Tredici foto di ragazze che arrampicano. Ma sono solo le prime di (spero) una lunga serie.
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3. Sasha Digiulian. Foto: Chris Noble
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7. Stéphanie Bodet sul Grand Capucin
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13. Vanessa Compton su Lucid Dreaming, Boulder Canyon, Boulder Falls, Colorado
Climbing girls 01
ultima modifica: 2015-04-16T07:00:05+02:00
da
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Caro Alessandro,
quando ho visto la galleria sono rimasta un po’ attonita, non capivo se fosse una provocazione, una provocazione per far alzare la voce alle poche alpiniste in campo, o se fosse un “articolo” serio.
Se era la prima…aimè…obbiettivo non raggiunto, vedo che sono solo la seconda ragazza ad intervenire! (ma dove sono le altre? ci saranno?); tanti altri però si sono espressi, in maniera opportuna anche dal mio punto di vista di donna. Soprattutto ringrazio Corrado e Sergio.
Se l’intenzione era invece la seconda…si allontana la speranza che almeno nell’alpinismo la donna venga considerata (e voglia farsi considerare!) donna tutta intera, corpo e mente! Non è sul terreno alpinistico, e parlo da donna e alpinista, che voglio “dar piacere”. Qui in montagna, delle donne, vorrei leggere avventure! Vorrei il vero.
invece la società marcia in un’altra direzione…quella più comoda, quella che punta all’immagine e allo scalpore…ma dietro cosa c’è?
Come già espresso da altri, il tuo blog rimane punto di riferimento, e aspetto articoli sulla montagna più interessanti e succosi (anche al femminile)!
Un caro saluto! 🙂
Mariana (www.4810mdiblablabla.wordpress.com)
Ciao Alessandro.
Grazie per la risposta: avrei preferito non replicare con altri interventi per non divenire pedante, ma le tue domande circostanziate chiamano delle risposte. Brevi, per non annoiare chi ci legge. Premetto (non sarebbe necessario farlo, ma è meglio visto che ne fai cenno nella risposta) che sono mie opinioni personali, come tali potenzialmente cariche di errori e lecitamente non condivisibili.
Contenuti di qualità: no, non sono mancati, questo delle Climbing Girls è l’unico che, a mio parere, rompe questa preziosa tradizione. Questo non pregiudica la qualità del Blog, ma rimane un piccolo graffio su una superficie finora intatta. Tutto il resto è e rimane un riferimento per chi intende la Montagna come terreno d’avventura, di confronto con sé stessi, di arricchimento personale.
Avanzo solo ora le mie critiche: no, ero già intervenuto dove ho ritenuto di potere dare un contributo costruttivo con la mia opinione, ma ero sempre rimaste nel seminato dell’argomento, perchè era argomento di montagna. Qui mi sono permesso di criticare non i contenuti dell’argomento, ma l’argomento stesso. I motivi, che già ho riportato nel precedente intervento, li definisco meglio (spero) nel punto successivo.
Essere o Avere: no, con l’Avere non intendo il possedere (biblicamente…) la ragazza, eccitato dalla sua silouette disegnata dai pixel del monitor. Il senso è completamente stravolto. Provo a spiegarmi. Le immagini che proponi, lo dici tu stesso, sono dettate “dalla loro bravura e dalla loro bellezza”. Due quindi le discriminanti per apparire in questa collezione: essere abili ed essere belle. Due requisiti che, di conseguenza, escludono chi non li possiede, o ne possiede solo uno. Senza elencare le altre combinazioni, quella che più mi rattrista è la combinazione “abile ma brutta”. E qui torno alla mia domanda fondamentale: perchè in un blog di montagna la bellezza fisica deve divenire una discriminante? Come si concilia la passione per la montagna, che è quella che qui raduna la quasi totalità dei lettori, con la necessità di soddisfare determinati canoni estetici?
Noi comuni mortali, che mai finiremo su una rivista patinata, normalmente abbiamo le gambe storte, il naso grosso, magari pochi capelli; le nostre compagne mediamente hanno la pancetta o i fianchi generosi, magari il culo basso, o qualche peluria insistente sulle braccia. Perché siamo persone normali, siamo persone vere, e fai prima a cambiare soggetto che a fare ritocchi. Siamo persone vere Alessandro, accomunate da questo Mal di Montagna, come scriveva Camanni. I tuoi lettori non sono qui per vedere sfilare bellezze ammalianti, ma per conoscere, capire, discutere della Montagna. Non per adorare questi semidei, belli e portentosi.
