Argento vivo

All’interno del CAI, i Soci della terza età sono in continua crescita. Vediamo chi sono, quanti sono e che cosa cercano nelle Terre alte.

Argento vivo
di Elio Candussi
(pubblicato su Montagne360, dicembre 2020)

Nella terminologia degli statistici si definiscono “anziane” le persone che hanno almeno 65 anni di età. Se nella loro vita contributiva tutto è andato bene, nella maggioranza dei casi sono dei pensionati, quindi hanno tanto tempo libero che impiegano nei modi più disparati, chi viaggiando, chi coltivando nuovi o vecchi hobby, chi frequentando l’Università della terza età, chi nulla facendo. I dati ci dicono che molti di questi “over” hanno scelto di andare in montagna; c’è chi continua a farlo perché lo ha fatto fin da giovane e chi inizia a farlo soltanto una volta superata la soglia della pensione. Costituiscono quindi una grande risorsa specie nel campo del sociale, come nell’ambito del CAI, dove sono in continua crescita e dove vengono chiamati “seniores”.

Una crescita continua
Gli ”over 65” nel Club alpino crescono costantemente da anni (vedi tabella) sia in termini assoluti (oggi sono 65 mila in tutta Italia), sia in termini percentuali (oggi pesano circa il 20% dei soci) e probabilmente continueranno a essere sempre più numerosi in proporzione all’aumento dell’età media della popolazione italiana. Essi sono organizzati in Gruppi Seniores quasi solo nel Nord Italia (50% in Lombardia e 25% nel Triveneto). Probabilmente perché lo sviluppo di questo fenomeno sociologico è legato alle cicliche crisi industriali iniziate negli anni Ottanta del secolo scorso, che hanno prodotto il pre-pensionamento di varie categorie di lavoratori che hanno iniziato ad assaporare la libertà già a 55 anni. Il loro obiettivo era ed è tuttora quello di andare in montagna tra coetanei e soprattutto durante la settimana, tipicamente il mercoledì o giovedì, fuori dalla ressa dei fine settimana. In questa fascia di età la presenza femminile è in rapida crescita: se dieci anni fa le donne erano quasi assenti oggi sfiorano il 30% e nei Gruppi organizzati sono spesso la metà. In altre parole oggi, dove non sono rari i single per scelta o per cause di forza maggiore, il quadro sociologico risulta diverso da quello di solo pochi anni fa.

Le motivazioni
Ma cosa spinge questi anziani ad andare in montagna a fare escursioni? Elementi comuni a tutti sono l’esigenza di socializzazione e di attività motoria. La socializzazione perché tanti vivono soli e apprezzano la compagnia di coetanei nella comune condizione di pensionati e con interessi affini; l’attività motoria perché tanti pensionati hanno condotto una vita lavorativa sedentaria e i medici consigliano il movimento all’aria aperta per ridurre o prevenire i malanni dell’età. Ovviamente il CAI non è l’unico Sodalizio a offrire queste opportunità, ma offre qualcosa di diverso, di speciale. Il CAI organizza, infatti, per i Seniores delle escursioni di varia difficoltà, ma sempre dopo aver informato i partecipanti sui rischi della montagna, in modo da mettere tutti in condizione di poter affrontare con serenità le problematiche tecniche del percorso adatte alle proprie caratteristiche.

E cosa hanno di particolare le escursioni dei Seniores, oltre alla scelta della giornata infrasettimanale? In cosa si differenziano rispetto l’escursionismo classico e quello di altre Associazioni? I Seniores del CAI mediamente sono più lenti (hanno un andamento “slow”), si affaticano prima (necessitano di cammino “soft”), presentano patologie peculiari dell’invecchiamento, necessitano di frequenti soste, si “distraggono” di più chiacchierando o facendo foto. Chi si interessa alla storia (di questi tempi alla Grande Guerra), chi ai fiori, chi alle piante aromatiche o medicinali, chi agli aspetti antropici (paesi o villaggi di montagna ormai abbandonati), chi si ferma continuamente cercando di riconoscere i monti che compaiono all’orizzonte, chi cerca di riconoscere il cinguettio degli uccelli, e via dicendo. L’escursione è in parte strumento di scoperta del territorio, delle sue bellezze e delle sue brutture, in parte condivisione e momento di socialità.

