Ciao Nico!

E ricordati, io ci sarò. Ci sarò su nell’aria. Allora ogni tanto, se mi vuoi parlare, mettiti da una parte, chiudi gli occhi e cercami. Ci si parla. Ma non nel linguaggio delle parole. Nel silenzio (TizianoTerzani)”.
Cronaca della scomparsa, della ricerca e del ritrovamento di Nico Ivaldo: che, subito dopo, Alessandro Grillo ricorda cercando di trasformare l’immenso dolore in qualcosa di sopportabile.

Ciao Nico!
Settembre e ottobre 2024
Il primo organo d’informazione a darne notizie è la pagina di Cuneo de lastampa.it, alle 13.25 del 17 settembre 2024.
A firma di Devis Rosso veniamo informati che “sono tuttora senza esito le ricerche di Nicola Ivaldo, il medico chirurgo di 64 anni (in seguito da altre fonti emergerà un’età di 66 anni perché “nato nel dicembre 1957”, NdR) di Loano disperso da sabato scorso nell’area del Monviso. L’allarme è scattato nel primo pomeriggio del 16 settembre, quando non si è presentato al lavoro pur avendo in agenda alcune visite.

Nico Ivaldo su Oro puro, Rocca di Perti, Finale Ligure

Il Soccorso Alpino e Speleologico Piemontese ha iniziato le complesse operazioni di ricerca nel pomeriggio del 16 settembre. Vi sono impegnati una ventina di tecnici del Soccorso Alpino, assieme a due Unità Cinofile Molecolari. Oltre a questi è operativo il Soccorso Alpino della Guardia di Finanza con un proprio elicottero dotato di tecnologia Imsi Catcher, capace di rilevare la presenza di un telefono cellulare al suolo. Alle operazioni di ricerca prendono parte anche i carabinieri e i vigili del fuoco.
Il maltempo e le nuvole in quota ostacolano però le ricerche dalla tarda mattinata.

Nico Ivaldo sul passo chiave di O Palliano, Rocca di Perti, Finale Ligure

Non è per nulla chiaro dove concentrare le ricerche, data la vastità del Vallone di Vallanta e le numerose possibilità di salita al Monviso 3841 m, il famoso Re di Pietra. Ivaldo, dopo aver lasciato la mattina del sabato 14 la propria auto posteggiata a Castello (alta Val Varaita), nei pressi della diga di Pontechianale, è partito alla volta del Vallone di Vallanta senza lasciare alcuna indicazione su un suo possibile percorso o una possibile meta che intendesse raggiungere. Senza quel genere d’informazioni utili non si ritiene di avviare le ricerche durante la notte e giustamente si preferisce concentrare gli sforzi dall’alba del 17 settembre per scandagliare le zone più in quota. Si sa solo che l’area interessata è il versante ovest della montagna, dove è stata rilevata da un ripetitore di Pinerolo l’ultima localizzazione del telefono cellulare (a una quota di circa 3300 m). E non si discute che Ivaldo sia alpinista esperto, allenato, praticante e abituato a salire da solo.

Nico Ivaldo

Sempre a firma di Devis Rosso e sempre su lastampa.it/cuneo, il 18 settembre, ore 9.32, c’è qualche approfondimento, pur nella sostanziale situazione inalterata.

Grazie all’intervento del nostro lettore Fabio Bertoncelli abbiamo dati certi (curriculum professionale firmato dallo stesso Ivaldo) che Nicola era nato a Calizzano (SV) il 2 dicembre 1959. Si era laureato in medicina e chirurgia all’Università di Genova, poi specializzato in ortopedia presso l’Università di Ancona nel 1992.
Ha condotto come primo operatore oltre ad altri, almeno 8mila interventi di chirurgia maggiore concentrati esclusivamente sul trattamento delle patologie della spalla e del gomito finalizzato alla risoluzione del dolore e alla restituzione della mobilità e della funzionalità articolare. Diventa un vero e proprio luminare della chirurgia ortopedica.
Ha lavorato all’ospedale Santa Corona di Pietra Ligure e dal 2019 è stato responsabile dell’Unità Chirurgia della spalla e del gomito alla casa di cura Habilita Villa Igea di Acqui terme. Ha esercitato la sua attività chirurgica convenzionata con SSN ma anche in regime privato presso Villa Montallegro e Villa Serena di Genova.
E’ stato professore universitario a Genova, responsabile dell’Unità di chirurgia della spalla alla casa di cura Humanitas San Pio X di Milano. Ha partecipato negli anni alla formazione di giovani colleghi in questo specifico settore.

Nico Ivaldo e Alessandro Grillo osservano e assicurano Patrick Berhault su Ombre blu, Rocca di Perti

Il 17 settembre le squadre di soccorso hanno scandagliato l’area sul versante occidentale del Monviso, finché le condizioni meteo l’hanno permesso, ma di Ivaldo nessuna traccia. Del resto l’area di ricerca è davvero vasta, perché comprende l’immenso Vallone delle Forciolline, il versante meridionale del Visolotto, l’intero e gigantesco versante ovest del Monviso, e perfino il versante nord della montagna, perché dal Vallone di Vallanta vi si può accedere grazie al passaggio del Colle Sud delle Cadreghe 3131 m.

Nico Ivaldo in apertura di Ombre blu a Rocca di Perti

Al mattino sono stati effettuati due sorvoli della zona con elicotteri, uno dei quali quello della Finanza equipaggiato col rilevatore di apparecchi telefonici. Ma l’esito è stato negativo. Si è così deciso il trasporto in quota di alcune squadre, che hanno perlustrato diverse aree, anche qui senza esito. Poi la decisione, date le condizione meteo, di sospendere le ricerche.

