Medicina canaglia

Medicina canaglia
di Livio Cadè
(pubblicato su ereticamente.it il 14 maggio 2023)

Quand’ero bambino non mi spaventavano orchi, streghe o l’uomo nero, ma gli uomini bianchi, i medici nei loro camici lindi. Aghi, siringhe, il terribile olezzo di disinfettante, entrare in un ambulatorio era come varcare la soglia di un antro spaventoso. Un giorno, avevo forse cinque anni, il dottore cercava d’abbassarmi la lingua con l’apposito, odioso strumento. Così gli rifilai un violento ceffone. Mia madre, costernata, mi rimproverò aspramente, si profuse in scuse, mi blandì, minacciò ritorsioni, ma non riuscì a piegarmi. Il medico rinunciò a guardarmi la gola.

Solo gradualmente imparai a riporre nei medici e nei farmaci un’ottimistica fiducia. Questa nuova fase durò finché l’esperienza non la mise in crisi. L’osservazione su me stesso e su altri cominciò a segnare con profondi dubbi quell’ingenuo sentimento. La vita mi mostrò che le mie idee di malanni e terapie galleggiavano sulla piatta superficie dei sintomi, mentre sotto si apriva immenso e ignoto l’oceano delle vere cause e dei rimedi. La medicina che avevo prima temuto e poi ammirato mi sembrava ora un apparato di formule ammalianti ma inette a curare e guarire, perché ignare della profondità della vita. Ammetto che la medicina possa in certi casi salvare la vita, alleviare disturbi e dolori, ma non è certo grazie a lei che possiamo ritrovare la salute. Detto ciò, lascio che ognuno scelga liberamente i medici e le terapie cui affidarsi.

Mi ha perciò colpito la vicenda di quella ragazza diciottenne e dei suoi genitori, lei morta di leucemia dopo aver rifiutato i trattamenti chemioterapici, loro condannati a due anni di reclusione per omicidio colposo, ritenuti colpevoli di aver condizionato ideologicamente la volontà della figlia, inducendola a seguire terapie ‘antiscientifiche’. Trovo sconcertanti le motivazioni della sentenza, secondo cui non si può ritenere che la ragazza abbia esercitato un suo diritto all’autodeterminazione, perché succuba dei genitori e delle loro convinzioni, e perché “non aveva, in ragione dell’età, la percezione della reale possibilità di morire, essendo forte di un senso di immortalità”.

Ancor più incredibile mi parve quella sentenza che alcuni mesi fa condannò all’ergastolo (con regime d’isolamento diurno) una dottoressa sarda, rea d’aver proposto terapie non convenzionali a tre suoi pazienti oncologici. L’accusa era di averli così indotti a disertare le sedute chemioterapiche, accelerandone presumibilmente la morte. Assunto logicamente fragilissimo, perché basato su supposizioni, ipotesi, probabilità statistiche. Soprattutto mi risultò incomprensibile l’accusa di omicidio volontario, aggettivo che avevo sempre associato all’intenzionalità. Sentenze per me oscure, ma che chiaramente colpiscono alla radice sia la libertà di scelta del paziente che quella del medico.

Quando a mia madre fu scoperto un cancro di massicce dimensioni al polmone sinistro, già con diffuse metastasi e quindi inoperabile, l’oncologo prospettò un ciclo chemioterapico. Privatamente mi disse che l’aspettativa di vita in un caso simile non superava i sei, otto mesi, forse meno se il male si fosse esteso ad altri organi. Mia madre rifiutò il trattamento non perché le difettasse “la percezione della reale possibilità di morire, essendo forte di un senso di immortalità”, ma perché aveva conosciuto persone che da quelle cure, invece di reali e duraturi benefici, avevano tratto solo ulteriori sofferenze. Così, seguendo metodi ‘antiscientifici’, visse ancora un anno e mezzo, senza dover sopportare i pesanti effetti collaterali delle chemio.

Questo non implica che le cosiddette ‘terapie alternative’ siano a priori migliori di quelle convenzionali. Non conosco a fondo le statistiche sui tempi di sopravvivenza, e se le conoscessi dubiterei dei loro criteri metodologici. Troppo forti sono gli interessi economici in gioco per illudersi che tali resoconti seguano criteri di assoluta onestà. Pensare che le grandi aziende farmaceutiche, coi loro bilanci faraonici, esercitino una forte pressione su apparati legislativi, laboratori di ricerca, OMS, università, riviste scientifiche, elaborazione dei dati ecc. non mi pare un’ipotesi inverosimile o un’infondata teoria della cospirazione. Trovo dunque ragionevole credere che le statistiche traccino un quadro generale coerente con il proposito di consolidare la fiducia nelle cure convenzionali.

Di fatto, la gente si fida, benché ogni anno nel mondo nove milioni di persone muoiano di cancro, spesso con margini di sopravvivenza molto ridotti e pur avendo ottemperato ai protocolli della medicina ufficiale. Non mi risulta che i medici curanti vengano per questo processati e condannati. Li scagiona il fatto che quella strage avviene in modo formalmente corretto, seguendo le linee guida. E i ripetuti fallimenti non impediscono alla medicina di celebrare i suoi progressi nella lotta al cancro e di denigrare ogni altra via di cura come frode e ciarlataneria. Se una persona ottiene benefici o guarigioni con metodi ‘eccentrici’, lo spiega col caso, la suggestione, l’eccezione inesplicabile. Se invece muore, lancia accuse di omicidio a chi gli ha proposto cure non ortodosse.

La medicina vede nel tumore un corpo estraneo, un nemico, e nella terapia una guerra. E se qualcuno sopravvive per qualche mese in più pensa d’aver “sconfitto il cancro”. Ma vi sono molti ricercatori che denunciano il carattere effimero di questi successi. I meno inclini a credere alle vittorie sul cancro sembra siano le banche e gli istituti di assicurazione. È nota la loro contrarietà a concedere mutui e polizze ai malati oncologici anche dopo l’ipotetica ‘guarigione’. Riluttanza che non dipende da ragioni emotive ma da fredde e obiettive percentuali sulle aspettative di vita. Alcuni, meno cinici, hanno invocato il “diritto all’oblio” per questi malati, vittime del pragmatismo contabile.

“Io non sono il mio tumore”, recitava una campagna condotta per sensibilizzare gli istituti di credito. A parte l’aspetto utopico di tale proposito (tutti sanno che le banche non hanno un cuore) resta il fatto che “io sono il mio tumore” e non posso dimenticarlo. Attraverso di lui esprimo l’intima relazione tra il mio ambiente interno e quello esterno, tra il mondo e la mia psiche. “Io sono il mio raffreddore, il mio diabete, il mio mal di cuore”, ecc. Ogni malattia è un confronto o un conflitto con sé stessi. È una conseguenza di fatti oggettivi ma è anche un mistero soggettivo, che si radica in un Tutto visibile solo in minima parte.

