Bum Bum Baghdad
(richiodatura della via di Grassi e Battezzati alla Punta Cristalliera)
di Gian Piero Porcheddu e Claudio Battezzati
Quest’anno ricorre il 30° anniversario della scomparsa di Gian Carlo Grassi. Senza entrare in alcuna tematica commemorativa della sua figura di Alpinista, voglio però onorare l’amico con il quale ho condiviso scalate e aperture di nuove vie. Per questo motivo ho deciso di riattrezzare la via che avevamo aperto insieme il 3-4 luglio 1990 sulla parete sud del Torrione Centrale della Cristalliera, montagna amatissima da Gian Carlo, sulla quale ha aperto numerose vie.
Dalla primavera del 1990 fosche nubi di guerra si addensavano sul Medio Oriente con Saddam Hussein che minacciava di bruciare Israele edintanto si preparava ad invadere il Kuwait mentre gli Americani si apprestavano all’attacco dell’Iraq. Da qui il nome della via: Bum Bum Baghdad.
Conoscendo le difficoltà della via ho chiesto a Gian Piero Porcheddu, in arte GPP, di partecipare al progetto della sua riattrezzatura.
Questa occasione mi ha fatto riscoprire la Cristalliera sulla quale io non avevo più scalato da quegli anni e ho potuto verificare che è molto frequentata sulle vie classiche che sono ben e modernamente attrezzate.
Altrettanto non si può dire delle vie aperte da Gian Carlo oltre trent’anni fa che sono sicuramente meritevoli sotto il profilo alpinistico ma purtroppo carenti per quanto riguarda l’attrezzatura. Erano tempi in cui le piastrine venivano fatte artigianalmente e le viti di ogni sorta si avvitavano di pochi mm all’interno del bussolotto, oggi ci sono difficoltà ad inserire persino il rinvio. La bellezza degli itinerari e l’elevato grado di difficoltà delle vie meriterebbero senz’altro una loro maggiore frequentazione, che però, gioco forza, deve passare attraverso un loro restyling.
Bum Bum Baghdad è stata rimessa completamente a nuovo con la sostituzione di tutte le protezioni: un invito esplicito alla sua riscoperta (Claudio Battezzati).
Bum Bum Baghdad e Calimero
Nella scala delle fatiche alpine ho imparato, a mie spese che una delle cose più tremende è riattrezzare una via in montagna.
Lo zaino ha un peso sovraumano, gli avvicinamenti non finiscono mai, i tiri sono da fare tre volte: salire, chiodare e schiodare. Ciò nonostante quando il Divino mi ha chiesto cosa ne pensassi, ordinavo già il materiale da Ciano. L’idea era di riattrezzare una bella via sulla Cristalliera
Oddio… dopo il primo giorno di “riattrezzatura”, qualche recondito pensiero di mandare tutto a quel paese l’abbiamo avuto, ma è stato solo un attimo. Scendendo dai primi due tiri richiodati, l’opera cominciava a prendere una sua forma.
Sapere che poi stavamo “lavorando” su una via chiodata da Gian Carlo Grassi e il Divino aveva un suo fascino, non fosse altro che il Divino era il mio compagno di cordata da almeno 3 anni ed eravamo lì a rendere onore a uno dei grandi personaggi dell’alpinismo nostrano.
Gian Carlo Grassi non l’ho mai conosciuto personalmente, conservo gelosamente una sua lettera in cui mi comunicava che mi aveva accettato a un corso di cascate (come cliente… chissà cosa mi credevo?), conosco però gli aneddoti su di lui raccontati da Lino, il Nonno e Gerri.
Il primo mi disse del soprannome di Calimero, ma allo stesso tempo, della grande capacità di questo giovane alpinista di vedere oltre le barriere di quegli anni, un personaggio schivo, ma al contempo innovatore.
Il secondo mi raccontò di quando, entrambi a Chianale (Val Varaita), Calimero gli chiese di accompagnarlo a scalare su una cascata e gli fece fare il primo tiro da primo, insegnandogli tutto! Del Gerri il racconto di quando organizzò il primo meeting di cascate di sempre, facendo arrivare i migliori “cascatisti” dell’epoca. Personaggi che banalizzarono tutte le cascate del circondario, così che la settimana dopo, noi local, ci trovammo incrodati su cascate che i big avevano valutato PD ma che in realtà erano ancora TD‼
Ora scalando su questa parete e sentendo Claudio raccontare di come si procedeva e cosa erano capaci di fare in quegli anni, sulle pareti di roccia, capisci un pochino di più i personaggi del tempo.
La via ha una linea fatta di fessure che guardano in alto, procede per spigoli di roccia avari di appigli, sfrutta le placche ornate di rughe in cui pomiciare al meglio con le dita ma, soprattutto, la punta dei piedi.
La tecnica di riattrezzatura viene perfezionata volta per volta. Il Divino sale da primo sfruttando tutto il possibile e cacciandosi nei guai più neri. L’esempio migliore è quando si accorge che i vecchi spit artigianali, hanno un foro talmente piccolo che non entra nessun rinvio.
E’ bello vedere il Divino “pregare” con tanta enfasi il Signore delle pareti.
Superato l’ostacolo, non si sa bene come, parto io e con il trapano piazzo lo spit, più o meno, dove esiste quello vecchio o dove un chiodo fa capolino. Siamo parchi nel posizionare roba nuova, non solo per gusto etico, ma perché chiodare quella roccia di serpentino dopo il terzo foro è come aver fatto l’8c… (beh se la sparo, la sparo grossa!).
