza e coraggio per gettarsi nell’ignoto, nel clima romantico e post-romantico del secolo XX, l’uomo aveva il dovere di procedere oltre il conosciuto, oltre il convenzionale, oltre ogni limite. No limits.

3) White wilderness stravolge il significato di Blank on the map perché sostiene che l’uomo per la sua stessa sopravvivenza materiale e psichica ha un bisogno connaturato di spazi inesplorati, che dunque devono rimanere tali. Temuti, dunque “sacri”. Reintroduzione del limite.

Il bollettino di Mountain Wilderness pubblicò White wilderness senza esitazione, nella convinzione che in queste poche ma solide righe ci fosse l’inquadramento della necessità dell’individuo moderno di essere via via sempre più cosciente del suo appartenere alla Terra, nell’abbandono sempre più opportuno della convinzione che vorrebbe l’opposto.

La sensibilità di questa nuova visione comprendeva e integrava perfettamente le Tesi di Biella, formalmente più legate alla sola “salvaguardia tecnica” dell’ambiente naturale, senza alcun accenno a quell’ecologia del profondo che Arne Næss aveva delineata in campo filosofico meno di una quindicina di anni prima (1973).

Prima edizione (1938) di Blank on the map di Eric Shipton

White wilderness
(l’esigenza del sacro)
di Reinhold Messner
(pubblicato su Mountain Wilderness, gennaio 1989)

Contrariamente alla scienza, ove nuove cognizioni del mondo sostituiscono quelle antiche, l’uomo a contatto con l’ambiente selvaggio si appropria della realtà mediante una visione soggettiva.

L’uomo, nel corso dei secoli, ha sempre eletto santi e intoccabili alcuni luoghi che egli aveva riconosciuto particolari. Lì vivevano gli dei, lì vi era il nulla, proprio lì era la conoscenza, in genere nascosta e accessibile solo agli eletti. All’inizio di questo secolo l’uomo si assunse il compito di esplorare gli ultimi luoghi selvaggi della terra.

Le macchie bianche sulle carte geografiche erano così condannate a scomparire e oggi, grazie alle smisurate e molteplici possibilità offerte dalla tecnologia, l’uomo arriva dappertutto e apre quei luoghi sacri ad attività molto profane. È così che a poco a poco si distrugge un ambiente che invece potrebbe essere una grande “Università per poveri di spirito”, una grande chiesa naif. Non ha più senso oggi la conquista dell’inutile. Soltanto se rinunciamo a ogni forma di conquista, allo scopo di conservare ciò che è solo apparentemente inutile, ci rimane una chiave per capire chi siamo e dove andiamo.

Da questo punto di vista, esplorare e “vedere” saranno due attività che si escludono a vicenda, proprio perché le curiosità del singolo verso se stesso e il mondo si inaridiscono allorché ciò che è intorno a noi si rivela completamente.

White Wilderness

Ecco perché abbiamo bisogno, ora più che mai, di una Wilderness inesplorata. Forse un tale modo di vedere può apparire assurdo, ma a chi attribuisce all’ambiente selvaggio un valore ricreativo e conoscitivo apparirà certamente sensato: e solo il singolo individuo potrà riconoscere questo senso. In tal modo si origina, ogni volta, un quadro unico e intuitivo della realtà e finalmente il singolo individuo potrà “misurarsi”, cioè riconoscere lo scopo della sua singola esistenza.

Le macchie bianche sulle carte geografiche, i monti senza funivie, senza segnaletiche di sentieri, i deserti senza strade, le foreste vergini, tutto ciò è White Wilderness.

Anche per noi, uomini del Duemila, le macchie bianche devono essere sacre come lo erano per gli antichi, perché sono un frammento di creazione originaria.

La conoscenza intuitiva del cosmo, la sua infinità e la sua limitatezza, la sua dolcezza e la sua crudeltà, e infine tutto ciò che di verità è in esso, possono sopravvivere solo se andremo incontro a questi frammenti del mondo, le White Wilderness, come Uomini e non come uomini-macchina e solo se le difenderemo per le future generazioni con la stessa forza con cui vorremmo difendere la nostra terra d’origine.

