Controcorrente rispetto all’attuale necessità di dimenticarci (speriamo per poco ancora) che esistano la montagna e il turismo, ecco un pezzo descrittivo di una delle più note località alpine, Cortina. La prospettiva utilizzata in questo scritto è esattamente quella che non verrà mai neppure presa in considerazione da qui al 2026. E forse neppure dopo.
La conca di Cortina
La conca di Cortina è immersa nel cuore delle Dolomiti Orientali, quella parte cioè di Dolomiti compresa tra la valle del Piave e la valle del Cordévole. Le fanno corona alcuni tra i più famosi massicci rocciosi, come le possenti Tofane, il Pomagagnòn o il Monte Cristallo. Alcuni arcipelaghi di cuspidi rocciose, come le Cinque Torri, il Nuvolau o la Croda da Lago, spuntano barocchi e nervosi in punti strategici, mentre altri colossi più o meno celebrati vegliano alla periferia: Pelmo, Antelao, Sorapìss, le Tre Cime di Lavaredo, i Cadini di Misurina, il gruppo dei Fanes e della Croda Rossa d’Ampezzo appaiono e scompaiono a seconda che ci si allontani da un centro ideale della grande conca. In pochi chilometri lo spettacolo paesaggistico cambia più volte e rapidamente.
Lo scrittore Giorgio Soavi descrive con bravura il grande panorama circolare che si gode dal Passo Falzàrego. Poi si sofferma a raccontarci del Passo di Giau, un luogo per lui così incantevole da sembrargli, Giau, un grido di gioia di un bambino che deforma appena ciò che vuole esprimere. Soavi non vuole insistere, però. Sa benissimo che il più grande spettacolo del mondo sta nella nostra memoria, quindi lascia alla soggettività di ognuno il piacere di essere colpita come meglio crede dalle infinite possibilità di sensazione che queste montagne ampezzane ci offrono. Altri scrittori si sono cimentati nel difficile compito di tradurre su carta le grandi impressioni di viaggiatore o di studioso o di alpinista: da Guido Rey, che rimase profondamente impressionato dal paesaggio così diverso da quello delle sue Alpi Occidentali, agli inglesi Josiah Gilbert e George Cheetham Churchill, autori di quel The Dolomite Mountains (1864) che divenne un classico della letteratura alpina; da Dino Buzzati, che era di casa tra quelle montagne che lui aveva eletto territorio segreto dei suoi sogni, a Severino Casara, uno dei più grandi cantori delle Dolomiti.

Una delle ragioni del fascino della conca ampezzana è il contrasto, che per primo annotò lo scienziato austriaco Edmund von Mojsisovics nel 1879 (Die Dolomitriffe), tra le chiare rocce calcaree con le loro forme verticali e le scure rocce eruttive, unitamente a marne e argille, che fanno loro da ampio basamento propizio alla vegetazione. L’erosione ha modellato a suo piacimento questi binomi, accostando le forme più slanciate alle forre più profonde. Il calcare dolomitico si erge direttamente dai prati e dai ghiaioni, nudo, scabro e liscio. Ogni gruppo è un’entità a sé stante, con una sua individualità e propria forma, peraltro assai variabile dai diversi punti di vista. Non c’è quasi mai una catena che li unisca: da posizioni distanti i gruppi creano panorami propri, facilmente distinguibili l’uno dall’altro senza possibilità di confusione. Grandi pareti, a volte altissime, a volte larghissime, celano monoliti aggraziati, guglie che si scagliano contro il cielo; altre pareti sono invece massicce e sembrano non concedere null’altro che la loro potente struttura.
Questi gruppi sembrano in genere essere collocati nel più assoluto disordine ma, date le invariabili leggi di scorrimento dell’acqua, alla fine pure loro sono costretti a formare una serie di valli che confluiscono in altre, quindi un sistema orografico. Una caratteristica delle pareti e delle montagne dolomitiche, quindi anche ampezzane, è quella di essere stratificate. Gli strati di roccia si sono accumulati nei periodi di formazione organogena e a volte è facile leggere in essi il movimento millenario delle onde marine. Le cenge, assieme ai tetti e agli strapiombi orizzontali, sono le visibili divisioni tra i grandi strati: interrompono la verticalità e creano l’effetto di costruzione a castello, accentuata poi dai solchi dei canaloni che l’erosione ha determinato. I circhi glaciali non sono mai enormi, ma sono assai presenti: i cadini, come sono chiamati localmente i circhi, sono chiostre ricurve ad anfiteatro che un tempo racchiudevano, al posto di rocce e ghiaioni, ghiacciai anche di notevoli dimensioni, oggi in genere ridotti a nevai e in via di estinzione: il ghiaccio è presente tutto l’anno ma è seppellito nella ghiaia.