I Seniores quindi non sentono l’esigenza della prestazione sportiva, di arrivare per primi alla vetta. A parte i casi di pochi irriducibili “vecchi leoni” che non vogliono cedere all’incalzare degli anni, la maggior parte (almeno i tre quarti) predilige escursioni con 600-700 metri di dislivello, di 15 max 20 km di sviluppo, tradotto in 5 o 6 ore al massimo di cammino netto. Quelli più acciaccati preferiscono itinerari meno impegnativi, di tipo “turistico”; i più fortunati riescono a fare oltre i 1000 di dislivello al giorno e qualche facile via ferrata. Taluni sono dei Soci di lunga data che soffrono il declino fisico, altri sono soci neofiti che non hanno nessuna esperienza di montagna; con tutte le casistiche intermedie. Questo è il quadro di questa fascia d’età e delle sue esigenze, a cui i Gruppi Seniores del CAI cercano di offrire una risposta che ovviamente non può essere in concorrenza con l’escursionismo classico, ma complementare.

Ecco chi sono i Seniores
Vediamo le testimonianze di alcuni di essi. C’è Alvise, che è iscritto al CAI da 50 anni e ora ne ha 80: ha coinvolto numerosi anziani che si sono associati al Sodalizio perché con lui si sentono seguiti e sicuri. Egli insegna ai ”neofiti” come vestirsi, cosa mangiare, cosa mettere nello zaino. E poi Giorgio, un altro veterano del CAI, che ha raccolto attorno a sé gli appassionati della Grande Guerra e li conduce a cercare ruderi, trincee, ex caserme, cippi di confine, lapidi ricordo, dove si sono combattute tante battaglie e tanti sono stati i morti d’ambo i fronti. Così può descrivere con dovizia di particolari cosa è successo 100 anni fa in un determinato luogo.

C’è Claudia, un’appassionata di piante e fiori, che ha trovato modo di far conoscere questo mondo a tanti nuovi Soci, in prevalenza donne, ma non solo. Insegna anche a distinguere le piante velenose da quelle commestibili. E Alberta, medico da poco in pensione,che ha cominciato a interessarsi alla montagna grazie alla nipote che ha partecipato alle iniziative di avvicinamento del Gruppo ”family”. Così è entrata nel Gruppo Seniores per curiosità e si è entusiasmata, si è presa cura della costruzione di un kit di primo soccorso pensato per le tipologie di acciacchi tipiche degli anziani, ha tenuto delle lezioni in sezione sul primo soccorso e ha sensibilizzato i Soci sul pericolo zecche.

Ma anche Roberto, una vecchia gloria, che attraversava un periodo di progressiva depressione perché le sue prestazioni fisiche non erano all’altezza delle sue aspettative, quando arrampicava. Poi ha scoperto che con il Gruppo Seniores della sua Sezione poteva fare delle escursioni meno impegnative e soprattutto con i ritmi blandi che consentono di apprezzare le bellezze della montagna e che gli erano sfuggite quando da giovane voleva raggiungere per primo la vetta, senza mai avere il tempo di guardarsi attorno. E Cristina? Ex insegnante di materie letterarie, ha ritrovato il gusto di narrare i fatti storici legati ai luoghi attraversati durante le escursioni; non solo quelli legati alla Grande Guerra e alla Seconda guerra mondiale, ma anche eventi più antichi. C’è anche Flavio, che aveva passato molti anni da bambino in una colonia montana, in un luogo piuttosto isolato. Ora questa colonia non c’è più e il paesino è stato abbandonato. Così si è appassionato alla ricerca di valli secondarie disseminate di case diroccate, a testimonianza di luoghi ormai disabitati, di una montagna che tristemente si spopola senza sosta.