Così, dovremmo rispettare ogni cura che apporti benefici al malato, anche se lo fa in modi che non comprendiamo. Non dobbiamo porre la medicina ufficiale su un piedistallo intoccabile. Che motivo avrebbe questa venerazione? Si dice che gli errori dei medici siano la terza causa di decessi al mondo. Penso che ciò si riferisca a una responsabilità basata su imperizie nella diagnosi o nella terapia. Ma se allargassimo il nostro raggio d’osservazione e mettessimo nel conto le rituali cure che, pur scrupolosamente rispettate, non hanno evitato ai malati una morte prematura, la nostra medicina potrebbe aggiudicarsi un funesto primato, superando cancri e infarti, le più catastrofiche pestilenze e le più sanguinose guerre.

Trovo quindi non solo disumano ma anche assurdo che, nel caso della diciottenne morta di leucemia, si dica: “i genitori le hanno negato il diritto di vivere”. Neppure la persona più sana del mondo gode di un tale diritto. Non lo concede la natura, come potremmo garantirlo noi? Ci sforziamo di proteggere la nostra salute, ci asteniamo dal nuocere a qualcuno, ecco tutto. Potremo al massimo stabilire il diritto del malato d’esser curato, ossia il dovere di curarlo. Ma non v’è legge che assicuri la guarigione, né tantomeno la vita. Neppure esiste una medicina assoluta, custode di verità e poteri salvifici. Vi sono bravi medici, che si prodigano per il bene dei loro pazienti, e cattivi medici che trattano i malati senza umanità, come numeri e ‘casi clinici’. E su loro, come un’ombra sinistra, la grande lobby del farmaco, madre di una medicina canaglia che specula sulla sofferenza umana.

Tuttavia, non è la questione etica il fulcro del problema, ma una dottrina della conoscenza che si fa giurisprudenza e che pone l’essere ‘antiscientifici’ tra i crimini punibili per legge. Questo “ius non scriptum” potrebbe col tempo farsi consuetudine. La scienza diventa così una sorta di sacra gnosi, un corpus di dogmi metafisici, da razionale tentativo di spiegare i fatti assurge a dottrina di salvezza, rivelazione di verità indiscutibili. Scienza togata e clericale. Così, il dubbio, il dissenso, si trasformano in reati e i tribunali in severi sorveglianti dell’ortodossia. Lo Stato ci obbligherà a credere nell’efficacia irrinunciabile della chemioterapia, nelle virtù di un vaccino, nel riscaldamento globale ecc. come la Chiesa imponeva di credere alla Parola di Dio.

La stessa creazione ad hoc di emergenze sanitarie o climatiche tende a massificare il consenso intorno a un’interpretazione univoca della realtà, quale emerge dal Verbo scientifico. Ma la credibilità di una simile ‘scienza’ crolla nel momento in cui dubitarne è considerato un crimine. È infatti evidente che l’epiteto di ‘antiscientifico’ non dipende più da un criterio razionale ma da uno stigma di carattere religioso. Individua e colpevolizza un atteggiamento eretico, un’apostasia. E già si vede all’orizzonte una società in cui sarà permesso ogni atto e dottrina contro natura mentre l’agire e il pensare ‘contro scienza’ verranno perseguiti col rigore di una nuova Inquisizione. È dunque facile prevedere un aumento di sentenze repressive e pedagogiche come quelle citate – “unum castigabis, centum emendabis“, colpirne uno per educarne cento, avrebbe detto Mao Tse-Tung.

In realtà, la Cassazione accenna al rispetto dell’autodeterminazione – ovvero della libertà di cura – ma ritiene che la circostanza in questione ne esuli perché la ragazza si fidò dei genitori, senza avere reale nozione del problema. Dunque, si ammettono scelte che escano dai postulati della medicina ufficiale se si dimostra che derivano da un pensiero autonomo, consapevole e maturo. In tal caso anche un minore potrebbe rifiutarsi di sottoporsi alla chemio e optare per l’omeopatia, la medicina di Hamer o i fiori di Bach. A patto però che conosca a fondo la letteratura a riguardo, le implicazioni metodologiche, il rapporto tra rischi e benefici ecc. Questa reductio ad absurdum può apparire paradossale ma in realtà semplifica il problema.

A nessuno infatti potremo mai riconoscere la libertà di autodeterminarsi e di scegliere liberamente una cura se condizione necessaria ne è una piena consapevolezza teorica. L’unica decisione permessa sarà di cedere a esperti legalmente certificati la nostra facoltà di decidere, piegandosi agli Ordini della ‘Scienza’. Del resto, è quello che già fanno tutti coloro che si sottopongono alla chemioterapia. Si affidano alla medicina ufficiale, e non sono certo meno succubi dei medici di quanto quella ragazza lo fosse dei suoi genitori. Dunque, per coerenza, ogni volta che uno di loro muore dopo aver seguito i protocolli sanitari, dovremmo accusare i medici di circonvenzione d’incapace, d’aver plagiato il paziente, di avergli negato il diritto di vivere.

V’è però un altro aspetto che mi lascia particolarmente perplesso. La sentenza afferma che la ragazza non era libera di scegliere perché “non aveva, in ragione dell’età, la percezione della reale possibilità di morire”. Mi chiedo come possano dei giudici leggere così chiaramente nell’animo umano. Vi sono bimbi perfettamente consapevoli del dover morire e decrepiti centenari che ancora si illudono e non vedono la morte come una probabilità reale. Per altro, che la coscienza della morte sia presupposto di libertà – come diceva Montaigne – è concetto filosofico e non giuridico. Per esser liberi non è indispensabile sentirsi morituri ogni volta che si opta per questa o quella cura. Si nega che questa ragazza avesse la capacità di scegliere razionalmente perché aveva in sé un forte “senso di immortalità”. Perciò, d’ora in avanti, chiunque mostri una fede così palesemente antiscientifica dovrà esser interdetto, perché incapace d’intendere e di volere. Non importa se la nostra civiltà nasce dall’opera di filosofi, artisti, statisti, scienziati, fermamente convinti d’essere immortali. Chi ancora crederà nella vita eterna e in altre fole – come le medicine alternative – sarà affidato alla tutela di una scienza obiettiva che sceglierà per lui. Per il suo bene.

Medicina canaglia ultima modifica: 2023-07-20T04:21:00+02:00 da GognaBlog

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44 pensieri su “Medicina canaglia”

  1. Per pura curiosità, una breve ricerca sul web dimostra che tutti gli ultimi presidenti cinesi sono morti in ospedali assai prestigiosi, nei quali viene praticata la medicina occidentale.
    Non avevano fatto in tempo a conoscere Grazia.

