Zuita Patavina è una nuova via aperta nel gruppo dolomitico del Civetta dal 14 al 16 gennaio 2019. Gli autori sono Alessandro Baù, Daniele Geremia e Giovanni Zaccaria, ma in un primo tentativo (5-6 gennaio 2019) era presente Matteo Baù mentre era assente Daniele Geremia.
Zuita Patavina è una grandiosa via di ghiaccio e misto sulla parete nord-est del Monte Civetta. La colata, di rara formazione, è una delle salite più impegnative delle Alpi Orientali per verticalità, lunghezza, difficoltà e impegno complessivo. La via richiede, oltre alle buone condizioni della parete, una attenta logistica della salita (i primi salitori hanno utilizzato un portaledge per i bivacchi).
“Come continuavamo a ripeterci durante i giorni di apertura, l’arrampicata, intesa come difficoltà tecnica, in avventure come questa è solamente una delle svariate componenti (Alessandro Baù)”.
Zuita Patavina
di Alessandro Baù, Daniele Geremia e Giovanni Zaccaria
(dalla relazione pubblicata su planetmountain.com il 13 marzo 2019)
Le fotografie sono tutte dell’archivio Baù-Zaccaria.
Nevica, nevica maledizione. E’ un mese e mezzo che la
neve ha deciso di cadere ovunque tranne che sulle Dolomiti e invece oggi,
nonostante le solite previsioni di bel tempo, nevica. Con le ultime luci della
giornata abbiamo terminato un tiro incredibile. Il ghiaccio, scollato di 40 cm
dalla parete, ci ha obbligato a deviare a destra su roccia. Ne è uscita una
lunghezza difficile, pericolosa e snervante. Siamo psicologicamente provati e
la sosta dove ci troviamo è tutto tranne che un buon posto da bivacco. Nevica e
l’aggiornamento delle previsioni dice che continuerà per tutta la notte e parte
del mattino.
Alla luce delle frontali ci dividiamo i compiti. Gio raccoglie alla bene e meglio il materiale, io e Gere montiamo il portaledge. Continue
slavine ci investono bagnandoci e abbassando il nostro morale. Quantomeno l’arrivo
della neve ha placato il vento. Cerchiamo di entrare nel portaledge portando
con noi meno neve possibile. Anche se è tutto umido e l’aria fuma di condensa,
entriamo con piacere nel saccopiuma. Finiamo il thermos e ancora prima di cena
mangiamo il dolcetto del buon umore di Gio,
per provare, anche se ormai è buio, a dare una svolta alla giornata.
Oggi siamo risaliti fino al punto più alto del precedente tentativo e da lì abbiamo aperto due tiri nuovi. La settimana scorsa, incuranti del vento, eravamo partiti agguerriti per stare in parete tre giorni. A metà del secondo, avendo salito solo sei lunghezze, avevamo capito che non saremmo mai usciti. Così, abbandonato in parete quasi tutto il materiale che avevamo, eravamo scesi con l’idea di tornare per chiudere i conti. E così eccoci qua: accendiamo un po’ di musica in vero stile Yosemite. C’è chi scioglie la neve, chi fa da cambusiere e chi sonnecchia. Tutti e tre però abbiamo la mente rivolta a quello che ci riserverà il domani. Dopo aver risolto il tetris di corpi nel portaledge, assieme alle frontali spegniamo anche la testa.
La notte passa e il risveglio al mattino è lento e macchinoso. Il pilastro Zuiton d’inverno s’illumina all’alba solo per qualche minuto e il nostro morale ha bisogno di assorbire ogni singolo raggio di sole. Gio è il primo a uscire dal portaledge e quando esclama “beh, non è neanche male” tiriamo un sospiro di sollievo. Quando ci eravamo chiusi nel nostro bozzolo la sera prima, non sapevamo se il giorno seguente avremmo continuato a salire oppure se le condizioni nostre e della parete ci avrebbero suggerito di scendere. Proviamo a scrollarci di dosso umidità e stanchezza, e di lì a poco usciamo tutti. Guardiamo il materiale incrostato, le corde e tutta la neve accumulata sul portaledge e capiamo che il cielo sereno e i raggi del sole hanno sortito l’effetto sperato. L’ambiente è surreale, alé non bisogna più perdere tempo!
Dopo un tiro facile, dove il ghiaccio però batte vuoto
come un tamburo, prendiamo una saggia decisione, la scelta logistica che può
far cambiare l’esito di una salita. E’ solo mezzogiorno e abbiamo ancora ben 4
ore di luce, ma rimontiamo il portaledge mentre Gio continua ad aprire un bel tiro di misto. E’ il punto perfetto,
relativamente comodo, con buona neve da sciogliere e riparato da un grande
strapiombo sopra la testa. Mentre Gere
resta nel portaledge a preparare la cena e sciogliere la neve, io e Gio puntiamo a scalare il più possibile
per poi fissare le corde dal punto più alto raggiunto; perfetto lavoro di squadra.