Al di sopra delle pinete, dei lariceti e dei pascoli, la pianta imperante è il pino mugo, qui chiamato barancio. Le rocce, che in genere si possono definire chiare, sono in realtà sempre variegate, dal grigio al giallo, dal rosa al rosso. Possono essere bianche in maniera abbacinante se esposte all’ora giusta nel modo giusto. Bagnate, si trasformano in nere corazze minacciose. All’alba e al tramonto i colori, di rara bellezza, acquistano il massimo di versatilità e fanno impazzire i pittori che da sempre si cimentano a riprodurre l’enrosadira.

Ma vediamo di tratteggiare singolarmente le visuali più importanti e significative che circondano la conca ampezzana. Anzitutto la Croda dei Toni 3094 m, la maggior «zolla» di Dolomia principale (700 metri di spessore) delle Dolomiti Orientali. Gli abitanti di Sesto la chiamano Zwölferkofel, cioè Cima Dodici. La sua parete più impressionante è la Nord, mentre sul versante ampezzano presenta la massiccia parete ovest per cui sale la via normale. Da ogni parte è comunque ostica e per questo è assai raramente salita.
Le Tre Cime di Lavaredo in realtà sono una processione di cinque grandi torri, ma Piccolissima, Frida e Piccola sembrano da nord essere una sola cosa: seguono la Grande 2999 m e la Ovest con i loro impressionanti appicchi gialli e settentrionali. Assieme al Paterno 2744 m furono uno tra i principali terreni di combattimento della prima guerra mondiale. Oggi sono una triade celebrata in tutto il mondo, una visione unica e irripetibile. Altrettanto impressionante è il Monte Cristallo 3221 m, un complesso castello un po’ avvilito dall’impianto funiviario ma decisamente impressionante se visto da nord, con il suo ghiacciaio e il suo verticale canalone di neve. I Cadini di Misurina sono un insieme di 67 guglie e torri più o meno esili che Antonio Berti nel suo Dolomiti Orientali del 1928 descriveva come «una selva lapidea di aguzzi pinnacoli, di svelti campanili e di torri, di lame affilate… che si scagliano al cielo come frecce».

Classica è la visione del Pomagagnòn 2450 m che sovrasta direttamente la città di Cortina, eternata in milioni di cartoline. Anche il pacioso Lago di Misurina, oggi un po’ snaturato da un’eccessiva edificazione litoranea, riflette la lontana, scura e inquietante parete settentrionale del Sorapìss 3205 m. Poco lontano, le piste invernali del Falòria non hanno nulla a che vedere con il mondo selvaggio di Sorapìss e Marmarole. Come pure le Tofane, anch’esse teatro di guerra, che d’inverno sono il simbolo della Cortina del divertimento e dell’agonismo: Tofana di Dentro 3238 m, di Mezzo 3244 m e di Rozes (o di Fuori) 3225 m. Viste dalla Val Travenanzes, le Tofane mostrano un poco della loro essenza che sovrasta la solitudine di quella valle a canyon. Dal Nuvolau invece appaiono in tutta la loro potenza tricefala. I deserti bianchi del gruppo dei Fanes esprimono la loro calcarea enormità a ovest della Val Travenanzes, circondata da cime di tutto rispetto e da torri famose. La Cima Scotoni è impressionante solo per gli addetti ai lavori, ma è ben visibile dal rifugio Lagazuoi. Il gigantesco Antelao 3264 m è difeso da un cospicuo circo glaciale a nord, mentre a sud una parete di mille metri precipita compatta nella valle del Bòite. Degno contraltare è costituito dal Pelmo 3168 m, sul versante opposto della valle.

Ma in tutto questo sfolgorio di grandi cime occorre ricordare pure la presenza di cime più piccole che presidiano gentili e pittoresche gli angoli più belli della conca ampezzana: la quale è soprattutto l’insieme di pascoli e boschi, immersi nelle montagne secondo una formula che per la maggior parte dei visitatori è semplicemente perfetta.
