Villaggio alberghiero di Auronzo

Alex Meister, non soltanto il villaggio sugli alberi
di Gianluca De Rosa
(pubblicato su corrierealpi il 17 marzo 2023)

L’interesse della famiglia Meister per il territorio auronzano non si ferma al villaggio turistico a cinque stelle di Federavecchia. Già perfezionata infatti l’acquisizione dell’albergo Vienna, situato in centro paese e chiuso da diverso tempo.

«Sono due operazioni distinte ma vincolate al via libera ai lavori del progetto più grande. Quando inizieranno i lavori a Federavecchia, procederemo contestualmente col progetto di riqualificazione dell’albergo in paese», ha rivelato Alex Meister, dichiaratosi soddisfatto dopo l’incontro pubblico avuto con la popolazione auronzana mercoledì sera in sala consiliare. L’imprenditore di Merano è tornato “a mente fredda” sul momento di confronto avuto con la cittadinanza, schieratasi apertamente a favore della realizzazione del villaggio turistico a cinque stelle tra Federavecchia e Collalto.

Quali sono le sensazioni del giorno dopo?
«Intanto ringrazio tutti coloro che hanno partecipato. Oltre 150 persone si sono dette favorevoli alla realizzazione del nostro progetto. Un ottimo punto di partenza, dopo qualche incomprensione di troppo registrata nel recente passato. Il progetto, in realtà, è pensato proprio per offrire nuovo impulso al territorio. Modi e tempi di realizzazione li stabiliranno le forze del territorio: il Comune, la Regione, le Regole. Dal canto nostro, siamo pronti ad iniziare i lavori. Lo siamo da tempo, in realtà; ora però, con il benestare del paese, sarà tutto diverso. Tempistiche di completamento dei lavori? Anche qui non dipende da noi. Aspettiamo le autorizzazioni, poi procederemo con il cantiere. Il nostro piccolo, grande sogno è noto: vorremmo inaugurare la struttura in tempo per le Olimpiadi invernali di Milano-Cortina 2026, partendo però da un presupposto. L’evento sportivo non rappresenta un punto di arrivo ma un punto di partenza».

Ha un messaggio da rivolgere a coloro che, non molti in verità, anche in sala mercoledì sera si sono dichiarati contrari?
«Dico solo che non è più tempo di avere paura del cambiamento. La montagna deve guardare al futuro con rinnovato ottimismo ed entusiasmo. Anche le costruzioni si sono evolute, non siamo più a trent’anni fa. Non c’è motivo per temere la novità. Il villaggio turistico porterà benefici al territorio in termini di lavoro, occupazione, turismo. Se abbiamo deciso di investire qui è perché ci crediamo. Nessuna speculazione, non è nelle nostre corde. Abbiamo già alberghi che vantano oltre cento anni di esperienza e successo. Abbiamo già un villaggio turistico caratterizzato da case sugli alberi che regala soddisfazioni enormi ogni giorno. Sappiamo cosa stiamo facendo. Chi ha qualche dubbio sa dove trovarci».

Ci rivela qualche dettaglio del progetto?
«Realizzeremo 38 casette sugli alberi per un totale di 142 posti letto. Il villaggio sarà pensato principalmente per un turismo a misura di famiglia. Avrà un corpo centrale che ricaveremo dalla ristrutturazione dell’ex hotel Cristallo di Federavecchia. Lo abbiamo acquisito nel 2019. È stata un’operazione lampo. Passandoci davanti ne ho colte immediatamente le potenzialità. La vecchia proprietà non vedeva l’ora di cederlo. Ci siamo accordati in pochissimo tempo. È il territorio che in tutto questo tempo ci ha esortato ad andare avanti senza tentennamenti. Abbiamo rogitato una ventina di volte finora, acquisendo circa cento ettari di terreno circostanti. Nel villaggio ci si muoverà solo a piedi o a bordo di piccoli mezzi elettrici. Ci sarà spazio per riqualificare parte del territorio. Prevediamo la sistemazione di tutta l’area di Federavecchia, parcheggi compresi, dove oggi, soprattutto in estate, è il caos totale. Provvederemo anche alla realizzazione di una nuova strada che permetterà di raggiungere malga Maraia con una pendenza del 6%. Sostituirà quella attuale che per via delle pendenze nel tratto iniziale non permette di raggiungere la malga durante l’inverno. A proposito dei lavori previsti nel villaggio, ci piacerebbe poter impegnare tutto legno locale. Ne parleremo quanto prima con le Regole, con cui peraltro siamo già in contatto».

Ultimissima battuta dedicata al progetto parallelo pensato su Cortina, in località Col Tondo. Ci sono novità?
«No, da Cortina tutto tace. Non abbiamo avuto più risposte, neanche dopo il cambio di Amministrazione come successo ad Auronzo. Staremo a vedere».
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Ed ecco al riguardo le argomentazioni di Mountain Wilderness Italia, che condividiamo appieno.

NO al Villaggio alberghiero di Auronzo
a cura di Mountain Wilderness Italia

Roma 14 marzo 2023
Spett. Ministero per i Beni Culturali e Ambientali
Spett. Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio
Spett. Provincia di Belluno
Spett. Comune di Auronzo
Spett. Regola di Villapiccola
Spett. Regola di Villagrande

Oggetto: procedimento di costruzione di un villaggio turistico di lusso in loc. Federavecchia- Colalto-Col di Colalto in Comune di Auronzo (BL). Osservazioni preliminari di Mountain Wilderness Italia.

Un deciso NO al villaggio alberghiero 5 Stelle in località Federavecchia-Colalto-Col di Colalto in comune di Auronzo (BL).

Sul territorio amministrato dal Comune di Auronzo, nelle adiacenze e su proprietà delle locali Regole, da tempo la famiglia Meister (Merano – BZ) ha acquistato notevoli porzioni di territorio forestale e pascolivo con il fine di costruirvi un villaggio turistico di lusso definito “green”, quindi ritenuta struttura sostenibile. Il corpo centrale del villaggio sorgerebbe addirittura su terreno regoliero. Il progetto va ad insistere su una diffusa torbiera e nel cuore di un’area forestale umida di notevole valore naturalistico e paesaggistico, ad oggi intonsa edd attraversata da un’unica pista forestale. Nel merito la scrivente associazione presenta queste osservazioni. I documenti citati e riportati in calce nei passaggi salienti sono ritenuti documenti essenziali sui quali fondare ogni decisione nel merito del progetto avanzato dalla famiglia Meister. Le istituzioni tutte sono chiamate a rispondere nel merito e nel dettaglio ad ogni osservazione contenuta nei documenti di valenza internazionale e nazionale citati, nel pieno rispetto delle norme che regolano la gestione del territorio in esame, pertinenze comprese.

Il rendering di due delle 38 casette sugli alberi previste nel progetto a Federavecchia

1. La Convenzione delle Alpi.
Lo stato italiano e le sue diramazioni istituzionali devono applicare in ogni decisione i contenuti e gli obiettivi sottoscritti nel trattato internazionale definito “Convenzione delle Alpi” e nei relativi protocolli che la completano (07.11.1991). Nel caso specifico ci si sofferma in via prioritaria sui protocolli Foreste e Tutela dei Suoli, senza trascurare i contenuti relativi alla Biodiversità e Paesaggio ed al Turismo.
1. a Il Protocollo sulle foreste ha lo scopo di conservare questi habitat: se ne auspica l’aumento della loro estensione e nel nostro caso di migliorarne la stabilità. Va tenuto ben presente che dal XIX° secolo in poi la temperatura media sulle Alpi è aumentata di oltre 2° C, e che le prospettive in tal senso indicano un progressivo aumento delle temperature in aree montuose, molto superiore a quanto avviene sul territorio nazionale, proprio in ragione delle caratteristiche morfologiche delle montagne. Gli ambiti forestali mantenuti abbastanza intonsi, comunque conservati, oltre a proteggere le popolazioni dall’inquinamento atmosferico, a fornire un habitat di vita a popolazioni di animali selvatici, a conservare la biodiversità, a mitigare i rischi idrogeologici causati dal riscaldamento globale, qualora conservati permettono un loro utilizzo a scopo ricreativo sempre più strategico per il futuro. In questo caso il Protocollo scrive: “… d) Utilizzo a scopo ricreativo. L’uso delle foreste montane a scopi ricreativi viene gestito e, dove necessario, contenuto in modo tale da non pregiudicare la conservazione e la rinnovazione delle foreste montane, tenendo conto delle esigenze degli ecosistemi forestali.”