Comunque la salita è tutto un riscoprire le pieghe della montagna, le sue debolezze, ma anche la sua capacità di creare emozioni e bei movimenti.
Tiro dopo tiro ci rendiamo conto che siamo su una bellissima via, che però non è per nulla semplice e dove la fessura e lo spalmo di piedi la fanno da padrona su tutto il percorso.
Ci caliamo per l’ultima volta sulla via con lo scopo di togliere la ferraglia dell’epoca. Ferraglia blasonata, storica e piena di significato, tanto che il Divino la raccoglie tutta e ne fa una sorta di museo ambulante.
Guardando quei ferri d’epoca, mi rendo conto che farsi tutto in casa (spit artigianali), ripensare a cosa usare del negozio di ferramenta per salire una parete (fittoni), è già di per sé vivere una bella avventura.
Ci diciamo questo calandoci dall’ultimo tiro e poi dichiariamo, senza troppa convinzione, che questa è l’ultima impresa di tal genere, piuttosto una via nuova, ma riattrezzare anche basta.
Una promessa che dura lo spazio di arrivare alla birra (Leffe e ambrata, come si conviene per queste occasioni), perché ci sarebbe una vecchia via del Divino vicino al Monzino da… Magari il prossimo anno… (Gian GPP Piero Porcheddu).
Val Chisone, Punta Cristalliera 2801m, Torrione Centrale, parete sud
via Bum Bum Baghdad
Prima salita: Gian Carlo Grassi e Claudio Battezzati, 3-4 luglio 1990.
Riattrezzata da: Claudio Battezzati e Gian Piero Porcheddu il 10-11 e 22 luglio 2021.
L’ itinerario è stato riattrezzato sostituendo tutto il materiale obsoleto di costruzione artigianale utilizzato per la prima salita. Anche se il materiale alla rimozione è risultato integro, le protezioni concepite per quegli anni non erano più sicure e fuori dal tipo di modello di protezione utilizzato dai moderni sistemi di attrezzatura di vie su pareti o falesie. La via segue, con filo logico, una serie di placche e muri per terminare lungo una fessura con andamento obliquo sino alla sommità del Torrione Centrale, a destra dello spigolo delimitato dalle vie SuperBianciotto e Astrea.
Magnifica via con elevate difficoltà in arrampicata libera; i gradi di difficoltà, valutati precedentemente in scala UIAA, sono stati sostituiti secondo la scala Francese ma lasciati volutamente invariati come dalla prima apertura. La via è completamente attrezzata con tasselli e piastrine in materiale inox; anche le soste sono state installate con catena e anello di calata in materiale inox. Alcuni spit sono stati inseriti per indicare il proseguimento della via. Nonostante la via sia ben protetta è necessario o consigliato una serie di friend sino al n° 3 BD raddoppiando le misure n° 2 e 3. Se si lascia il materiale alla base della via o, in caso di emergenza, è possibile la calata in corda doppia da qualsiasi sosta.
Avvicinamento
Avviene come per tutte le vie di arrampicata al Torrione Centrale.
Dal rifugio Selleries seguire il sentiero n° 339 per i laghi Laus e Manica. Il sentiero inizia per una traccia dal lato sinistra del rifugio e scende in diagonale a sinistra sino ad attraversare un ruscello. Quindi sale direttamente, seguendo verso destra, l’evidente sentiero sino a raggiungere la sommità collinare contraddistinta da un enorme ometto e cartelli indicativi. Da qui proseguire a sinistra: non scendere al Lago Laus, ma mantenendosi alti a mezza costa, seguire il sentiero segnato e superando un breve passaggio fra rocce levigate dall’acqua si perviene alla conca del lago della Manica. Salire ancora a sinistra lungo il sentiero ben segnalato verso il colle di Malanotte. Abbandonare il sentiero e dirigersi a destra verso enormi massi e l’evidente avancorpo del Torrione; seguire quindi i molti ometti tra i massi sino a tracce di sentiero che salgono il ripido canalone e che portano al Torrione Centrale e alle vie del versante Ovest. Per le vie del versante Sud risalire ancora il ripido canalone seguendo sempre tracce di sentiero e ometti sino a raggiungere gli attacchi delle vie di questo versante.
Relazione
Seguendo il ripido canalone del versante sud raggiungere una rossa e bellissima placca inclinata simile ad un diedro aperto fessurato, contraddistinta al suo vertice da una fessura a destra del filo di spigolo della parete che la fiancheggia. Primi spit visibili e freccia bianca che indica l’attacco della via.
Salire la bella e rugosa placca sino al suo termine (3 e 4) per poi salire con difficile arrampicata il primo muro con colate nere a sinistra di un angolo roccioso (6b;6b+). Una zona più appigliata permette di spostarsi verso il centro del muro che si sale, e ristabilirsi uscendo su una cornice (5c;6b+). Proseguire nel centro della parte finale del muro portandosi sul terrazzo di fermata (5c). Sosta 1.
Traversare a destra facilmente e lungamente la terrazza detritica, sino a raggiungere la sosta contro la parete al termine della terrazza. Possibilità di proteggere il traverso ad una sosta visibile a sinistra lungo il traverso. Sosta 1bis.
Salire a sinistra, in comune per una dozzina di metri con la via Grassi ‘69, sino a quando questo itinerario si sposta a sinistra per raggiungere il parallelo diedro rossastro e strapiombante. Proseguire direttamente superando un risalto sino sul fondo del diedro nerastro (5b). Salire i primi metri la liscia faccia destra del diedro e portarsi con difficile arrampicata sul filo di spigolo della stessa; al termine ristabilirsi sulla placca superiore levigata con difficile passo in uscita (6a+;6b;6b+;7a), lunghezza difficile da azzerare. Salire la placca sino ad una comoda fermata (5c). Sosta 2.