  2. Dopo decenni vissuti in Asia e dopo decenni di lodi alle culture orientali, quando Tiziano Terzani si ammalò di una grave forma di cancro preferí rivolgersi per prima cosa ai migliori oncologi degli Stati Uniti d’America.
    Poi – ma solo poi – provò con qualche guaritore asiatico.
     
    Per sua sfortuna, non riuscirono né gli uni né gli altri. Ma questo è il cancro.

  3. @36
    mi riferisco ai popoli aborigeni
     
    I popoli aborigeni, che vivono secondo natura. Interessante…
     
    La medicina tradizionale cinese […] non prevedeva che orde di barbari cominciassero a fare uso (indiscriminato) di prodotti provenienti dalla parte opposta del globo
     
    Quindi, se capisco bene, il problema non è che tale medicina consigli queste sostanze e che milioni di cinesi ne facciano uso.
    No, sono le “orde di barbari” (…forse intendi noi occidentali ?) che ricercano a loro volta questi prodotti e li usano in modo “indiscriminato” (…e si capisce, sono barbari 🙂 ).
    Peculiare ragionamento, se posso permettermi.
    Ma non è che queste “orde di barbari” sono formate proprio da coloro che ambiscono a seguire quel “secondo natura” o a “volgere lo sguardo altrove” di cui parli tu ?
     
    ho una pessima esperienza con ciò che viene definito “medicina ufficiale”, mentre ho ottimi risultati seguendo altre strade
     
    L’esperienza personale conta ai massimi livelli per il singolo e per un epsilon piccolo a piacere per la statistica.
    E l’apparenza (a volte) inganna.

  4. Negli ultimi 200 anni la durata della vita media e’ raddoppiata. Inevitabilmente la salute per fasce crescenti della popolazione è un’eccezione non una condizione di normalità. In Italia ci sono oggi 3,5 milioni di anziani non autosufficienti e il numero è destinato ad aumentare sempre di più essendo noi uno dei paesi più vecchi del mondo (conseguenza inevitabile del calo delle nascite). Cento anni fa una quota significativa dei lettori di questo blog, compreso il sottoscritto, sarebbe già stata nei campi Elisi altroché andare in giro a fare i finti sgarzellini per monti e per mare. (Di passaggio: gli aborigini australiani sono oggi una delle popolazioni più sfigate del mondo, il mito del buon selvaggio sano, longevo e prestante è un bel mito per anime belle dei paesi ricchi). 

  5. pessima esperienza con ciò che viene definito “medicina ufficiale”, mentre ho ottimi risultati seguendo altre strade.  

    Diciamo pure che Lei ha la fortuna di avere una salute di ferro!!!!

  6. Caro Antonio,
    seppur qualche volta accada, questo blog preferisce non dare spazio a inutili etichette (la mia ignoranza, per esempio), visto ho meramente descritto quanto ho vissuto, soprattutto se si ha la pretesa d’essere letti.
    Le etichette (qualcuno le chiamerebbe insulti) solitamente bloccano il dialogo, invece di farlo fiorire.
     
    No, non accetto gli stent che non risolvono alcun problema (nessun chirurgo le giurerà che dopo un intervento simile non avrà mai più un infarto!! Se lo trova, ce lo presenti!) e no, non mi sottoporrei ad alcuna terapia d’urto, visto che conoscenti a cui hanno diagnosticato tumori e leucemie sono ancora pimpanti dopo anni di vita “alternativa” e sono abituata a accogliere le cause dei miei malesseri, invece di tentare di cancellarle.
     
    Che sia per tutti una notte buona accompagnata dal frinire delle cicale. 

  7. 33. Caro Giuseppe, mi riferisco ai popoli aborigeni.
     
    Il problema di certi ingredienti come le ossa di tigre è che sono ricercate anche dai popoli “civilizzati”. La medicina tradizionale cinese, quando è stata concepita, certo non prevedeva che orde di barbari cominciassero a fare uso (indiscriminato) di prodotti provenienti dalla parte opposta del globo!
     
    Permettimi di dirti che non è semplice comprendere a quale medicina tu dia credito, poiché ti rammento che tutto ciò di cui possiamo discorrere fa parte del nostro vissuto e non di qualcun altro.
    Per quanto mi riguarda ho una pessima esperienza con ciò che viene definito “medicina ufficiale”, mentre ho ottimi risultati seguendo altre strade.  

  8. Grazia. Anch’io sarei curioso di conoscere quali sono i popoli che vivono secondo natura e trattano i problemi della salute in modo più efficace di noi. Magari ci faccio un pensierino per ciò che resta del giorno. Sul tema conflitti e guasti mi sarei risparmiato volentieri una sternotomia tradizionale,  te lo assicuro, ma ho preferito puntare su un’eccellenza cardiochirurgica che fa 1750 interventi valvolari all”anno piùttosto che sull’ascolto e l’introspezione, come mi è capitato di fare di fronte ad altri problemi. E il fatto che il primo operatore che mi ha aperto in due  e il suo team facciano un mare di interventi ogni anno è stato proprio uno dei criteri di scelta dell’officina a cui rivolgermi. Però capisco che ognuno fa le sue scelte, tuttavia a parità di guasti confrontabili, come ti ha fatto presente Balsamo. Gonfiare le gomme è diverso dal dover intervenire sui pistoni e sul sistema di distribuzione e forse è meglio ricorrere ad officine differenti. La metafora e’ volutamente brutale e semplificatrice. Ma così ci si intende.  

  9. Cara Grazia @32, gli interventi vanno letti fino in fondo se si desidera avere un dialogo costruttivo. Ho già spiegato di essere molto critico verso le scuole di medicina, che non educano adeguatamente i futuri medici a considerare l’organismo vivente come una struttura in equilibrio (omeostasi) fra le sue parti e nella relazione con l’ambiente; la prevenzione primaria dovrebbe essere il cardine di ogni insegnamento medico. Allo stesso tempo però converrà con me che delle falle (aka malattie) in questo equilibrio prima o poi si formeranno, vuoi per incuria verso se stessi, vuoi per ineluttabilità, essendo programmati per una durata di vita limitata, vuoi per semplice sfortuna (la casualità delle mutazioni). Ho sempre denunciato la eccessiva medicalizzazione delle nostre esistenze; ma credo che anche lei -di fronte all’imminenza di un infarto come accaduto a Battimelli (auguri!)- accetterebbe uno stent; e di fronte a una diagnosi di leucemia linfoblastica acuta, invariabilmente infausta entro pochi mesi se non trattata ma con sopravvivenza superiore all’80% a 5 anni se trattata con la chemio da lei tanto bistrattata, credo che anche lei sceglierebbe la seconda opzione (quella negata alla povera ragazza vittima del metodo Hamer). (PS per cortesia non descriva le unità coronariche come interventifici, dimostra solo  profonda ignoranza: se il turnover di pazienti in quei reparti è elevato, ciò è dovuto  alla frequenza di casi con cardiopatia ischemica acuta, non certo al desiderio dei colleghi cardiologi di applicare stent a chi ha mal di stomaco).

