Chiaroveggenza

Nuova via in Marmolada. Nicolò Geremia e Mirco Grasso completano Chiaroveggenza, lunga sei anni e tutta su roccia eccezionale.

Chiaroveggenza, in Marmolada
di Gian Luca Gasca

Dopo sei anni di attese, infortuni e ritorni sotto parete, Nicolò Geremia e Mirco Grasso hanno completato “Chiaroveggenza”, una nuova via sulla parete sud della Marmolada, caratterizzata da difficoltà elevate, continuità tecnica e roccia di qualità sorprendente.

Il percorso ha preso forma già all’inizio della stagione 2019, quando Nicolò e Mirco, introdotti dall’amico comune Mauro Zannoni, guida alpina di Cortina, avevano programmato di ripetere un itinerario esistente. Le condizioni delle pareti, bagnate, li avevano però costretti a cercare alternative: Nicolò ricordava una linea che aveva osservato l’anno precedente durante una salita su Excalibur (via aperta nel 1993 da Maurizio Giordani, 7a+ max), una colata grigia di roccia compatta e priva di linee con circa 100 metri di roccia asciutta a disposizione, i due decisero di tentare l’apertura completando due tiri. Più tardi nello stesso anno, Nicolò e Mirco tornarono per portare la via fino alla cengia mediana, punto in cui terminano la maggior parte delle vie presenti sulla parete sud della Marmolada, poiché oltre le difficoltà si abbassano e si perde l’interesse alpinistico. I due però rifletterono a lungo sull’idea di proseguire verso la parte alta.

Nei successivi anni, la voglia di completare la parte alta della via rimase viva. Dopo aver osservato nuove aperture vicine, come Ultimo Tango di Much Mayr in onore diHansjörg Auer, i due alpinisti hanno iniziato a progettare la prosecuzione della loro linea sulla parte sinistra del pilastro superiore, un settore fino ad allora rimasto in ombra e poco esplorato.

L’opera è stata portata a termine all’inizio dell’estate 2025, in cinque giornate di arrampicata. Tutti i tiri sono stati liberati, rivelando una roccia di qualità eccezionale, contrariamente alle previsioni iniziali basate sulle osservazioni di vie vicine. Chiaroveggenza è una via alpinistica e indipendente, con solo qualche spit alle soste e in totale tre di progressione, per uno sviluppo complessivo di quasi mille metri. Presenta sedici tiri sopra l’VIII grado, con punte fino al IX+, difficoltà obbligate di VIII+/IX- e alcuni tratti più facili in prossimità della cengia.

Il nome della via
Il nome della via, Chiaroveggenza, nacque da un episodio particolare: la sera prima di aprire un tiro decisivo, Nicolò fece un sogno in cui vedeva Mirco collegare buchi lontani su una placca liscia, mentre lui, più basso, non riusciva a seguirlo. Il giorno successivo si trovarono davanti esattamente quella parete con quelle condizioni, e il sogno sembrò diventare realtà.

Nicolò Geremia (a sinistra) e Mirko Grasso

“Tornammo a valle increduli, e raccontando la storia a Giorgio, il pizzaiolo di Caprile, fu lui a dire: ‘Beh, allora si chiamerà Chiaroveggenza’. Non potevamo scegliere nome più adatto: tutto di quella via sembrava già scritto, solo che non lo sapevamo ancora”. Commenta Nicolò Geremia: “Il progetto segna una pietra miliare nell’alpinismo contemporaneo della Marmolada, celebrando non solo l’abilità tecnica, ma anche la perseveranza e la creatività di due giovani alpinisti che hanno trasformato una salita in un’opera di grande valore”.
“È un progetto che ci ha tenuti impegnati per anni, tra meteo, infortuni e tentativi rimandati. Vederlo finalmente completo fa un certo effetto. La linea è alpinistica e indipendente, con solo qualche spit alle soste e pochissimi di progressione: l’essenza è tutta nell’arrampicata. Sono sedici tiri sopra l’VIII, con punte fino al IX+, su una roccia stupenda, continua, mai banale. Forse una delle vie più impegnative della parete, ma anche una delle più belle che abbia mai salito” è il commento di Mirco Grasso.

Chiaroveggenza ultima modifica: 2025-11-09T05:41:00+01:00 da GognaBlog

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13 pensieri su “Chiaroveggenza”

  1.  le difficoltà si abbassano e si perde l’interesse alpinistico
    Detta cosí sembra che si possa parlare di alpinismo sopra un certo grado, cosa poco giusta ed estremamente snob

  2. Alberto, il motivo per cui ho utilizzato il termine “attività sportiva” in relazione all’apertura di questa via e non “alpinismo” deriva dalla mia convinzione che oggi le due attività non possono considerarsi separatamente, almeno in Dolomiti e soprattutto in casi come questo. Quando ti alleni 6 giorni su 7 e scali sull’8c, praticando uno sport a tutti gli effetti, per poi trasferire i risultati di questi allenamenti sportivi sulle grandi pareti, dove puoi muoverti con grandi margini anche su gradi apparentemente alti (l’VIII è un “banale” 7a, i falesisti si scaldano come primo tiro come minimo sul 7c) utilizzando spit sulle soste e (sebbene raramente) anche dove non sei in grado di passare, non stai praticando alpinismo ma un’attività ibrida dove la percentuale di attività sportiva prevale sull’altra. Non che sia contrario a questo modo di procedere in parete, anzi, si tratta solo di comprenderci sulla terminologia. 