Proseguire lungo il diedro inclinato ma liscio (5c) e poco prima di raggiungere il fondo del diedro/camino della via Grassi ‘69 superare il muro caratterizzato dalla spaccatura obliqua del lato destro del diedro (6b+). Uscire a destra con faticosa arrampicata (5c) sino ad un comodo terrazzo. Sosta 3.
Salire a sinistra sopra la sosta l’evidente spaccatura (3) e proseguire uscendo diritti ad una zona di terrazze e balze rocciose. Alcuni spit indicano il raggiungimento della sosta prima di una evidente successione di lame (3). Sosta 4.
Salire la successione di lame (5c) sino all’evidente prima fessura a destra dello spigolo che delimita le vie SuperBianciotto e Astrea. Superare la prima parte strapiombante e larga della fessura (6b+), che in seguito si restringe e obliqua leggermente verso destra per poi, allargandosi nuovamente, permette di salire più facilmente sino alla sommità del torrione (5c). Sosta 5, tiro molto lungo e faticoso da premio Oscar.
Sviluppo della via: 200 metri
Esposizione: sud
Difficoltà: ED. Grado massimo 7a (Difficoltà obbligatoria 6b)
Attrezzatura: La via è attrezzata con tasselli e placchette inox; soste inox con catena e anello per calate in corda doppia.
Materiale: 2 corde da 60 m; 14 rinvii; una serie di friend sino al n° 3 BD (raddoppiare le misure n° 2 e 3), una staffa (facoltativa), normale dotazione alpinistica personale.
Discesa
Ci sono tre possibilità.
A) Dal Torrione proseguire verso destra su facile e breve cresta e scendere sul versante nord seguendo alcune strisce rettangolari di colore blu sino ad una traccia che porta in breve sotto la croce di vetta della Cristalliera. Seguire il facile ed evidente sentiero della via normale (molti ometti) che riporta alla conca del lago della Manica e di lì al rifugio Selleries.
B)Scendere alla base del Torrione sulle soste della via ottimamente attrezzate anche per le calate in corda doppia con corde da 60 metri.
C) Ritornare alla base della via, seguendo il Canale dei Torrioni che contorna il lato Sud del Torrione Centrale alla sua destra. Valutare bene la discesa (passi di II grado, sfasciumi).
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Devo ammettere che Alberto nel suo 63 espone un’argomentazione interessante. Gli itinerari citati sono, secondo me, stati aperti con una logica diversa sia per tecnica che difficoltà e destinati ad un ristretto numero di persone. Perciò nel mio intervento precedente dicevo che nel mettere mano occorre tenere in considerazione molte cose …… Qui stiamo parlando di sostituire materiale obsoleto con materiale nuovo e sicuro.
E per la buona logica del contrappasso Gognablog pubblica greenpoint-1😂
int. 62 Fabio !!!
ho fatto l’esemio di via di larcher, ma potevo scrivere anche Della Bordella oppure Tondini.
Queste vie aperte con uno stile rigoroso, anche se con il trapano, dove nonostante lo spit a volte è bene non cadere!! non si possono toccare?
Eppure anche queste data la loro severità e difficoltà possono cadere nel dimenticatoio.
Ma non si manifestano intenzioni per renderle più fruibili.
Forse non si possono toccare perche aperte da fuoriclasse?
Ma anche tante classiche al loro tempo sono state aperte da fuoriclasse.
Forse un G.B. Vinatzer che apre la sua via in Marmolada a suo tempo non era un fuoriclasse?
Ricordo agli ignorantazzi edonisti (sto scherzando…) che nei bei tempi antichi si aprivano vie solo per se stessi, per la propria soddisfazione, la propria gioia.
Si piantava un chiodo per superare un passaggio, e non affinché lo potessero superare gli eventuali ripetitori. Di questi ultimi ai primi salitori nulla importava.
Insomma, una volta l’alpinismo era un fatto individuale, un’avventura dello spirito. Ora è un fatto sociale, anzi social.
Dino, è questione di cosa si cerca nell’alpinismo e ognuno vi cerca e trova, o continua a cercare, qualcosa di strettamente personale. Ho aperto delle vie per il mio piacere personale e molte nessuno le ha ripetute perché sono pericolose o pure brutte o comunque non interessanti. Io non me ne sono mai fatto un cruccio perché il fine iniziale, che era il mio piacere nell’aprirle si era esaurito con il raggiungimento di quella sommità. So di molti che amano che le vie che aprono vengano ripetute ma a me, sinceramente, non me ne importa nulla. L’alpinismo altruistico non lo capisco ma neppure lo condanno perché mi da l’opportunità di farmi anche delle belle vie su cui mi diverto o porto i clienti. Non siamo tutti uguali, esprimiamo ognuno un proprio parere ma senza imporlo come giusto. Lasciamo una bella dose di labilità alla questione. Perché non è seria per niente.
Benassi for President!
Allora spittiamo la Solleder alla Civetta e facciamola diventare una scala per polli.
Non mi pare che una via come la Costantini-Apollonio sia caduta nel dimenticatoio a causa degli spit tolti.
Vogliamo mettere le persone nelle condizioni di ripetere una via? Diamogli il modo di prepararsi adeguatamente, sia da un punto di vista tecnico, che culturale. Insegniamoli a saper valutare e rispettare i propri limiti e non a valutare una via dal solo grado di difficoltà, ma dalla suo impegno complessivo che è una somma di fattori.