  10. @29
    l’alpinismo sfugge a ogni definizione e spero vivamente che mai gliene venga appioppata una
     
    Sono totalmente d’accordo (e sono contento che il mio accenno ironico sia stato capito).
     
    i brividi della medicina alternativa di Balsamo
     
    Mi vengono i brividi perché rifiuto questa contrapposizione fra “ufficiale” e “alternativo”, soprattutto in medicina.
    Per me esiste qualcosa che ha mostrato di funzionare (con tutti i limiti del caso) nella realtà e qualcosa che lo ha fatto solo a chiacchiere ma viene propinato come tale. In questi casi non parlerei di possibilità di scegliere, ma di qualcos’altro…
     
    @31
    Grazie Pasini per aver espanso il tuo pensiero.
     
    @32
    Grazia, che significa, secondo te, “vivere secondo natura” ? Quali sono i popoli che, a oggi, continuano a farlo ?
     
    Riguardo alle “medicine orientali”, tanto per fare un paio di esempi, ti faccio presente che la medicina cinese c.d. tradizionale contempla l’uso di ossa di tigre per dare energia e vitalità e di polvere di corni di rinoceronte per aiutare la potenza sessuale.
    Spero che per “secondo natura” tu non intenda questo.

  11. Antonio al 30.
    Ancora una volta, mi si perdonerà, mi fermo alle prime righe “si è superata la concezione che la malattia sia un nemico da sconfiggere”?
    Le  medicine orientali e quelle dei popoli che continuiamo a vivere secondo natura non hai mai avuto questa visione, dunque non c’è mai stato nulla da superare.
     
    Nel mondo occidentale, al contrario, questa concezione è stata sviluppata in tempi recenti.
    Antonio, se lei ritiene che la medicina ufficiale non vede nemici da combattere, mi spiega cosa fa la chemioterapia, per esempio?
     
    Stiamo ancora a curare la superficie (i sintomi), a sezionare il corpo come se ogni singolo organo o tessuto non fossero parte di un corpo collegato a sentimenti e situazioni, e sosteniamo la medicina ufficiale?
    Personalmente non la combatto, ma volgo il mio sguardo altrove, dove mi si osserva nel mio insieme, dove qualcuno, guardandomi attentamente, mi chiede come sto, se è successo qualcosa nella mia vita, qual è la mia dieta, se ci siano conflitti intorno a me. 
     
    Gli esseri viventi non sono macchine e andrebbero sempre ascoltati. 

  12. Balsamo. Ho estremizzato per semplicità. Provo a esprimere come contribuo alla discussione l’idea che mi sono fatto. Per capire e non giudicare. Mi è capitato recentemente tra le mani un libro interessante di Chiara Frugoni: “Le paure medioevali”. Mi ha fatto molto riflettere. Le paure si alternano nel corso del tempo e sono legate a fatti reali che si riflettono con intensità diversa nei singoli. Le paure poi, generano dei desideri simmetrici come reazione. Nell’epoca contemporanea mi sembrano siano diffuse nei paesi occidentali due coppie paura/desiderio. Da un lato la paura di essere “contagiati” che genera il desiderio simmetrico di proteggersi con opzioni “naturali”. Di qui ad esempio l’ostilita verso i prodotti di Big Pharma considerati fonte di “contagio” incontrollato. Dall’altro la paura di essere omologati, di non controllare la propria vita, di annegare la propria identità dentro schemi comportamentali collettivi indotti e manipolati, la paura che il noi sostituisca l’io. Da qui il desiderio di differenziarsi dall’opinione dominante e di perseguire strade più personalizzate ad esempio di quelle proposte dalla medicina ufficiale. Si tratta di reazioni che hanno un loro fondamento nella mole di informazioni abbastanza terrorizzanti che riceviamo ogni giorno e che nella maggior parte delle persone assumono il carattere di “preoccupazioni”,  generando comportamenti adattivi “minori” come ad esempio la scelta di fornitori che sembrano dare più garanzie di “naturalità” o la ricerca di spazi e soluzioni di vita meno allineate e standard. In alcuni soggetti possono assumere caratteri molto più forti (in casi patologici si parla di “fantasie deliranti”) e dar luogo a comportamenti “estremi”, come ad esempio il rifiuto delle trasfusioni ritenute “contagianti” o l’isolamento sociale entro spazi chiusi e protetti. Poiché si tratta di emozioni sono molto potenti e refrattarie ad ogni “trattamento” basato su argomentazioni fattuali e possono essere sfruttate abilmente a fini commerciali o di consenso come vediamo quotidianamente nei media, in politica, nello spettacolo…..non puoi comunque ignorarle e ci devi fare i conti anche se le tue intenzioni sono “buone” e non manipolative. 

  13. Per tornare al tema dell’articolo e provare a fare un po’ di chiarezza -anche alla luce dei vari interventi contro il campo medico e pro Hamer-  vorrei precisare che la visione di una medicina ufficiale di stampo positivista, che suddivide nettamente l’ambito fisiologico da quello patologico e che considera le malattie come nemici da sconfiggere, è alquanto superata. Esiste una mole enorme di ricerche, che non solo dimostrano l’esistenza di un continuum, ma suggeriscono proprio come un’alterata relazione dell’organismo con l’ambiente (dove per ambiente si intende “tutto ciò che sta al di fuori dell’organismo”) sia causa di quelle che definiamo “malattie”, in particolare in ambito metabolico, cardiovascolare, neurodegenerativo e psichiatrico (guarda caso patologie a carico di sistemi cellulari -nervoso, immunitario, endocrino- fortemente interagenti con l’ambiente). Concetti come allostasi, regolazione predittiva, interocezione (che non possono essere descritti qui per mancanza di spazio, ma che invito tutti ad approfondire) sono alla base di questi studi che -solo su questo posso essere vicino ai detrattori della scienza medica- dovrebbero costituire il cardine dell’insegnamento nelle scuole di medicina, troppo concentrate invece sulla cura della patologia una volta che questa si è manifestata.  Il punto è che le apparenti similitudini tra questi studi e la dottrina del signor Hamer terminano nel momento in  cui i primi sono il frutto di ricerche condotte in ambito scientifico (e dunque dimostrabile, replicabile, falsificabile), mentre la lucrativa dottrina Hamer è solo una nuova forma di Vangelo.
    Vorrei anche sottolineare come non a caso  il cancro non sia oggetto di questi studi: una ricerca ormai classica (Tomasetti and Vogelstein, Science 2015) aveva dimostrato come il 50% dei tumori maligni sia prodotto da agenti ambientali, ma l’altro 50% sia la conseguenza del tutto casuale di mutazioni legate al tasso di proliferazione delle cellule staminali (più un tessuto si rigenera, maggiore la probabilità di errori casuali durante la replicazione cellulare). Quindi, solo  “sfiga” (bad luck scrivono gli autori) e nessuna dimostrazione dell’influenza del nostro cervello sulla nascita di un tumore maligno, con buona pace di quanti qui -seguendo la dottrina Hamer-  hanno sostenuto il contrario.