Nico Ivaldo

Iniziano ad essere riportati i primi commenti su Ivaldo:
«Lo conosco bene e lo apprezzo come medico e come persona – dice il sindaco di Albenga, anch’egli medico, Riccardo Tomatisha sempre amato l’attività fisica e tenersi in forma: recentemente ci è capitato di pedalare insieme».

Dal 19 settembre una precipitazione nevosa al di sopra dei 2200 m, di almeno 40 cm di neve fresca al di sopra dei 2500 m, rende la ricerca impossibile. In assenza di ulteriori notizie, l’argomento è ripreso solo il 25 settembre, ma non si va oltre al riassunto della vicenda.

Nico Ivaldo

Un mese dopo, il 14 ottobre, appare la correzione a 66 anni dell’età di Ivaldo ma ci sono ulteriori informazioni. Ivaldo quel 14 settembre aveva usato un’auto di cortesia (non la sua, che era in carrozzeria per una riparazione). C’è la conferma che l’alpinista non aveva segnalato a nessun famigliare, collaboratore o amico la meta della sua uscita. Quando la macchina dei soccorsi è stata avviata era scattata una corsa contro il tempo che aveva portato ad individuare l’auto solamente a metà pomeriggio.

Nico Ivaldo

Dopo lo stop del 19 settembre con la prima nevicata autunnale, con il miglioramento del tempo dei giorni successivi, sono stati effettuati alcuni sorvoli in elicottero, ma la presenza della neve e l’assenza di una zona precisa in cui concentrare le ricerche ha impedito di ottenere risultati.

Il meteo non ha aiutato nemmeno nelle settimane successive, con almeno altre due perturbazioni che hanno portato ulteriore neve ad altitudini elevate: Soccorso Alpino e carabinieri non hanno potuto far altro che sospendere le ricerche.

Sembrano peraltro da scartare altre ipotesi, quali un possibile suicidio nel lago, o un allontanamento volontario. La necessaria conclusione: sono praticamente nulle le probabilità di ripartire con le ricerche prima del ritorno della bella stagione.

Nico Ivaldo e il Monviso

Il ritrovamento
Il 29 luglio 2025 c’è la comunicazione ufficiale della ripresa delle ricerche, questa volta si attiva perfino rainews.it. Massimiliano Rambaldi su lastampa.it/savona ci informa alle 8.56 che su richiesta della Prefettura di Cuneo, è stato costituito un coordinamento interforze con Soccorso Alpino della Guardia di Finanza e Vigili del Fuoco per ritrovare Nicola Ivaldo. Nei giorni precedenti i responsabili dei tre corpi avevano pianificato le attività da un punto di vista organizzativo e logistico per rendere l’operazione più efficiente ed efficace. Il Soccorso Alpino e Speleologico Piemontese partecipa con 2 dronisti specializzati nel volo in montagna e personale a terra specializzato nella gestione delle ricerche dispersi e nella movimentazione su ogni tipologia di terreno impervio. Le operazioni proseguiranno anche nelle giornate di mercoledì 30 e giovedì 31 luglio 2025.

Nella giornata del 31 luglio sono tutti i quotidiani online a dare la notizia del ritrovamento. Repubblica.it è la prima, alle 10.47. All’inizio la notizia viene diffusa con una certa cautela: “I resti ritrovati in mattinata grazie all’uso di droni e a un apposito software in dotazione al soccorso alpino sembrano essere i suoi: erano in un canale a 3150 metri di quota. La posizione del ritrovamento è infatti coerente con le indicazioni fornite dalle celle telefoniche del suo cellulare”.

Nico Ivaldo sulla parte superiore della via Gianni Pajer al Bric Pianarella, Finale Ligure

I due piloti di drone del Soccorso Alpino e Speleologico Piemontese si sono occupati di scandagliare i versanti ovest e nord del Monviso ipotizzando che l’uomo stesse percorrendo la cresta nord-nord-ovest. Ciascun pilota, con il supporto di un tecnico esperto del territorio, ha sorvolato le aree più plausibili lungo il fianco della montagna, infilandosi nei canali, costeggiando da vicino le pareti e, soprattutto, registrando fotografie e video in alta risoluzione del terreno.

Al rientro a valle erano stati coperti 183 ettari di montagna e realizzati 2600 fotogrammi che sono stati caricati sull’apposito software, in dotazione al Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico, che ha elaborato i dati indicando tre possibili target da verificare, grazie all’analisi dei singoli pixel di ciascuna immagine.

Da sinistra, Mauro Oddone, Alessandro Grillo, Francesca Montecroci (nipote di Grillo, semi-nascosta), Nico Ivaldo, Guido Grappiolo e Alessandro Nebiolo.

Il 30 luglio le condizioni meteo hanno impedito qualsiasi operazione finché, il mattino del 31, i piloti di drone sono tornati al Pian del Re per verificare i punti sospetti. Quello che appariva prioritario (per via di un casco rosso visibile) si trovava sulla parete nord del Monviso dove è stato mandato il velivolo che è riuscito ad avvicinarsi alle rocce e, infilandosi all’interno del Canale Perotti, ha individuato le spoglie. Si trovavano a una quota di 3150 metri circa, nel canale più a destra dei tre che solcano la parete nord del Monviso al di sopra del ghiacciaio pensile.