Dino Buzzati racconta il progressivo aprirsi dello spettacolo ampezzano con la semplice incredulità di chi per la prima volta si addentra nella valle del Bòite e stenta a trovare un punto fermo nella continua rivelazione di forme sempre nuove e diverse. Così passa in rassegna le Marmarole, che contesta essere state veramente «care al Vecellio», perché in primo luogo esse non sono presenti in alcuna opera del grande pittore e perché al tempo di Tiziano le Dolomiti «non esistevano» ancora e dovevano essere «scoperte» dai romantici solo in seguito. Poi viene Sua Maestà l’Antelao, scortato dalla Torre dei Sabbioni, la Cima Scotter, la Croda Marcora, mentre a sinistra, dopo le propaggini del Bosconero, comincia a giganteggiare il Pelmo, seduto sul trono come un dio. Lo spettacolo è drammatico, la tensione è progressiva. Le Dolomiti esterne infatti, le prime che s’incontrano, per quanto splendide, non hanno la vertigine di quelle che ci aspettano oltre. Lo stesso Antelao, che pure è la cima più alta del Cadore, lo stesso Pelmo che è fra i massimi colossi, hanno poco di inquietante e minaccioso. Ma già il successivo appicco della Croda Marcora che al mattino fiammeggia formidabile, sospeso sopra Borca, ha un volto differente dalle pieghe sinistre e dure. Nella maestà della fanfara trionfale cominciano a mescolarsi dei rintocchi profondi e cupi, e questo motivo impressionante a poco a poco salirà di tono, di cima in cima, fino a tuonare con implacabile potenza fra le muraglie a strapiombo delle Cime di Lavaredo o sotto le ciclopiche colonne della Tofana di Rozes, o fra le sghembe vertigini, intarsiate di ghiaccio, della Croda dei Toni.
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Per me Cortina(Malga Fiames, Passo Giau, Prati di Rocurto,…) in gioventù è stato il “rifugio” per bivacchi alpinistici perchè qui non c’era nessun controllo, mai un vigile o delatori, mentre in Trentino ed Alto Adige non si poteva neanche dormire in auto. Un giorno, la sera, io e mio figlio abbiamo messo l’auto vicino al Passo Costalunga per fare l’indomani la Eisenstecken alla Roda di Vael, ma prima che potessimo preparare l’auto per la “comoda” notte, un signore ha minacciato di chiamare la polizia perchè “in Provinz di Bozen non zi può parcheggiare a 10 metri dalla ztrada”, fu allora che passammo il confine e in Veneto potemmo rifugiarci…
Ringrazio per la splendida prosa, che mi ha fatto rivivere luoghi ed emozioni!
D’accordo con il commento 6. di Roberto e con il commento 22. di Matteo.
Caro Lusa, cammin facendo con le restrizioni e le misure per la salute pubblica, tutto il mercato alimentare sarà orchestrato a piacimento di chi ci governa e i piccoli produttori locali chiuderanno bottega (già ora non è facile arrivare da chi ti dava le uova e le verdure coltivate dietro casa…tutti al supermercato, dove è anche più facile beccarti qualunque virus…).
complimenti : lirismo puro!
grazie
Visto cosa c’è in ballo si può ancora dire che da Cortina il panorama è mozzafiato?
Ha ragione Marcello. Per prudenza dobbiamo rimanere in casa. Per prudenza.
Anche nel caso in cui si abbia intenzione di fare soltanto una passeggiata o una corsa da soli per la campagna.
Sai al virus cosa gliene importa che uno paghi l’IMU qui o lì o che sia un runner piuttosto che uno spacciatore.
Spero che vietino anche di andare a correre (e io amo correre!) perché la propagazione bisogna interromperla. Bando ai romaticismi, è ora di essere drastici se non vogliamo fare tutti una brutta fine. Stiamo a casa! Andremo a correre, ci abbracceremo e tutto il resto quando tutto sarà finito, ma ora occorre fare un sacrificio.
Diciamo che le “cose strane” per primi le fanno i nostri politici, soprattutto alcuni, molto più che i cittadini.
Ricostruiamo: era la settimana di carnevale, si sapeva che la Lombardia stava per chiudere e i presidenti di VdA e TAA (Veneto non so) hanno dichiarato qui va tutto bene, non chiudiamo niente; e ci hanno lucrato su.