E poi perchè questa mania di voler riattrezzare le vie classiche??
Perchè non lo facciamo anche sulle vie chiamiamole sportive, dove la chiodatura a spit è lunga e pericolosa?
Ad esempio aggiugiamo spit su vie di Larcher così le rendiamo più fruibili.
Si Marcello ho preso la storia degli spit sul Pilastro, non per rivangarla, ma per mettere in evidenza che spesso ci poniamo problemi che (probabilmente) non esistono. Io resto convinto che il maggior affronto agli apritori sia quello di far cadere nel dimenticatoio la loro opera che è più o meno quello che sta accadendo a molte vie; ovviamente non a tutte. Sono altresì convinto che oggi “poter dire di aver ripetuto una via” sia del tutto anacronistico. La via si fa per il proprio piacere interiore e non per dimostrare nulla a nessuno, salvo che uno non sia un professionista per ovvi motivi. Ogni via di montagna ha una propria storia e ogni intervento va fatto con riguardo ad essa ma anche alla sicurezza di chi la ripete.
Si può affermare di aver ripetuto una via se la si trova alterata (facilitata) dai ripetitori che ti hanno preceduto? E’ un bel quiz da pòrci. Ai poster l’ardua sentenza.
Questa storia degli spit sulla Costantini Apollonio, che ho vissuto in prima persona perché ero tra gli istruttori di quel “corso guide” con il mio collega Gigi Mario, l’ho già raccontata qui diverse volte e ora non lo rifarei, ma so solo che da quando gli spit (non era uno ma 3 di passaggio e due di sosta) sono stati tolti e mai più rimessi, la via è stata ripetuta né più né meno che come lo era prima.
Il gesto era stato sicuramente provocatorio ma era mirato all’aumento della sicurezza per i ripetitori, cosa che si può fare anche con i moderni mezzi di protezione veloce oggi in uso. Quindi aveva ragione chi aveva messo gli spit e pure chi li ha tolti. Un po’ come successo sul Torre, segno che esistono differenze di opinioni e quindi vitalità.
Sai Alberto secondo me è molto più brutto relegare nel dimenticatoio molte vie e molti alpinisti che hanno fatto storia. Se lasciamo tutto come sta tra un po’ nessuno le scalerà più come in parte già sta avvenendo. Tra il fare e il non fare, temendo errori, io preferisco il fare.
@53 condivido appieno questa Sua opinione.
Aggiungo questo ;l altro giorno parlando di pareti e salite venne fuori allegramente che nello zaino insieme a altre solite e usuali atrezzature c era solitamenteun bel B…h a batteria… ammetto che mi ha lascito senza parole come commentare, se questi sono i posteri!?..”haaa ma solo per le sosteee come risposta. !!!.”Etica storica e preparazione tecnica soste si stanno forse estinguendo?
Spero si in posteri preparati e sicuri ma anche rispettosi…
Sani.
se non ricordo male lo spit fu messo da Gigi Mario sulla via Costantini-Apollonio (mia prima via in Dolomiti) durante un corso guide. E se non ricordo sempre male fu tolto da Aldo Leviti altra guida . Forse Cominetti può confermare o no.
E per fece bene.
Ma non perchè sono contrario allo spit. Ne ho messi parecchi, Ma perchè non è l’assoluto.
Sapersi proteggere, saper mettere un chiodo, usare il martello, saper valutare la sicurezza di un chiodo , fa parte del bagaglio tecnico e culturale dell’arrampicatore/alpinista al pari del gesto arrampicatorio. Inoltre le differenze sono un valore da difendere. Uniformare tutto secondo uno schema prestabilito, non si sa bene poi chi lo potrebbe/dovrebbe fare, è svilire il senso d’incertezza, d’avventura e di espressione individuale che è la base essenziale di questa attività.
Che senso ha scrivere libri, articoli, fare convegni sulla storia alpinistica di una cima, di una parete, di un alpinista e poi andare in parete e cancellarla?
Secondo me non ha senso.
Allora chiediamo a Draghi di istituire una commissione che aggiorni le vie. Sai quanto lavoro ci sarebbe
Tempo fa, discutendo sempre dello stesso argomento era emerso che sul Pilastro in Tofana era stato messo uno spit (non ricordo dove) e poi subito dopo tolto. Chi l’aveva messo (se ricordo bene) aveva chiesto l’autorizzazione agli apritori i quali avevano acconsentito contenti di aumentare la sicurezza della via. A me viene il sospetto che siamo noi “posteri” che ci facciamo mille problemi. Nell’apertura delle vecchie vie classiche i chiodi sono solo UNO dei materiali; poi ci sono scarpe, moschettoni etc etc. Quindi chi ripete la via dovrebbe usare scarpe di feltro? Etc etc per non parlare delle tecniche di assicurazione. Io penso che è corretto e giusto aggiornare il materiale presente sulle vie con materiale nuovo e il più sicuro possibile senza trasformarle in ferrata o plasir. Per farlo occorre tanta capacità tecnica e buonsenso. Per quel che mi riguarda benvenuti spit alle soste e al posto dei chiodi. Io penso sia corretto usare tutto ciò che la tecnica mette e disposizione ( inclusi meteo info sulla via etc etc) con senso della misura per non trasformare l’itinerario in un mero esercizio ginnico
Un commento al volo e poi vado do de corsa al lavoro che rende liberi…
È veramente bello essersi incontrati magari all imbrunire quassu’ sui monti internet di Gogna.
Chiudo con una riflessione
L inox sarà anche eterno
ma mai leggenda…con rispetto per tutte le opinioni.