Nico Ivaldo con i maglione dei Purchin

Nella stessa mattinata è decollato l’elicottero dei Vigili del Fuoco che ha imbarcato anche personale del Soccorso Alpino e Speleologico Piemontese e del Soccorso Alpino della Guardia di Finanza per il recupero e le operazioni di Polizia Giudiziaria.

È stata effettuata lunedì 4 agosto l’autopsia del corpo di Nicola Ivaldo. Le sue spoglie sono state poi trasferite al tempio crematorio. 

Da sinistra, Nico Ivaldo, Alessandro Grillo, Guido Grappiolo, Mauro Oddone e Michele Fanni

Il percorso di Nico Ivaldo sul Monviso
La parete nord del Monviso 3841 m, alta 1200 metri, presenta circa a due quinti di altezza un ampio nevaio che una volta era un vero e proprio ghiacciaio pensile. Da questo nevaio si dipartono verso la vetta ben tre incassati canaloni. Quello di sinistra (Canalone Coolidge) è il più diretto alla vetta ed è percorso dalla classica via della parete nord, la cui prima ascensione risale al 28 luglio 1881 e fu merito di William Auguste Brevoort Coolidge con le sue guide Christian e Ulrich Almer: itinerario in seguito spesso ripetuto e oggi anche classica discesa di sci estremo.
Quello di centro è il Canale Centrale, percorso la prima volta da Ernesto Bano, Angelo Boero e Germano Coccolino il 25 luglio 1957. Infine, quello di destra, è il Canale Perotti, che la guida del CAI di Michelangelo Bruno definisce “via di ghiaccio molto interessante”. Fu percorso la prima volta dal francese Englunet (non meglio identificato) con la guida Quintino Perotti il 26 agosto 1936. Già in quell’occasione i primi salitori salirono il canale raggiungendo il ghiacciaio pensile non dalla base della parete, vale a dire percorrendo la prima sezione del Canalone Coolidge, bensì dal Colle Sud delle Cadreghe, facilmente raggiungibile dal Vallone di Vallanta.

Da sinistra, Mauro Oddone, Guido Grappiolo e Nico Ivaldo alla base della parete nord della Tour Ronde

E’ fortemente probabile che Nico Ivaldo, negli ultimi tempi assai interessato ai canaloni di neve e ghiaccio, abbia voluto percorrere proprio il Canale Perotti per raggiungere alla sua fine la cresta nord-nord-ovest (dove questa diventa nevosa e pianeggiante prima di raddrizzarsi ancora per gli ultimi circa 400 m) e per essa arrivare poi alla vetta. La caduta può essere avvenuta o dalla parte alta del canale, visto che il corpo è stato ritrovato praticamente sul ghiacciaio pensile, oppure dalla parte alta della cresta nord-nord-ovest, non molto distante dall’inizio in alto del Canale Perotti. Assai meno probabile che Ivaldo abbia risalito, dal Colle Sud delle Cadreghe, la cresta nord-nord-ovest diretta: questo itinerario, seguito per la prima volta da Ernesto Bano, Michele Riva e Stefano Pons il 31 luglio 1955 offre infatti difficoltà su roccia che a Nico Ivaldo, abituato a ben altri livelli, non potevano interessare più di tanto. Meglio l’estetico Canale Perotti. Ma naturalmente questa è soltanto un’ipotesi.

Relazione originale della via Gianni Pajer al Bric Pianarella
Nico Ivaldo sulla via Machetto a Monte Cucco, 15 dicembre 1979

Ciò che ha scritto di sé
Della sua mission ha scritto (18 maggio 2023): “Se mi si chiedesse quale aspetto del mio lavoro considero il più difficile ed affascinante, non avrei dubbi nel fornire la risposta: il dialogo con il paziente. Nella maggior parte dei casi che tratto l’indicazione chirurgica viene posta dopo uno o due colloqui, per cui è necessario sviluppare una ‘chiarezza sintetica’, in modo da fornire informazioni quanto più possibile semplici ed esaustive sulle finalità e la tipologia dell’intervento, il percorso riabilitativo, le possibili complicanze.
Mentre le tecniche chirurgiche di base si possono padroneggiare dopo qualche decina o centinaio di interventi, una comunicazione efficace è un processo in continua evoluzione. Quel che mi interessa perfezionare non è tanto la spiegazione ricca di dettagli ma quella che permette la comprensione dei passaggi cruciali
”.

Ancora, sulla sua pagina fb:
“La sfida consiste nell’adattare il linguaggio al paziente che si ha di fronte, sia esso un collega, qualcuno completamente digiuno della materia, un adolescente o un grande anziano”.

“Ogni paziente ed ogni storia ha importanza per il chirurgo. Il ruolo del chirurgo è fondamentale per definire una cura personalizzata del paziente”.

La tendenza del non addetto ai lavori è quella di pensare che la parte complessa del lavoro del chirurgo consista nell’intervento stesso. In realtà, ad eccezione di casi particolari, la nostra è una chirurgia piuttosto routinaria, se vogliamo anche ripetitiva. Quella che non è mai scontata è l’indicazione che lo specialista dà al paziente, che deve soddisfare almeno tre requisiti: se operare, con quale tecnica e con quale tempistica.

Questa è una delle parti più belle e sofisticate del nostro lavoro: forse un giorno i robot saranno in grado di eseguire gli interventi da soli, ma non credo esisterà mai un software in cui si inseriranno i dati del paziente (età, tipo di lesione, professione, ecc.) e questo darà tutte le risposte ai tre quesiti. E se anche questo avvenisse, il software dovrebbe anche tener conto della personalità del paziente e delle sue legittime preoccupazioni.