  3. È vero anche per me l alpinismo è agli antipodi dello sport ,l assenza o quasi di regole e arbitrii lo rende molto unicum e border line nelle umane cose e per questo non divine. Se viene spontaneo affiancarlo all andar per mari si vedono subito tutte le diffinita’ ,prima su tutte le regole che regolano la navigazione.
    Ma è proprio questo essere differente che per molti appare poco intrigante e fa di tutto per renderlo omologabile e confinato “dentro ” ,tecniche e comportamenti standard (leggi trapano).
    6 ore ,6 giorni ,6 anni ,o 60 cosa cambia? Chi un tempo si fucinava i chiodi sorriderebbe ai nostri attuali problemi etici sull uso degli ultimi ritrovati,certo avrebbe da ridire (forse) sul numero usato degli stessi e nella meccanica del foro….chissà!? 
    Per agganciarsi all altro articolo sulle linee guida e i suoi dogmi ;per non incorrere in individui che scavalchino le regole non scritte e leggende (non più viventi) che si rende necessario e consigliabile almeno normare e tenere dentro i margini della tradizione, non per onore al vecchiume ma anzi!lasciare il PIU’ possibile ai futuri giovani amanti delle crode il neutro.
    P.s.avercene di chiaoroveggenze come queste!

  4. Nello sport, posso chiedere la sostituzione oppure il timeout, oppure il rietro ai box per cambiare le gomme da asciutto a bagnato o viceversa. Lo sport di solito ha delle regole codificate fatte rispettare da un arbitro. In alpinismo c’e’ un arbitro? Lo sport ha sicuramente dei principi educativi e sociali. L’alpinismo anche ?

  5. Benassi al #7:

    per me, vecchio, l’alpinismo non è sport

    Annosa, irrisolta e irrisolvibile questione.
    Posso dire che dipende da cosa si intende per “sport”?

  6. È un po’ come l’amore e il sesso…..si può fare l’amore mentre si fa sesso oppure si può fare sesso senza fare l’amore….. è tutto nella nostra testa…..

  7. Sicuramente io sono vecchio, visto che ho 65 anni. Però posso dire che per me, vecchio, l’alpinismo non è sport?
    Si mi sento in diritto di poterlo dire.

  8. Molto tempo fa un tipo scrisse una favola che parlava di uva ….chissà se stava pensando a voi Rat-Man e Marcello ????? 

  9. Mah, affermare che

    “questa impresa getta una luce fredda sui possibili sviluppi dell’alpinismo nel nostro paese: la sua fine.”

    significa essere stati lontano dal mondo dell’arrampicata in montagna da almeno 30 anni.  E credo che nemmeno gli apritori abbiano la pretesa di essere un faro sul futuro dell’arrampicata, questi idealizzazioni di un’attività sportiva, per quanto avventurosa, appartengono ai vecchi di spirito (puoi avere anche 30 anni, ratto, ma sei vecchio dentro) non ai giovani che se ne sbattono e praticano il loro alpinismo, quello dei loro tempi. 

  10. Credo che oggi fare realizzazioni del genere su una parete come questa, richieda metodo pianificazione e classe. Combinazioni queste che per collimare hanno bisogno di un tempo di elaborazione unitamente al sentirsi all’ altezza della posta in gioco. Credo che il peso alpinistico di una salita del genere non risieda tanto nel tempo impiegato nel realizzarla quanto nello stile e nello sviluppo dell’idea. Nessuno meglio che un ripetitore potrà darne il giusto valore. Personalmente per quanto ininfluenti sento di dover fare i complimenti a questi ragazzi.

  11. Be’, ragazzi, chapeau agli apritori. Le vie aperte da me sono impallidite di colpo. E via, riconosciamo il merito quando c’è! 

  12. Un po’ mi sento di dare ragione all’uomo topo. Senza nulla togliere all’enorme bravura tecnica dei due apritori, sembra che vie aperte così, cioè in più riprese, siano ben distanti dai propositi avventurosi di un alpinismo che forse non interessa più chi mastica “gradi alti”. Non voglio sminuire l’avventura che sicuramente si trova tra una protezione e l’altra nonché nella ricerca del salibile su lavagne di difficilissima interpretazione, ma proprio nell’andare e venire dalla parete, anche per validi motivi,  sta la lontananza con l’alpinismo. Sicuramente una grande prestazione arrampicatoria ma alpinistica anche meno, sempre che il pizzaiolo di Caprile sia d’accordo. 

  13. Contronarrazioni.
    Questa salita potrebbe essere considerata alpinistica se gli apritori avessero trascorso i sei anni in parete: così si profila più come una sorta di falesismo ostinato, una verticalizzazione del monotiro di contro all’orizzontalizzazione della falesia tradizionale.
    Senza nulla togliere ai meriti arrampicatri dei salitori, questa impresa getta una luce fredda sui possibili sviluppi dell’alpinismo nel nostro paese: la sua fine.
    Frattaglie poteva essere il nome di questa via.

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