Viviamo già in un mondo dove tutto ci obbliga ad apparire, pena sentirsi degli esclusi, degli inetti, dei predestinati. Non Essere, ma Avere: avere un bel corpo, avere fascino, avere appeal. E se sono doti che mancano, compensarle con feticci di ogni tipo: auto, vestiti, telefoni. Perchè rafforzare questa idea malsana anche sul tuo Blog?
Hai la mia stima Alessandro, diversamente non sarei qui a scriverti e me ne sarei già andato a dormire dopo la levataccia di oggi con gli occhi che ancora bruciano di sole e di neve. Vedi quindi la mia critica come un confronto costruttivo e non come una polemica gratuita. Non smetterò di linkare ad amici e conoscenti i post più interessanti che pubblichi. Ma le Climbing Girls (e Boys), quelle abbi pazienza ma le salterò a pié pari.
Grazie ancora per il tempo prezioso che mi hai dedicato
Corrado
Orbene, se ci fosse la stessa acuta discussione non solo questo argomento “frivolo”, ma anche su tutti i tanti argomenti forse più alpinisticamente in-topic che Alessandro propone in questo blog, saremmo “potentissimi & serenissimi”, ma invece ecco che ci scateniamo qui su sti argomenti “da bar”, un pò come nella vita “politica” in Italia, oggigiorno, per esempio, ci scanniamo sulle questioni dei “diritti civili”, mentre tacciamo & subiamo su altre devastazioni sociali di apparente maggior importanza “vitale”. Strano sto paese eh! Ma questo è forse un altro discorso…
Interalp, non è una svolta a 180 gradi questo articolo di Alessandro, che invece su questo blog parla a 360 gradi di quello che ruota intorno all’uomo e l’alpinismo, la montagna e l’ambiente sotto. Che poi sia una provocazione non saprei con certezza… forse si 😉 Ma lui pare affermare di no, ed io dico che qui siamo un suo interessante esperimento sociale 🙂
Personalmente e scherzosamente parlando … trovo sexy la donna quando suda ghiacciata… tipo questa ragazza:
https://www.thebmc.co.uk/Handlers/ArticleImageHandler.ashx?id=6561&index=0&w=605&h=434
http://www.renerobert.net/uploads/projects_images/_1024x768_crop_center-center/destivelle_002.jpg
Perversioni eh! 🙂 Il sexy di una donna è non solo il suo corpo, ma il suo sguardo sull’ambiente, sulla montagna, che spesso sorprende l’uomo per semplicità e lungimiranza… ma siamo tutti, maschi o femmine, imprigionati alla veloce negli stereotipi, . Ah già gli “stereotipi”! … di cui tutto l’alpinismo è totalmente stracolmo, come tutta la nostra vita… ma il nostro editore è qui proprio per farci ragionare sul fatto che le vie giuste sono probabilmente quelle “libere” (e per come la vedo io: fuori dagli stereotipi).
Ma guarda che dibattito interessante ne è uscito! E’ assai prezioso uno spazio, come è questo blog, riempito di opinioni, pareri divergenti
ma espressi con toni civili. Ed i cui contenuti sono intelligenti. Il tutto risulta stimolante.
Concordo con Alessandro che anche questa discussione sia un meccanismo più sofisticato di elaborazione rispetto alle semplici immagini. Seppur anch’io sia un veneratore e “fervente desideratore” del corpo femminile, riconosco anche le conseguenze di un approccio estetico di questo tipo. Per chi ne avesse voglia, consiglio di leggere quale effetto questo nostro approccio culturale ha, nella realtà, sul modo di pensare, agire, vedere delle donne: Calogero & Jost (2011). Self-Subjugation Among Women: Exposure to Sexist Ideology, Self-Objectification, and the Protective Function of the Need to Avoid Closure, Journal of personality and scialo psychology. Basta la lettura di introduzione e discussione generale.
Rispondo anche a Pier: concordo con te, il primo post è più pregno di valenza emotiva. Non è sempre facile scrivere “atarassicamente”. Ho poi cercato di chiarire un fraintendimento di termini. Ma la mia linea logica rimane e rimarrà sempre la stessa. Lo smorzamento dei toni, la smussatura, sono elementi che, personalmente, ritengo fondamentali in una discussione. Rimango comunque dell’idea che lo stereotipo sia una distorsione della realtà, come qualsiasi meccanismo ipersemplificante: nessuna morale. Riduce e plagia la complessità della realtà. Con il mio tentativo di far notare questo aspetto ho cercato di espandere, non ci censire. Ma comprendo come questa nota possa essere vista anche come censura: il punto di vista dell’editore e di molti lettori sembra negato.
