Da dieci anni la Regione Autonoma Valle d’Aosta e le società Monterosa e Cervino stanno sprecando risorse e tempo prezioso per rincorrere il miraggio dell’arricchimento facile con una nuova linea funiviaria. «L’attuale amministratore delegato della società Monterosa SpA non è nuovo ad uscite fantasiose: negli anni ‘90, durante un incontro pubblico in cui si prospettò l’idea del Parco nella testata della Valle d’Ayas, esordì sostenendo che nel Vallone delle Cime Bianche si sarebbe potuto realizzare una bellissima seggiovia collocando lungo il percorso stambecchi di plastica», ricorda in questa intervista Marcello Dondeynaz, ex membro del Consiglio di Amministrazione del Parco naturale Mont Avic. Perché non «ripartire dalle Cime Bianche» per dar vita al Parco del Monte Rosa? Una prospettiva nuova, invece dei soliti tralicci per una nuova linea funiviaria «inutile, devastante per la testata della Val d’Ayas, divoratrice di fondi pubblici, utile solo ad alimentare le attese di nuove speculazioni immobiliari estere».
Miraggi valdostani
(parla Marcello Dondeynaz)
di Fabio Balocco
(pubblicato su italialibera.online il 1° settembre 2025)
Foto: Marcello Dondeynaz
Marcello Dondeynaz, aostano, oggi settantenne, fin da giovanissimo è impegnato in attività sociali e politiche, privilegiando le tematiche di carattere ambientale. Dal 1981 al 1984 è il più giovane segretario regionale del Pci. Dal 1992 al 1998 opera, con incarico fiduciario, presso la segreteria dell’assessorato regionale all’Ambiente, Territorio e Trasporti per la realizzazione di progetti specifici. Dal 1998 ha svolto attività di libera professione, in particolare nell’ambito dell’ideazione e gestione di progetti europei di cooperazione territoriale Interreg. È stato membro del Consiglio di Amministrazione del Parco naturale Mont Avic.
Da quanti anni in Valle d’Aosta si parla del collegamento tra Alagna Valsesia e Zermatt? Se non sbaglio ci fu anche chi affermò che un giorno si sarebbe andati da una località all’altra in infradito.
Sono ormai dieci anni che la Regione Autonoma Valle d’Aosta e le società Monterosa e Cervino stanno sprecando tempo prezioso e risorse a rincorrere il miraggio dell’arricchimento facile che cade dal cielo, dai tralicci di una ipotetica, inutile linea funiviaria, anziché sostenere istituzioni locali ed operatori economici a mettere in campo una strategia di sviluppo che valorizzi i caratteri di unicità e insostituibilità del territorio, l’unica in grado di fronteggiare al contempo crisi climatica e una insostenibile concorrenza nella corsa all’artificializzazione della montagna. L’attuale amministratore delegato della società Monterosa SpA non è nuovo ad uscite del genere: già negli anni ‘90, durante un incontro pubblico in cui si prospettò l’idea del Parco nella testata della Valle d’Ayas, esordì sostenendo che nel Vallone delle Cime Bianche si sarebbe potuto realizzare una bellissima seggiovia collocando lungo il percorso stambecchi di plastica. Peraltro il vagheggiato sorvolo estivo in infradito e in successione delle testate della Valsesia, della Valle di Gressoney, della Val d’Ayas e della Valtournenche si scontra con l’interruzione del collegamento impiantistico fra Gressoney e Ayas, con costi proibitivi per la maggior parte delle persone e con il fatto che, a volte, ai 3500 metri del Plateau Rosà fa ancora freddino.
A che punto siamo? Per terminare il collegamento, si dovrebbe interessare l’area del Vallone di Cime Bianche, che è uno dei pochi valloni ancora intatti della Valle d’Aosta.