  14. Per fortuna l’alpinismo sfugge a ogni definizione e spero vivamente che mai gliene venga appioppata una alla quale qualcuno possa davvero credere.
     
    Le “alternative” , anche alla medicina, esistono per dare la possibilità a tutti di scegliere. 
     
    Ai tempi di Mao Zte Tung (non ho mai capito quale sia la giusta grafia) i cinesi erano vestiti tutti uguali.
    A Genova un negozio (Lucarda, in Sottoripa) vendeva quelle uniformi blu.
    I pantaloni erano comodissimi per arrampicare, solo che potevano essere acquistati in confezioni da 3 paia della stessa misura al prezzo di 10.000 lire. Ti mettevi d’accordo con altri 2 che avevano la tua misura e l’affare era fatto. Peccato che la divisione in 3 di 10.000 non era fattibile, specie tra genovesi, perché quel “virgola 3 periodico” lasciava debiti e crediti che si portano avanti ancora oggi. Non è la consistenza del debito o del credito  che conta ma la sua esistenza irrisolta nel tempo.
     
    Noi avevamo comunque un’alternativa che i cinesi allora non avevano.
     
    Ma forse c’entra poco con i brividi della medicina alternativa di Balsamo e l’ho usata per raccontare la storia dei pantaloni cinesi alternativi Da-dì (così si chiamavano) che mi piacevano molto e costavano poco.

  15. Pasini, ti ringrazio per aver espresso la tua opinione sulle mie considerazioni, ma mi sembra che tu le abbia interpretate in modo un pò troppo estremo.
    Non è necessario essere un “tardo adolescente sociopatico” per crearsi una propria bolla di autoreferenza all’interno della quale contano solo le proprie osservazioni e la propria esperienza e competenza, squalificando sistematicamente quella altrui. E’ sufficiente un eccesso di autostima.
    L’ambito, inoltre, è ben più ampio di quello medico (oltre al fatto che già sentir parlare di medicina “ufficiale” e “alternativa” mi dà i brividi).
    E nemmeno intendevo associare questo processo emotivo a codesto articolo, bensì ad alcuni commenti espressi in questa e in altre occasioni.
     
    Comunque la mia è solo un’idea. Andrebbe verificata sperimentalmente: questi atteggiamenti sono numericamente più comuni all’interno della comunità di alpinisti che altrove ? Ma, forse, prima bisognerebbe definire che cos’è l’alpinismo… 🙂

  16. Non condivido l’idea di Balsamo che il processo mentale/emotivo  alla base dell’articolo sia l’idea che le capacità dell’alpinista siano particolari e superiori  e che da qui ne deriverebbe il poco rispetto per le competenze altrui ad esempio in campo medico. Quindi una sorta di io grandioso infantile che renderebbe l’alpinista un soggetto problematico perché poco incline ad accettare la dipendenza connessa ai processi di cura  e pure di governo e gestione in generale. Facendo dunque di questa fattispecie di alpinista (fattispecie non dominante perché ne esistono anche altre più di “sistema”) una sorta di tardo adolescente sociopatico, anarchico, indisciplinato, narcisista e autocentrato. Certamente tratti di questo genere si possono anche percepire in alcuni soggetti, esattamente come tratti di rigidità ossessiva si possono cogliere nella fattispecie “allineata”, ma penso che il processo in azione sia quello già visto per altri argomenti: la medicina “ufficiale” e’ parte del sistema ed è dunque fortemente condizionata da interessi economici che condizionano le sue proposte terapeutiche (vedi considerazioni di Grazia sulla “fabbrica” cardiochirurgica) e fanno sorgere seri dubbi sulla loro reale efficacia e utilità. I numerosi casi di errori, corruzione, manipolazione di ricerche, contraddizioni che vengono quotidianamente alla luce, anche in questi giorni, sono assunti come prove di questa valutazione critica. Da qui nasce la rivendicazione di libertà di accesso e di diffusione di approcci “alternativi” che vengono considerati più liberi e meno condizionati dal business e come tali “repressi” dal sistema ufficiale che li considera un pericoloso concorrente. Quindi da un lato una forte critica e visione negativa di ciò che è predominante e maggioranza, e come tale contaminato e dall’altro la rivendicazione di spazi per ciò che è “alternativo” e che è espressione di libertà e autonomia e di possibili soluzioni diverse. Questo è dunque il meccanismo mentale che andrebbe affrontato in modo critico nel merito. Purtroppo ho esaurito tempo e spazio e rilancio la palla. A risentirci. 

  17. Purtroppo il covid ha generato una profonda spaccatura nella societa’. Come altrettanto la genera la guerra, come altrettanto il cd cambiamento climatico (il clima è sempre cambiato…).
    Credo che complottisticamente ci sia qualcuno che vuole dividere la gente tra dx e sx, tra juve e inter, tra vax si e vax no, tra la grandine è gia’ caduta nel 1930, nel 1789, etc. e chi dice che è un fenomeno che segna la fine del pianeta.
    Questo suddividere la societa’ fa si che la gente non si aggreghi sulle questioni piu’ importanti (che verranno fuori tra qualche anno…si le pezze al kulo!). 
    Ora se sulla questione covid c’è stata (voglia Mighelli o no) un’approssimazione sconcertante e la fretta non è giusto motivo (io quando sono in azienda ho situazioni di emergenza che devo costantemente gestire e se non le gestisco bene vengo cacciato ok? Mighelli) è altrettanto vero che screditare tutta la medicina nn si fa opera pia. 
    Di certo le big pharma agiscono a tutti i livelli… politico fino alla struttura medica, pero’ non si puo’ buttare nelle fogne anni, decenni di studi.
    Ci sono progressi della medicina che hanno migliorato la vita alle persone…salvato la vita!. Come ogni cosa bisogna essere critici, vero, pero’ se a me accadesse una malattia grave di certo seguo la medicina quella classica. I fiorellini, etc. gli lascio agli altri augurando ogni bene e guarigione. 