Con questo continuerò a leggere il blog di Alessandro, perché lo ritengo una fondamentale fonte di ossigeno nell’ambiente editoriale della montagna. Posso non condividere alcune impostazioni, ma lo posso chiaramente dire, senza censura. E questo è magnifico. Posso leggere di libertà. E questo è salvifico.
Ma ora c’è ancora un po’ di luce, e quasi quasi “vago a rampegar”.
Sergio Agnoli
Caro Itineralp (a proposito, hai un nome?). Credo di capire che tu non apprezzi che contenuti di questo genere possano far parte del contesto Gognablog. Poi cerchi di spiegare questo tuo non apprezzamento dicendo che “l’autorevolezza di un editore si misura nella costanza di proporre contenuti di qualità, intesa come capacità di soddisfare le aspettative dei lettori”.
Allora: per i contenuti che ti soddisfano, hai da obiettare che negli ultimi tempi siano mancati “contenuti di qualità”? Se sì, dovresti almeno indicarmi altri post in cui ti è parso che questa “qualità” sia mancata. Se no, devo pensare che Climbing girls 01 sia il primo (e solo il primo) a essere in difetto. E’ sufficiente per affermare che il Gognablog non sia più di qualità? Mi sembrerebbe un giudizio eccessivamente severo.
Poi, riguardo alle aspettative dei lettori: sei sicuro di essere nel giusto dicendo che i lettori non gradiscano Climbing Girls 01?
Il problema è un altro e tu giustamente lo tratteggi quando dici: “La venerazione della bellezza del corpo, abbiate pazienza, non riesco a collocarla nelle tematiche che di solito seguo in questo blog. Ecco la buccia di banana di cui si parla”.
Non puoi pensare che un blog, aperto a tante persone, abbia sempre la tua weltanschaaung, non è un lavoro rivolto esclusivamente a te. Sono sicuro che non sempre i nostri post hanno incontrato il tuo gusto: quindi perché solo adesso avanzi la critica? Abbiamo superato il segno? Ebbene sì, a me il corpo è sempre piaciuto, specialmente quello femminile. E non ci vedo nulla di male. E fremo di piacere quando vedo tutta quella grazia scalare e fare difficoltà in arrampicata che io mi sogno e mi sono sempre sognato. Ammiro la loro bravura e la loro bellezza. Si può sapere che male c’è? Dove è la nota stonata? E’ in me che sono fatto così? Non credo. E’ nel corpo e negli occhi di quelle ragazze? Non credo. E’ nel contesto? Beh, si tratta sempre di arrampicata, non di sfilata di moda. Qualche foto è stata ritoccata? Perché, le altre foto con altri soggetti credi che non le ritocchino? Allora la nota stonata è in te? Non so, datti tu una risposta.
Sui pericoli di “fornire una realtà distorta” ho già risposto a Sergio. Sono d’accordo con te quando dici che in questa società c’è più voglia di avere che di essere, con la conseguente difficoltà a produrre anticorpi.
Io sono dell’opinione che un qualunque oggetto ci passi per le mani assume le colorazioni e i significati che, magari nostro malgrado, gli diamo.
“Omnia munda mundis” dicevano i latini ripresi dal manzoniano Fra Cristoforo (tutto è puro per i puri).
La foto della ragazza carina che arrampica provoca la voglia di avere e non di essere? Avere che cosa? Lei? Se fosse così sarebbe un problema grosso, perché allora, con questo criterio, guardando una foto che mi piace delle Tre Cime di Lavaredo sarei costretto a pensare che mi piace solo perché vorrei salirne le pareti difficili! E invece la foto mi piace perché quella composizione così classica E’ unica al mondo. Ed è per l’enorme rispetto che nutro per quelle ragazze che dico che ciascuna di loro E’ diversa dalle altre, unica, meravigliosa.
Nella navigazione, non è bravo lo skipper che va sempre diritto. A volte virare di 180° è d’obbligo, a volte bisogna scegliere. Non siamo all’esame d’italiano della maturità dove non devi andare fuori tema. Per questo è più difficile.
Forse nella nostra epoca siamo talmente bombardati da immagini e stimoli con richiami sessuali da esserne prevenuti e stanchi, rifiutandoli anche laddove non vi sia alcuna malizia nel mostrare la naturale carica sensuale del corpo se non quella di esaltarne la pura armonia. Per questo la mancanza di un pur minima didascalia nel post ha aperto le porte a diverse interpretazioni sul suo messaggio, chiarito solo a seguito dei commenti che ne sono scaturiti.