Fautore il comune di Valtournenche, con il concorso dei comuni di Ayas, Gressoney-La-Trinité e Gressoney-Saint-Jean, nel 2015 fu predisposto un costoso studio di fattibilità per la realizzazione di un collegamento funiviario che avrebbe dovuto permettere la creazione di un unico grande carosello di impianti di risalita da Zermatt ad Alagna, a servizio della pratica dello sci di discesa. La proposta, assai carente da ogni punto di vista, prefigurava la realizzazione di due impianti: una telecabina dalla località Frachey alla località Vardaz (m. 2.300), e una funivia trifune dall’alpe Vardaz al colle superiore delle Cime Bianche, questo in una delle poche valli valdostane non ancora infrastrutturate. Lo stesso studio escludeva la possibilità di realizzare una pista di sci nella parte bassa del Vallone e ipotizzava una pista nella parte alta. A seguito anche della documentata analisi dello scempio che avrebbe comportato la realizzazione di una pista da sci, la stessa amministrazione comunale di Ayas riconobbe che non era ipotizzabile. Passano due anni e, nella primavera del 2017, il Servizio Impianti a Fune (Sif) della Regione Valle d’Aosta predisponeva, con il concorso delle società interessate, una relazione rimasta a lungo ufficiosa e portata alla luce da un servizio giornalistico (La Stampa, 15 agosto 2017). A differenza della proposta del 2015, la relazione Sif proponeva il collegamento non più con il colle superiore delle Cime Bianche ma con il colle inferiore, in considerazione delle esigenze di rinnovo degli impianti lato Cervinia e per consentire il collegamento estivo verso il Plateau Rosa e Zermatt. L’idea era quella di realizzare una successione di 4 telecabine: Frachey-alpe Vardaz, alpe Vardaz-colle inferiore; colle inferiore-colle superiore; colle superiore-stazione di Cime Bianche Laghi della funivia del Plateau Rosa. Gli impatti sui “siti ambientali sensibili” sono liquidati ipotizzando la creazione di nuove aree di protezione in altre zone della Valle d’Aosta. Risale a più di due anni fa, marzo 2023, un nuovo rapporto edito dalla Monterosa S.p.A. “Studi propedeutici e preliminari alla valutazione di fattibilità del collegamento intervallivo Cime Bianche”. Nonostante la mole della documentazione, costituita da decine e decine di carte e di testi, e migliaia di pagine, spesso ridondanti o inessenziali, e con vistose e fondamentali carenze, del tipo che non affrontava la problematica normativa che vieta di realizzare impianti da sci in ambienti Zps (Zone di Protezione Speciale), non affrontava la problematica relativa alla vetustà degli impianti esistenti; non veniva riportato nessun dato sui flussi intervallivi. E veniamo ad oggi, quando lo studio viene riesumato alla vigilia delle elezioni regionali del prossimo 28 settembre 2025. Di più, il governo regionale, le società Monterosa e Cervino, con l’asservimento dei comuni di Ayas e Valtournenche, hanno deciso – senza alcun confronto in Consiglio regionale – di avviare l’iter per un accordo di programma finalizzato alla realizzazione di una linea funiviaria nel Vallone delle Cime Bianche.
La politica è evidentemente favorevole all’iniziativa. Ma le popolazioni interessate come si pongono? Si è anche creata un’Associazione “Ripartire dalle Cime Bianche”.
È triste constatare come, alla vigilia delle elezioni regionali, alcune forze politiche tornino ad agitare lo spettro di questa linea funiviaria: inutile, devastante per la testata della Val d’Ayas, divoratrice di fondi pubblici, utile soltanto ad alimentare le attese di una speculazione immobiliare sempre più in mano a soggetti esteri. Peraltro, dopo le adunate propagandistiche degli scorsi anni, con maestri di sci e guide alpine accalcate in prima fila, le popolazioni interessate iniziano a dubitare della bontà di tale operazione, quando ammodernare gli impianti esistenti, ampiamente sufficienti, lato Breuil/Cervinia e lato Monterosa già richiede investimenti elevatissimi; quando il futuro dello sci è sempre più incerto; quando l’utilizzo dell’acqua è sempre più conteso e comunque ben altre sono le priorità, a iniziare dell’impossibilità di accesso alla casa per nuovi residenti e lavoratori, stabili o stagionali. “Ripartire dalle Cime Bianche” è un comitato spontaneo di cittadini, composto da residenti, proprietari e amici storici di Ayas, che si è attivato nel corso degli anni 2015 e 2016 ai fini della tutela e della promozione delle unicità dell’alta Val d’Ayas e del Vallone delle Cime Bianche. Formalizzatosi nel corso del 2017, al fine di rafforzarne l’attività di studio, di divulgazione, di confronto e di animazione sul territorio, il Comitato è apartitico e aconfessionale, e il suo scopo è perseguito mediante: il coinvolgimento attivo della comunità locale e dei visitatori; la collaborazione con gli enti e le associazioni locali; la pubblicazione di materiali informativi; l’organizzazione di seminari, convegni ed incontri; l’effettuazione di campagne di sensibilizzazione ai diversi livelli; la raccolta di fondi e partecipazione ad eventuali campagne di crowdfunding; la riserva di intraprendere azioni legali a tutela dei beni ambientali e culturali e delle risorse naturali; la cooperazione con associazioni e comitati che a livello locale, nazionale e internazionale perseguono le medesime finalità.

Sia per contrastare l’iniziativa, sia per il valore ambientale e territoriale che il Vallone ha, è partita la Campagna di Sostegno all’Auspicio del Parco naturale del Monte Rosa. Ci puoi dire da chi è partita la Campagna, quindi chi sono i promotori e i sostenitori, e quale area interesserebbe il Parco?