Risultato, chi era in vacanza ci è rimasto.
Poi da Roma hanno chiuso l’Italia e chi era su è rimasto su. Se adesso non bastano i posti al Codevilla o all’ospedale di Aosta, parliamone, perché siamo tutti italiani ed è giusto, ma per favore non diamo la colpa a chi è “scappato” in montagna.
Che comunque è onorata tradizione almeno dai tempi del Boccaccio!
Riva solo un piccolo dettaglio e poi giustamente torniamo alla bella Cortina. Qui si parla di ordinanze regionali e comunali. Quindi di atti amministrativi. Alcune sono state impugnate dal governo come quella della regione Marche e del Comune di Ischia. L’ordinanza della provincia autonoma di Bolzano è stata fortemente criticata a livello locale dai consiglieri di Fratelli d’Italia che hanno presentato un ricorso. In questo momento il governo ha tutt’altro a cui pensare ma potrebbero esserci estremi di incostituzionalità. La Provincia di Bolzano non è la prima volta che viene bacchettata perché forza la sua autonomia e si dimentica di essere Italia. Infatti i valdostani nella loro ordinanza parlano di invito e non di obbligo dei non residenti ad allontanarsi. E come se la Lombardia dicesse che a causa del collasso del suo sistema sanitario tutti i non residenti devono andarsene. Il mio amico andando a correre due giorni fa non ha violato nessuna legge vigente visto che il decreto lo consente come precisato anche sul sito del Ministero degli Interni e infatti ha portato lui i chiodi a tre punte ai Carabinieri e presenterà una denuncia contro ignoti.
@ Pasini per il commento 14. Quando uno decide di vivere al di fuori della Legge, non può anche pretendere di ricevere risposte esclusivamente entro la Legge perchè negherebbe a tutti gli altri la libertà di vivere al di fuori della Legge. E il Bel Paese brulica di fuorilegge.
Che i paesi di montagna siano ancor meno attrezzati a gestire la situazione presente che le aree urbane di pianura è scontato (quanti posti di terapia intensiva ci sono al Codivilla ?)
E questo mi sembra un motivo più che sufficiente, non ci vedrei “dietro” altri fini.
http://www.mountcity.it/index.php/2020/03/16/dietro-la-grande-fuga-dalle-citta/
Comunque, gira e mescola, si finisce sempre a parlare di coronavirus.
Anche in presenza di tutt’altro genere di corona: la splendida cerchia di vette che circondano la conca di Cortina.
Luoghi stupendi.
Peccato solo per la presenza di Cortina 🙂
Quanto all’articolo, questo genere per me appartiene al meglio del GognaBlog…
A scanso di equivoci per Bestia intendo l’inconscio collettivo.
Giacomo spero con tutto il mio cuore di avere torto marcio e che tu e Cominetti abbiate ragione e che si tratti solo di azioni pragmatiche, razionali e contingenti. Forse per un retaggio che ho nel DNA quando vedo la Bestia agitarsi e sento tintinnare le manette mi preoccupo e il mio ottimismo viene danneggiato. Scusatemi ma non volevo allarmare. Ma come in montagna prudenza e attenzione non sono mai abbastanza.
Io non la vedrei come caccia all’untore. Il punto e’ le situazioni di crisi non sono gestibili nel disordine. La parola ordine suscita repulsione e tristi memorie ma in questo caso e’ quello di cui c’e’ bisogno. Le seconde case in molte localita’ , raddoppiano la popolazione. Capisco che gli amministratori non vogliano e non possano incentivare esodi di non residenti, ai quali ad un certo punto bisogna allocare risorse sanitarie non previste. Insomma, suona male ma e’ parzialmente comprensibile.