1. b Venendo ora all’altro strategico protocollo, quello del Consumo di suolo, vi si scrive fin dalla premessa illustrativa: “… Come interfaccia vivente tra la copertura vegetale e il sottosuolo geologico, il suolo è la ‘pelle’ del nostro pianeta. L’involucro solido della roccia, la biosfera, l’atmosfera e l’idrosfera si sovrappongono al suolo. Rispetto alla pelle del corpo umano, questo strato di suolo è molto più sottile ed estremamente vulnerabile. Il suolo è una risorsa limitata e non rinnovabile nell’arco di poche generazioni umane. Il suolo fornisce innumerevoli servizi ecosistemici essenziali per la vita umana e costituisce la base per un’ampia gamma di attività antropiche. Nonostante l’enorme importanza per la vita vegetale, animale e antropica, il suolo è un mezzo che ha ricevuto troppa poca attenzione; a esempio, l’immensa abbondanza di vita del suolo è ancora inesplorata. Una manciata di suolo vitale contiene più organismi viventi di quanti ne esistano sulla terra. La difesa dei suoli è quindi di estrema importanza! Ciò è particolarmente vero per le regioni montane, come l’area alpina, dove i suoli sono molto più vulnerabili e a rischio a causa dei rilievi scoscesi, dei suoli poco profondi e dei tempi di trasformazione più lunghi. Un’altra sfida per i suoli delle aree alpine è rappresentata dai cambiamenti climatici, che nelle aree montane avanzano più rapidamente e sono molto più evidenti che in altre Regioni. Un suolo sano è un elemento chiave per la mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici, per la tutela della biodiversità e per la sicurezza alimentare. Tuttavia, ogni giorno perdiamo una grande quantità di suolo fertile. Tale perdita è da ricondursi in larga misura al consumo di suolo da parte dell’uomo. Si tratta di un fattore di cruciale importanza nelle Alpi, dove la disponibilità di suolo è particolarmente limitata“.
“… 2. Il suolo va mantenuto efficiente in modo sostenibile nelle sue funzioni naturali, come a) base e spazio vitale per uomini, animali, piante e microorganismi, b) elemento costitutivo della natura e del paesaggio, c) parte integrante dell’ecosistema, soprattutto in relazione al ciclo delle acque e delle sostanze nutritive, d) mezzo di trasformazione e regolazione per l’apporto di sostanze, in particolare per le sue proprietà di filtro, tampone e contenitore, particolarmente per la protezione delle acque di falda, e) serbatoio genetico;…” ed ancora “…Occorre in particolare garantire e conservare nel lungo periodo, in senso quantitativo e qualitativo, le funzioni ecologiche del suolo come parte essenziale dell’ecosistema. E’ necessario promuovere il ripristino dei suoli compromessi.
3. Le misure da adottare perseguono in particolare un uso del suolo adeguato al sito, un uso parsimonioso delle superfici, la prevenzione delle erosioni e delle alterazioni negative della struttura dei suoli, nonché la riduzione al minimo delle immissioni di sostanze dannose per il suolo.
4. In particolare si deve conservare e favorire la diversità dei suoli tipica del territorio alpino e i siti caratteristici.
5. Per questi scopi assume particolare importanza il principio della prevenzione in funzione di uno sviluppo sostenibile, che comprende la salvaguardia della funzionalità e dei potenziali usi dei suoli a scopi diversi, nonché la loro disponibilità per le future generazioni.
Articolo 2 Impegni fondamentali
1. Le Parti contraenti si impegnano ad adottare le misure giuridiche e amministrative necessarie ad assicurare la difesa dei suoli nel territorio alpino. Il controllo di queste misure avviene sotto la responsabilità delle autorità nazionali.
2. Se esiste il pericolo di compromissioni gravi e durature della funzionalità dei suoli, occorre, in linea di principio, dare priorità agli aspetti di protezione rispetto a quelli di utilizzo…”.

1. c Una dovuta attenzione va offerta anche al Protocollo della natura e del paesaggio. Le sue finalità sono efficacemente espresse: “… L’obiettivo del presente Protocollo è quello di stabilire norme internazionali, in attuazione della Convenzione delle Alpi e tenuto conto anche degli interessi della popolazione locale, al fine di proteggere, di curare e, in quanto necessario, di ripristinare la natura e il paesaggio, in modo da assicurare durevolmente e complessivamente: l’efficienza funzionale degli ecosistemi, la conservazione degli elementi paesaggistici e delle specie animali e vegetali selvatiche insieme ai loro habitat naturali, la capacità rigenerativa e la produttività durevole delle risorse naturali, nonché la diversità, la peculiarità e la bellezza del paesaggio naturale e rurale; nonché al fine di promuovere la cooperazione tra le Parti contraenti, a ciò necessaria.
Articolo 2 Impegni fondamentali.
In conformità con il presente Protocollo, ciascuna Parte contraente si impegna a adottare le misure necessarie per assicurare la protezione, la cura e, per quanto necessario, il ripristino della natura e del paesaggio nel territorio alpino, insieme alle specie animali e vegetali selvatiche, alla loro diversità e il loro habitat, considerando nel contempo le possibilità di un loro uso ecologicamente tollerabile…” Il Protocollo Biodiversità e Paesaggio invita gli Stati aderenti a non frammentare gli spazi intonsi. Riguardo le aree protette sollecita a metterle fra loro in comunicazione attraverso sinergie nella gestione degli spazi e la costruzione di connessioni ecologiche.

2. Il principio di precauzione
L’osservatorio di Legambiente “Città Clima” documenta come nel 2022 gli eventi climatici estremi in Italia siano aumentati del 55%, arrivando a 310 casi e provocando nel paese 29 morti. Il 2022 è stato l’anno più caldo e siccitoso dal 1800 in poi. Pochi dati spiegano perché sia doveroso investire nel principio di precauzione, una scelta oculata e lungimirante. Infatti si tratta di una politica di condotta cautelativa per quanto riguarda le decisioni politiche ed economiche. Non è un caso che il principio sia parte integrante del Trattato della Costituzione europea, parte III°. I legislatori che hanno costruito le fondamenta dell’Unione europea avevano visione di lungo periodo. Meglio prevenire che curare, in ogni situazione. Il principio di precauzione costituisce anche uno dei pilastri a sostegno dei documenti della Conferenza sull’Ambiente e lo Sviluppo tenutasi dalle Nazioni Unite a Rio de Janeiro nel 1992. Infatti vi si afferma: “Al fine di proteggere l’ambiente, un approccio cautelativo dovrebbe essere ampiamente utilizzato dagli Stati in funzione delle proprie capacità. In caso di rischio di danno grave o irreversibile, l’assenza di una piena certezza scientifica non deve costituire un motivo per differire l’adozione di misure adeguate ed effettive, anche in rapporto ai costi, dirette e prevenire il degrado ambientale””il fatto di invocare o no il principio di precauzione è una decisione esercitata in condizioni in cui le informazioni scientifiche sono insufficienti, non conclusive o incerte e vi sono indicazioni che i possibili effetti sull’ambiente e sulla salute degli esseri umani, degli animali e delle piante possono essere potenzialmente pericolosi e incompatibili con il livello di protezione prescelto”. Sul tema il Trattato di Maastricht ha introdotto il principio di precauzione, poi ripreso dalla Costituzione Europea art. III-233 (5) attualmente enunciato all’art. 191 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, dove si sostiene che la politica dell’Unione in materia ambientale mira ad un elevato livello di tutela ed è fondata sui principi di precauzione e dell’azione preventiva, sul principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all’ambiente e sul principio “chi inquina paga”.