P.s. viva la …. (G.Kahn)😆
Sicurezza…Sempre.
Via alpinistiche, sportive, plasir sono differenze che danno un valore a questa attività .
Le differenze sono un valore .
È pacifico che un ancoraggio di calata debba essere a prova di bomba. Mica si vuole giocare la vita ai dadi o alla roulette russa.
Diverso però attrezzare le vie con soste di calata in modo da garantire sempre e comunque la discesa dalla via. Se non ci sono altre soluzioni va bene, altrimenti si scende dalla via normale.
Scusate, ma nel ripetere una via classica, come, per esempio, la citata Dimai-Comici (li cito in quest’ordine perché i primi aprirono molta più via del secondo, leggersi resoconto) sulla nord della cima grande di Lavaredo, uno cosa fa? Si protegge con i vecchi chiodi in posto e a sua discrezione potrà aggiungere protezioni veloci e/o altri chiodi, così come su ogni altra via. Se ci fosse una fila di spit ci andrebbero ancora più cordate oltre a tutte quelle (già troppe) che ci vanno e…
E l’opera ormai storica dei primi salitori andrebbe a farsi benedire. In molti, in nome della sicurezza, sarebbero d’accordo ma la vera sicurezza che serve bisogna averla dentro anziché cercarla nell’attrezzatura. Di cosa stiamo parlando?
Personalmente frequento tanto le vie classiche quanto quelle a spit alpine e plaisir, dipende da cosa cerco quel giorno e le uniche volte che ho sentito istintivamente il bisogno di avere almeno le soste attrezzate meglio, sono state quelle in cui mi sono ritrovato in tanti su una via. Ma non essendo l’unico a pensarla così, quelle vie hanno poi avuto saggiamente il loro chiodone cementato in sosta, cosa che ho fatto anch’io alcune volte.
Le calate, invece, se le trovo anche in zone remote attrezzate a spit e catena sono solo contento. Un alpinista che si cala da un ancoraggio vecchio e di dubbia tenuta non è più bravo ma solo più stupido.
La spegazione data con gli incidenti son tutte scuse. Molti vogliono la montagna luna park
Secondo me due son le cose;
O chi va per crode è preparato e si arrangia a usare tutto per proteggersi cosa che prefigura anni e anni di esperienza e buoni maestri.
O non ci vai preparato e le protezioni le vuoi trovare in loco…
Il sale sta qua senza polemiche.
E scusate l ignoranza ma non mi pare vi siano tanti incidenti causati da vecchi spit artigianali …strappati o tagliati che siano.
Ne sapete quacosa ?A parte i vecchi articoli pro marca P…non sono a conoscenza a qualcuno è capitato?
Bertoncelli. Il tempo macina qualunque cosa, anche gli eroi. Pure i monumenti come la colonna Traiana vanno conservati dagli effetti devastanti del tempo altrimenti prima o poi vengono giù. E si usano sostanze e tecniche moderne. Per le vie storiche ci sono cinque ipotesi: 1. Non fare nulla e lasciare che ognuno gestisca coi suoi mezzi le assicurazioni fisse deteriorate (probabile effetto arlecchino e qualche “danno collaterale” di vite umane) 2. Conservare ripristinando con mezzi il più possibile simili all’originale (anche dove l’originale era stato piazzato per una progressione in artificiale)3. Ripristinare in modo misto mettendo ad esempio fix dove ora si passa in libera 4. Sostituire tutto con fix solo dove c’erano chiodi 5. Attrezzare tutto con stile falesia. Penso che la linea 1 e la linea 5 non sarebbero molto votate nella comunità.,Sul resto forse il buon senso e il rispetto aiutano a seconda dei casi, dei luoghi, delle condizioni, delle frequentazioni. Non mi sembra una contesa teologica.
Guarda che non è una provocazione. È una realtà che vengano richiodate vie su itinerari esistenti e gli venga dato anche un nuovo nome
Beh considerando che ho introdotto l’argomento parlando di buon senso preferirei non addentrarmi in paradossi o rispondere a facili provocazioni.
Un sorriso e
Un saluto a tutti
io l’asfalterei con tanto di segnaletica orizzontale.
perchè pensi che sia avvenuto solo a Caprie?!?!?
Come vogliamo considerare la via Comici-Dimai sulla parete N della Cima Grande di Lavaredo? Un’opera che, nel suo piccolo, appartiene alla storia dell’umanità, come la Colonna Traiana? oppure una via di trasporto, come l’autostrada del Sole?
Nel primo caso la via è da conservare, nel secondo è da manutenere. Decidiamo noi.
Con la nuova spittatura è stata introdotta la certezza della sicurezza. Vi sembra poco? Nella vita si può anche peggiorare, che è anche più facile.
Il buon senso solo il buon senso fa la differenza sempre.
Anche io mi commuovo toccando i chiodi di Comici o quelli che ho messo anche io 35 anni fa ma volarci sopra vi assicuro che è un altra cosa ! provare per credere…
Detto questo mi piacerebbe capire come poter testare in loco ( se non cascandoci sopra) le piastrine artigianali che in parte facevo anche io in officina da me e che usavamo allora. Chi si offre come tester è benvenuto. Ripeto noi li, non cercavamo l’avventura ci divertivamo e divertirsi non vuol dire per forza rischiare di rompersi l’osso del collo. Oggi, possibilmente chiedendo il permesso agli apritori,se ancora in vita, o addirittura se ne ha ancora le forze intervenendo personalmente chi vuole sostituire il materiale vecchio di più di 30 anni senza snaturare la filosofia originale degli itinerari a mio avviso fa bene a farlo senza se e senza ma. Se poi stiamo parlando di vie monumento nazionale, se vuole fare una scala per galline o se smonta e fa sparire completamente delle vie storiche per rifarci sopra le sue nuove linee (come è successo quì nel torinese e specificatamente nella gola di Caprie) ma nessuno gli ha detto niente !!! allora il discorso è diverso.