Però gli argomenti di Alessandro, che comprendo, non li condivido. Non per i contenuti, ma per il contesto: c’era davvero bisogno di un post così su un blog di montagna? Vero che lo spazio non manca, ma l’autorevolezza di un editore si misura nella costanza di proporre contenuti di qualità, intesa come capacità di soddisfare le aspettative dei lettori.
La venerazione della bellezza del corpo, abbiate pazienza, non riesco a collocarla nelle tematiche che di solito seguo in questo blog. Ecco la buccia di banana di cui si parla.
Ed oltre all’inciampo del “fuori tema”, rimango concorde col primo post di Sergio che pone l’attenzione sul pericolo di fornire una “realtà distorta”: il successo deriva anche (solo?) dalla bellezza, dalla forza della nostra immagine, dall’Avere più che dall’Essere? Messaggio tristemente penetrato nella nostra società e di cui fatichiamo sempre più a produrre anticorpi.
E’ sempre stato un blog anticonformista, questa volta ha virato di 180 gradi. Pazienza.
Alessandro la vita è piena di bucce di banana e questo lo sai meglio di me, visto che sei un pò più grandicello. Messner si vantava di non essere mai volato, poi nello scavalcare il muro di cinta di casa, perchè era rimasto chiuso fuori (un pò comica la cosa…) è caduto e si è rotto un piede.
A me non da noia di vedere la bellezza (sopratutto femminile) ma perchè mettere solo foto di belle arrampicatrici super fisicate? Sopratutto mettendo in particolare rilievo il loro aspetto fisico con foto poi fatte appositamente quindi perfette e magari ritoccate per togliere i difetti, della foto ma anche del fisico.
Si ci sono le Tre Cime di Lavaredo montagne bellissime , eleganti, slanciate. Ma ci sono anche montagne tozze e bruttocce. Il Burel non è una bella montagna ma è grande montagna dove si fa del grande alpinismo.
Belle foto, fortissime scalatrici e bellissime donne.
Dov’é il problema?
Forse qualcuno si lamenta quando Sharma o altri climbers di sesso maschile scalano a torso nudo in pieno inverno per far vedere i muscoletti? No. Nessuno si lamenta.
Suvvia, godiamoci l’estetica dei gesti e, perché no, delle figure femminili. Non c’é niente di male.
Climb more, post less.
Cari Pier, Alberto Benassi, Carlo Occhiena e Sergio.
Vi assicuro che, come dice Sergio, sono ben consapevole che stereotipi, raffigurazioni e anche archetipi siano potenti. Possono essere distruttivi come creativi, ed è proprio navigando tra queste due tendenze che ci si evolve.
Rimane il discorso dell'”approccio più strutturato”. In parte mi pare che stiamo ovviando con questa discussione. Ci sono, rispetto al mio post, dei meccanismi cognitivi (ma anche emozionali, sociali, motivazionali, ecc.) di certo più fini. Avremo modo di continuare, ma non tutto è possibile. Per esempio non potrei mai mettere, nelle gallerie future, Alison Hargreaves incinta che scala la Nord dell’Eiger oppure non so quanto reperibili siano foto in cui ci sia una ragazza in parete che fa cucina con il fornelletto, ecc. Che allattino lo do per impossibile…
Primizia: Climbing Girls continuerà (un’uscita al mese), ma comincerà anche Climbing Boys. Spero solo che il pavimento non sia lastricato di bucce di banana…
ciao sergio,
ho riletto il tuo post e in quest’ultimo mi sembra come s, dopo aver gettato il sasso, ritirassi la mano.
scrivi
“Queste immagini non rappresentano le ragazze in montagna. Sono il risultato di un edonismo applicato al genere femminile. Nell’ambito della nostra cultura, nulla da eccepire: il senso del bello (piacere) espresso attraverso le fotografie di belle ragazze che arrampicano ( o fanno finta di farlo). Se il senso era trasmettere questo, è azzeccato. Ma questo punto di vista è biassato dagli stereotipi di genere intrisi nella nostra cultura. E uno stereotipo è, per definizione, una distorsione della realtà. E una realtà distorta va a discapito di qualcuno. In questo caso del genere femminile, che deve aderire, conformarsi, apprezzare, limitarsi (tutto questo, ovviamente, non solamente a livello consapevole). E da qui il mio disappunto: vedere espressa, in uno spazio dedicato alla libertà, una limitazione alla potenzialità del genere femminile.”
e che cos’è questo se non un giudizio morale, una piccola (e competente) lezione di psicologia che ha il sapore vago di una censura?
tra le altre cose, questa nostra è una società anche edonistica, di immagine, di facciata: video ergo sum, disse il mio professore di sociologia molti anni fà.