Alex Meister (in camicia) con la sua famiglia

3. Il diritto alla partecipazione
Quanto riferito al tema del dovere di precauzione risulta impossibile applicare nei casi in cui le popolazioni non vengono coinvolte, fin dai primi passi, nei processi decisionali. Per un lungo periodo di tempo, dal 2019 ad oggi, presso le istituzioni comunali e regionali (Veneto) è depositato il progetto Meister. Non è mai stata data la possibilità a cittadini o associazioni di visionarne i contenuti. La partecipazione è principio informatore del diritto amministrativo contemporaneo. Per la giurisprudenza amministrativa nazionale “costituisce un principio generale dell’ordinamento giuridico” correlato con i canoni costituzionali di imparzialità e buon andamento (Cons. St., sez. IV, 25.9.1998, n. 569 e Cons. St., sez. V, 22.5.2001, n. 2823). Il principio di partecipazione si registra negli ordinamenti giuridici ai diversi livelli di governo, anche se in forme diverse: globale, europeo, nazionale, regionale e locale. Da questi passaggi si evince come la partecipazione non abbia lo scopo prevalente di garantire il privato nei riguardi dell’azione del pubblico potere, compreso quello di contribuire in termini conoscitivi al processo di assunzione di decisioni pubbliche il più ampiamente possibile condivise (Nigro, M. Il nodo della partecipazione). Non sono pertanto poste in evidenza solo le ragioni di tutela del cittadino, ma anche quelle che mirano ad apportare all’amministrazione elementi di conoscenza per il più corretto esercizio dei poteri discrezionali (Cons. St. Sez. VI, 8.4.2003, n° 1882; Cons. St. sez. IV, 13.12.2001, n° 6238). Tre sono infatti i pilastri della partecipazione procedimentale. Da un lato, la comunicazione d’avvio del procedimento (art.7) ai destinatari diretti e indiretti del provvedimento finale (Pubbliche amministrazioni locali, associazioni locali e nazionali, cittadini); dall’altro la possibilità di prendere visione degli atti del procedimento e la possibilità di presentare memorie scritte e documenti (art.10). Nella legge italiana sul procedimento amministrativo le garanzie partecipatorie sono pertanto strumentali sia all’instaurazione di un vero e proprio contraddittorio procedimentale (in funzione di difesa) quanto allo svolgimento della più generale ed ampia partecipazione. Sono inoltre dirette ad assicurare un contraddittorio (o una partecipazione) essenzialmente in forma scritta, diversamente da altre soluzioni ordinamentali in cui si prevede anche la forma orale (si pensi alle hearings istruttorie statunitensi).
4. Obiettivi per il clima
I contenuti fino a questo momento affrontati ed enunciati vanno completati con quanto troviamo scritto nel Sistema alpino di obiettivi per il clima 2050, parte fondante del 7° Rapporto sullo stato delle Alpi, chiamato anche “Dichiarazione di Innsbruck – 2019”. E’ evidente a qualunque osservatore scientifico e politico come il tema della crisi climatica rappresenti l’emergenza più impegnativa che l’intera umanità deve affrontare, un’emergenza che va affrontata da subito, partendo da situazioni anche locali. Nel documento citato, negli obiettivi sulla difesa del suolo, sta scritto: “T_S1 Consumo e impermeabilizzazione del suolo ridotti al minimo. Non vi sono più consumo e impermeabilizzazione del suolo (netti) aggiuntivi. Gli interventi di riqualificazione delle aree dismesse sono stati intensificati al fine di proteggere i terreni specifici alpini e i servizi da essi resi”. E segue “T_S2 Miglioramento della qualità del suolo alpino. È stata migliorata la qualità del suolo alpino, ripristinando soprattutto la funzione di sink biosferico delle zone umide e delle torbiere, comprese le foreste ripariali, nelle Alpi. Si previene l’erosione del suolo alpino al fine di salvaguardarne le funzioni per l’agricoltura di montagna e per altri usi sostenibili”. Passaggi che sembrano scritti proprio pensando alla situazione che stiamo analizzando nel Comune di Auronzo.
5. La proposta di urbanizzazione di Federavecchia-Colalto-Col di Colalto
L’area di Federavecchia-Colalto fa riferimento ai contenuti dei Protocolli sul tema delle Foreste, del Consumo di suolo, della tutela delle aree umide e delle torbiere, della biodiversità e dei paesaggi. Nel caso delle foreste, specie quando complesse e articolate come quella di Colalto, abbiamo il dovere della conservazione e dell’eventuale intervento teso a non pregiudicarne, in modo assoluto, la conservazione, anzi, a migliorare le situazioni di eventuale degrado o impoverimento. Sul tema del valore dei suoli vi si scrive che vanno mantenuti efficienti, capaci di assolvere tutte le funzioni che li caratterizzano, biodiversità animale e vegetale, regimazione delle acque, fertilità, in funzione della loro disponibilità per le generazioni future. Ci risulta veramente impossibile comprendere come oggi si possa trascurare il valore strategico che hanno assunto le poche torbiere e aree umide rimaste nelle alte quote, anche in riferimento alla loro capacità di essere serbatoio di assorbimento e contenimento della CO2, in tempi di evidente riscaldamento climatico e di perduranti e sempre più lunghi periodi siccitosi. L’intera area che dovrebbe ospitare il villaggio turistico ritenuto ecosostenibile dai proponenti confligge con la nostra lunga esposizione di valori insiti in quell’ambiente. Siamo in presenza di una realtà ancora poco studiata nei suoi valori scientifici, culturali e storici, quindi anche identitari. Com’è possibile intaccare un bene naturale, un bene comune tanto complesso, senza nemmeno conoscerlo nelle sue infinite potenzialità? E senza avere coscienza-conoscenza di quali valori e quale biodiversità saremmo destinati a privarci nel caso si sostenga l’investimento proposto? Riguardo le normative paesaggistiche è evidente che qualora si scelga di urbanizzare l’area non verrebbero rispettate. Ognuno dei temi citati dovrebbe venire sottoposto a deroga o superato con superficialità. L’insediamento in un’ampia radura forestale e nella compresa torbiera oggi in sofferenza, quindi da riqualificare come tale, è davvero insostenibile. In località Federavecchia-Colalto (comune di Auronzo), a 1600/1650 m. slm, si prevede l’insediamento di un albergo diffuso extralusso in una radura caratterizzata non solo dalla torbiera, ma da un’associazione forestale variegata: un bosco di faggi, betulle, abete rosso, pino silvestre, mugheti: una vista stupenda che apre sulla val d’Ansiei e su una corona dolomitica del gruppo dei Cadini di Misurina, del Sorapis, del Cristallo, delle Marmarole. Un’area incontaminata e di grande pregio ecosistemico e paesaggistico. La famiglia Meister intende diffondere su tale superficie circa 140 posti letto alberghieri ricavati in una struttura costituita da: – circa 30 unità di “case sugli alberi” (suites alberghiere non residenziali) con superficie da 85 a 123 mq su 1 o 2 livelli per 2 o più persone; – circa 10 unità di chalet (suites alberghiere non residenziali) con superfici da 90 a 130 mq su 1 o 2 livelli per 2 o più persone; – un corpo centrale di servizi: piano terra e piano primo dedicati esclusivamente all’accoglienza, amministrazione, ristorante, bar, piscina, sauna, zona personale e custode; – una zona interrata con depositi, centrale termica e garage per circa 20 posti auto con importanti ed innovativi interventi per la generazione di calore e di energia (così ci si esprime nel progetto). Il complesso sembra venga utilizzato all’interno solo a piedi, vi verrà realizzato un “biolago” (cosa significhi un simile termine non è dato di sapere) di circa un ettaro in estensione. Il volume complessivo del costruito previsto è indicativamente di 19.000 mc. Volumi edificati fuori terra sparsi su una superficie di oltre 4 ha con prevalente uso del legno. Il costo delle realizzazioni dovrebbe ammontare a circa 38 milioni di euro di cui non si conosce la copertura, se totalmente privata o con una previsione di intervento pubblico, comunale o regionale. Il Comune di Auronzo sembra essere intenzionato a collaborare con il privato alla realizzazione di questo progetto: lo si sta propagandando tra la popolazione, in un modo che noi riteniamo inadeguato, senza aver condiviso con questa le modalità e i contenuti delle eventuali presentazioni. In assenza di una presentazione di studi che riguardino un business-plan, la ricaduta sociale ed economica effettiva del progetto, studi naturalistici di dettaglio sull’intero ambito territoriale, le garanzie di tutela integrale della torbiera e area umida presente, l’associazione ambientalista Mountain Wilderness Italia ha avviato in proprio uno studio specifico sulle valenze ambientali del territorio interessato, sostenuta anche da fondi solidaristici privati. Nel fare questo l’associazione ha coinvolto anche i cittadini interessati per condividere i valori ambientali, storici del territorio. Qui illustriamo solo le principali evidenze di tale studio, avendo ancora in corso approfondimenti di importanza non trascurabile.
6. Col de Colalto: un territorio da proteggere
Premessa
Il territorio interessato è situato nella valle di Ansiei, una valle dalle spettacolari vette dolomitiche, caratterizzata da maestose foreste di conifere e boschi di faggio. La valle presenta particolare interesse geologico e mineralogico e in diversi punti sono presenti torbiere e prati umidi di rilevante importanza. L’area interessata dal progetto di infrastrutturazione turistica è particolarmente integra dal punto di vista paesaggistico ed ambientale con presenza di fauna peculiare, tra cui ungulati, tetraonidi, il picchio nero ed il lupo recentemente ricomparso. Il progetto che la società Meister propone, come brevemente anticipato, prevede la costruzione di 38 edifici in legno e di un edificio centrale con ristorante, un lago e canali di drenaggio delle torbiere; potrebbe ospitare circa 150 persone più il personale e si prevede il potenziamento dell’accessibilità con tratti di nuova strada, alterando l’equilibrio ambientale dell’area. Inoltre l’istituto delle Regole Cadorine non ammette la cessione di parte della proprietà collettiva né l’utilizzo per altri scopi se non quelli tradizionali. Stiamo parlando di terreni inalienabili, indivisibili e inusucapibili- haereditas aviatica. Gli scopi tradizionali di questi territori sono e rimangono “il mantenimento in perpetuo del vincolo di destinazione agrosilvopastorale”.
Il ruolo degli ambienti umidi e perché tutelarli
Nel 1992 la Comunità Europea ha emanato la direttiva 92/43 per la conservazione degli habitat naturali, tra i quali molti ambienti umidi. Anche con piccole modifiche nella loro gestione si possono alterare tali habitat riducendo la biodiversità e determinando la scomparsa delle specie animali e vegetali più sensibili. Gli ambienti umidi regolano i flussi idrologici, la depurazione delle acque, il controllo dell’erosione del suolo, la mitigazione dei cambiamenti climatici. Anche gli ambienti di torbiera e prati umidi a Col de Colalto risultano essenziali nel rafforzamento di queste situazioni, vanno protetti.
Le indagini ed attività effettuate dall’Associazione
1) Rilevamento e mappatura aerofotogrammetrica dell’area interessata al progetto
Sono state effettuate le aerofotogrammetrie con drone per individuare le diverse associazioni vegetali e gli habitat idonei per la vita delle diverse specie vegetali ed animali.
2) Analisi del contesto paesaggistico ambientale
Sono state svolte escursioni in zona per rilevare le componenti botaniche e zoologiche del territorio, oltre ai sopralluoghi si sono effettuate ricerche bibliografiche coinvolgendo specialisti di settore; le ricerche proseguiranno in primavera-estate 2023. La zona si presenta paesaggisticamente molto interessante, come risulta dalla relazione del sopralluogo del Prof. Cesare Lasen che osserva come l’area interessata dal progetto è occupata da una vera torbiera che difficilmente si salverebbe considerando che scavi e movimenti di terra implicano alterazione del suolo e dell’alimentazione idrica.
3) Analisi del contesto socio culturale del territorio
Si è analizzata la situazione attuale con l’aiuto di persone residenti, approfondendo la questione delle “Regole” ed il loro ruolo storico nella conservazione dei beni naturali e nell’utilizzo del territorio.
4) Organizzazione e formazione dei membri delle associazioni coinvolte e presentazione pubblica agli stakeholders del territorio
Si sono organizzati incontri per migliorare la capacità dei partecipanti di interloquire e muoversi verso l’obiettivo comune, rendendoli consapevoli della necessità di tutelare il loro territorio. Il metodo adottato è la Via del Cerchio, introdotto da Manitonquat sulla base degli antichi insegnamenti dei nativi americani, essendo il Cerchio la forma più rispettosa di incontro. I presenti, portatori di interessi fra loro contrapposti, hanno espresso comune contrarietà ad un prolungamento autostradale verso Cortina ed aperto diverse questioni sullo spopolamento dei paesi di montagna, la perdita di servizi essenziali e la ricerca di strategie efficaci per un’economia sostenibile, la necessità di tutelare gli ambiti naturali ancora presenti e i valori e territori delle Regole.
5) Ipotesi dell’impatto dell’opera proposta dal progetto
Sentite le opinioni degli esperti e da quanto rilevato dai documenti il progetto Meister risulta irrealizzabile a causa delle specifiche tecniche ipotizzabili:
– drenaggio degli ambienti umidi e perdita delle associazioni vegetali e della flora caratteristica;
– disturbo della fauna;
– preclusione alla popolazione di godere del bene;
– danni diretti nella realizzazione dell’opera: nuova strada, scavi per portare i servizi essenziali, ecc.;
– perdita di continuità tra habitat.
6) Ipotesi di utilizzo alternativo sostenibile del territorio interessato
Continueranno nel 2023 gli incontri con la popolazione residente ed esperti del territorio per elaborare le soluzioni proposte negli incontri del 2022 per una fruizione sostenibile dell’area di Col de Colalto in alternativa al progetto Meister.