A fronte dei propositi di continuare a sfruttare in modo insensato la natura che ci ospita, di devastare un’oasi incontaminata di biodiversità e di grande bellezza, l’Auspicio propone una visione per uno sviluppo capace di recuperare i valori di una comunità solidale, in grado di tutelare i beni comuni, di affrontare i mutamenti globali (climatici, economici e culturali), valorizzando le unicità del territorio. Il Parco garantirebbe opportunità di ricerca scientifica, crescita culturale, riscoperta dell’identità, posti di lavoro qualificati e, fin da subito, un forte ritorno in termini di reputazione, notorietà e immagine. L’iniziativa è stata messa a punto dall’associazione con il contributo di esperti e studiosi (fra i quali Massimo Bocca, ornitologo, per oltre trent’anni Direttore del Parco naturale del Mont Avic, Giorgio Vittorio Dal Piaz, decano dei geologi italiani e Michele Musso, studioso della civiltà Walser), raccogliendo fin da subito il sostegno di operatori e professionisti locali e dei rappresentanti di autorevoli associazioni (fra i quali Antonio Montani, Presidente generale del Club Alpino Italiano, Luigi Ciotti, Presidente del Gruppo Abele e Casacomune e Vanda Bonardo, Presidente di Cipra Italia e Responsabile nazionale Alpi Legambiente). Un parco che comprenderebbe la testata dei comuni di Valtournenche, Ayas e Gressoney-La-Trinité ricompresa nel sito “IT1204220 – Zsc/Zps Ambienti glaciali del gruppo del Monte Rosa” della Rete europea Natura 2000, la contigua Area Ef1 di interesse naturalistico in comune di Ayas e il Vallone di San Grato ad Issime, l’unico ad aver mantenuto intatta la struttura fondiaria della colonizzazione Walser. Ci tengo a sottolineare che noi non vogliamo mica la luna, ma quanto prospettato dallo studio di fattibilità della linea funiviaria laddove in cambio dell’occupazione del Vallone delle Cime Bianche si concederebbe appunto: 1) Piano di gestione dell’area Natura 2000 e suo ampliamento; 2) Piano di pascolamento; 3) Piano di azione per Habitat Pernice Bianca; 4) Ecomuseo; 5) Parco Naturale, eccetera. L’Auspicio potrà sortire qualche risultato se ci sarà una vasta mobilitazione dal basso.
La proposta si può sostenere con una firma: https://buonacausa.org/cause/parcomonterosa.
E, volendo, con una donazione, anche modesta: https://buonacausa.org/cause/valledaosta.
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Di “George” (vedi intervento 5) pistaioli carvanti da neve artificiale purtroppo ce ne sono tanti. Sia gli impiantisti speculatori che i loro amici politici lo sanno bene. Per farli sciare nel vallone di Cime Bianche realizzeranno per loro piste autostrade da percorrere “in sicurezza” che faranno danni non certo minori degli impianti previsti.
Considerando che il plateau del Monte Rosa domina sulla val d’Ayas e che sia Cervinia che Zermatt lo sfruttano da decenni non vedo perché anche dalla valle d’Ayas non si possa fare un impianto ben progettato .
Io ho sciato e camminato sulle piste da sci e assolutamente qualche palo e qualche cannone per fare neve , non mi danno nessun fastidio.
Girando in MTB, ritornando zona dolomiti di Brenta, mi é capitato di scendere verso il lago delle Malghette, che nn ho potuto raggiungere perché il sentiero é interdetto alle mountain bike… e sono sceso seguendo una traccia accanto ad una delle tante piste da sci, che finiva su un pianoro tra il lago e Campo Carlo Magno…
Ho guardato di fronte a me, e dove c’era il bosco (20 anni fá, è da tanto che mancavo) ora c’è… una larghissima pista da sci… tristezza… giá c’è il bostrico che fa stragi…
E poi sono le mountain bike a rovinare la montagna… ( fonti CAI …)
@ 1
Le Dolomiti sono a Est.
È indecente pensare di aggredire la montagna con altri impianti che deturpano il paesaggio .
Di impianti ce ne sono anche troppi,a mio avviso. Non si devono
Accontentare gli apeculatori e quelli che pensano che le montagne siano da sfruttare. Vanno ,invece, protette perché considerate patrimonio di tutti
Ent
Gli “sghei” animano le iniziative “imprenditoriali” sia a ovest (Dolomiti) che a est: non cambia nulla. Ritengo che contro iniziative in stile Vallone delle Cime Bianche sia fisiologica la presa di posizione contraria del CAI, sia centrale che di singole sezioni, perché iniziative del genere sono davvero un attentato all’ambiente montano nel suo complesso. sul risultato finale, però, non sono così’ speranzoso, anche se mi allineo con chi si oppone a iniziative del genere, perché gli “sghei”, purtroppo, sanno sempre trovare la strada giusta e spesso arrivano all’obiettivo… Cmq, facciamo squadra e opponiamoci convintamente, magari ce la faremo…