20
White wilderness ultima modifica: 2024-01-13T05:24:00+01:00 da GognaBlog

21 pensieri su “White wilderness”

  1. Il bisogno di “inesplorato” è comunque un bisogno tutto contemporaneo.
    Un bisogno legittimo per carità, un bisogno la cui espressione sta nell’0rdine rivendicativo con il quale l’individualismo odierno è riuscito a trasformare i desideri in diritti ammantandoli di istanze valoriali affermate con serverità serietà e rigore, ma tutte da dimostrare: se il desiderio di inesplorato fosse in qualche modo all’origine dell’umano non si capisce come mai dall’africa abbiamo invaso tutto il mondo e dal mondo ci spingiamo nello spazio.
    Affermazioni reboanti in cui un egotismo tronfio ed elitario si da voce chiamando all’appello schiere di giovani marmotte avanti con gli anni e smaniose di esperienze emozionanti.
     

  2. Ezio, la questione è davvero vecchia: vedrò se ritrovo e fonti e te le scrivo qui. Mi pare anche che la sorella avesse scritto un libro dopo la morte del fratello  che dava visioni diverse… Ti farò sapere, dammi tempo.
    Wilderness, il termine è nato negli USA, immenso paese e in gran parte non antropizzato. Facile per loro parlarne! 

  3. Insomma ditelo: odiamo tutti quelli che vanno in montagna tranne noi.

    ODIARE…che sentimento estremo.

  4. Abbiamo un bel discutere noi. Secondo me, pareri rispettabili tutti quelli in campo, il limite sta nella nostra lingua che non ha ancora distinto con parole diverse e diversi suoni le diverse accezioni di wildernesss, e lo farà nella lunga durata di un linguaggio che è per sua accezione lungo e imprevedibile nelle mutazioni. Solo per giustificarmi, senza accampare grandi discorsi che sono fuori dalla mia portata, ricordo i molti termini con i quali alcuni popoli del nord definiscono diversi tipi di neve o ghiaccio. Noi italiani abbiamo adottato un termine lontano dalle nostre radici linguistiche (basti consultare la Treccani per vederci la sua intima contraddizione) e, senza ostilità preconcetta verso i così detti barbarismi, ce la dobbiamo tenere come nostro patrimonio adottato. Questo con molte altre adozioni lessicali. Sulle accezioni che vogliamo intendere dare alla w. possiamo accapigliarci quanto ci aggrada, ma oggi w. è w. anche per noi. Il resto va bene ma è altro. Esempio di meticciato linguistico? Franco.

  5. L'”inesplorato” di Messner è un luogo lasciato così come l’orografia lo ha disegnato nel tempo. Un luogo che non ha tracce che possano dare indicazioni e insieme fuorviare coloro che vi si introducono. Solo un luogo del genere potrebbe permettere una esperienza che farebbe riscoprire una dimensione dell’umano che si sta perdendo.
    Nessun cartello indicatore, nessuna strada funivia, nessuna traccia antropica: solo così si potrebbe vivere una esperienza che ci riconnette al nostro io profondo. Però a questo punto nessuna narrazione, nessuna memoria di viaggio, nulla che potrebbe influenzare la esperienza di chi cerca l’inesplorato.
    Ecco allora che non si capisce perché da Messner a Crovella tutti si sono svenati di chiacchiere sulle loro esperienze in montagna.
    Insomma ditelo: odiamo tutti quelli che vanno in montagna tranne noi.

  6. @marco vegetti: hai qualche fonte, per l’ affermazione secondo cui la famiglia di McCandless avrebbe querelato Krakauer? Chiedo non per fare polemica fine a se’ stessa, ma perché tutta la vicenda mi ossessiona da tempo, e non mi risulta nulla del genere. Oltretutto, il racconto di Krakauer è pieno di simpatia per Chris, e dubito assai che “la famiglia” fosse in grado di discutere i suoi motivi, visto che sembra ormai accertato che il motivo principale della sua decisione di tagliare i rapporti sia stata la scoperta della relazione adulterina del padre, tollerata dalla madre. Quindi, una querela in base a che?
     