Può essere che si tratti di ragioni pratiche ma c’è gente che era già lì da prima, che possiede casa e che paga lMU da anni. Io ci leggo sullo sfondo anche alcuni elementi più profondi di chiusura, di sfaldamento dello stato nazionale e di ricerca dell’untore che mi fanno paura. Vale anche all’interno delle comunità. Ho appena terminato una lunga telefonata con un mio amico fisioterapista e runner bresciano, gestore di un grande centro sportivo, che ieri andando a correre da solo all’alba su una sterrata in collina dietro casa sua molto usata dai runner ha trovato chiodi a tre punte. La gente quando va in ansia fa’ cose strane, noi che non abbiamo visto la guerra non ne abbiamo fatto esperienza ma l’abbiamo solo sentito raccontare. Io ho più paura di questo che del Coronavirus e tendenzialmente la paranoia non è la mia patologia d’elezione. Quando ero giovane si diceva che il problema non è avere l’esercito in strada ma poi toglierlo dalla strada.
la prima volta che ho visto Cortina è stato nel 1982 quando sono stato per la prima volta ad arrampicare in Dolomiti. Assieme al mio amico Fabrizio Convalle, siamo andati su con la sua A112 , assieme ad un altro gruppetto di persone loro con un furgone 238 atttrezzati con una mega tendone e tutto quello che occorreva per il campeggio. Noi eravamo ospiti.
Siamo stati a Cortina in campeggio per una settimana. Loro a camminare, io e Fabrizio un pò a camminare ma soprattutto a scalare. Ripetemmo la Costantini-Apollonio alla Tofana, la Micheluzzi al Civazes e la Gluk alla Seconda Torre del Sella.
Sarà stato che era la prima volta che vedevo le Dolomiti, ma ricordo che la bellezza della vallata di Cortina con tutte quelle cime e pareti che la circondano mi tolse il fiato.
L’atteggiamento di Valle d’Aosta è Alto Adige, da molti considerato antipatico e razzista, ha un suo perché. Lo dico perché ho vissuto 22 in Alto Adige e ancora oggi il paese dove ho amici, contatti vari, negozi per fare la spesa, ecc è lì, anche se casa mia si trova per pochi m in Veneto. Detto ciò posso affermare che in AA (e immagino anche in VdA) la popolazione è molto sottomessa a mamma provincia perché quest’ultima elargisce bonus ai quai nessuno vuole rinunciare e neppure ne sarebbe capace. Questo giustifica un comportamento da parte della provincia piuttosto dittatoriale verso il quale nessuno, dico nessuno, osa ribattere.
Riallacciandomi a un argomento da poco trattato su questo blog, ricordo che poco tempo fa nel Comune dove risiedo, che è veneto, si è indetta una riunione dei cittadini per contrastare il folle progetto impiantistico di collegare Cortina alla Val Badia e ad Arabba. Una cosa del genere in Val Badia non si sarebbe mai potuta concepire, statene pur certi.
Nello specifico dell’attuale emergenza non credo però che ci sia la volontà di chiudere la provincia o la regione per le ragioni che ho appena descritto, ma semmai ci sia la volontà pragmatica di limitare la propagazione del virus che ci sta mettendo in ginocchio. Autonomia e le modeste dimensioni delle zone in oggetto, consentono manovre rapide e localizzate.
D’altronde sarebbe assurdo dare il benvenuto a chi arriva da zone più contagiate. Lo scopo, io credo, è quello di bloccare l’espansione del virus.
I soldi non puzzano la gente invece si.
Ma ce ne ricorderemo, il mondo gira….
Roberto, ti giuro: non mi è venuta la parola. 😂😂😂
Dai Fabio, diciamo stimolato non aizzato, mi piace di più come ruolo. “Bisogna impedire a quel cervello di funzionare per almeno vent’anni”…anche se il nostro cervello è enormemente meno brillante di quello del piccolo sardo cerchiamo di non dargliela vinta, nemmeno a un figlio della natura che cerca di vivere sulla nostra pelle facendoci andare fuori di testa come individui e come branco.
Bravo, Giacomo! Mi è scappata! Ma, ripeto, ho un’attenuante: Roberto mi ha aizzato. Sempre lui. 😊😊😊
… … …
E poi… una delle cose che non farei mai in vita mia è entrare in una sezione di partito, iscrivermi a un partito, votare come dice il partito, ragionare come ordina il partito. 🤬🤬🤬
Io intendo i partiti come semplici movimenti di opinione – non di piú – pur sapendo che sono vitali in un qualsiasi regime democratico.
Preferisco ragionare, e sbagliare, con la mia testa, vincolato ai principi morali che mi sono formato grazie all’insegnamento e all’esempio dei miei genitori, grazie alla scuola e allo studio. E grazie pure alle informazioni che bisogna raccogliere ogni giorno. Ignorando le direttive calate dall’alto.