In questo senso il nostro lavoro richiede le competenze dell’artigiano e talvolta quelle, ad esempio, dell’avvocato, che non condurrà mai una causa in maniera identica per due clienti accusati di una stessa fattispecie di reato“.

I commenti
Il 1° agosto i primi commenti. Riportiamo, dagli innumerevoli commenti in rete:
«Poter restituire ai famigliari un corpo su cui piangere forse non li porterà alla pace, ma darà loro un motivo per ripartire». Daniele Fontana è il vicepresidente vicario del Soccorso alpino e speleologico piemontese che ha coordinato le ricerche. Fontana, oltre che dai capi stazione di zona, era affiancato dal delegato di Saluzzo, Luca Astegiano.

«Un grandissimo lavoro da parte di tutti e tre i corpi, c’è tanta soddisfazione – osserva quest’ultimo – Non si aveva la certezza di dove potesse trovarsi il disperso, ma grazie a un dettagliato piano operativo ci siamo riusciti». Riferendosi alla fondamentale tecnologia dei droni in dotazione: «A bordo, un software sfrutta l’intelligenza artificiale per il riconoscimento dei colori. Poi vengono individuate le zone e si “passano” le foto, una ad una, per definire quelle meritevoli di attenzione e quelle da scartare. Senza il software, ad occhio nudo, sarebbe stato quasi impossibile riconoscere il colore rosso del caschetto della vittima».

«Siamo agli inizi: – conclude – in futuro la tecnologia farà passi da gigante, ma l’elemento “umano” resta fondamentale, dalle squadre a terra alle unità cinofile, agli elicotteristi. Abbiamo droni e telecamere termiche per le ricerche di notte e d’inverno, ma il merito va sempre ai piloti, bravissimi e preparati. Sono le persone a fare la differenza».

VVF di Cuneo, Elicotteristi VVF Torino, SAGAF e CNSAS nel piazzale di Pontechianale, la mattina del ritrovamento e recupero del corpo di Nico Ivaldo sul Monviso.

Video dal drone che ha individuato il corpo:
https://www.lastampa.it/cuneo/2025/07/31/video/le_immagini_del_drone_che_trovato_il_corpo_di_nicola_ivaldo-15253968

Nico… prima compagno di arrampicata nell’epoca d’oro della scoperta delle pareti del Finale, negli anni ’70-80… poi Collega ortopedico con un rapporto professionale continuativo basato su una reciproca fiducia… Forse avremmo potuto ritornare in montagna insieme… Mi mancherai… (Mauro Oddone, sulla pagina fb di Alessandro Grillo)”.

Lo abbiamo sentito ripetere mille volte dal Dottor Ivaldo: ‘L’intervento è un concerto: il chirurgo è il direttore, la sua équipe la sua orchestra’.
L’équipe del Dott. Ivaldo continuerà a portare avanti l’attività del Dottore con professionalità, competenza e attenzione al paziente
(l’équipe del Dott. Ivaldo, 26 settembre 2024)”.

Un drone e il Monviso, versanti est e nord. Sulla destra, ben visibile, è la striscia di neve del Canale Perotti.

Nessun accenno pubblico alla vita privata di Nico Ivaldo. Una discrezione pari a quella del protagonista di questa tragica storia. Ivaldo, da tempo aveva divorziato dalla prima moglie per trasferirsi ad Acqui Terme con la nuova compagna.
Ma negli ultimi tempi era tornato a vivere ed esercitare in Liguria: ed era solo, sia in montagna che nella vita.

La parte iniziale del Canale Perotti che va a confluire nel ben visibile “ghiacciaio pensile”. Il corpo di Ivaldo è stato rinvenuto alla base del Canale, nella neve del ghiacciaio pensile.

Nicco
di Alessandro Grillo

Giovedì 31 luglio 2025, come al solito, mi alzo presto, mi prendo un caffè e nel mentre do un’occhiata a fb; lo so che è una bruttissima abitudine, soprattutto per i vecchietti, ma permette di avere qualche notizia in anteprima.

Mi capita sotto gli occhi un video di un gruppo di ragazzi, multietnici, che cantano sotto la direzione di una signora dai lunghi capelli scuri.

Incuriosito alzo il volume, e l’ambiente viene invaso dal canto melodioso, splendido e straziante del Signore delle Cime, la più bella corale di Bepi de Marzi, che aveva dedicato ad un suo caro amico deceduto in montagna.

Uniting Voices Chicago

Ad alta voce, sono solo, mi dico… “Ma che ci fanno questi a cantare ‘sta canzone?”. Sono gli Uniting Voices Chicago, bravissimi.

E’ una canzone che adoro, l’avrei voluta al mio eventuale funerale in caso di incidente. Avevo dato disposizioni in tal senso.

Posto allora il video sulla mia pagina fb.

Guido Grappiolo

Mentre mi frullano per la testa queste cose, suona il telefono, è mia figlia Giovanna che mi chiama dall’Ospedale. Mi spavento, e lei dice: ”Papà, hanno trovato il corpo di Nico! Non dirlo a nessuno, è una notizia da verificare, hai capito?”.

Annuisco mentre spengo il telefono, un brivido mi avvolge il corpo. Ecco il perché di quella canzone, penso.

Episodi analoghi erano avvenuti alla scomparsa di Gianni e Patrick (Calcagno e Berhault, NdR).

Nico era il dott. Nicola Ivaldo, sessantacinquenne ortopedico, grande atleta, preparatissimo su ogni terreno.