     
     
     
     
     
     
     
     
     
     
     

  7. Su Messner: dopo essere stato ovunque, facile dire chiudere o abbandonare. Poi, da bravo uomo  d’affari si fa il museo trapanando una montagna… E’ come quelli, scusatemi, che al tempo la menarono con pulire il K2 (all’epoca Free K2) dimenticando che non l’abbiamo sporcato noi ma loro che ci sono stati… E non era ancora tempo di continue immani spedizioni commerciali…
    Su McCandless. Krakauer le aveva già sparate grosse su Everest 1996, facendosi “estromettere” dalla comunità alpinistica. Su McCandless, so che la famiglia lo querelò per la visione distorta che ha dato del figlio… 

  8. Credo che l’inesplorato debba relativamente confrontarsi con norme e nomi stampati. È un luogo altro, che dovrebbe essere lasciato alle parole di Dante.
    E trasformarsi in una iperbole di immaginazione. Un luogo nella testa e nel cuore. Pulsante nel momento in cui mi inoltro e lo affronto.
    Senza nomi. Senza norme.
    Senza nessuno che ti riporti indietro, se non te stesso.

  9. 9 “Ma voler sopprimere per principio l’istinto dell’uomo all’esplorazione e alla conoscenza, che è una della caratteristiche più belle del nostro essere, mi sembra una pericolosa fantasia da fanatici.”
    Mi sembra un’interpretazione che non rispecchia a mio parere la visione di Messner, che leggo più che altro come un appello a rinunciare a quel desiderio di conquista e di trasformazione di qualsiasi habitat naturale, insito nel genere umano. 
    “Non esplorazione” intesa non come chiusura integrale di aree, ma con un modo di approccio all’habitat, qualunque esso sia, completamente diverso da quello al quale siamo abituati. Che in realtà è molto semplice: non lasciare alcuna traccia della tua presenza, che non è né una pretesa impossibile né da fanatici.
     

  10. @Carlo: beh, no. Se la ricostruzione della mentalità e delle motivazioni di McCandless fatta da Krakauer è anche solo vagamente corretta – e se non lo è, si trattava appunto solo di un cretino – il ragazzo era del tutto impreparato, sia sui piano psicofisico che su quello dell’ equipaggiamento e delle precauzioni, a quella che a lui magari sembrava un’ impresa titanica, ma che per gli standard di chi si muove davvero nella wilderness dell’ Alaska era meno che una passeggiata. E questo non per incapacità o scarsa preparazione,ma per scelta “filosofica” deliberata. Insomma, per trasportare la cosa nelle nostre dimensioni, è come se uno attaccasse da solo una via di roccia di difficoltà anche molto modesta ( diciamo, un 2-3 grado) in scarpe da citta’, senza corda o altro, senza leggere la relazione, senza avvisare nessuno e senza portarsi niente da mangiare o da bere. È’ un Preuss redivivo, o uno dei tanti fessi che si ammazzano perché sono fessi?
     
     
     

  11. Era uno che, come molti di noi, ha voluto mettersi in gioco dopo essersi preparato….ha avuto solo la sfiga si incollassero due pagine di un libro di botanica

  12. Dimenticavo una cosa.
    E`pur sempre possibile ricrearsi in proprio delle “zone bianche” anche dove di fatto non esistono, rinunciando deliberatamente a certe forme di appoggio (GPS, cartine, ecc.) – e affrontando le conseguenze di queste scelte.
    Conoscete certo tutti la vicenda di Christopher McCandless, e il libro di Krakauer su di lui (“Into the Wild”). Bene, cos’era, secondo voi, McCandless? Un cretino che ha buttato via la sua vita perché era convinto di essere un fighissimo “Supertramp” (si chiamava così da solo), oppure un eroe idealista e una specie di martire?
    Io non riesco a formarmi un giudizio preciso, e forse non voglio nemmeno farlo.
     

  13. La soluzione ideale a tutti i problemi dell’umanità attuale e dei suoi rapporti con la Terra, cominciando dalla sovrappolazione e finendo con l’insopprimibile anelito a trovare “zone bianche” da esplorare (dopo di che, non sono ovviamente più bianche, e bisogna spostarsi altrove), consisterebbe senza alcun dubbio nell’ “andare fuori”, e cominciare a colonizzare la spazio. Purtroppo però per farlo bisognerebbe prima dimostrare che Einstein era un cretino, e che è possibile per un corpo dotato di massa non solo viaggiare a velocità molto superiori a quelle della luce, ma anche farlo senza creare sconquassi temporali e senza assorbire tutta l’energia presente nell’ universo. La vedo complessa.
    Non conoscevo il brano di Messner riportato, ma se posso azzardare un commento, le tesi espresse mi sembrano insostenibili sul piano logico e anzi un tantino ripugnanti. Un conto è voler chiudere a molte, o al limite a tutte le forme di attività umana certe zone, per proteggerne la fauna e la flora – come appunto si fa spesso nei parchi nazionali. Ma voler sopprimere per principio l’istinto dell’uomo all’esplorazione e alla conoscenza, che è una della caratteristiche più belle del nostro essere, mi sembra una pericolosa fantasia da fanatici.