qual’è la “realtà” distorta di cui parli qui?perchè se è distorta c’è pure quella “dritta” se mi perdoni il gioco di parole, ossia il modo corretto di leggerla. e immagino che tu conosca questa versione della realtà. e poi qual’è la “limitazione alla potenzialità del genere femminile” di cui parli?come fai a vedere limitazioni in quei sorrisi, in quei bei gesti atletici, in quella voglia di vivere e di forza fisica e mentale che emerge da quelle foto? ma le vedi davanti a te la statua del david o di amore e psiche?
e se, continuando gli esempi di alessandro nella sua risposta qui sotto per te, ci fossero le immagini di donne che allattano al seno o impegnate in cucina su qualche piatto? temo dovresti denunciare limitazioni alle potenzalità femminili anche qui (le donne sono molto di più di bimbi e fornelli, accipicchia!…) , per coerenza almeno.
Caro Alessandro,
grazie mille per la tua risposta. Hai trasfigurato in ambito artistico e culturale decenni di ricerca in ambito psicologico! L’utilizzo e il rafforzamento dell’automaticità nell’utilizzo degli stereotipi è poi uno dei meccanismi più diffusi nel marketing (soprattuto di moda), attraverso tecniche specifiche e ben strutturate. E lo stereotipo muta a seconda della cultura, del periodo storico, e dello sviluppo di un individuo.
Ma, ripeto, non vedo nulla di male negli stereotipi. Concordo con te nella possibilità, libertà e persino necessità nel loro utilizzo. Ma vorrei aggiungere come sia necessario essere consapevoli nel loro utilizzo e, nel contempo, rendersi conto che possono essere sostituiti, volendo, con meccanismo cognitivi (ma anche emozionali, sociali, motivazionali, etc.) più fini. In questo caso ti ho solo segnalato che un utilizzo di un approccio più strutturato avrebbe, secondo me, ampliato la libertà del genere femminile. Ma è una mia opinione. Che ovviamente avrebbe limitato la libertà di diffondere la bellezza.
Ciao Pier,
l’utilizzo di stereotipi è nella natura umana. Ogni giorno, nella maggior parte dei nostri processi mentali, nella maggior parte delle nostre azioni, utilizziamo stereotipi. Non si deve direttamente associare stereotipo a discriminazione: sono due fenomeni nettamente distinti. Lo stereotipo è uno dei tanti sistemi di risparmio energetico che il nostro sistema cognitivo mette in atto per agire con maggiore efficacia. E poiché queste scorciatoie sono intrinseche alla struttura stessa della natura umana (senza di queste non potremmo pensare, decidere, emozionarci, etc.), queste si ritrovano sia nel genere maschile sia in quello femminile. Non è mia intenzione tenere una lezione sui bias, stereotipi, archetipi e prototipi, ma ti pregherei di credermi quando dico che non avrei nessuna difficoltà a riconoscere molti stereotipi anche nella presentazione dell’arrampicata nel mondo maschile. Sai Pier che le persone “sane” nella quasi totalità dei casi non sa nemmeno di utilizzare uno stereotipo? Pensa che per quanto riguarda gli stereotipi di genere è stato ampiamente dimostrato come siano già utilizzati in modo del tutto inconsapevole in età prescolare. E mi dispiace confermarti, prove scientifiche alla mano, che anche tu “ce li ha dentro”. Io di certo; non potrei nemmeno battere sui tasti del computer se non utilizzassi queste scorciatoie cognitive.
Non bisogna denunciare né incriminare nessuno stereotipo. Ma bisogna saperlo riconoscere, laddove possibile. Questo consente un controllo e un utilizzo molto più deliberato di questo meccanismo e, nel caso, una sostituzione con un meccanismo molto più complesso. Ho cercato di dare una mano su questo punto, per quanto mi è possibile. Mi spiace aver generato una discussione sul valore morale dello stereotipo, non era mia intenzione. Chiedo scusa a chiunque si sia sentito offeso, e spero di aver spiegato il mio punto di vista, che come avrai capito, cercava di essere prettamente scientifico.
Caro Sergio, grazie dei tuoi apprezzamenti, che ovviamente sono sempre bene accetti. Anche le critiche lo sono, quando sono serie e garbate come la tua.
Pertanto, cerco di risponderti con lo stesso tono. Questo è un compito evidentemente difficile: tu dici che non ti piace il “tono” con cui ho risposto a Carlo… boh, francamente non mi sembra di essere stato sgarbato, ma magari mi sbaglio e quindi, nel rispondere a te, pongo ancora più attenzione.