Pasini allora mi spiego meglio:
io NON sono d’accordo sulla richiodatura delle vie storiche a fix o resinati che hanno fatto in Grigna.
Un chiodo a fessura marcio lo cambi con altro chiodo a fessura nuovo.
Questa è la mia opinione.
OK!!
E già proprio per lo spirito dell individualismo alpino uno fa quello che gli pare …poi però questo provoca reazione e commenti.
Credo sia dalla comparsa del chiodo in roccia che il dibattito ha preso forma,ora più che mai e con varianti.
Allora ricapitolando chi apre una via o in società può ammodernare a piacere in base alle novità della P…z?ok.
Anche dopo un trentennio? con piastrine ancora in ottimo stato e che sarebbe stato almeno interessante testare?… Arte;se dal passato tornasse GIotto non credo userebbe le tecniche del attuale Banksi…e pensare che io mi commuovevo solo toccando un chiodo dove era passato Comici o Piaz.
Sono solo opinioni (clown)
Uno dei più forti ostacoli al dialogo è attribuire all’interlocutore intenzioni che non ha espresso. Spesso sono nostre proiezioni e generano un pre-giudizio. Ad esempio, attribuire a chi si è dichiarato favorevole ad un corretto restauro conservativo, dove necessario, un’intenzione “autostradale” rispetto a vie storiche. Perché cadiamo ogni tanto tutti in questo errore nella comunicazione, nessuno escluso, sarebbe oggetto di un’altra riflessione Magari un giorno ne parleremo. Saluti.
No Pasini nessun Pre-Giudizio. Tutto nasce da quello che scrivi:
Benassi. Vedi. Come volevasi dimostrare. Troppi pre-giudizi sulle intenzioni altrui. Per me non sono affatto cazzate. Altrimenti starei zitto. È il contrario: non mi piacciono le semplificazioni e le affermazioni manichee. Preferisco pormi e porre delle domande, persino troppe. Ma poi mi stufo un po’ e adesso lascio perdere. Saluti. Ora devo tornare all’auto e ci sono ancora parecchi chilometri.
Di sicuro Vinatzer aveva un concetto della sicurezza molto personale 🙂
Le prime dieci righe del commento di Cominetti varrebbero da sole un ‘articolo del Blog dedicato alle tematiche ivi solo accennate.
Bonfanti tra l’altro ha scritto ” c’era tutto vecchio e nuovo che si fondevano senza pestarsi i piedi” quindi tra classico, sportivo e plasir, si potrebbe benissimo convivere.
vorrei precisare che io non sto facendo la solita e noiosa discussione spit si, spit no.
Non è questo il problema.
Antonio capisco la tua sottile e profonda riflessione.
Ma chi me lo dice che Vinatzer possa essere d’accordo a sostituire i suoi pochissimi chiodi con spit su una sua via? Lui non c’è più e non l’ha lasciato scritto.
Sul fatto che gli apritori di una via usino il meglio della tecnologia del momento nell’attrezzarla in fatto di sicurezza non sono tanto d’accordo.
C’è chi lo fa e chi no. Perchè questo è sempre influenzato dallo stile personale, dalla propria concezione che si ha dell’arrampicata: se alpinistica, se sportiva oppure plasir.
Quindi sempre che non si possa parlare direttamente con l’autore/ri , chi si propone di restaurare un’ itinerario dovrebbe tenere conto di come questo è stato aperto.
Se poi l’apritore ci autorizza a modificarlo è un altro conto.
Alberto, non credo che Pasini sia per semplificare. Secondo me ha detto una cosa importante parlando di “spirito originario”, la qual cosa mi spinge ad una riflessione.
Premesso che sugli esempi estremi non ci piove, prendiamo una via aperta a chiodi in un’epoca in cui gli spit non esistevano. Dall’analisi dello “spirito originario”, sempreché sia possibile risalirvi, potrebbe emergere che se gli apritori avessero avuto gli spit li avrebbero utilizzati.
In buona sostanza, se consideriamo una via di roccia un’opera d’arte alla stregua di un dipinto, di una scultura, ecc., prima di effettuare un restauro dovremmo cercare di comprendere tante cose sul perché e sul percome quella via è stata aperta, cercando di trovare dei punti di contatto con l’attuale visione delle cose.
Pertanto, potrebbe anche emergere che sostituire i vecchi chiodi con degli spit sia perfettamente in linea con la visione dell’apritore il quale ha semplicemente utilizzato il meglio dell’epoca.
Chiaramente comprendo quanto per un ripetitore odierno possa risultare appagante ripetere quella determinata via nello stesso modo e con gli stessi mezzi degli apritori, perché è anche come rivivere un’epoca e manifestare un profondo rispetto nei loro confronti.
Pasini non è che io non ti intendo. Capisco benissimo cosa vuoi dire.
E’ che io, su questo argomento, la penso in maniera opposta alla tua.
Te sei per facilitare. Per omologare. Per passarci sopra tanto son cazzate.
Io no!!
Accidenti com’è difficile comprendersi con questo strumento malefico. Va bene, rassegnamoci. Ho visto “restauri” che hanno profondamente modificato lo spirito originario e poi si è dovuto fare il “restauro” del “restauro”, anche perché nei secoli è cambiata l’idea di “conservazione”, così mi dicono quelli che sanno di arte. Chiudo perché vedo che è una gran fatica anche quando si parla di cose di montagna su cui dovrebbe essere più facile intendersi. Ciao.