Montagna e pandemia
Negli ultimi mesi anche i Seniores del CAI si sono trovati a dover affrontare una nuova e sconosciuta emergenza, quella legata alla pandemia da Covid-19. Come tutti sono rimasti spiazzati, senza poter dare una risposta al proprio presente, per non parlare del futuro prossimo. I più fragili sono risultati coloro che vivono da soli, con i familiari lontani per motivi di lavoro o altro. Una metà dei Gruppi Seniores già da giugno ha ripreso l’attività escursionistica ufficiale, naturalmente in piccoli gruppi, tutti gli altri o quasi invece sono ripartiti dopo l’estate, da settembre. Durante i mesi estivi, anche in quelle Sezioni dove era stata decisa la sospensione delle attività, i Seniores si sono organizzati in modo autonomo. Ciò è stato più semplice nelle Sezioni piccole, dove tutti si conoscono, in quelle grandi invece si sono formati spontaneamente diversi gruppetti di amici per andare su vari monti, a seconda degli interessi e delle normali simpatie interpersonali, talvolta facendo anche salite impegnative; di conseguenza alcuni Soci, privi di esperienza, si sono sentiti un po’ trascurati non riuscendo a organizzarsi da soli.

Dopo la ripresa di settembre, date le limitazioni imposte dalla pandemia, per prudenza o per malumore alcuni seniores sono rimasti a casa in attesa di tempi migliori. Anche là dove si è riusciti a organizzare escursioni su più itinerari, il numero dei partecipanti rispetto l’era pre-Covid si è dimezzato, forse si arriva ai 2/3. In questo periodo nessuno ha usato il pullman per i trasferimenti, l’obbligo di fatto di usare l’automobile privata per l’escursione ha ulteriormente scoraggiato chi era abituato alla corriera, che è anche un efficace mezzo di socializzazione. Dalle informazioni in nostro possesso il numero di contagiati tra i seniores del CAI è molto basso e quasi mai con conseguenze serie; segno da un lato che la vita all’aria aperta e un ragionevole sforzo fisico fanno bene alla salute e dall’altro che le norme di distanziamento e di protezione sono osservate con zelo dalla grande maggioranza dei Seniores.

Argento vivo ultima modifica: 2024-12-29T05:32:00+01:00 da GognaBlog

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30 pensieri su “Argento vivo”

  1. Più che il Piero, forse ti si addice di più il Pietro: vecchio, impotente, cornuto e mazziato. 

  2. La montagne sait offrir à chacun ce qu’il est venu y chercher.
    Elle est de grande générosité.

  3. Meglio.
    Ottimo fino a “nessuno è perfetto”.
    Poi ti confondi, scrivi peccati al posto di difetti e, una consequenzialitá che avevi in mente deraglia in un discorso incomprensibile.

  4. Ratman. Nessuno è perfetto. Ognuno di noi ha i suoi peccati e peggiorano. Però è sempre valido il tentativo di redimersi, quindi non possiamo che provare gratitudine in chi ottimisticamente pensa che magari potremo farcela, almeno un pochino, sulla soglia. 

  5. A margine: Pasini sei simpatico, sul serio, ma nella prolissità perde di efficacia espressiva: cura la brevitas.

  6. Sono vecchio, lo ammetto; ormai confondo il gesto dell’ombrello con l’applauso: mi inchino come su un palco e ringrazio.
    Dopo Manzoni, Piero per carità, l’arte si declina con il gusto della platea: non piacere diventa punto d’onore.