Il discorso degli stereotipi è verissimo, ma a quanto pare a certuni sembra che siano pericolosi, perniciosi per qualcuno.
Le riviste femminili sono piene di stereotipi, direi che ne costituiscono l’essenza. Non penserai che sia solo il bikini a fare stereotipo, vero? I vari Armani, Gucci, ecc. che suggeriscono? Le donne dipinte da Rubens? Le Madonne dei pittori più vari? Le contadine di Verga? Sono tutti “stereotipi” o sono magari tutti diversi modi di vedere il genere femminile? Dal porno a Santa Maria Goretti le tappe sono molte!
Ma a questo punto, se il nostro modo di esprimerci, dall’arte al quotidiano, passa attraverso quello che tu definisci stereotipi, in quale altro modo potremmo esprimerci?
E il pericolo. Siamo sicuri che le foto di ragazze che arrampicano in bikini (ti assicuro che non lo fanno per finta) siano più pericolose di foto che le ritraggono su una rivista femminile, o delle Madonne che allattano di Mauro Corona, o delle immagini artistiche di Richard Avedon e di Helmut Newton, o dei nudi di Salvator Dalì, o delle ragazze Balilla del fascismo, della Venere di Milo, della Paolina Bonaparte di Antonio Canova, delle schiave accucciate sotto i tavoli di Andy Warhol o di mille e mille altri stereotipi? Anche le foto o i disegni più edificanti che ritraggono Santa Bernadette di Lourdes, o le immagini dei calendari di Padre Pio sono stereotipi. Che cosa hanno queste raffigurazioni di reale? Nulla, sono anch’esse contraffazioni, più o meno artistiche o poetiche, della realtà.
E alla fine, che male c’è (che pericolo c’è) a modificare la realtà? Non lo facciamo ogni giorno con il nostro lavoro? Non ci ribelliamo ogni giorno alla realtà nuda e cruda con le nostre azioni di vario genere, tecniche, sportive, medicinali, chirurgiche e quant’altro? Non modifichiamo la realtà con i romanzi, con la poesia? Con le Borse siamo perfino riusciti a inventare ricchezza là dove ricchezza vera non c’è! Ci travestiamo con i vestiti, ci mascheriamo con l’educazione: la nostra, se guardi bene, è una finzione continua!
Io però non ritengo pericolose queste azioni del genere umano. Se accetto che in natura sia l’animale maschio a pavoneggiarsi con i colori più diversi di fronte all’animale femmina, non vedo perché non sia accettabile che nel genere umano sia il contrario e quindi sia la donna a porsi di fronte a noi maschi in mille modi fantasiosi, creativi, piacevoli. Come accetto che la formica di oggi sia praticamente uguale a quella di duemila anni fa, accetto anche che l’uomo di oggi non sia più il cristiano carne da macello per stadi. Dov’è il male?
Immortalando il Cervino e le Tre Cime di Lavaredo in milioni di fotografie non è che prostituiamo queste due montagne. Semplicemente ci piace guardare quelle forme, quei colori, quella grandiosità. Non c’è un secondo fine, c’è soltanto la diffusione della bellezza (o meglio, la diffusione di ciò che noi intendiamo bello in quel momento).
In conclusione, dopo queste riflessioni, sono più portato a credere, proprio a livello psicologico (e scusa se qui invado il tuo campo), che appunto in questo “spazio dedicato alla libertà” non si debba limitare alcuna potenzialità, né quella femminile né quella umana in generale. So bene, anche per direttissima esperienza, quanto potenti siano le raffigurazioni (quelle che tu chiami stereotipi). Ma so anche quanto ne abbiamo bisogno. Senza arte, sogni, “distorsioni” e peccati vari saremmo ancora all’età della pietra o all’epoca del Paradiso Terrestre (che anche lui non è altro che una “distorsione”).
stereotipo? ma quale? di cosa parli, sergio?
archetipo, semmai: del bello, delle linee (di roccia e corpo e loro “fusione”), della simmetria, dell’ideale greco di bellezza.
(a parte che sono foto che queste donne hanno autorizzato e per le quali in qualche modo “posato”(con gioia, dalle facce), siccome immagino tu si una persona coerente, ti rileggerò volentieri su un prossimo set di foto dove c’è qualche masculo arrampicatore a torso nudo scolpito come un dio greco in cui sono certo, sottolinerai con la stessa forza argomentativa gli stereotipi della società occidentale sui gay (per es…).
credo che gli stereotipi li vedano e li denuncino…chi li ha dentro: le persone “sane” vedono solo foto di donne impegnate nella loro passione e che si mostrano (con un pò di civetteria, perchè no?) per quello che sono: belle -forti e determinate
Si sono d’accordo con quanto scritto da Sergio. Come ho già detto spero solo che Alessandro abbia voluto fare il doppio gioco e lanciare una provocazione con i lato B e le pancette piatte in primo piano.