Che cosa sia successo quel 14 settembre del 2024, in quegli istanti, su quella cresta, non lo sapremo mai.

Guido Grappiolo

Ricordo che quando mi arrivò quella notizia, presi un pezzetto di carta e scrissi:
Dai, mica ci credo!”. Dicono che sei scomparso, dal 15 settembre, su quegli strani posti del versante ovest del Monviso. Il 14 eri già nella zona del rifugio Vallanta, ma lì non sei passato, sei andato più su, perché il tuo cellulare è stato agganciato, in alto, verso i 3300 m. Quel sabato faceva freddissimo, –12° al rifugio Bozano.
Ma che cosa ci sei andato a fare in quei postacci, con le rocce ricoperte di verglas?
Inutile chiederlo, tu eri fatto così, imprevedibile, testardo. Forte, preparatissimo, arrampicatore e alpinista bravissimo, incredibile
”.

Massimo Mesciulam e Nico Ivaldo (a destra)

Non volevo proprio crederci, d’altronde, in cuor mio, speravo in una cartolina da qualche luogo esotico!

Ti ho conosciuto che eri un ragazzino, uno speleologo che si stava appassionando all’arrampicata in quel di Finale. D’altronde abitavi lì, sotto quelle piccole Dolomiti che avevamo iniziato a scalare. Io mi ero buttato qualche anno prima, con il Guru Calcagninda e Torio (Gianni Calcagno e Vittorio Simonetti, NdR).

Con Guido Grappiolo, tuo fraterno amico e poi collega, compagno di roccia e merende a base di golosini, salsicciotti che bisognava ingoiare senza toccare il palato (?), mi hai avvicinato incuriosito, sei venuto a casa mia a Feglino ad annusare il pioniere.

Mauro Oddone sull’impressionante placca del penultimo tiro della via Gianni Pajer al Bric Pianarella

Ci siamo piaciuti. Due testardi cocciuti e risoluti. Abbiamo messo assieme i “purchin speleoalpinistici”. Quello “speleo” lo avevi voluto tu, a me non piaceva, ma tant’è.

Ti ho chiamato Nicco e ti sei incazzato, perché ti avevano da subito chiamato Nicola, che a te piaceva. Ma niente da fare, questa la vinsi io.

A quei tempi collaboravo con la San Marco per la realizzazione di nuove scarpette da arrampicata.

I prototipi delle San Marco li portavo sempre a testare sia a Guido che a Nicco. E si può ben vedere dalla foto del passaggio di “O palliano”.

La copertina del primo libro di Alessandro Grillo, Racconti in verticale

In genovese si dice “O pallianu”, ed era il nome di un purgante… ed allora quel breve tratto, ben poco protetto, era graduato 6b/6c.

Bella roba per quei tempi, febbraio 1982: il Palliano purgava veramente.

Un sabato sera arrivarono i due, che più o meno segretamente chiamavamo l’articolo “IL” per la loro evidente differenza di statura, ed espressero il parere sulle pedule.

Nicco aveva l’aria perplessa e a un certo punto sbottò: ”Non valgono un granché… e poi ora è uscito un modello favoloso ben superiore… si tratta delle One”.

Mauro Oddone nella prima ascensione della via Satori a Monte Cucco, Finale Ligure

Mi andò il sangue alla testa, dissi a Nicco che quella roba a punta tonda era un cesso, con una mescola che manco aderiva su una grattugia da formaggio, e via di seguito.

Nicco insisteva sulla sua tesi; così la ratella, il “violento bisticcio” in genovese, degenerò al punto che gli dissi: ”Ora fuori da casa mia, fuori da qui!!”.

D’altronde mi facevo un bel mazzo a lavorare su quelle scarpe, prove e controprove, radiografie nel mio laboratorio per vedere se il piede aderiva bene alla struttura, viaggi Genova – Caerano San Marco (TV) e ritorno… 10 h di auto andata e ritorno.

E lui si permetteva di dirmi che le miserevoli One erano meglio delle mie?!
Inaccettabile!

Mauro Oliva
Wolfgang Güllich su Aspettando il Sole, Monte Cucco

In tutta risposta, con aria disarmante, mi rispose: ”Io di qui non me ne vado, e poi dobbiamo mangiare, sento un buon profumino che viene dalla Franca (mia moglie), e dopo c’è un film imperdibile… The Blues Brothers”.

E così, come nulla fosse, avvenne. Oramai eravamo amicissimi e quel lungo periodo fu bellissimo.

Assieme aprimmo non tante vie, ma tutte di gran classe: nel gennaio 1980  Ombre Blu, nel marzo 1980 la Gianni Pajer, nel gennaio del 1982 le Mura di Anagoor, e infine pure O Palliano.

Gianni Calcagno sulla prima lunghezza di Superpanza, Bric Spaventaggi, Finale Ligure
Gianni Calcagno in apertura della via dei Calcagni al Bric Pianarella

Nicco elevò il grado dell’arrampicata libera rispetto ai “pionieri” e preparò il terreno per l’avvento di fuoriclasse come Andrea Gallo, Giovannino Massari e Patrick Berhault.

Fu un innovatore, una di quelle persone che si pongono in evidenza: e non parlarne non è onesto.

Chi non ricorda l’uscita dal diedro di Ombre Blu? In qualunque modo l’affronti, risulta sempre ostica.

E che dire della placca del penultimo tiro della Pajer? Sei metri di muro liscio, senza protezioni, con i piedi su piccole tacche e le mani appoggiate alla parete.
La difficoltà non è elevata, ma il vuoto sotto è impressionante!