  7. Sul consumo di Cannabis nelle fasce anziane dei montagnardi non conosco dati. Potrebbe essere un recupero di abitudini molto diffuse nella loro giovinezza (di qui le conseguenze evidenti in molti ex dell’accumulo giovanile  di THC). Tuttavia nella mia aneddotica osservazione, non paragonabile per profondità’ a quella di chi frequenta i sotterranei delle città e delle campagne, tenderei a vedere più l’alcol tradizionale come elisir di chimico oblio & viatico per le sofferenze connesse alla percezione dell’avvicinarsi del sipario. Un’antica e popolare abitudine che ha caratterizzato per secoli la felice e serena vita delle popolazioni alpine autoctone, tanto esaltata e agognata dagli abitanti delle ZTL. Prosit

  8. Per fortuna le vaste praterie della senescenza sono state seminate con mano accorta da semi che presto daranno frutti sperati: la pianta è il “Perché soffrir”.
    In Canada questa pianta alligna ovunque.
    Da noi presto i figli ne regaleranno una ai genitori accompagnandola con uno sguardo supplice ma un poco vergognoso e un “pensami” sul biglietto.
    Insomma, fin che sgambetto sull’alpe ok, poi…..

  9. L’uomo topo, novello Levi Strauss di Tristi Trekking, con il suo linguaggio un po’ barocco  e manieristico, descrive alcuni comportamenti delle fasce anziane dell’escursionismo unitamente ad alcuni disturbi tipici dell’età che avanza: incontinenza, stitichezza, problematiche articolari, entusiasmo immotivato, esibizionismo e vanità senili, esaltazione e rimpianto del passato…una descrizione crudele e spietata , che aggiunge colore ai numeri ma un po’ sommaria che andrebbe approfondita prendendo in considerazione anche altri comportamenti di questo segmento come ad esempio la disponibilità alle attività di volontariato, il sostegno economico all’industria farmaceutica e a quella dell’abbigliamento sportivo, gli effetti positivi dell’esercizio di attività aerobiche moderate, la funzione antidepressiva della socialità senile…..purtroppo una certa dose di risentimento ha influenzato negativamente la visione dell’antropologo della senilità in montagna. In ogni caso sarebbe sicuramente interessante, accanto ai numeri, uno sguardo antropologico sui comportamenti e sulle patologie fisiche e mentali delle diverse tribù che costituiscono la grande famiglia alpinistico /arrampicatoria/sciistica e sulla loro evoluzione nel tempo. Contributi sparsi sulle tribù delle palestre indoor e dello scialpinismo si trovano anche qui nel blog o per quanto riguarda i pistaioli in quel grande contributo sociologico che sono i vari Vacanze di Natale ma manca una trattazione sistematica paragonabile all’analisi della Tribù del calcio ad esempio. Il contributo dell’uomo topo, al quale dobbiamo come sempre essere grati per la sua generosità d’animo, sicuramente costituisce uno stimolo all’emergere di un Desmon Morris dell’Alpinismo et similia. Un altro auspicio per l’incalzante 2025. 

  10. Ratman:
    Ma con la tua dialettica e la tua voglia di raccontare devi partecipare al “Premio Strega”, magari lo vinci come il Cognetti.
    Se poi partecipi al ” Premio Stronza” lo vinci al 100%!

  11. Il titolo di questo articolo introduce alla tristezza: crea una immagine imbarazzante se si pensa al suo significato primo: si dice che lo hanno addosso i bambini.
    Che fare?! Nulla: è tipico approccio semialfabetizzato alle questioni, caratteristico di questo petit demi-monde cultural/sociale.
    Dispiace; muffa, polvere tristezza.
    Questo blog è frequentato per lo più da uomini in pensione, tipo piola anni 50/60: dove sono le ragazze?
    A squittire garruli commenti sull’ultimo pannolino, sulla pasta per dentiera, sull’integratore per gli over?
    Mentre sul fronte men at trekking abitano televisivi archeo bamboccioni tiro lesi, oppure timidi sgocciolatori negli slip, su quello woman è tutta una pioggia dorata trattenuta da dighe di morbido assorbente, stitichezza evase per miracolo, ginocchia oliate come da mestruo fluente.
    Già, scora che alla vecchianza porre si possono solo palliativi.
    Sui dirupi siamo ormai come gite scolastiche: giocosi come alle elementari ma con curiosità spente. Argento morto.