  18. Buongiorno Marcello,
    mio padre qualche anno fa ha vissuto un intervento analogo e ho potuto constatare che si tratta di una vera e propria fabbrica: mentre lui è stato trattenuto ben 29 giorni (visto che nessun medico voleva prendersi la responsabilità do decidere, finché ho fatto casino e me lo sono portata via), i suoi compagni di stanza rimanevano 4 giorni. Arrivando il primo giorno mi ero stupita di quanto piccolo fosse il reparto dedicato all’unità coronarica e presto è stato svelato il mistero, con questo avvicendarsi continuo di pazienti!
    Negli anni scorsi diversi miei amici sono stati sottoposti a interventi analoghi e tempestivi verso i quali continuo a nutrire profonde riserve e mi sono figurata un bel business (tutto ad un tratto, come fu per le tonsille o per l’appendicite e chi più ne ha più ne metta).
     
    Buenas dias.

  19. Avevo deciso di non commentare codesto articolo, per me il peggiore in assoluto mai apparso su T&T (e non c’entra Hamer, basta la pura logica).
    Tuttavia, i vari commenti mi hanno dato uno spunto di riflessione.
     
    Sono d’accordo che chi pratica l’alpinismo sia abituato, quando va in montagna, ad affidarsi alle proprie capacità, a compiere scelte – a volte difficili – e ad assumersene le responsabilità. In due parole, a respirare libertà.
    E che, per via di questa attività che ancora può definirsi (relativamente) “di pochi”, possa sentirsi di non fare parte della c.d. massa.
    E’ facile che questo approccio porti ad avere una elevata stima di sé stessi e a sentirsi in un certo modo “superiori” nei confronti di altri.
    Nulla di male in questo, credo, almeno fino a quando tale approccio viene applicato a contesti (quello medico, ad esempio) dove, invece, esperienza e capacità proprie sono insufficienti o del tutto assenti ma sono invece percepite come uniche affidabili.
    Non capita a tutti, certamente. Ma, da questo punto di vista, si potrebbe pensare che chi pratica l’alpinismo sia un soggetto emotivamente a rischio (un c.d. fragile).
    Forse, per riconoscere agli altri nei loro campi di interesse almeno le stesse capacità e competenze che attribuiamo a noi stessi in ambito montano, basterebbe usare un poco di umiltà.
     
    Chiudo con un ringraziamento a Migheli e Pellegrini per i loro commenti @3 e @4 e con i miei migliori auguri a Battimelli per una pronto e completo recupero.

  20. Ma Grazia….il “povero” Battimelli ha avuto un infarto (auguri!) mentre scalava e chiamando in tempo l’elicottero ha salvato la pellaccia. Se non l’avesse chiamato credo che avrebbe avuto alte probabilità di crepare (chissà), o forse no. Io al suo posto avrei fatto uguale.
    Visto che c’è chi chiama il 118 per un crampo, non mi sembra affatto esagerato chiamarlo avendo i chiari sintomi di un infarto.
    Non ci sono, secondo me, altri commenti da fare.
     

  21. “Tuttavia, nella letteratura medica internazionale non è riportato alcun caso di cancro curato con il metodo di Hamer, e non esistono studi che riguardino o confermino le sue teorie[9]. Le cosiddette “prove” fornite da Hamer e dai suoi seguaci non sono scientificamente plausibili, e molti aspetti della sua pratica sono in totale contrasto con le conoscenze fornite dalla scienza medica o dalla biologia[9]. Ad oggi non si conosce nessun caso documentato di persona guarita grazie al metodo di Hamer, mentre sono noti i casi di coloro che sono morti seguendo tale metodo.[41]”
    https://it.m.wikipedia.org/wiki/Ryke_Geerd_Hamer

  22. Gianni al 19., credo tu non abbia letto con attenzione il mio commento oppure, come la massa, preferisci sentirti malato ascoltando le frasi, ormai, di rito “L’abbiamo preso per i capelli”, “Se fosse venuto più tardi…”, “La situazione era più grave del previsto” (dopo fior fiore di esami su esami), “Se non si opera avrà tot tempo di vita” (ma, come descritto nell’articolo, capita spesso che, guarda caso, senza intervento e stress vari, la vita si allunghi o, addirittura – miracolo!! – si guarisca9.
     
    Molto facile (per chi è abituato a non assumersi responsabilità) affidarsi ad altri per sapere come ci si sente. Io preferisco ascoltarmi, ascoltare, capire, confrontarmi, provare terapie, cambiare usi e costumi, tagliare rami secchi, piangere e abbracciare.

  23. @15 Fabio, certo che lo ricordo, il detto di Grunf. Circa cinquanta anni fa me lo ero scritto sul casco…
    @16 Grazia, prova a sostituire “aritmie” con “infarto/i”, e vedrai che non è la stessa cosa… ma stiamo divagando.

  24. Se sei cosciente e maggiorenne puoi benissimo decidere di non utilizzare le conoscenze e le pratiche che corrispondono allo stato attuale di sviluppo di quella disciplina che chiamiamo “medicina”. Se non sei cosciente, qualcuno deciderà per te secondo precise regole, a meno che tu abbia depositato precedentemente disposizioni formali in merito. Se sei minorenne, anche in questo caso ci sono norme e prassi definite. Dopo una diagnosi preventiva da asintomatico (visita di idoneità sportiva) io ho deciso di accettare un intervento che trent’anni fa lasciava secca la metà degli operati.  Oggi, dopo quattro mesi ho ripreso ad andare per monti e per mare. Avrei potuto benissimo dire “tie dottore!” come mi disse accompagnandolo con il gesto dell’ombrello il simpatico cardiochirurgo che ho scelto e stare ad aspettare i probabili sintomi seduto su un bicchiere di cristallo. Magari il bicchiere sarebbe durato ancora a lungo. Fate il vostro gioco dice il croupier al casinò della vita.  Ognuno è arbitro del suo destino. Inutile stare tanto a menarsela. Altro punto. La medicina è una realtà, l’organizzazione dei sistemi sanitari un’altra. Certamente la medicina è esercitata da persone concrete in specifici contesti organizzativi che possono variare da situazione a situazione. Ma non sono la stessa cosa e nel valutare lo stato dell’arte e prendere eventuali decisioni, vanno tenuti distinti. 