Franco Piana in arrampicata sulla via Vaccari al Bric Pianarella

Un giorno, smise di arrampicare e si dedicò alla bike. Ovviamente a modo suo, grandi percorsi nel tempo più breve possibile. Poi smise anche quello e ricominciò ad arrampicare.

Come esordio scelse il canalone di ghiaccio della Nord del Monviso, il Coolidge. Poi non seppi più nulla, sino ad una sera che arrivò all’ora di cena a casa mia.

Disse che sarebbe ritornato, come ai bei tempi, ma fu l’ultima volta che lo vidi.

Mauro Oddone in apertura sulla via Gianni Pajer al Bric Pianarella

Mi scrisse su WhatsApp… ”Ciao Sandro… evoluzione!!! Mi sono comprato le scarpette, perché mio figlio Lorenzo, mi ha chiesto di insegnargli ad arrampicare. Ora devo trovare chi insegna a me (e giù una risata).
Ho notato che le scarpe sono progredite di anni luce, rispetto ad allora. Ci vediamo presto”. E poi:

Il 25 aprile ho salito, da solo, il Canalone di Lourousa (Gruppo dell’Argentera, Alpi Marittime, NdR), partendo da Terme di Valdieri con le ciaspole. Ramponi calzati a 500 m dal colletto. Discesa dalla stessa parte cercando di non dar fastidio a cinque ragazzi che scendevano con gli sci. Sabato prossimo ritorno con un amico. Ho comperato delle picche nuove, carbonio-titanio… roba sovietica (e giù una risata)”.

Ritratto di Alessandro Grillo alla fine del suo libro Racconti in verticale

Guido Grappiolo mi disse che Nicco gli aveva scritto, dicendo che aveva salito da solo il paretone del Gran Sasso per una via abbastanza difficile. Poi più nulla!

Nicco era un gran riparatore di spalle di alpinisti, come Guido Grappiolo, socio di vita e avventure, che è il Guru dell’anca. Ma di ciò so poco.

Sono decisamente affranto, mi hanno portato via un grandissimo amico.

Signore delle cime, questa non me la dovevi proprio fare, sono troppo vecchio per sopportare tali dispiaceri.

La notte di Coralie
di Alessandro Grillo

Nei primi anni ’80, le rocce del finalese non erano granché frequentate dagli arrampicatori, che erano soprattutto spaventati dalla difficoltà delle vie( così si diceva) e dalla scarsità delle protezioni.
Tutto ciò in parte era vero, ma soprattutto il tipo di roccia si presentava ostico.
Non era calcare, non era granito. Era biosparite. Sabbia di fondo marino a cemento calcitico. Bisognava saperla capire!

I fuoriclasse non mancavano, ma la massa andava altrove.
Per pubblicizzare quei siti, ai quali tenevano moltissimo, Vittorio Simonetti, Guido Grappiolo, Nico Ivaldo e Alessandro Grillo, i grandi capi dei Purchin (Associazione speleoalpinistica finalese) pensarono di organizzare un evento di proporzioni bibliche: un evento arrampicatorio notturno, con arrampicatori di eccezione: Patrick Berhault e Nicola Ivaldo, era la soluzione.
Nessuno al mondo, allora, aveva fatto una roba del genere.

Individuarono il luogo e la via: l’anfiteatro di Monte Cucco (Rocca Fenia per i locals) e il mostruoso Tetto di Coralie (nome della figlia di Patrick, appena nata, di cui Alessandro era padrino) che si trova a 80 m da terra alla destra della via Supervitt.

Un tetto quasi orizzontale, aggettante circa 8 m, formato da una successione di scaglie.
Grillo e Nico lo attrezzarono usando soprattutto chiodi a “U” ficcati tra le lastre. L’aspetto era orrido. Provarono a caricarli… tenevano.
Individuarono il giorno: 24 giugno 1982.
Grappiolo si interessò del proiettore di luce, che andò a procurarsi a… Piacenza.

Fecero grande pubblicità, con i mezzi di allora. Chiesero sponsorizzazioni a destra e manca, con nessun risultato. La Regione garantì loro la presenza dell’Assessore allo Sport, che effettivamente si recò a Finale, ma preferì una cena con gli albergatori.

La RAI garantì la presenza di una equipe, che ancorarono alla parete, dopo averla sfamata a casa di Grillo. Gli abitanti di Orco Feglino, Gianni Bonora in testa, diedero un grandissimo aiuto, tagliando la vegetazione sotto la parete. Verso le 22, Grillo, che faceva lo speaker, diede il via allo spettacolo.

Patrick e Nico salirono la parete danzando. Sotto, circa 1500 persone , naso all’insù, estasiate, applaudivano. Successo enorme! Ne parlarono TV e giornali.

I Purchin si sobbarcarono le spese, con l’aggiunta di una salata multa del Corpo Forestale perché la vegetazione era stata tagliata in un periodo dell’anno non consentito. Punito fu pure Gianni Bonora.

Però, grande fu la soddisfazione e… sic transit gloria mundi.

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Versione più lunga

Ciao Nico! ultima modifica: 2025-08-12T05:07:00+02:00 da GognaBlog

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16 pensieri su “Ciao Nico!”

  1. Mi ero rivolta a lui per un parere ed è stato molto gentile e rassicurante…ne conservo un buon ricordo…

  2. Grazie per avermi fatto scoprire un dottor Ivaldo inedito – almeno per me che lo conoscevo solo come l’ ortopedico che mi ha operato entrambe le spalle. Grande perdita.