La struttura simile già esistente

7. Conclusioni
L’area in questione si presenta di rilevante interesse paesaggistico-ambientale ed è una risorsa importante per mantenere le funzionalità del territorio. Risulta incompatibile con la realizzazione dell’opera proposta dal progetto Meister. Si ritiene necessario, da parte nostra, proseguire le ricerche durante le stagioni adatte al rilevamento ai fini di raccogliere un maggior numero di dati e verificare la presenza di specie meritevoli di particolare protezione, continuando a coinvolgere la popolazione per formulare ipotesi di utilizzo dell’area inserendola in un circuito che colleghi altre aree di particolare interesse presenti sul territorio. Mentre l’associazione prosegue l’azione di monitoraggio del territorio si fanno presenti agli organi preposti alle decisioni le seguenti osservazioni, che riteniamo vincolanti.

1. L’area interessata dal progetto confina direttamente con il territorio tutelato dalla Fondazione Dolomiti UNESCO, Dolomiti patrimonio naturale dell’umanità. E’ evidente che imponendo ai margini del territorio tutelato da UNESCO un progetto di urbanizzazione tanto invasiva si contribuisce ad accrescere la pressione antropica anche nelle aree buffer e core di Dolomiti UNESCO. A quanto ci risulta in nessun caso la Fondazione Dolomiti UNESCO è stata coinvolta nel processo decisionale del progetto.

2. L’intera area interessata si trova in diretta adiacenza con il SIC di Misurina IT 3230019. Una anche leggera urbanizzazione dell’area sottostante inciderebbe in modo diretto sulla conservazione di questo strategico ambito di Rete Natura 2000.

3. Poco a monte della zona di Federavecchia-Colalto vi è un’ampia area naturale, parzialmente urbanizzata, che soffre di un sovraccarico di antropizzazione, per nulla regolata nemmeno negli accessi. Stiamo parlando della zona del lago di Misurina (è incredibile che ciò avvenga ancora nel 2023), raggiungibile con auto private seppur a pagamento di un cospicuo pedaggio.

4. Appena a valle di Federavecchia è presente la Riserva naturale orientata di Somadida, un’area protetta gestita dallo Stato (Corpo dei Carabinieri forestali) ampia 1671 ettari, in loc. Palus San Marco. La foresta ospita diversi habitat inseriti nella Direttiva europea del 1992. Risulta incomprensibile come appena sopra un’area tanto delicata e strategica, anche dal punto di vista culturale, si possa inserire l’insediamento di un’attività turistica che imporrebbe l’azione di frammentazione e disturbo di un territorio naturale che dovrebbe invece essere rafforzato ed ampliato nelle sue funzioni conservative e paesaggistiche.

5. L’area vasta di Auronzo e del Comelico offre un insieme di torbiere che sono state anche nel recente passato studiate in modo approfondito e che permettono ai residenti e agli ospiti di comprendere il valore complessivo e nel lungo termine di questi ambienti. E’ possibile ed auspicabile che l’intera zona di Federavecchia e Colalto, vista la strategicità dei loro habitat e contenuti naturalistici, venga inserita in questo ampio orizzonte di studi e di percorsi formativi di alto profilo qualitativo, con ricadute importanti anche nell’attività turistica.

6. E’ necessario assicurare lo sviluppo, la gestione sostenibile e la custodia di questi territori, dei paesaggi, delle valutazioni e delle dinamiche dei cambiamenti in corso dovuti al riscaldamento globale: ulteriori riflessioni che ci portano alla difesa dei suoli ad oggi ancora naturali.

7. Va garantito il ripristino e la deframmentazione degli ecosistemi presenti, favorite e sviluppate le innumerevoli presenti connessioni ecologiche.

8. Prima di arrivare a conclusioni sul destino del progetto alberghiero Meister è necessario essere in possesso di studi particolareggiati e neutri che evidenzino in tutta la zona interessata:
a) la stretta osservanza e rispetto nelle norme, delle indicazioni, degli obiettivi presenti nella Convenzione delle Alpi, nella Carta del paesaggio dell’Unione europea, in tutti i documenti internazionali e nazionali preposti alla tutela degli ambienti naturali;
b) le specie vegetali ed animali presenti nella zona interessata dal progetto, quindi necessita uno studio preventivo e complessivo sulla biodiversità presente;
c) é necessario essere in possesso di uno studio pedologico sulla qualità dei suoli dell’intera area;
d) si devono avere presenti e documentate scientificamente le connessioni ecologiche della area vasta ad alta urbanizzazione (Misurina e Tre Cime di Lavaredo) con le zone ad oggi tutelate come la foresta di Somadida e Rete Natura 2000;
e) vanno approfonditi e resi pubblici i valori di unicità e di fragilità che l’intera area presenta;
f) si tenga presente per ogni valutazione, anche nel caso di interventi di miglioria, l’effetto sconvolgente che l’attacco di bostrico (Ips typographus) sta avendo sul patrimonio forestale nell’intera area e nella vallata;
g) è necessario che i residenti e le autorità che dovranno decidere sul futuro della zona abbiano presente l’effettiva ricaduta economica del progetto presentato;
h) prima di procedere ad ogni decisione nel merito è necessaria una valutazione economica, urbanistica e sociale che permetta, fin da subito, di intervenire nella riqualificazione delle ampie zone artigianali e commerciali dismesse nel comune di Auronzo;
i) è necessaria una verifica puntuale nel profilo legislativo delle reali proprietà acquisite dalla famiglia Meister, affrontando il tutto con uno studio storico che evidenzi chi ha venduto, sulla base di quale documentazione accertata, anche per non cadere in situazioni di possibile illegalità nel caso che determinate proprietà risultino accatastate alle Regole o entità collettive similari. La proprietà effettiva è rilevabile dall’analisi di Conservatoria. Va verificato in via preventiva se vi siano documenti che comprovano effettive concessioni a privati, avendo presente che si tratta di storia antecedente all’impianto meccanografico del 01.04.1976. Vi è certezza che i territori della partita 402 siano di origine regoliera. A questo proposito le due Regole hanno commissionato al prof. Germanò e all’avv. Elisa Tomaselli uno studio storico-giuridico consegnato nell’aprile 2021.

E’ evidente che in assenza di queste puntuali e complesse verifiche ogni procedimento autorizzatorio risulti perlomeno avventato, sicuramente illegittimo.

per Mountain Wilderness Italia: il Presidente Adriana Giuliobello

Villaggio alberghiero di Auronzo ultima modifica: 2023-04-01T05:41:00+02:00 da GognaBlog

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52 pensieri su “Villaggio alberghiero di Auronzo”

  1. Caro nonno …che saluto… oltre ad incrociare pure io le dita condivido in toto la tua visione generale del comprensorio centro Cadore ,molto a malincuore  aggiungo  e concludo che è proprio in funzione della poca responsabilizzazione e cura dei propri beni che qualche pescecane di turno se ne appropria buttando esche per i pescetti che poi divora, insomma il solito vecchio ma funzionale sistema .