  12. Gli aventi una certa età si caratterizzano anche per l’incremento della loro gerontogravitá: deve essere dovuto al fatto che hanno molto tempo a disposizione, il che fa aumentare la curvatura dello spazio che li circonda e cerca di attrare solidarietà. Mentre tu già combatti la tua battaglia contro la senescenza, loro ti proiettando complici nella decade che li ha visti nascere.
    Ehi bro, stoppa! Illuditi a spese di altri, vero è che siamo tutti mortali, ma non c’è nulla da fare, non posso farci nulla, tu sei un passo avanti.

  13. La cosa imbarazzante dei vecchi in montagna è che non vedono l’ora di dirti quanti anni hanno. 
    Li vedi contorcere i discorsi per arrivare a quel punto, forzare gli argomenti, rimanere sospesi alla domanda fatidica: “ma lei quanti anni ha?”
    Molti sono così informati di vanità anagrafica che lo esibiscono, lo sbandierato, lo squillano: come vecchi tromboni. 
    Mi è capitato tempo fa di ascoltare un dialogo patetico: e no perché io ho 85 anni; era detto con sfregio: non che non si vedesse, ma l’imbarazzo divenne palpabile.
    Diciamolo parlare della quantita proprio tempo passato è un po come srotola la misura della mentula. 

  14. Non sono ancora arrivato ad essere un :”Senior citizen” , ma l’osservazione sul non voler chiedere informazioni e’ fondata.
    .
    Quando progetti una gita , in qualche modo ci metti del tuo , e molte variabili non sono compatibili con gruppi numerosi , visioni molto eterogenee amanti delle tracce .gpx , 
    persone che vogliono essere a casa alle 14.00 ,  e via pignolando.
    .
    Ricordo come incubi persone che guardavano l’orologio appena usciti dall’auto , e proclamavano : “La tabella dice 4h , ma io ce ne mettero’ solo 2” , e di li’ in avanti la gita perdeva qualsiasi significato che non fosse il cronometro.

  15. Bisogna considerare che l’invecchiamento della popolazione non è omogeneo per maschi e femmine. La composizione dopo i 65anni vede una preponderanza crescente della popolazione femminile, fortissima dopo i 75. Il futuro è delle vedove non dei vedovi. Quindi se la base demografica del Cai si “normalizza” rispetto alla popolazione saranno predominanti nelle fasce over 65 le femmine. Più complesso spiegare perché la componente femminile predomina nell’escursionismo “accompagnato”, fenomeno che tutte le GAE che conosco mi hanno confermato e pure le GA che accompagnano gruppi di ciaspolatori (non sci/alpinisti) . Basta anche guardare le foto di gite accompagnate che vengono pubblicate in quantità industriale sui social. Uno psicologo pop americano che andava di moda qualche anno fa, autore di un libro famoso, “Gli uomini vengono da Marte e le donne da Venere” indicava come una differenza fondamentale quella del chiedere o non chiedere informazioni sulle strade in automobile (allora non erano diffusi i navigatori). Può essere che qualcuno magari sia andato più a fondo nell’analisi del fenomeno. 