  3. Ho conosciuto il dottor Ivaldo nei primi anni 2000 perché seguivo dei corsi di aggiornamento. Dovevo fare un intervento alla spalla di una certa importanza..Lui mi consigliò un suo collega di Torino (la mia città di provenienza) con il quale era molto amico e di cui si fidava . Scoprili che era vero,anzi verissimo..Prima di fare l’intervento il mio chirurgo volle ancora rassicurazioni in merito alle tecniche d’intervento che avrebbe seguito Nicola (così lo chiamava lui). Tutto andò benissimo. Tornai dal dottor Ivaldo e lui si ricordo’ del mio caso e ne parlammo in merito. Faccio la fisioterapista e avrei voluto avere un mentore come lui .Il suo approccio col paziente era di ascolto , di rispetto e di attenzione.. Non davanti nulla per scontato , non enfatizzavan e non “demoliva “,un problema ..Sapevi che l’avresti ritrovato per un consiglio, per un ‘opinione..Nel corso degli anni l’ho seguito nei suoi convegni..Era geniale , i  casi problematici lo attraevano..Mai un vanto , e la sua grandezza era proprio questo.! Il sentirsi normale  ma non era così, i fatti lo dimostravano .La sua scomparsa mi ha sconvolto. Ero al mare e proprio una paziente che doveva essere operata da lui ha dovuto cambiare chirurgo..Ho sempre sperato che la potessero trovare dottor Ivaldo. Acciaccato , ferito ma vivo.. Non è andata così.. Anche io amo molto la montagna, faccio solo  escursionismo..Sono del 1960, ci differenziavano pochi mesi.. Quando è stato annunciato il suo ritrovamento mi sono commossa(anche adesso) Voglio e ne sono sicura che ora ha raggiunto la vetta più Alta.. Arrivederci dottor Ivaldo..Averla conosciuta ed averla potuta ricordare è stato per me un grande regalo che mi ha fatto la Vita..

  4. Come sono belli gli umili…non lo conoscevo * ma dalla bella testimonianza nel ricordo di quanti ne scrivono traspare una continua strada di scelte di non clamori, di non apparire, parlare e scrivere poco…la grandezza è anche questo.
    *purtroppo.

  5. L’estate scorsa io e la mia compagna abbiamo conosciuto Nico sul Gran Sasso. Mentre scaliamo, lui ci raggiunge salendo una via di fianco, in solitaria, con solo le scarpette e il casco. Neanche il cellulare, altrimenti “non sarebbe una vera solitaria!” È la sua prima volta sul gran sasso, e non ha consultato alcuna relazione. Gli chiedo: ma se non trovavi la via di discesa, o era troppo difficile? E lui: se sono salito, posso disarrampicare!
    Durante la discesa condividiamo racconti e ricordi. Ci dice che aveva smesso di arrampicare perché “o eri veramente bravo, e allora diventava un mestiere, o era meglio fare altro!”, ma da poco aveva riscoperto questa passione.
    Ci siamo salutati con la promessa, purtroppo non concretizzata, di rivederci per scalare insieme.
    È stato un privilegio conoscerti anche se per così poco. 
    Ciao Nico!

  6. Tutti ne parlano bene, sia come medico sia come essere umano.
    Pace alla sua anima.

  7. Scalo a Finale dalla fine degli anni 80 e vengo a viverci nel 2014. Mi faccio male a una spalla, lesione del sovraspinato e i local mi dicono il migliore ortopedico per la spalla in Italia è il “finaleros” Nicola Ivaldo. Vado da lui per la prima visita, un po’ emozionato perché avevo letto che era stato un fuoriclasse da giovane. Lui è incuriosito da me per il fatto che sono una guida alpina e mi sono trasferito a Finale. Io sono incuriosito da lui ed onorato di essere visitato (e poi operato) da lui. Gli chiedo “Nico, perché non scrivi un libro sulla tua vita verticale”? Con un sorriso melanconico mi risponde “io non ho niente da raccontare“.

  8. Bella lì Enri!
     
    E voglio aggiungere (ce ne sarebbe a iosa) di quando ci allenavamo nel garage dei Bolla a Finalborgo con Nico Accame, Manuele Bolla, Andrea Gallo e Bolla tipografo ma non climber.
    Una sera dopo trazioni e sospensioni sulla reglette da 1.5 cm con tutti i pesi disponibili, ci umiliasti tutti.
    Allora ti attaccammo un Trotter Moto Guzzi che era lì ad arruginire e…
    Ti sei tirato su lo stesso. 

  9. Per me Nico era come un fratello maggiore e come tale mi portava in giro (correre o scalare)….quindi decideva lui dove è quando…il perché lo sapeva solo lui. Ricordo 2 momenti divertenti…. il primo mentre correvano, dopo una giornata al mare, sulla strada di San Giacomo. Dopo il primo avanti ed indietro dietro…10km dico:” Nico sono morta!” E lui…da quando i morti parlano? Se non parli e tieni le energie magari non muori…. 
    Un giorno mi dice andiamo a fare 4 o 5 tiri…gli dissi ovviamente di sì.
    Non aveva però specificato che uno era a cucco, uno a scimarco, uno a sordo e 2 a perti… con spostamenti ovviamente a piedi..
    Questo era Nico!