Pasini non si tratta di restaurare una casa danneggiata dal terremoto. Intervento che si fa con la migliore tecnologia e i migliori materiali.
Se una via è nata trad e la riempio di spit non è un restauro ma un’arroganza è cancellare una storia.
Stessa cosa se vado a schiodare una via nata a spit.
Pasini.
Un restauro non può cambiare quello che ha creato l’autore.
Altrimenti non è un restauro
Giusto convivenza tra gli stili, senza pestarsi i piedi.
Benassi. L’esempio era volutamente un po’ paradossale e retorico. In ogni caso magari la fessura non è più quella di 80 anni fa e non tiene un friend. Comunque penso ci siamo capiti nella sostanza. C’è restauro e restauro, come per i sentieri, le case, i monumenti e tutte le opere degli uomini che ci hanno preceduto visto che condideriamo una via come una sorta di “opera” artistica che come dice il nostro Gogna contiene una “visione” che merita il nostro rispetto.
Pasini se c’era un cuneo magari oggi ci andrebbe un frends. Perchè metterci un resinato?
Direi che l’intervento di Elio ristabilisce perfettamente la giusta prospettiva e conoscenza.
In caso contrario: “andate e fate”.
Ultimamente in altre faccende affacendato ho un po trascurato la lettura dei social e dei blog così casualmente mi imbatto in questo argomento. Eravamo negli anni 90 e Tracy Chapman accompagnava me Giancarlo ed Aldo nel lungo tragitto in auto al rifugio Selleries. La nostra comune idea era di rilanciare l’arrampicata in ” Cristalliera” dove solo poche vie classiche ne percorrevano le pareti. Alla fine dopo la scomparsa di Giancarlo io e Fulvio Riva e se non ricordo male Dante Alpe, pubblicammo in un formato tipo i vecchi (cahier d’ alpinisme) la piccola guida che avevo iniziato a scrivere con Grassi dal titolo significativo ” Cristalliera Rinnovata”. In questa pubblicazione c’era tutto vecchio e nuovo che si fondevano senza pestarsi i piedi.
Generalmente salivamo in vetta slegati o dalla parete sud o dal canale ovest poi ci calavamo e chiodavamo dall’ alto lui un tiro e io quello successivo e Aldo ( Morittu) disgaggiava i blocchi instabili. Arrivavamo così sino a terra e l ‘unica cosa avventurosa o romantica era il rischio di beccarsi sulla zucca un blocco tirato giù da Aldo perché per emulare Giancarlo il casco non lo mettevamo più nemmeno noi… Poi se era possibile salivamo immediatamente la via, altrimenti rimandavamo il “gioco” alle giornate successive.
Ho scritto gioco non a sproposito e il Battezzati che in quel periodo è entrato di sguincio, quel giorno aveva di fatto accompagnato Grassi quando l’ha salita la prima volta. Credo quindi che in qualche modo al di la di prosa, di etica e di polemiche possa avere il diritto di richiodare una via dove compare il suo nome.
Con Giancarlo in quel periodo l’avventura la trovavamo in altri ambienti e su altre cime e molto spesso Grassi ci andava con compagni ben più forti di noi. Su quelle pareti ci andavamo a giocare nulla di più e dai commenti che ho letto sull’ articolo pubblicato credo che forse ci sia stato un fraintendimento di base relativamente allo stile di apertura delle vie che spero di avere chiarito. Anche perché, con buona pace dei puristi, mi dispiacerebbe davvero molto leggere gli stessi commenti qualora dovessi decidere di richiodare e pubblicare degli itinerari che mi vedevano direttamente coinvolto.
Elio Bonfanti
Mi chiedo: c’è manutenzione e manutenzione. Anche in Grigna su vie classiche aperte 90/80 anni fa i chiodi arrugginiti, all’epoca martellati e sicuri,sono stati sostituiti prima da resinati e poi da spit. Così come cunei di legno che ancora si incontravano negli anni ‘70. E pure le soste su cordini marci e vecchie catene, Ho citato qualche post fa l’ancoraggio della doppia del Fungo. Manutenzione ordinaria di pura sostituzione. Cassin non si è mai offeso mi risulta. Altra cosa trasformarle in falesie con uno spit ogni due metri. Si è ripristinata la vecchia chiodatura con prodotti moderni. È molto scandaloso? Oppure si doveva mettere un cuneo di legno nuovo?
Mah… Fra i critici, mi chiedo chi abbia mai scalato in Cristalliera o abbia conosciuto Grassi.
Avendolo conosciuto ed arrampicato insieme, sono abbastanza sicuro che il primo ad approvare la richiodatura di quella via sarebbe stato lui. Giancarlo oltre ad essere stato un visionario, fu un innovatore e un precursore. Iniziò a piantare i primi spit artigianali in Cristalliera, in bassa Valle di Susa e in Sea quando ancora si cantava vecioscarpun e oilì oilà.
E mi domando chi abbia mai provato a piantare anche un solo chiodo nelle fessure di serpentino della Cristalliera.
Se la richiodatura ha rispettato quella del tempo, auguro a tutti “buon viaggio”.
Se hanno messo i fixe più o meno dove erano i vecchi spit artigianali, invito i critici ad andare a farla. Personalmente, con la chiodatura originale venni ribattuto alla fine del secondo tiro con una ritirata in doppia non proprio tranquillizzante. Era necessario un livello a vista ben superiore all’obbligatorio indicato, per evitare voli con conseguenze sicuramente nefaste. Figuriamoci adesso che sono affetto da bolsonaggine e conignite acuta.