  25. Denigrare senza conoscere non è molto intelligente. Feroci critiche al dottor Hamer per semplice sentito dire, senza mai avere letto un suo libro. Posso solo dire che tutti i casi di tumore e di leucemia che mi sono capitati a tiro nel mio circondario, avevano a monte  problematiche descritte dal dottor Hamer, alle volte in modo talmente clamoroso, da essere costretto a dargli ragione. Il dottor Hamer non ha mai promesso miracoli, ha sempre ammesso che anche con la Nuova Medicina un  10/15 % di pazienti sarebbe morto comunque. Il punto di forza del dottor Hamer è l’innervazione cervello-organo o tessuto. Le proliferazioni cellulari come conseguenza di una stimolazione anomala che proviene dal cervello. Un trauma psichico o emozionale improvviso o un grave disagio esistenziale è in relazione con quella data zona del cervello, che è la stessa che va a innervare l’organo che poi può avere dei problemi. Il metodo di cura del dottor Hamer è basato sulla comprensione, niente avviene a caso nell’organismo, le malattie hanno un senso biologico. Le malattie, quelle tumorali comprese, sono tentativi maldestri fatti dalla coscienza biologica arcaica di risolvere biologicamente un problema che non può essere risolto a livello biologico; hanno sì un senso biologico, ma questo non serve a nulla perché sbaglia il campo di applicazione.

  26. Caro Gianni, si tratta di un commento che racchiude il racconto di qualcosa che è accaduto.
    Ho capito male?
     
    Se non è così, mi scuso, visto che mi sono fermata alle prime righe.
     
    Posso, a mia volta, rassicurarti (chissà?), confessandoti che da sempre vivo aritmie, ma non ho mai chiamato i soccorsi – che certamente mi avrebbero portata in ospedale dove mi avrebbero detto che mi hanno presa per i capelli!!

  27. Gianni, ho sfruttato un vecchio detto di Grunf, rincitrullito personaggio del fumetto Alan Ford degli anni Settanta. “Chi vive vola, chi vola vale, chi non vola è un vile.” Lo ricordi?
    Ammetto che la battuta è un po’ sgangherata, come hai notato tu, ma non potevo lasciarmi sfuggire l’occasione.
    Se ci privassimo perfino di un sorriso di tanto in tanto – alla faccia delle sventure di cui questo mondo si delizia – che sarebbe della nostra vita?
     
    Ti rinnovo gli auguri. 
    N.B. So che, dopo la convalescenza, tornerai in montagna.

  28. @13 Grazie Fabio. Con un solo dubbio. Se  anche “chi non scala è un vile”, non è detto invece che chi scala a tutti i costi sia un coraggioso, e non un coglionazzo… Ciao

  29. Se non temessi di essere frainteso, per il suo futuro sull’alpe esorterei il ‘vecchio’ guerriero Gianni, veterano di tante battaglie, con un virile “Boia chi molla”. Ma so che ne nascerebbero turpi equivoci. 😉😉😉
     
    E allora gli dico, con una pacca sulle spalle e alla maniera di Otto von Grunf, tedesco di Germania: “Ricordati: chi vive scala, chi scala vale, chi non scala è un vile”. 
     
    Auguri! 😊😊😊

  30. Cara Grazia, hai ragione. Ho largamente ecceduto la lunghezza massima prescritta per i commenti. Mi scuso per questo, in primis con la redazione. Però, e se non si è capito è colpa mia, non era né un racconto né un possibile articolo, era proprio un commento, se vuoi un po’ sui generis. E, nella gran parte dei casi, i commenti brevi non favoriscono lo scambio, ma tendono ad aumentare il grado di incomprensione.

  31. Caro Gianni,
    il forum è adatto per brevi commenti che possono favorire lo scambio.
    Per racconti più lunghi suggerisco di proporre alla redazione – che colgo l’occasione di ringraziare per il suo intervento – la pubblicazione di un articolo. 

  32. Massimo al 7.
    Ciao, cosa intendi per “ambito controllato”?
    Vorrai mica riferirti a un laboratorio in cui non possono in alcun modo replicarsi gli eventi di un qualunque ambito quotidiano? 

  33. Bene. Devo fare una confessione.
    Sabato scorso ero con due compagni su una via del Corno Piccolo. Alla seconda sosta ho cominciato ad avvertire un dolore al petto, una brutta oppressione che peggiorava, seguita a poca distanza da un malessere al braccio sinistro. Da quel bieco  razionalista che sono, ancora credulo nell’esistenza di relazioni di causa-effetto indipendenti dalla nostra volontà, ho ritenuto che fosse in corso una bella crisi cardiaca. E lo ammetto, invece di attendere che tutto si sciogliesse grazie a qualche forma di contemplazione trascendentale dell’unità olistica dell’universo, ho vìlmente chiamato il 118. E sono stato molto contento di veder apparire l’elicottero, questo orrido congegno meccanicistico-tecnologico che ha innaturalmente alterato con rumore e strepito la pace idilliaca della incontaminata natura che ci circondava.
    E lo confesso. Sono stato ancor più contento di vedere che l’elicottero, anziché trasportarmi in cima al pizzo Intermesoli, onde consentirmi una full immersion nella totalità della natura e una sparizione del malessere grazie all’unità quantica di tutte le relazioni, mi ha depositato in pochi minuti all’ospedale di Teramo, dove sono stato prontamente infilato in un apparato di medicina criminale (sicuramente prodotto da Big Pharma; qualcuno avrà fatto i soldi grazie al mio infarto) dove medici tradizionali, con obsolete tecniche idrodinamico-microparticellari, mi hanno trattato secondo i canoni della “scienza ufficiale” disostruendomi la coronaria e mettendo uno stent al posto giusto. Giusto, s’intende, secondo la loro parziale e meccanicistica visione; una maggiore consapevolezza dell’olistica relazione di tutto con tutto avrebbe magari suggerito di metterlo, che so, nel polpaccio sinistro, oppure nel polpaccio di qualcun altro. Ma loro, ottusi operatori di una scienza che crede nel principio di causalità, hanno, bontà loro, ritenuto di intervenire là dove avevano individuato l’origine del malore: ben localizzato, in barba al principio di indeterminazione e alla fisica quantica secondo cui, come tutti sanno, esso poteva trovarsi indifferentemente ovunque. E, credo, mi hanno salvato la pelle.
    Non contenti, mi hanno anche prescritto un decorso post-intervento che prevede, tra altre obbedienze ai ciechi dettami della sempre sia lodata scienza ufficiale, perfino l’assunzione di farmaci per il contenimento della pressione. E io, che non sono uno spirito libero ribelle alle imposizioni di qualsivoglia autorità, ma un grigio esemplare del branco dei creduloni, obbedisco. La pressione, comunque, si è abbassata a valori ragionevoli. Ma certamente è un caso.
    Sono contento di essere vivo, e di poter contemplare, nei tempi lunghi del recupero necessari alla mia veneranda età, un ritorno in montagna, a godere della bellezza e della libertà che vi si respirano. Grazie alla medicina canaglia.