  2. 48, Sign. antoniomereu, immagino sia a conoscenza che Somadida è gestita in esclusiva dal corpo forestale ora carabinieri … cioè Stati Italiano. Mi permetto di farLe notare quanto bene si sia integrato ambiente e vita nel Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi, contrariamente ai vari localismi gestionali citati dal Sign. Valagussa

  3. Toni 49… Purtroppo non sono convinto di due cose. La prima: dietro quelle decisioni ci vedo una forte operazione speculativa che sicuramente non è decisa e programmata dai montanari-residenti che, tutt’al più, possono consentire facendo buon viso a cattiva sorte, ingoiare l’ennesimo rospo, e convincersi che non esistano altre strade, oppure opporsi e finire additati come “conservatori della loro miseria”  o “traditori” (vedi Collegamento di Senfter). Secondo: non ho neanche molta fiducia nell’autonomia decisionale dei montanari-residenti e qui si apre un capitolo interessante per il Centro Cadore. Quale progetto esiste sviluppato da imprenditori, istituzioni, associazioni, comitati, ecc. Ne conosco pochi: il Parco Antelao-Marmarole-Sorapis poi? Certo ci sono i progetti mangiaterritorio di Confindustria che metterebbe ferro e cemento ovunque. In Comelico mi aveva affascinato il progetto che, insieme al collegamento sciistico, prevedeva un villaggio sul modello del “caravan” di Sesto, una ciclabile (sotterrata dal tempo), un’area termale (su cui Senfter non è riuscito a metter mano). Poi ci sono i fallimenti, possiamo discutere se per incapacità o impossibilità. Sulla Ciclabile delle Dolomiti Calalzo- Cortina o Calalzo-Misurina non siamo riusciti a costruire i servizi necessari alla frequentazione. Non esiste nemmeno un libretto o una cartina o indicazioni su dove fermarsi a dormire o mangiare o riparare la bici. Vogliamo parlere del “Regno delle Ciaspe”? Dei fondi “consumati” dalla U.M. per lo sviluppo dei sentieri? Magari chiediamolo al Ex Presidente del CAI di Pieve responsabile di ferrate-sentieri-bivacchi per conto della stessa U.M. La traversata del Centro Cadore è ricca di interruzioni e tratti su asfalto con un tracciato “politico” che accontenta tutti i comuni ma non i fruitori del percorso. La ciclabile attorno al lago ha visto “solo” una porzione di spesa per la realizzazione del Sentiero del Gufo, impossibile da percorrere in bici. Oppure la miriade di sentieri finanziati EU (basta vedere i cartelli) che si sovrappongono su sterrate o mulattiere cementificate, dove in più tratti sono ciclabili, pedonali, per fuoristrada, tagliafuoco, trasporto e espianto legname, ciaspe, chiesette, ruralità, ecc. Non so se la formula della commissione sia la migliore, penso però che le scelte andrebbero condivise con il territorio e, per prima cosa, far parte di un più ampio progetto con obiettivi strategici per il territorio complessivamente. Non mi è ancora arrivata notizia sul possibile utilizzo del PPNR in zona. Incrocio le dita.

  4. Carlo 43 la ringrazio per la solerte e chiara risposta , mi par di capire che per decisioni territoriali importanti e così determinanti per il futuro di quel territorio e la Loro economia dovrebbe nuovamente decidere chissà quale commissione, commissario o sovra etc come se queste fossero immuni da difetti e mosse da perfezione…nutro dubbi seri .E ripongo più fiducia in chi conosce Somadida essendoci nato di chi ci passa a 100 h. in auto .

  5. Buongiorno Stefano,
    se siamo così profondamente e tragicamente indebitati, mi spieghi com’è che i fondi europei continuano a scorrere a fiumi?
    L’economia come viene presentata al popolo è solo teatrino.
     
    Riportando la luce su Stromboli, gli isolani, che vivono lì da generazioni, non hanno bisogno di un organo competente che dica se l’alleata è alta o meno. 
    Ho avuto modo di assistere a un incontro tra cittadini, da un lato, e sindaco e vulcanologo dall’altro. Il popolo è stremato e non vuole sentire ragioni.
    Oltre al divieto vigevate per osservare l’attività eruttiva, ci sono cantieri su tutta l’isola, in parte dovuti ai danni dell’alluvione estiva, a loro volta originari dall’incendio propagato dalla Rai; le corse degli aliscafi sono state ridotte per il taglio di sussidi governativi; mancano medici e infrastrutture. 
    La questione meriterebbe un articolo a sé! 

  6. Non metto in dubbio Grazia. Ho visto video di camperisti in Sardegna che sono disperati non sanno piu’ dove passare la notte. Dove prima vi era uno spiazzo fronte mare, ora vi è una rete, un divieto, etc.
    Per quanto riguardo Stromboli, riporto un discorso gia’ fatto.
    L’autorita’ si appella a certe “scusanti” sovente valide per vietare, regolamentare, etc.
    Ora pero’ bisogna capire: Questo stato di emergenza è motivato o meno? Se per esempio (non conosco la problematica ma ipotizzo e immagino) il vulcano poteva eruttare 1 anno fa perché vi erano movimenti sospetti, scosse, effusioni di lava, etc. se ora la situazione è totalmente tranquilla, la norma sta assumendo una portata fuori dalla sua motivazione.
    Quindi molto sinteticamente se fossi un abitante di quei posti, mi informo bene sulla situazione da esperti. Poi ho tre strade: o sento l’avvocato per un suggerimento, o mando una pec all’organo che ha emesso il provvedimento oppure vado lo stesso in giro senza guida e se mi prendo la multa la contesto.
    Un giudice Susanna Zanda di Firenze ha descritto benissimo quello che è accaduto in questi ultimi 3 anni smontando pezzo dopo pezzo le sentenze della corte costituzionale. Ecco, la Zanda evidenzia che i DL e le leggi sono state emesse per PREVENIRE IL CONTAGIO. Peccato che gia’ in luglio 2021 si viene a sapere dal CDC americano che i vaccini non prevengono un bel niente. Stessa cosa per le norme sulla montagna. Passeggiare a luglio agosto 22 sotto la Marmolada è ovvio che la norma era FONDATISSIMA e infatti hanno tolto l’ordinanza nel periodo invernale. Questo a mio avviso è un gestire le cose correttamente sia dal lato organizzativo che normativo.
    In merito così forse mi credete sulle normative sempre piu’ spinte a bloccarvi, a limitare i vostri movimenti vi metto il link sotto alla fine. Come detto Crovella ha ben capito quello che sta accadendo. Sul lato montagna vi è poi la motivazione legata all’affollamento. 
    Sulla faccenda strettamente green come detto la penso diversamente da Crovella. E’ solamente una scusante per “imbrigliare” il comportamento della gente. Controllandola in tutto e per tutto, instaurando un vero e proprio regime con una scusante che possa far accettare questo regime senza sommosse. 
    Qui trovate un video interessante: poca gente tanta liberta’, tanta gente, forte dittatura.
    https://www.youtube.com/watch?v=7cHvXhjC9Zw
    Questo perchè? Nel video si parla di rapporto popolazione-risorse della Terra. In realta’ non credo che sia questa motivazione. Per me il motivo che sta alla base è perchè le economie sono sature e il sistema finanziario è arrivato in occidente al capolinea. Il fatto è che se in Occidente avessimo il triplo della popolazione ma debiti al 50% del Pil nessuno fermerebbe il consumismo perchè porta soldi alla grande finanza e alla grande industria. Ora invece che i debiti sono full (400-500% debito pubblico e privato su Pil) tirano fuori la scusante della Terra con le risorse limitate. 
    Questo accade perchè le economie che si fondano sui debiti prima o poi collassano. Non c’è storia. La storia è un cimitero di default di Stati. 
     
    https://www.maurizioblondet.it/gli-inglesi-si-ribellano-alla-citta-15-minuti/

  7. @42
    Stefano, grazie per la risposta ma faccio molta fatica a seguirti.
    In particolare, temo che colpire la “fruizione consumistica della montagna” (come la chiami tu) sia quanto di più lontano dagli obbiettivi dell’autorità.
    Se prevale l’approccio securitario per cui paternalisticamente si emettono restrizioni o si impone sempre più l’uso di determinata tecnologia o di precise regole per il bene dei fruitori, togliendo a questi la possibilità di auto-responsabilizzarsi, i soli bersagli saranno proprio coloro che tu chiami NOI (ovvero chi vuole frequentare una montagna non addomesticata e priva di agevolazioni consumistiche, se ho ben capito cosa intendi con NOI).
    Credo che da questo punto di vista il problema sia essenzialmente culturale, dell’evitare di estendere all’ambiente selvaggio concetti applicati (giustamente) ad ambienti controllati (ad es. sul posto di lavoro).
     
    Ciò, ritengo, ha comunque poco a che vedere con la preservazione dell’ambiente montano, che dovrebbe avvenire di per sè e non in quanto terreno dei nostri giochi che potrebbe venirci sottratto “se non facciamo i bravi”.
    E, tantomeno, per quanto riguarda il cambiamento climatico. Problema di tutt’altro spessore e che coinvolge tutti, indistintamente.

  8. In linea teorica i diversi argomenti sono autonomi, ma nella realtà interagiscono come vasi comunicanti, ecco perché siamo di fronte a un pentolone complesso e ingarbugliato. Ma da qualche parte dobbiamo prendere ‘sto toro per le corna, sennò ci inghiotte e con noi anche le montagne. Iniziamo da noi stessi, dalla comunità dei alpinisti. Maurizio Corona, nell’imitazione del comico Crozza, dice: “togliere, togliere, togliere”. Per salvare la terra, dobbiamo togliete, non aggiungere. A qualsiasi livello, anche di scelte individuali spicciole. Ciao!

  9. Caro Stefano, dalla mera osservazione deduco che, se le cose vanno avanti così, ci saranno senza dubbio spazi aperti a pochi, ma non saranno certo quelli spartani.
    Quello che si va via via alimentando è un turismo di massa, ridotto a determinati periodi dell’anno (come le feste comandate, vai in vacanza quando lo decide qualcun altro) parallelamente alla chiusura di sempre più numerose aree.
     
    Lo scorso fine settimana sono stata allo Stromboli, dove ancora vige il divieto di uscire dal paese senza guida. E il cratere attivo dell’isola di Vulcano, Fossa, è tutt’ora off dall’anno passato.