In realtà abbiamo salito 60 metri, non tanta strada, ma quanto basta per essere
di buon umore. La sezione di roccia che, dalle foto, sembrava uno dei tratti
più ostici e incogniti è quasi risolta.
Al buio torniamo nel portaledge congelati ma felici. Questa sera tutto è
diverso: il materiale è perfettamente ordinato e pronto per il giorno seguente,
abbiamo da bere, l’umidità è “quasi” sparita, addirittura gli spazi
sembrano più confortevoli e il solito cibo liofilizzato è molto più saporito.
Quasi non abbiamo più dubbi: domani chiuderemo i conti con il pilastro Zuiton.
E’ incredibile come la mente riesca a trovare motivazione nonostante il freddo,
la fatica e le difficoltà. Carichiamo le batterie sulle note di Bohemian
Rapsody.
L’indomani il vento è completamente assente, l’aria sembra più calda e il nostro team è ormai un meccanismo perfettamente oliato. Lasciamo i sacconi in sosta e partiamo leggeri per finire la via. Una breve sezione di roccia e ghiaccio particolarmente sottile e spaccoso ci costringe a lasciare uno spit in più di quello che avremmo voluto. Le picche tornano a mordere il ghiaccio che si fa via via più spesso e con altri 60 metri superiamo una sezione più verticale, la grossa candela così evidente dal fondovalle. È fatta, altri tre tiri e ci stringiamo la mano, condensando in uno sguardo complice giorni di fatiche, sofferenze ed emozioni.
Zuita Patavina è stato un gioco
di squadra e un sogno vissuto insieme, una bella occasione per tornare a
scalare con vecchi compagni di cordata. È una linea iniziata da Gere, che ormai qualche anno fa aveva
attaccato i primi tiri, ma vista, fortemente voluta e inseguita da tutti e tre.
Un sogno reso concreto anche grazie al supporto di Lucia ed Elisabetta
Zaccaria, e Alice Lazzaro, sorelle e morosa di Gio, nel portare il materiale
alla base della parete. Grazie anche a Matteo Baù che ha sudato su per le
statiche e preso freddo con noi durante il primo ventoso tentativo. Questa
salita è anche un po’ loro.
Per chi non lo sapesse, Zuita è il nome della Civetta in Zoldano,
Patavina semplicemente perché tutti noi siamo padovani e particolarmente
affezionati alla montagna che “la
incanta“.
Note tecniche
Difficoltà
M8, AI6, A2
Accesso
1) Dalla Casera della Grava 1627 m, salire per il sentiero 557 in direzione della teleferica del rifugio Torrani, continuare in direzione del rifugio Coldai per il sentiero Tivan (segnavia 557), traversando e passando sotto la Crepa Bassa e risalendo alla Busa del Zuiton. Un breve pendio più ripido porta all’attacco dell’evidente diedro, a 2375 m. A seconda delle condizioni, calcolare almeno 3 ore. Questa soluzione è preferibile se la strada di accesso alla casera della Grava è accessibile.
2) Da Pecol. Dalla Casera de Zorzi 1430 m risalire il sentiero 587 fino a ricollegarsi in prossimità del Col Grand 1927 m al sentiero 557 e quindi al sentiero Tivan. Traversare e passando sotto la Crepa Bassa e risalire alla Busa del Zuiton. Un breve pendio più ripido porta all’attacco dell’evidente diedro, a 2375 m. A seconda delle condizioni, calcolare almeno 3 ore.
Materiale
2 serie di friend dal nero alien al 3 BD, 1 serie 4BD, 5BD, 8 viti medio/corte, selezione di chiodi, 1 corpo morto.
Note
I bivacchi migliori sono verso la fine di L3 e alla fine di L8.
Discesa
In doppia lungo la via. Attenzione alla sosta di L5 perché la calata è di 60 metri esatti.
Ringraziamenti
Giovanni Zaccaria ringrazia: Scarpa Spa, Climbing Technology;
Alessandro Baù ringrazia: Scarpa Spa, Camp-Cassin, Montura, Dynastar, Salice;
Daniele Geremia ringrazia: Salewa, Tuttosport Longarone.
Sempre tosti e testardi sti padoani !!!
Quest’anno hanno avuto il vizio di fare dei cantieri tipo il su e giù del vecchio himalaysmo e di non andare fin sulle cime, ma scalano, eccome se scalano, e difficile, lì erano anni che si doveva salire !!!
Da me un bravi per tutte le vie dell’inverno passato.
BELLISSIMA possiamo dire solo BRAVI!!
Ciao sono Geremia, onestamente il primo tentativo (i primi 4 tiri) li ho aperti 3 anni fa .
Non c’è da dire altro che: bravi! Per l’idea e per la realizzazione. Zio Can.