  16. Effettivamente devo dire che, facendo mente locale al mio osservatorio statistico, altrettanto “parziale”, di osservazioni dirette, ho notato che i gruppi con una qualche forma di “organizzazione accompagnata” (a pagamento o gratuita) sono sempre più spesso a forte maggioranza femminile (specie di donne non giovanissime, ma ancora molto baldanzose), mentre gli escursionisti/scialpinisti “argentati” maschi tendono ad andare da soli o in piccolissimi gruppi privati (2-3, max 4) . Curioso. Chissà quale sarà la molla. Maggior ricerca di socialità per le donne? Viceversa, misantropia senile per i maschi? Forse i maschi o sono ancora vecchi leoni nel senso diretto del termine e allora non sono disposti a perder tempo con le lungaggini dei gruppi oppure non sono più dei veri vecchi leoni e allora… si vergognano e preferiscono l’anonimato della solitudine o delle amicizie pluriennali. Ognuno ha le sue “rughe” e i suoi meccanismi anti-age.

  17. Quando parliamo di “vecchi leoni” , trovo che esistano presupposti patologici.
    .
    La competitivita’ presa alla leggera e’ simpatica , ma quando viene elevata a ragione di vita , e’ una mezza malattia.
    .
    Ricordo un orribile viaggio da Milano a Zambla con tre amici fondisti sui 60 , che per piu’ di un’ora hanno patlato dei loro tempi sensazionali nelle gran fondo ; di piu’ noioso c’e’ solo il calcio.
    .
    Il corpo inevitabilmente peggiorera’ le sue prestazioni , la cosa bella e’ sintonizzarci su un livello moderatamente sfidante e mangiare quel che passa il convento senza inutilmente rivangare il passato.

  18. Dai dati contenuti nella tabella si può osservare che il peso della componente “anziana” (over 65) sugli iscritti al Cai è aumentata notevolmente negli ultimi 15 anni e nel 2019 ha raggiunto un valore che non si discosta molto dal peso percentuale di questo sottoinsieme sul totale della popolazione italiana. Quindi possiamo senza dubbio affermare che c’è stato un invecchiamento significativo degli iscritti al Cai che si allinea alla tendenza dominante nel nostro paese. Un paese  che si avvia a diventare insieme al Giappone uno dei paesi più “vecchi” del mondo. Manca purtroppo una disaggregazione per sesso. Un dato che sarebbe significativo, insieme ad una analisi della composizione per età e sesso dei partecipanti alle attività escursionistiche. Sulla base di dati aneddotici e di esperienze personali (quindi non molto attendibili) ho la sensazione che nell’escursionismo accompagnato (a pagamento o gratuito) la componente eta’ ma soprattutto il sesso giochino un ruolo molto importante. Diverso probabilmente da quello che succede  nell’escursionismo non accompagnato.  Chi ha dati da segnalare darebbe un contributo importante alla comprensione di quell’importante fenomeno sociale rappresentato dall’aumento esponenziale delle attività escursionistiche soprattutto in alcune zone. Fenomeno fonte di business ma anche di molte tensioni negli ambienti naturali e sociali dove è più intenso. 

  19. Dovremo iniziare a usare la tecnologia non più per devastare l’ambiente con bici elettriche ed e-ski ma per far lavorare in età. Pensione sociale sino a quarant’anni e poi lavoro sino alla morte. Ovviamente sospensione cure mediche compiuti i cinquant’anni.
    Si ridurrebbero anche i flussi ai monti e l’overturism….e l’ambiente trarrebbe un sospiro di sollievo