Bella ed azzeccata l’analisi di Sergio, che condivido
Caro Alessandro,
è un piacere seguire il tuo blog. Un piacere e un’opportunità per sentire la libera voce della montagna.
Mi spiace e mi è molto dispiaciuto, lo dico spero senza nessuna offesa, questo post e il tono della risposta data a Carlo. Da anni nell’ambito della psicologia sociale (e lo dico da ricercatore in ambito psicologico) vengono effettuati studi sugli stereotipi di genere. E le immagini (per lo meno il 60% di quelle contenute in questo post) sono immagini paradigmatiche di uno stereotipo di genere. Il commento rispetto al quale queste immagini trasmettano un senso di bellezza oggettivo è un evidente stereotipo, radicato culturalmente. Lo stereotipo di genere non è di certo appartenente a un solo genere, maschile o femminile. Lo stereotipo del bello espresso attraverso il corpo di una ragazza in bikini (spesso reso “perfetto” – nel senso di corrispondente agli attuali canoni estetici – da ritocchi grafici) non appartiene solo all’ambito maschile, ma anche a quello femminile. Da qui la collezione di commenti femminili positivi.
Queste immagini non rappresentano le ragazze in montagna. Sono il risultato di un edonismo applicato al genere femminile. Nell’ambito della nostra cultura, nulla da eccepire: il senso del bello (piacere) espresso attraverso le fotografie di belle ragazze che arrampicano ( o fanno finta di farlo). Se il senso era trasmettere questo, è azzeccato. Ma questo punto di vista è biassato dagli stereotipi di genere intrisi nella nostra cultura. E uno stereotipo è, per definizione, una distorsione della realtà. E una realtà distorta va a discapito di qualcuno. In questo caso del genere femminile, che deve aderire, conformarsi, apprezzare, limitarsi (tutto questo, ovviamente, non solamente a livello consapevole). E da qui il mio disappunto: vedere espressa, in uno spazio dedicato alla libertà, una limitazione alla potenzialità del genere femminile. Spesso non ci si rende conto di quanto potente uno stereotipo di genere sia. Ma è un tarlo che distorce, continuamente, e in modo spesso inconsapevole, sia maschi che femmine.
Lasciamo libere le ragazze che arrampicano di esprimersi. Bellissima l’intervista a Giulia. Ma bisogna andare oltre. Non costringiamole nel fucsia, rosa, lillino costruito apposta per loro. Non costringiamole in un senso del bello costruito apposta per loro. Aiutiamoci e aiutiamole a vedersi con occhi liberi, per liberare, poi, anche la loro potenzialità in montagna.
beh sinceramente qui Alessandro sei un pò scivolato sulla classica buccia di banana…. e qualcuno l’ha fatto notare. Ma forse l’hai fatto solo per lanciare una provocazione.
Wow, ma che bei panorami !
Una cosa e’ certa : avanti di ‘sto passo, un giorno cominceranno a ritrarre il gentilsesso anche sulle copertine delle guide di arrampicata.
Sinuose Vestali sui Sentieri Verticali ?
Bah, personalmente preferivo il “vecchio” Gogna…
Ma quante belle foto di splendide e perfette ragazze che arrampicano in bikini (chissà che caldo devono sopportare). Evento eccezionale tanto da dover dedicare una raccolta specifica.
Per me la montagna è tornare all’essere istintuale e primitivo. E’ finalmente poter essere me stessa in un mondo civile che non mi appartiene. Non voglio dover essere bella anche in montagna, e se posso esserlo agli occhi di qualche essere, è solo perché sono felice, riconnessa finalmente al tutto. Dico “anche in montagna” perché nonostante il mio impegno non sono ancora riuscita ad essere me stessa nel mondo civile, le pressioni culturali sono davvero forti e resistere richiede molte energie.
Credo che l’educazione alla parità di genere non possa avvenire attraverso queste immagini. Foto che mostrano principalmente artificiose situazioni, poco attinenti al reale, di messa in mostra di qualità meramente fisiche per la goduria degli occhi. Banalmente, c’è un messaggio dietro queste immagini?