Senza rimpianti alcuni. Il romanticismo è anche vivere consapevolmente e senza rimpianti le ritirate o la serena consapevolezza che per certa roba non si ha (più) il livello .
Non a tutti piace vincere facile.
Matteo il mio ragionamento era più ampio e non una critica mirata a questa iniziativa.
Oggi molte vie che furono aperte ad esempio con chiodi a fessura, vengono riattrezzate a fix se non addirittura a fittoni resinati, con tanto di soste predisposte per la calata sulla via, cambiandone completamente lo stile.
Sono d’accordo con Cominetti.
Perchè si vuole cancellare l’aspetto romantico dell’arrampicata, dell’alpinismo?
Non sono molto d’accordo con chi mi ha preceduto…
posto che ciò che scrivono sia vero:
“con il trapano piazzo lo spit, più o meno, dove esiste quello vecchio o dove un chiodo fa capolino. Siamo parchi nel posizionare roba nuova”
se dopo 31 anni il primo apritore superstite decide di risistemare una via già a spit, non mi pare né una nefandezza, né uno scandalo e di certo non una disonestà.
Toccherà proprio andare a vedere per verificare (tantopiù che la Cristalliera è magica e al Selleries si mangia benissimo!)
Privare i ripetitori di tanta inventiva, capacità e audacia, io la definisco con una sola parola: disonestà.
Una delle caratteristiche del praticare l’alpinismo sta nell’egoismo e nella mancanza assoluta di democrazia.Sono pratiche dai risvolti anche negativi ma se applicate a un’attività socialmente inutile come l’alpinismo possono addirittura dare sfogo a manifestazioni umane che in altri contesti produrrebbero effetti assai nefasti.Ristrutturare una via per renderla fruibile a un grande numero di persone è un gesto che con l’alpinismo nulla ha a che vedere. Non dico che sia un sacrilegio perché i sacrilegi sono ben altra cosa, ma abbassa l’opera dei primi salitori (tanto più che uno di loro-e credo fosse il protagonista-non può più esprimersi al riguardo) a qualcosa di volgare e popolare dal valore omologato e appiattito.Evidentemente i ristrutturatori ci avranno pensato prima e avranno fatto le scelte secondo loro giuste.Però se la notizia si rende pubblica e si possono esprimere dei pareri, aspettatevi anche delle critiche da parte di chi vede nell’alpinismo e la sua storia una serie di azioni irripetibili e sicuramente non modificabili anche a fini di sicurezza.
Si chiama romanticismo, sarà cosa obsoleta, ma continua a esistere. L’arrampicata plaisir non la condanno di certo ma non è alpinismo, semmai ginnastica outdoor come il ciclismo, un po’ meno faticosa.
Ma che gusto c’è a cancellare la storia?
Me lo sono domandato anche io.
Si scrivono libri e articoli, si fanno lezioni sulla storia dell’alpinismo a corsi cai, si fanno incontri.
Poi si va in parete e con la motivazione di riportare alla vita un’itinerario se ne cambia completamente la filosofia e si cancella la storia.
Ma che gusto c’è a cancellare la storia? Quella storia. Per cosa e per chi? Cosa si prova? Cosa direbbe Grassi? Forse, più semplicemente, avevate solo bisogno che si parlasse di voi.
La via, un’opera d’arte dettata dai tuoi limiti oltre i quali muori se non ti metti a fare il carpentiere.
Corsi e ricorsi .
Chioda e ri-chioda.
…Tutto già visto…
Tranne che sopra la mente/corpo al solito vince facile il materiale più moderno scintillante spit +aggravante trapano ,meglio sarebbe essere al di sopra delle vie che si ripetono con adeguato margine di ° e questo è soggettivo di ogni scalatore non facile da calcolare nell imponderabile di nuove vie …ma nelle ripetizioni? Gia lo sai il vuoto da riempire nella salita e che difficolta’ ti aspetta.È togliere tutto il sapore dell avventura che in quel momento affronti…ovvero i TUOI limiti poco centrano le protezioni. Ho sempre guardato con rispetto i vecchi chiodi delle vie classiche fossero forgiati in casa ,militari o industriali poi…sono LA storia.Un po’ come con gli spit da 8 successivi magari messi con percussore a mano e come estremo ausilio artificiale diversi dai chiodini a pressione sparati ovunque per passare.Non capisco tutta questa necessità di asfaltare i vecchi selciati. ..Tutto liscio quasi anonimo…nel nome del volo iper protetto come fosse l unica chiave.
Diverso il discorso delle vie monotiro nelle falesie li c è la necessità di portare il più vicino allo 0 il rischio e l ‘usura dati delle continue sollecitazioni e viste anche queste come transito verso il grado ° da stuzzicare in montagna e non unico fine ,anche se molto appagante.
Questo almeno era il nostro modoforse eravamo accecati dal sole del primo mattino …è forse sera?
Concordo comunque sulla visione dell artista…@3.
L’inox e’eterno? chiedere ad un chimico o ingegnere dei materiali!!
https://www.klingspor.it/archivio/lacciaio-inossidabile-puo-arrugginire.
Riattrezzare una via è sempre una iniziativa assai delicata. È come restaurare un’opera d’arte dove bisogna rispettare al massimo quello che è stato fatto dall’ autore e quello che l’autore ha voluto dire.
Ciao, ci siamo visti in cima, io e la mia Badante uscivamo dalla SuperBianciotto.. un saluto
Ivo e Fede
Errare è umano perseverare è . . .