  10. Ciao Nico!!
    Siamo un po’ cresciuti insieme .. io un pochino più vecchio ( ‘54 )
    Con Te e Guido un giorno del ‘77 ( reduce da 10 settimane allo Stelvio dove lavoravo alla pari per diventare maestro di sci, mi invitaste ad arrampicare con Voi a monte cucco ( nel nostro finalese) io indossavo scarponi con vibram e Voi Superga da tennis bianche( sono meglio Enrico!!..)
    Incontrammo Gianni Calcagno , Alessandro Grillo, Vittorio Simonetti che avevano già salito una via …..
    Poi facemmo altre uscite sempre anche con Guido… Io intanto mi laureai in medicina e Iniziò la mia vita da ortopedico.., Un giorno volevo farti provare lo sci alpinismo.. in salita eri fortissimo, in discesa.. un po’ meno..
    Una notte abbiamo dormito in tenda al pian della regina per fare il Viso Mozzo il giorno successivo ma piovve a dirotto tutta la notte ed al mattino tornammo a casa…
    Una mattina ero di guardia al PS di Pietra Ligure quando arrivasti Tu , caduto da una parete del monte Cucco mentre arrampicavi solo nn , con una frattura esposta del femore… Ciao Enrico!! C…zz me le sono vista brutta.. non c’era nessuno .. mi sono trascinato sino alla strada di Feglino per cercare soccorso…
    Ti operammo qualche giorno dopo.,
    Poi Ti laureasti anche Tu ed iniziasti ad interessarti di ortopedia, prima anca poi spalla.. mi aiutasti anche nei primi miei interventi con tecnica artroscopica : io imparavo negli USA e Tu a Lione in Francia…
    Poi abbiamo fatto la nostra strada..
    Iniziammo negli anni 90 l’esperienza mountain bike ( io feci tre TransAlp) e spesso ci allenavamo insieme…
    Ultimamente mi dicesti: ho iniziato di nuovo Alpinismo… potremmo andare insieme qualche volta ma Senza Sci!!..
    Mi sei venuto a trovare nella malga di Valcona Sottana portandomi una fetta di torta verde acquistata per me a Pieve di Teco .. Abbiamo parlato tanto.. di tutto … sport , lavoro, dei nostri amici comuni…
    Ti invitai a portare con Te un GpS in caso di bisogno… perché già eri scivolato in giugno tornando dal monte Matto …
    Ci siamo salutati e ….
    Lunedì di settembre Olga ( La Olga ) mi ha chiamato dicendomi che non Ti eri presentato all ambulatorio e che nel
    pomeriggio avresti dovuto operare… se potevo avvisare i miei colleghi del CNSAS di Finale Ligure.. ma nessuna sapeva dove fossi andato…..
    Il resto lo conosciamo…
    Che dire … Come il Tuo amico Patrik la montagna Vi ha voluto con Lei…
    Mi mancherai molto
    Ti abbraccio forte forte:
    Fai bei sogni!!!
    Enrico

  11. Ciao Nico!
    Complimenti veri Alessandro!Una descrizione dei fatti ineccepibile e poimi hai fatto ripercorrere quasi quarant’anni di avventure finalesi. Grazie 

  12. La prima volta che incontrai Nico era il febbraio 2001, spalla sinistra dolorante per eccesso di carico… la comune radice arrampicatoria finalese ci fece diventare subito amici. Voglio qui ricordare un particolare che tanto dice di Nico ortopedico. Per i miei problemi alla spalla andai da due luminari francesi che mi erano stati consigliati dalla Destivelle che era stata operata un paio di volte. Alla visita, entrambi esordirono dicendo: “ ma tu cosa ci fai qui quando in Italia avete Nico Ivaldo?”. Tornai da Nico e gli riferii di quanto detto oltralpe e lui, con la consueta umiltà’, mi disse: “ hai fatto bene a sentirli, loro sono due luminari”
    Con Nico ci siamo rivisti varie volte successivamente, l’ultima a maggio 2024 quando mi disse che aveva ripreso a scalare con il figlio. Ci lasciammo con la promessa di organizzare una volta di andare a scalare insieme. Lo vidi in piena forma fisica, tirato a lucido come si conviene a chi non ha mai smesso di mettersi alla prova, in bici o in montagna che fosse. Di lui ricordo l’umiltà e i toni bassi, propri solo di chi e’ stato, sia nella passione che nella professione, un autentico fuoriclasse. Mi rimane la speranza spezzata di non aver potuto vivere con lui una giornata legati alla stessa corda, magari su qualcuna delle vie finalesi citate in questo articolo, di quelle che sono trent’anni che non le sali e quando torni scopri perche queste rocce si sono sedimentate nei nostri cuori. Il pensiero, inutile ma umano, che abbia fatto fino alla fine ciò di cui era appassionato rende, a chi rimane, non certo meno doloroso ma forse un po’ più quieto, il ricordo.
     
     

  13. Bello scorcio di vita finalese.
    Nicco (con due c lo chiamava Alessandro Grillo) mancherà a tutti quelli che l’hanno conosciuto. 
     
    Una sera degli anni ’80 in un salotto (molto) buono genovese raccontò che un pomeriggio stava facendosi una corsa sui sentieri che bordeggiano la parete nordovest di Monte Cucco.
    Nei pressi della via del Diedro Rosso quasi si inciampa su una coppia che stava amoreggiando.
    Riconosce i due e li saluta.
    Lui, cercando di coprire le sue nudità e dandosi un tono disse: be’, sarà capitato sicuramente anche a te…
    La risposta di Nico fu: no, scusami, ma a me non è mai capitato, riprendendo la corsa.
     

  14. dal balcone di casa vedo il Monviso che prende il sole del mattino….un pensiero era sempre per te… ora finalmente riposi in pace …. ciao Nico 

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