Ringrazio Carlo per il pensiero espresso benissimo. Anzi confermo, per la gioia di tutti, che quando sono in montagna mi cola il naso, sudo e puzzo, all’occorrenza mi fermo a fare i bisogni (di ogni tipo), mi cambio l’assorbente, il reggiseno non lo porto perché mi da fastidio e mi raffredda però poi cambiarsi è sempre un problema, soffio il naso col metodo “cannone”, e infine, incredibile, scoreggio e rutto. Eppure sono bellissima, dentro.. ma una foto difficilmente lo può mostrare. O meglio, il dentro si rispecchia fuori, ma ci vuole ben altra sensibilità e capacità fotografica per coglierlo.
Tutto ciò parlando solo di aspetto esteriore, se poi si entra nell’ambito dell’attività alpinistica..
Un caro saluto a tutti, indistintamente.
Carla
Se non facciamo delle faticose elucubrazioni …. non possiamo non notare che si tratti di una splendida elegante raccolta di climber di sesso femminile 🙂 Ottimo!
La bellezza di una parete e/o di una via non viene certo sminuita dalla bellezza di qualche ragazza che sta arrampicando.. Secondo me la valorizza!! Bravo Alessandro!
Insomma Alessandro Carlo non è che ha tutti i torti. Molte delle foto che hai messo più che l’abilità arrampicataria mettono in risalto gli attributi femminili.
Intendiamo mica è un male.
Caro Carlo, prendo nota delle tue osservazioni garbate (non sei assolutamente “maleducato”). E’ vero, in queste foto c’è del glamour. E siamo anche tutti consapevoli di quanto il corpo femminile sia ancora oggetto di “vendita” a tutti i livelli geografici e culturali.
Qui però nessuno vuole vendere nulla, me lo concederai. La grazia e la bellezza di queste foto (nonché delle protagoniste) secondo me allarga il cuore e piace agli occhi di un sacco di gente.In queste quasi tre ore di pubblicazione ho raccolto via facebook una bella collezione di commenti femminili del tutto favorevoli.
Ancora: vedere in queste foto discriminazione e maschilismo francamente mi sembra un po’ eccessivo. Se giri nelle librerie e in internet vedrai che la proporzione tra foto di bei gatti e quella di inquietanti insetti è decisamente a favore dei primi… e non credo si voglia fare ingiustizia nei confronti degli insetti, semplicemente ci piacciono molto di più i gatti!
Il nostro articolo su Giulia Venturelli è stato il primo (ma non vuole certo essere l’ultimo) articolo (pubblicato il 2 marzo, vedi qui http://www.banff.it/intervista-a-giulia-venturelli/) in cui si affrontano le tematiche alpinistiche-arrampicatorie dal punto di vista femminile (e senza glamour). Grazie del contributo!
Ciao Alessandro!
scusa se mi permetto di commentare, ma perchè pubblicare “le foto”? non sono animali in via di estinzione avvistati in recondite vallate montane (o urbane, a seconda ) 😀
ribaltando la cosa: avresti fatto un articolo dicendo “ecco delle belle foto di ragazzi che arrampicano”? credo di no..tra l’altro per una cosa del genere mi basta sapere usare google image o frequentare le centinaia di tumblr in merito.
non vorrei apparire “maleducato”, ma da un’autorità importante come il Gogna Blog mi piacerebbe vedere un “extra mile” per sconfiggere queste discriminazioni di genere in un ambiente che di “maschilismo” ne ha già fin troppo…
tra l’altro l’immagine della ragazza in bikini, o comunque questi pseudo-richiami look un po’ da Glamour non mi piacciono molto (penso anche ad un’altro pilastro come Rock&Ice Magazine che in home page ha avuto per lungo tempo la galleria “stone nudes” ..anche qui ovviamente solo donne)
Perchè deve sempre essere “venduta” un’immagine che ammicca ad un ideale di bellezza quando si parla di donne? (questo avviene nell’arrampicata, nel surf, nello snowboard…per parlare di ambiti che seguo..ma probabilmente esiste anche in altri).
Sarei più contento di vedere donne sfatte con il naso che cola dopo una dura salita con i capelli gelati dal vento e tutti arruffati….un po’ come avviene per gli uomini, più storie e avventure vissute e mani tagliate e meno capelli perfettamente piastrati in acconciature alla moda e glutei strizzati in top elasticizzati rosa e fucsia.
Detto questo nella palestra dove mi alleno ci sono un sacco di ragazze anche giovanissime che vanno fortissimo, molto più di tanti altri ragazzi, sarebbe bello ascoltare magari le loro storie ed i loro commenti!
Probabilmente condividere storie di coetanee potrebbe essere di ispirazione anche per altre ragazze che stanno muovendo i primi passi in questo sport…non so, è solo il mio pensiero da due soldi ovviamente!
buona giornata! carlo