  10. 34, La ringrazio per come Lei mi legga con attenzione. Il lago di Auronzo piuttosto che le miniere di valle Imperina hanno distrutto ma hanno portato indubbia ricchezza….ed erano scelte che non venivano dai locali. La foresta di Somadida piuttosto che il parco nazionale dolomiti bellunesi hanno preservato ambienti unici dando sostentamento alle popolazioni locali….e sino state scelte che non sono venute dai locali. Ora i tempi sono maturi per riuscire a conciliare ambiente e locali….gli esempi imprenditoriali di cui si parla vengono dai locali e non mi sembra proprio conciliano con l’ambiente di cui, ormai e finalmente, si ha conoscenza NON essere solo dei locali. Così come esistono interessi sovranazionali devono esistere interessi sovralocali, e le decisioni devono affrancarsi dagli interessi locali. Torno a ripetere l’esempio sloveno di rifugi gestiti da stipendiati statali. Preferirei venisse pagato uno stipendio ad un abitante cortinese piuttosto che pagare il mantenimento di una funivia a che l’abitante tragga reddito come maestro di sci

  11. Balsamo e seguenti: iniziamo a dire che personalmente mi allineo al pensiero crovelliano sul fatto della fruizione della montagna, della saturazione e relativi rimedi.
    Diversamente sul cambiamento climatico ho riportato il pensiero, sicuramente ci sara’ un impatto, pero’ lo considero marginale e cmq non mi interessa questa parte personalmente, nel senso che ho idee un po’ diverse.
    L’altra parte invece è guarda caso anche quella dove tu mi hai posto delle perplessita’.
    Francamente piu’ che a me avresti dovute porle a Crovella e non ho dubbi 🙂 che ti avrebbe risposto in maniera esauriente. E ne devi aver avuto di tempo per fargliele queste domande..  :-). 
    Ad ogni modo, fermo restando che a domanda si risponde a mio avviso il pensiero crovelliano sulle tue perplessita’ ragiona così: Tante strutture (rifugi, funivie, etc), alta frequentazione, da alta frequentazione uguale saturazione. A saturazione corrispondono eventi “avversi” a cui le autorita’ interverranno. Crovella dice… se NOI da questa situazione ci defiliamo un po’, mica ha detto NON ANDATE IN MONTAGNA, HA DETTO DIRADATE LA FREQUANTAZIONE, arriveremo nel momento in cui le autorita’ emetteranno i loro provvedimenti dove NOI non saremmo i soggetti che intaseranno la montagna. Quindi il provvedimento colpira’ un certo tipo di frequentazione proprio perché NOI non siamo il problema, ma il problema sara’ la fruizione CONSUMISTICA della montagna stessa. Credo che piu’ chiaro di così non si puo’ essere. Diversamente se contribuiamo ad intasarla allora il provvedimento prendera’ tutti… 
    La frase… tornare alla montagna del 1900 è di mia paternalita’: spiego anche questa. Mio padre sapeva che andavo in montagna e mi diceva che era cosa da SIGNORI, da gente ricca… ai suoi tempi era così. IN pochi potevano permettersela, molti no, e molti avevano ben altri pensieri che andare a farsi la scampagnata visto che vi era la miseria (sia prima della WWI che durante le due guerre).
    Quindi la frequentazione era concessa solo a certa elite che di certo non alterava l’ormone delle marmotte.
    Ed è questo il punto dove Carlo vorrebbe arrivare… con la normazione che creea forti difficolta’ a fruire la montagna potranno fruirla chi si adatta alla scomodita’, come nel 1900. Non c’erano certo auto, funivie, etc. a quei tempi.
     
     

  12. La coerenza qual’e quella di invitare vegetti ad andare a piedi sul monte dietro casa e inneggiare a un cai che porta millemila persone l’anno sul granpa, sulle bocchette o sul Portovenere/monterosso.
    sono il primo a sostenere un diverso approccio all’alpe. Contesto pero la fondatezza di ammantarlo di una vena buonista green. Sono due faccende totalmente diverse e invocare rinunce perche faranno bene al pianeta è una china assai pericolosa

  13. Arrivo con molto ritardo e mi sono pure fermata al “Realizzeremo 38 casette sugli alberi”.
     
    In occasione della percorrenza del Sentiero Italia per la redazione della relativa guida sono stata più volte generosamente ospitata all’interno di un’azienda agricola del messinese. 
    Accanto alla creazione di numerosi ambienti diversi e alla piantumazione continua di essenze, un giorno mi sono trovata davanti a una nuova piattaforma su uno degli alberi più longevi accanto alla struttura centrale di accoglienza. So che non ci si pensa, ma queste costruzioni recano danno alla pianta fino addirittura a provocarne la morte. 

  14. @38
    io ho posto una domanda di coerenza non di minestrone alla piemontese. E che riguarda prima di tutto l’alpinismo non la riduzione di co2.

  15. Appunto, che scriviamo a fare?
    sono temi diversi, totalmente: l’una è una fruizione folle commerciale e distruttiva della montagna, che va mutata e combattuta per preservare le caratteristiche tipiche di quell’ambiente e le sue caratteristiche ambientali (certamente poco compatibili con un’alta antropizzaziine). Cio si scontra necessariamente con l’economia di quei luoghi e richiede un contemperamento di interessi spesso difficile raggiungere.
    è profilo che c’entra poco o nulla con i problemi di riscaldamento globale che stanno portanto una radicale trasformazione delle terre alte.
    il fatto che da tale degrado e dai conseguenti incidenti derivi un atteggiamento impositivo cautelare nei confronti dei singoli da parte delle autorità è un terzo problema
    il fatto che con la scusa green si percorrano vie gia sperimentate con il covid per dare una svolta in senso autoritario/coercitivo alla vita dei cittadini è un quarto problema.
    sostenere che, se non ci si limita, il problema ambientale si aggraverà e si squaglieranno le grandes jorasses rimane una cazzata
    se poi  vi piace il minestrone alla piemontese, nulla questio

  16. La questione esiste eccome e, se riprendiamo l’esempio della Funivia per salire il Breithorn, se non si farà’ nulla si lascerà’ libera esecuzione a tutto il resto. E’ vicina l’inaugurazione del tratto fra Plateau ed il Piccolo Cervino cosi chi vuol salire sul Breithorn potrà’ partire da Cervinia, essere catapultato a 3800 metri e farsi il 4000 più facile del mondo praticamente con 300 metri di dislivello. La domanda è’: e’ alpinismo questo? Ci va bene cosi? O serve farsi un po’ sentire per cercare di salvare queste montagne. In questo senso ben venga il martellamento di Crovella. Ed è’ ovvio che poi si pone un tema di coerenza: se voglio una montagna più’ selvaggia, diciamo meno antropizzata, io sono disposto a qualche rinuncia? La domanda si pone eccome. Se poi molliamo ancor prima di iniziare la battaglia tanto la mia rinuncia peserà l’uno virgola 00000000000….beh ma allora che scriviamo a fare?

  17. @20
    Noi qui li chiamiamo “umarells”.
    Allora li trovavi riuniti in numerosi capannelli in Piazza Maggiore, mentre adesso sono più solitari e confinati ai cantieri urbani.
    Tempi che cambiano, ma ancora li riconosci dalle mani incrociate dietro la schiena e per essere sempre (e da sempre) critici e “contro” tutto e tutti. A prescindere 🙂
     
    @33
    Interessante, soprattutto la messa in evidenza dei due separati aspetti: il preservare l’ambiente montano (wilderness) da eccessivo sfruttamento e il cambiamento climatico, che ha conseguenze (anche) sull’ambiente montanoma ha altre cause e scala. Aspetti che sarebbe meglio, per chiarezza, non mescolare troppo fra di loro.
     
    Ma ci sono alcune tue associazioni di cui mi sfugge la logica.
    Per quale motivo la risposta (da parte di chi ?) a una “frequentazione montana con saturazione” dovrebbe essere tornare alla “montagna dei primi 1900” (qualunque cosa significhi) ?
    E se ciò verrà ottenuto con “divieti, obblighi, certificati“, perchè questi dovrebbero escludere solo le “fighette” (?) e non i “Veri Amanti Della Montagna”(TM) ?
    Che, se ho ben capito, sarebbe uno dei problemi teorizzati da Crovella: una normazione eccessiva che preclude la montagna A TUTTI, c.d. cannibali e VADM(TM).
    Ovvero: se i sindaci fanno ordinanze “per non prendersi la responsabilita’ di eventi calamitosi” (che la ricerca di un colpevole a tutti i costi è poi la vera radice del problema), in virtù di cosa gli scarpinatori dovrebbero esserne esclusi ?

  18. Il commento 33 di Stefano giustifica tutti gli sforzi che faccio. Anche altri commentatori del Blog (Enri, Carlo…), a volte in altre sequenze di commenti, hanno dimostrato di comprendere la situazione. Non mi interessa il “successo” personale: sono contento per le montagne. Speriamo che il messaggio si estenda sempre più, sia nel Blog che (soprattutto) fuori.
     
    Buona serata a tutti!

  19. #18 Mi fa sorridere quel ” toglierei il diritto di scelta e di farlo a dei montanari “in quanto a stimare  poco anche Lei non scherza…
    Scelta comunque già  preclusa a suo tempo nel fare un bacino idroelettrico con perso dentro ad esso e per sempre ogni vestigia archeologica e tutti i mulini e baite di fondovalle, scelta preclusa anche nello sfruttamento delle potenzialità minerarie della valle d’Ansiei e con tanto di lascito in bella anzi brutta vista in localita’ Argentiera.
    Ora che si chiede alla gente di Auronzo di voler o no l unico 5 stelle sul territorio comunale  cosa ci si aspetta ? che sorga forse spostato in centro paese?Quello andava nell’ 800…
    La strada con pedaggio alle 3 cime , unica nel suo genere dovrebbe già dare sufficienti risposte.