Però, per formarsi un giudizio, serve anche sentire tutte le campane. Il GognaBlog permette a ogni campana di suonare, perfino alle piú stonate, a quelle che gridano vendetta al cospetto di Dio (vedi “Totem e Tabú”). Sinceramente, non so se io ne sarei in grado. Nel suo piccolo, Alessandro ci dà un esempio impeccabile di democrazia: da seguire.
… … …
N.B. Guai a voi se dite che la mia è una volgare sviolinata.
Fabio: “controllati. Per la propaganda c’è la bacheca al Partito.”
Sto cercando di vedere come è congegnata l’ordinanza ma da quello che si legge è così. In ogni caso non potendo spostarti anche se abiti a Courmayeur non potresti neppure salire a piedi al Torino. Sulla base di ragioni di salute e sicurezza stanno passando con grande consenso cose inquietanti come la tracciatura elettronica. Oggi su Financial Times c’è un articolo bellissimo di uno storico israeliano che mi piace molto Yuval Noah Harari (“Homo Deus”). Parla di questo e dei sistemi di controllo remoto dei contatti e della temperatura corporea che possono segnalare quando incontri un soggetto a rischio o quando tu diventi un soggetto a rischio. Tecnologie nelle quali il suo paese per ragioni di sicurezza rappresenta un’eccellenza. Eventi come quello che stiamo vivendo possono rappresentare un acceleratore di processi che potevano sembrare fantascienza e se durano a lungo ( 18 mesi per uscirne completamente come alcuni dicono) configurare una “nuova normalità “.
Impareremo a mangiare e bere prodotti made in Italy. Filiera corta.
Caro Alessandro, mi è dispiaciuto insozzare il bell’articolo su Cortina. Ma la colpa è di Roberto: mi ci ha trascinato lui! 😂😂😂
Quindi, se ho capito bene, causa coronavirus è vietato scalare lo Sperone della Brenva?
È consentito invece arrivare in Italia come clandestino, senza documenti, senza neppure sapere chi tu sia, il premio Nobel per la Chimica o uno stupratore seriale.
Ah, dimenticavo, le frontiere degli altri Paesi d’Europa sono chiuse, verboten.
… … …
Benvenuti nell’Unione Europea, Germania, Berlino.
Marcello io spero tu abbia ragione sugli effetti post Coronavirus rispetto ad alcuni eccessi di varie amministrazioni locali. In questo test collettivo di psicologia sociale sulle reazioni all’ansia io sono rimasto colpito dalle reazioni delle regioni alpine (VdA e Alto Adige) di ostilità verso i “foresti” che li hanno arricchiti per anni. C’è una componente pratica legata al dimensionamento dei sistemi sanitari locali ma a me sembra siano emersi anche elementi emotivi latenti che hanno spinto regioni molto attente ai soldi a prendere provvedimenti di “espulsione” leggera o dura che non potranno non lasciare conseguenze. È vero che i non residenti non votano ma hanno memoria. Quindi chi ha agito in quel modo aveva motivazioni in parte razionali ma era forse anche in preda al panico o preferiva cavalcare la pancia del suo elettorato nel quale la crisi ha fatto da catalizzatore di sentimenti di chiusura verso il diverso che si erano manifestati in modo sotterraneo già prima. Mi ha anche colpito sempre in tema di resilience la decisione di oggi della VdA di vietare l’attività sportiva outdoor non solo ad Aosta ma in tutta la valle, compresi dunque i territori di montagna.
Complimenti per la prosa.Va detto che la conca di Cortina è sicuramente uno dei posti esteticamente più belli e perfetti dell’intero arco alpino. La collocazione del paese non ha uguali, infatti dalle vie del centro è possibile girarsi a 360 gradi scorgendo ovunque scorci di bellezza estrema in funzione dell’ora del giorno e quindi del sole che illumina le diverse cime.Nonostante la premessa pessimistica, io sono fiducioso che dopo la “tempesta” Coronavirus, anche la banderuola di Zaia e degli ampezzani più sensibili allo schéo, si orienterà verso una vera sostenibilità. Anzi, per i molti locali che hanno grottescamente confuso questo termine con quello di sostentamento, ci sarà un chiarimento automatico e il Gobernador magari scoprirà che questa montagna non è per nulla spopolata e non va curata con progetti scellerati di presunta mobilità ecologica garantita da collegamenti meccanici fissi.
Ai posteri l’ardua sentenza!
Saluti da uno che vive nella valle a fianco.