  34. “Gli integratori alimentari fanno bene a quelli che li vendono.”
    “La medicina ha fatto passi da gigante, così grandi che non ce n’è più uno sano.”

  35. erroneamente chiamata “scienza”, che è invece l’insieme di tutte le conoscenze, comprese quelle sviluppate dal Dottor Hamer
    No.
    E’ scientifico un metodo che prevede la verifica sperimentale e la replicabilità dei dati ottenuti in ambito controllato. 
    Il resto è un’altra cosa.
     

  36. Caro Antonio,
    io non sto sempre bene, ma mi curo con la fitoterapia, cercando sempre di andare alla fonte e, spesso, cambiando abitudini e comportamenti.
    La scienza è l’insieme dei saperi che sono frutto dello scambio, altrimenti si parla di imposizione. 

  37. per #4. Caro Umberto, è una fortuna che a dispetto del tuo evidente disgusto tu riesca a seguire i deliri di questo blog. In effetti, il tuo commento è un toccasana, perché con l’ironia di cui è abbondantemente dotato, riesce a sparare con uguale forza verità e balle. Esattamente quello che Totem&tabù si propone di fare, ma purtroppo per lo più senza ironia, che è un’arma paragonabile alle bombe a grappolo… Presentare verità e menzogna è una mission con lo scopo di far riflettere l’individuo, a tal punto esposto alla contraddizione da fargli insorgere dentro indignazione, emozioni e pensiero finalmente e genuinamente individuali. Presentare verità e menzogna significa anche dare meno valore a entrambe le singole entità, ridurle all’osso e alla fine accettarle come le due diverse facce dell’essere umano. Ma, come dice Antonio, non ci riuscì Gesù Cristo… dunque forse meglio lasciar perdere!

  38. Antonio Migheli, non ho fatto in tempo ad avvisarti (il tuo commento è ineccepibile, per me).
     
    Ma devo informarti che in questo blog:
     
    -la lotta con l’alpe regna suprema, e chiama a sè assoluta libertà di pensiero; gli alpinisti sono uomini liberi e non li frega nessuno, hanno sempre la loro spiegazione su tutto
     
    -Sars COV2 è un’arma di distrazione di massa con cui hanno impiantato nel nostro corpo dei microchip al silicio liquido 5G-ready per telecomandarci (ed infatti io ho notato che dopo 4 dosi il mio smartphone ha iniziato a prendere meglio, anche dentro Rian Cornei dove non avevo mai segnale, e se l’ho notato io vuol dire che è vero, perchè un tempo sono stato alpinista, anche se mi sono dimesso da parecchio)
     
    -la guerra Russia-Ucraina è la prima applicazione dell’impianto sottocutaneo di cui sopra; è attualmente l’occulto che si sta divertendo col telecomando per verificare che tutto funzioni
     
    -le scoperte scientifiche sono roba da babbani; e galileo è un eretico, come dice caparezza
     
    -hamer è un santo, bandiera del pensiero quantico-olistico-metastatico: le malattie, tutte,  si curano non guardandole, così entrano nell’autostato di non esistenza
     
    -è estate, ad Aosta ci sono 27 gradi, adesso, 23:50, e si sta benone, altro che emergenza climatica; ai tropici, adesso, c’è 1 grado in media in più rispetto a sempre, ma i tropici non deludono mai d’estate. E, ad ogni modo, il clima cambia ogni 400 anni: un andamento sinusoidale perfetto, quasi incredibile non se ne sia accorto nessuno prima. Però ci sta: nessuno si è mai neppure accorto che la terra è piatta, anche se si vede ad occhio nudo, anche un pirla lo noterebbe
     
    -i lavori stradali si fanno per i turisti e per l’abbronzatura perfetta; pensi forse di fregare un alpinista? ma dai!
     
    Se non lo sapevi, sapevilo, su rieduchescional ciànnel. Cordialità.

  39. Lasciamo perdere, cara Grazia. Non ci riuscì Galileo col cardinal Bellarmino, figuriamoci se posso riuscirci io con lei.
    Mi stia sempre bene, glielo auguro di cuore.

  40. Caro Antonio,

    il fatto che definisca “seguaci” i genitori della ragazza la dice lunga sui suoi pregiudizi a proposito di tutto ciò che esuli dalla medicina convenzionale (erroneamente chiamata “scienza”, che è invece l’insieme di tutte le conoscenze, comprese quelle sviluppate dal Dottor Hamer).

     

    Altrettanto incredibile, ma assolutamente in linea con i dettami a cui siamo sottoposti nel quotidiano, è che si condannino due genitori per aver tentato di curare la propria figlia – cosa che, purtroppo, la medicina convenzionale non fa, visto che offre terapie che generalmente mantengono la patologia per sempre senza guarirla (vedi pillole per la pressione, per il cuore, per il diabete, controlli continui, e compagnia cantante).

  41. Dissento pressoché integralmente dal contenuto di questo articolo. Innanzitutto in Italia il principio di autodeterminazione e dunque la  libertà di curarsi o meno è applicato quotidianamente, visto che qualsiasi cura proposta è subordinata al consenso informato del/la paziente. Secondo, il progresso delle cure mediche è il risultato di scoperte scientifiche, sottoposte al vaglio della verifica sperimentale; gli interessi economici -la cui liceità può essere certamente discussa- arrivano sempre in secondo ordine. Terzo, portare ad esempio di un giusto rifiuto di cure oncologiche il caso dell’anziana madre dell’autore è -nel caso della ragazza- del tutto fuorviante: la leucemia linfoblastica acuta di cui era affetta ha un tasso di sopravvivenza a 5 anni di oltre l’80% e questo dato, con l’avvento delle terapie innovative come anticorpi monoclonali o cellule CarT, è in ulteriore aumento. Proprio per questi numeri la Cassazione ha avvalorato la condanna dei genitori, i quali erano seguaci delle pratiche del signor (ex dottor) Hamer, con tutto il corteo di aspetti “magici” legati a tali pratiche e conseguente plagio di una ragazza in condizioni di estrema vulnerabilità psicologica.  Credo che nessun lettore o lettrice di questo blog (a parte forse “Grazia”, quella  che definisce Sars Cov 2 un “fantomatico” virus), di fronte a una malattia simile sceglierebbe la cura Hamer. Infine, la visione  di una “vittoria sul tumore”, con tanto di medici schierati fideisticamente, è ridicola e obsoleta almeno quanto il concetto di “lotta con l’alpe”: nessun oncologo  oggi parla di malattia da sconfiggere, bensì di malattia cronica, che è tutt’altra cosa.

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