  20. Non entro nelle sfaccettature, ma entro direttamente nel punto.
    Purtroppo forse il modo di presentarsi, di argomentare di Crovella vi infastidisce e toglie l’attenzione su quello che vuole dire.
    Ci sono due aspetti a) l’affollamento b) il cambiamento climatico.
    Bene sul B) Crovella ha fatto a volte, rare, delle associazioni non tanto logiche, ma si è espresso male.
    Non è che la Co2 e la temperatura vanno su perché si va in montagna. Ma le conseguenze del cambiamento del clima (es. ritiro dei ghiacciai) impatta ancora di piu’ sul punto a) con maggiore rischio di incidenti.
    Ma andiamo al punto A).
    Non giova per niente a me anche dal punto di vista empatico con gli utenti del blog sostenere a spada tratta Crovella, ma sono per quello che reputo il buon senso.
    Crovella sta facendo opera pia cercando di salvaguardare la montagna da quell’orda consumistica alto borghese e speculativa che sta impattando.
    Un attento cultore del diritto puo’ aver notato che negli ultimi 3 anni c’è stata una svolta giuridica impressionante. In realta’ tale svolta vi era gia’ con i sindaci che si affrettavano a fare ordinanze per non prendersi la responsabilita’ di eventi calamitosi, etc.
    Ora con il Green pass, il lockdown si sta spostando la lancetta verso lo stato. Immaginate due estremi da una parte totale liberta’, enfasi dell’individuo, dall’altra forte presenza statale al limite fino alla dittatura.
    Stiamo andando verso il secondo punto, ve l’ho gia’ detto causa debiti pubblici che diventano ingestibili, etc. e buona prova l’ha dato il covid in cui la normazione si ha calpestato le cd liberta’ individuali e diritti fondamentali dell’uomo.
    Ordunque cosa centra con la montagna? Crovella a ragione dice… attenzione che siamo passati da una montagna disabitata ad una montagna over frequentata. La vita umana va da un eccesso all’altro. Crovella l’ha ben capito ed ha capito che se andiamo (ci siamo gia’ bene dentro) ad un’esasperazione della frequentazione montana con saturazione, presenza di parchi divertimento etc. la risposta sara’ ritornare al punto di partenza… ovvero la montagna disabitata.. intendo dire la montagna dei primi 1900… non crediate quella del 1970 etc.
    Come? Con la variazione del diritto che vi ho detto. Divieti, obblighi, certificati etc.
    Molti sento dire… NON RINUNCIO… certo caro, non rinunciarci…saranno le autorita’ (dopo incidenti come Marmolada, etc) che ti obbligheranno a rinunciare.
    E qui si innesta di nuovo Crovella… dice… signori facciamo un passo in dietro noi.. .per non essere colpiti da questa barbarie normativa che falcera’ i caiani (non ricordo piu’ il termine ci siamo capiti cmq) e anche i veri amanti della montagna.
    Inoltre un tornare alla montagna stile prima parte anni 1900 non escludera’ noi utenti del forum, veri amanti della montagna, ma le fighette (sia maschi che femmine).
    Io credo che non vi dovete soffermare sul modo di comunicare di Crovella che forse anche si è messo sulle difensive dopo le vostre contestazioni, ma guardare il contenuto… Avete e ABBIAMO tutto da guadagnarci se la view di Crovella prende piede.
    Lo scopo nostro deve essere di impedire una cittadizzazione 🙂 della montagna e far si che sia accessibile non via normazione ma via concreta solo a chi vuole scarpinare. 
    Lo scarpinare come metro di discriminazione, mi sembra una bellissima discriminazione :-). 

  21. Crovella: per curiosità (e correttezza) trovi in tutto il blog un mio commento- visto che a me fai riferit- in cui io abbia mai sostenuto il liberi tutti o il facciamo quello che ci pare?
    fra il liberi tutti e i limiti che tu invichi (in base ad analisi certamente molto ponderate con te stesso ma mai supportate da uno straccio di prova) c’e una sottile differenza.
    la stessa che passa fra il proporre rinunce unilaterali perche son belle per principio anche se non incidono per nulla sul disastro ambientale il rimeditare un modello di sviluppo e consumo che magari riqualificano il territorio montano (spesso degradato da orde barbariche sulle quali lo stesso cai potrebbe rimeditare. Ieri ho fatto una puntatina sui sentieri delle cinque terre e ho visto orde barbariche scese da pulman con l’aquila che mi fanno stupire dei due soli interventi a portofino…).
    poi i ghiacciai continueranno a ritirarsi e i diedri livanos a cadere e quello c’e da capire se sia connesso a un ciclo geologico del pianeta o a un modello produttivo che non è sostenibile o a entrambi.
    se invece la tua tesi è facciamo una rinuncina che cosi è una buona azione che incide lo 0,000001 per un miliardo sulle sorti dei ghiacciai ma è bella e ci colloca nella fascia dei virtuosi green, potremmo anche darci tutti – con la stessa ratio – una martellatina sulle palle. L’effetto sull’ambiente sarebbe identico.

  22. Troppo frettolosa la lettura del mio 28, nel quale c’e’ parallelismo fra incapacità di trattenersi soa dei valligiani (ricerca profitto) che dei cittadini (ricerca divertimento). Entrambi sono colpevoli, entrambi dovrebbero cambiare paradigma di riferimento. È questo mix che sta ammazzando le montagne. Ma continuo a ravvisare, nella comunità degli alpinisti, incomprensibili resistenze al cambiamento. Curioso tra l’altro che tali resistenze emergano nelle schiere di chi si professa “progressista”, mentre un bieco conservatore come me sostiene la necessità del cambiamento, pena la “morte” delle montagne.

  23. @27 inyervengo a precisare solo per chiarezza. Commenti filtrati nel senso che io prediligo un modello, come nei siti istituzionali torinesi, in cui ci si deve registrare prima di inserire i commenti. In tal modo, compilando un’anagrafica molto precisa e puntuale, sia l’amministratore del sito che anche gli altri partecipanti sanno chi sia ogni commentatore, quali siano le sue caratteristiche e le sue esperienze e a quale titolo quindi parla ecc, il che a mio parere giova alla qualità del dibattito e anche del sito. L’altra scelta quella di accesso libero è molto più flessibile e adatta alla diffusione del dibattito, ma mette sullo stesso piano le opinioni di persone molto diverse e con differenti competenze suo temi di montagna.
     
    Verità assolute (ora non ricordo il contesto preciso:  penso però connesso al fatto che molto spesso le mie osservazioni si riferiscono a situazioni oggettive. Un esempio calzante è il commento immediatamente precedente. Sovente tali osservazioni suscitano scalpore perché descrivono, in modo lucido, realtà “fastidiose”. Piace molto di più leggere “liberi tutti, facciamo tutto quello che vogliamo, libertà e godimento”: purtroppo la situazione non è più quella coerente con gli anni edonistico e di profitto economico.

  24. “ Ogni tanto cascano le braccia. “
    E mica solo quello … 😃
    Crovella, potresti re illustrare con calma la tesi che se non si rinuncia la catastrofe climatica avra il sopravvento sulle montagne? Temo non sia chiara e tu sia stato un po sintetico.
    peraltro la questione del villaggio sugli alberi mi pare abbia connessione unicamente con il profitto di alcuni piu che con disastri ambientali, e con l’insensato sfruttamento di risorse (100 ettari non sono bruscolini…) il cui calmiere dovrebbe stare nella amministrazione pubblica che regge quei territori, opportunamente sollecitata ove paia poco reattiva.
    in tal senso mi pare meritoria l’iniziativa di MW.
    Sulla reattività dei locals temo si possa contare poco, visto he ad esempio gli apuani considerano in buona parte le cave una risorsa ( che fra cent’anni gli avrà lasciato la stessa povertà e un bel mucchio di sassi).

  25. Se si vuole alleggerire le montagne dal disastro che stanno subendo, ognuno dovrà accettare la propria fetta di rinunce e sacrifici. I valligiani dovranno rivedere al ribasso le loro attese reddituali (infatti senza riduzioni di business non c’è vero alleggerimento antropico) e i cittadini devono capire una buona volta che non è più tempo di considerare le montagne come il proprio luna park cui accedere senza alcun buon senso. Fra ieri e oggi due mortali incidenti da valanghe, con bollettino 4 (su 5), livello cui i caiani come me (altro che lammeriano!) insegnano a non fare gite o al massimo compiere passeggiatina con le pelli dietro casa.
     
    Farsi travolgere dalla sete di profitto ha la stessa radice ideologica del farsi travolgere dalla cosiddetta passione per l’azione in montagna. Entrambi fanno male alla montagna, sia geografica che ideologica. Inoltre entrambi sono espressione di una visione che è rimasta indietro nei tempi: le montagne di oggi, sofferenti e sotto pressione, hanno bisogno di “respirare”, di esser lasciate tranquille. Invece registriamo l’intensificarsi tanto di  imprenditoriali dalle caratteristiche demenziali, volti a creare nuovi business, quanto di un accesso antropico imperniato sull’uso sportivo mordi e fuggi, tirato per i capelli e senza nessun buon senso.
     
    Se non alleggeriamo le montagne da questa tenaglia, non faremo altro che assistere impotenti al loro inarrestabile deterioramento.