  20. Andare in pensione, significa essere vivi ,aver maturato dei requisiti economici sufficienti. Ora un certo Brodolini nel 1960 fece una legge per andare in pensione a 19 anni 6 mesi e un giorno, allora la forza attiva era il 90% e i pensionati pochi. Ad  ogni tornata elettorale ,i voti giravano su quei temi, quanto ti do, non sulla sostenibilità, bastava emettere debito pubblico. Ora chi va in pensione ,più o meno allo stato attuale, se va dopo aver lavorato il minimo richiesto ,ha accantonato risorse contributive per i primi 8- 10 anni, poi la percepisce in quanto pagata dai contributi di chi lavora. Un prestito sulla fiducia, funziona così, finchè  c’è chi versa per te, tutto ok. Un idiozia sesquipedale, alla lunga il sistema non regge. Aspetti economici diretti e indiretti. Chi è andato con anzianità di 19 o 34 anni, ad oggi sopravvive grazie agli altri che gli  prestano soldi sulla fiducia. E a fondo perduto. Per l’aspetto fisico se l’organismo è sufficientemente in equilibrio, con la senescenza. diminuisce la potenza, ma non la resistenza ,questa permette all’anziano di cimentarsi, senza record ,in attività sportive alpestri di tutto rispetto, il corpo umano è una macchina, se ben conservata e ben utilizzata non delude, salvo variabili genetiche o impreviste. L’aspetto vettoriale va di pari passo con le situazioni soggettive, culturali, e di distanza degli obiettivi. L’età pensionabile è di c.a 67 anni in U.S.A 65 Elvethia, e aree limitrofe. Un vecchio detto, sosteneva che ci si prepara all’anzianità tra i 40 e 50 anni. Pertanto a coloro che come il sottoscritto sono in pensione (anni 64 l’andata in pensione). Oggi  ne ho 72, tanti auguri di buon perdurare, per tutto il resto, indipendentemente dal loro arrivo, arrivarci al meglio possibile. Con associazioni o meno, si vive bene lo stesso.

  21. Sono contrario alle etichette per età. Ciascuna persona deve trovare la compagnia con cui si trova bene. Vale per quelli più avanti con gli anni che per quelli più giovani. Nessuna gabbia anagrafica. 

  22. Magari…in realtà secondo le vecchie regole io sarei dovuto andare in pensione tra pochi mesi e i due anni in più bruciano molto, in questo momento!

  23. Matteo, quando tu potrai andare in pensione l’età pensionabile sarà stata elevata ad almeno 70 anni.
    Pertanto diventerai anziano solo a iniziare da allora. Beato te!
     
    Pensa che una mia conoscente andò in pensione a 34 anni (1983; pensionata superbaby), mentre tu dovrai lavorare almeno trenta anni in piú di lei per mantenerla.
    Sei contento?  😀 😀 😀

  24. “se ci fanno lavorare fino a 67 anni, l’età ‘anziana’ va spostata in avanti di almeno due anni””
    Porca di quella ç@!?* di una #§@@£$% e di quel %&? !§#@%!!!
     
    Cazzo!

  25. Avevo letto a suo tempo questo interessante articolo sulla rivista CAI (al tempo chiamata Montagne 360). Rende bene, con alcune inevitabili semplificazioni che però rischiano di esser fuorvianti per i lettori che non conoscono il tema. Il concetto stesso di “Seniores in montagna” si sta modificando alla velocità della luce. Ci sono (sia nel CAI che fuori) i Seniores come qui descritti (chiamiamoli “slow”), ma sono sempre di più quelli che l’articolo chiama i “vecchi leoni”. Questo vale in particolare nello scialpinismo: non è infrequente vedere 70-80enni che sono MOLTO interessati alla prestazione atletica, quasi “fissati” e ragionano solo più in termini di dislivelli effettuati e di tempo impiegato. Sono impallinati e si comperano a raffica gli ultimi ritrovati della tecnica per essere sempre più “leggeri” e quindi “viaggiare” in salita come i 50enni. Altro che 600-700 m D+: questi vecchi leoni si bevono i 1500 m (a volte anche di più) come se niente fosse, magari in mezzo alla bufera e con nevaccia in discesa. Il movimento “argentato” nel suo complesso è quindi molto stratificato e comprende numerose sotto-voci (che probabilmente cambiano da località a località) e non è semplice renderlo bene nella sua totalità.

  26. Solo un dettaglio: se ci fanno lavorare fino a 67 anni, l’età ‘anziana’ va spostata in avanti di almeno due anni, sennò non ci siamo (vale per tutti i Governi eh…)

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