  14. “Le macchie bianche sulle carte geografiche, i monti senza funivie, senza segnaletiche di sentieri, i deserti senza strade, le foreste vergini, tutto ciò è White Wilderness.”
    Ho la fortuna di abitare dove  montagne con queste caratteriste sono la normalità, dove è il luna park ad essere una rara eccezione. E sono certo che non  corrano rischi di antropizzazione, troppo complicate, troppo ripide, poco avvezze ad essere maltrattate dall’uomo, non si prestano ad essere trasformate in parco giochi . In molti casi è gian gran cosa trovare una traccia di sentiero, figurarsi trovare escursionisti. Oggi ho percorso uno dei miei itinerari invernali preferiti, sarà stata la ventesima volta, mai che abbia incontrato qualcun altro! La massa invece è preferibile che si addensi in coda al rifugio Auronzo e simili.

  15. Dimenticavo, ma sono ancora il Franco di prima: l’arteriosclerosi mi va corrodendo dall’interno (Gli 84 devono pesare). Un grazie ad Antoniomereus per il suo richiamo su Calvino che era, da Una giornata di uno scrutatore:
    non sapeva cosa avrebbe voluto…capiva solo quanto era distante.dal vivere come va vissutoquello che cercava di vivere.Italo Calvino.
    Se capita salutatemi le vostre montagne. Per quel che posso e guardandole da lontano, ricambierò con un saluto alla Maiella e al Gran Sasso. Ciao.

  16. Ci sono sempre la Kamchatks, la Jakuzia, gli Altaj, i Monti Saiani, i monti Putorana, i monti Cerskij, ecc. ecc. 

  17. Non sapeva cosa 
    avrebbe voluto…
    capiva solo quanto era distante.
    dal vivere come va vissuto
    quello che cercava di vivere.
    Italo Calvino 

  18. Ho letto”Blank on the maps” 25 anni fa e in tutti questo tempo nessun editore ha voluto tradurlo e pubblicarlo. Mi rendo conto che qui parlate e commentate altro ma sarebbe bello quel libro fosse in vendita in italiano

  19. Purtroppo, dopo la globalizzazione che ha facilitato ad andare “in ogni luogo”, sul pianeta di spazi bianchi non ne esistono più. soprattutto in termini geografici. Potremmo pensare di far tornare selvaggi alcuni spazi che nel frattempo sono stati mappati a fondo. in tal modo sarebbero spazi bianchi “individuali”, cioè a disposizione di una esplorazione del singolo. Non sarebbe male e, in fondo, io li trovo a 40-50 km da Torino: certi valloni sono così poco frequentati che a volte incontri due-tre persone in tutta la giornata. Mi aspetto che accada anche intorno ad altre metropoli, io parlo della realtà che mi circonda. Difficile invece trovare isolamento per esperienze di “avventura e solitudine individuale” sia ni luoghi alla moda delle Alpi (massiccio del M. Bianco in primis) sia sulle montagne più note del mondo: all’Hillary step dell’Everest spesso di forma una coda peggiore di quella per entrare in un negozio griffato in centro a Milano o a Roma. Non secondario a tutto ciò è anche la dinamica demografica ancora fuori controllo: troppa gente sul pianeta. ovvio che i principali problemi conseguenti all’eccesso di individui sono ben altri (e molto molto più gravi) rispetto all’esaurirsi di spazi di avventura personale, ma anche quest’ultimo problema è, a sua volta, condizionato dall’eccesso demografico complessivo.

  20. Al di fuori del contesto eroico ed alpino mi sembra una importante consenguenza della wilderness anche la legge sul ripristino della natura approvata recentemente dal parlamento europeo (Nature Restoration Law). Si tratta adesso di trovare una ragionevole mediazione tra innovazione e conservazione. L’abbandono della montagna, per alcuni versi  preoccupante, diventa occasione preziosa di rinaturalizzazione dell’ambiente.

  21. Ottimo spunto di riflessione. Grazie!  Purtroppo non corrisponde all’innata e inarrestabile sete di conoscenza e conquista dell’uomo. Primo tra tutti dell’uomo alpinista, che come ben sappiamo anela a vette inviolate è pareti vergini. 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.