  26. Ognuno ricerca quello chd gli piace e ciò insegna a chi è interessato. Chi definisce cazzate le affermazioni altrui dà un giudizio soggettivo e, come tale, antitetico. Anchd io considero “cazzate” la maggior parte delle cose che leggo nei commenti, ma non mi avete mai sentito definirle tali in modo pubblico né richiedere che non appaiano più in quanto cazzate.

     
    che bugiardo 🤦🏻‍♀️  ci sono dei post in cui hai scritto che vorresti che i commenti al blog fossero filtrati, altri dove hai sostenuto che le tue non sono opinioni ma “verità oggettive” (ovviamente, sono sempre gli altri in torto), e altri dove hai provato a dire alle persone di cosa dovessero parlare o no. se vuoi te li vado a cercare e te li cito. Ma che te pensi che la gente abbia la memoria corta.

  27. MG. Ogni riferimento a persone e cose era casuale e comunque riferito a me stesso 😀 ps. Ieri un altro soccorso sul Promontorio di Portofino. Ogni tanto cascano le braccia. 

  28. Concordo con Casanova, e lo avevo già scritto: sempre i cittadini (alpinisti, ambientalisti, salottieri o meno) a dire ai valligiani o montanari cosa è meglio per il mondo. Cosa è meglio per loro, montanari e valligiani, sembra non interessare… A volte mi viene da pensare che alla fine al cittadino, seppur in buona fede, interessi soprattutto non farsi toccare il suo “playground” (citazione colta)… 

  29. Faccio presente che l’intenzione descritta riguarda un’area boschiva ampia oltre 100 ettari, che siamo in zone tutelate, che gli edifici sorgeranno su una torbiera, che tutto attorno è oltremodo urbanizzato (vedasi Misurina e lo spreco dio territorio a Auronzo). Non c’è motivo, se non speculativo, di intaccare quanto rimane di libero. E mi chiederei anche da dove provengano tutti quei soldi…tutto limpido?
    Ma a parte le motivazioni ambientali a qualcuno faccio presente che il documento è stato scritto solo, ribadisco solo, da montanari. E con questo non voglio togliere alcun diritto a dire la loro a chi vive in città. Ma almeno la si smetta di definire l’ambientalismo ristretto a un’élite di salottieri cittadini. Siamo tutti uniti in una azione tesa a difendere il pianeta e la qualità del vivere.

  30. pero’ considero sbagliato che abbiano dignità di pubblicazione sul blog solo le opinioni di un certo orientamento. Anzi quelle che danno fastidio, dovrebbero far riflettere, anziché scatenare solo reazioni aprioristiche. 
    Ti riferisci a te stesso che inondi il blog con effluvi di parole su qualsiasi argomento? Mi pare che tu pubblichi quello che vuoi (domanda: ma perché a me dopo 1500 caratteri si blocca e altri no? Come si fa a scrivere di più?)?
    Tu, comunque, forse non offendi verbalmente, ma con un sottile gioco di parole: “quello che fai è sbagliatissimo” “sei  solo un egoista” “finti ambientalisti perbenisti”… Crovella, sai benissimo che non serbe dare dell’ignorante o dell’imbecille a qualcuno… Non fare i finto tonto! E adesso basta, perché anche qui sei riuscito a mettere in mezzo TE STESSO e le tue conferenze, TE STESSO e come e quanto ti capiscono o meno, TE STESSO e i tuoi discorsi… (il buon Pasini ha toccato un bel nervetto scoperto, vista la reazione… eheheheh)
    Pasini! Da Strippoli i panzerotti! Me li ricordo i gruppetti “discutenti”, e gli argomenti che toccavano lo scibile umano!

  31. Caro pasini, nessun Gallo combattimento o pollaio. Trovo anche un po ingeneroso l’accostamento ma pazienza, fara il paio con le botte di democristiano che ti sei preso.
    non ambisco a nessun confronto, che reputo inutile, con il sabaudo. ne ho da sfogare alcunché Semplicemente a volte, per mero cazzeggio, mi diverto a sottolinearne l’inconfernza.
    Ma escludo vi possa essere alcuna dialettica. Veco che i miei commenti vengono censurati dal blog ma quelli delle randellate rimangono e sorrido.
    del resto se qui sopra ormai scrive quasi solo Crovella un mitivo ci sarà.
    buona domenica 

  32. Quella descritta da Pasini e’ l’inevitabile natura dei social, intesi in senso lato. Mi permetto soltanto di sottolineare che, per quanto riguarda me, le tesi che espongo, in ogni risvolto della montagna, non sono momentanei pretesti per animosita’, ma prese di posizioni frutto di riflessioni lunghe accurate. Sono anni che porto avanti i “miei” discorsi, a volte suscitando gli applausi dei convenuti (ad una conferenza, per es), a volte facendo arricciare il naso a chi giudica “cazzate” le mie tesi. Ci stanno entrambe le reazioni, non sono scandalizzato né offeso, pero’ considero sbagliato che abbiano dignità di pubblicazione sul blog solo le opinioni di un certo orientamento. Anzi quelle che danno fastidio, dovrebbero far riflettere, anziché scatenare solo reazioni aprioristiche.

  33. Nella seconda metà degli anni ‘60 frequentavo la Statale a Milano. Alla sera, dopo aver mangiato qualche terribile panino dal mitico Strippoli, andavamo in Piazza Duomo a “vedere il combattimento dei galli’ come dicevamo nel nostro gergo di ragazzacci irriverenti e un po’ bastardi. In piazza Duomo, sul Sagrato o in Galleria quando pioveva , si riunivano dei gruppetti quasi esclusivamente di maschi, che noi vedevamo come anziani, in realtà forse cinquantenni o sessantenni, che andavano avanti tutta la sera a battibeccare ferocemente, spesso sui temi piu’ astrusi e sulle tesi più estreme. Era una gara a chi la sparava più grossa e a chi urlava di più. Noi sadicamente li incitavamo applaudendo e annuendo e contribuendo così ad alzare (o meglio ad abbassare) il livello delle argomentazioni. Poi prima di mezzanotte, anticipando l’arrivo dei ghisa, i capanelli si scioglievano e i litiganti se ne tornavano a casa, apparentemente placati, come dopo un intenso orgasmo. I capannelli serali in Duomo non ci sono più, solo turisti e stana gente che si fa i selfie e altro e penso che i social abbiano sostituito quella realtà della vita sociale, rispecchiandone spesso le stesse dinamiche, compresa la funzione di amplificatore dei troll, ruolo che allora giocavamo, senza saperlo, noi ragazzacci. Ognuno di noi ha le sue paure ancestrali: la mia è di finire così quando partecipo ad un blog. Diventare un patetico vecchio gallo da social e neppure accorgermene. Cerco in ogni modo di esercitare l’autocritica, ma a volte mi domando se non sarebbe meglio un po’ più di indulgenza verso me stesso e verso altri, che spesso vedo meno preoccupati di me di sembrare patetici. In fondo è un “gioco” sociale di ruoli con una forte componente di sfogo e di sfottimento virtuale e innocuo. Molto rumore per nulla. Purtroppo però è difficile libearsi da certi retaggi., Buona domenica e buona continuazione. 

  34. Ognuno ricerca quello chd gli piace e ciò insegna a chi è interessato. Chi definisce cazzate le affermazioni altrui dà un giudizio soggettivo e, come tale, antitetico. Anchd io considero “cazzate” la maggior parte delle cose che leggo nei commenti, ma non mi avete mai sentito definirle tali in modo pubblico né richiedere che non appaiano più in quanto cazzate.

  35. Non vi nascondo di provare pena verso questa nuova generazione di abitanti delle terre oblique. Trasformatosi da fieri multitasking ambientali in grado di cavar reddito dai sassi, in succhiatori della pesante tetta di una  industria turistica  di massa, con la prospettiva non di essere custodi di un ambiente unico ma di muoversi in un suv audi. Portare la città al monte significa distruggere quest’ultimo, andrebbe tolto loro il diritto di farlo prima che sia troppo tardi. 

  36. Carlo. Un mondo migliore non si costruisce con le buone intenzioni o gli sfoghi, perche’ la realtà se ne fotte di noi poveri pelabrocche e va avanti come un rullo compressore. Si può combinare qualcosa in quel che resta del nostro tempo esattamente come arrivare in vetta, passaggio dopo passaggio, tiro dopo tiro. Poi esiste la dimensione del sogno, perché anche di sogni siamo fatti e i sogni fanno bene alla salute , almeno fino a quando non diventano fantasie deliranti, ma è un’altra faccenda. Buona notte.

  37. Spero di sbagliarmi, ma questa è la classica e frequente situazione in cui chi vuole fare…fa. 
    Le motivazioni di MW sono sicuramente condivisibili ma incompatibili con la realtà. 
    Anche dai commenti esce per l’ennesima volta la visione cittadina della montagna/tabernacolo che vorrebbe tenere chi ci vive (io sono tra questi, tanto per…) in uno stato di arretratezza perché è più appagante trovare il pastore puzzolente e con l’asino piuttosto che con il suv Audi.
     
    Fatica, minestrone e scoregge a me non disturbano tanto in montagna quanto nel salotto buono di Torino centro, ma vorrei potere scegliere almeno quando e quanto.
    Quella di Crovella non è una visione ottocentesca ma una visione da Carosello con asini volanti e Joe Condor come sindaco.

  38. Certo è che Sign. Pasini, le Sue argomentazioni sono corrette e condivisibili…..ma tolgono ogni poesia per un mondo migliore, più connesso con la natura che stiamo abbandonando per inseguire ricchezze che lasceremo. Sob
     

  39. Montagna è…sudare, non necessariamente sul 9z, ma sudare, dormire scomodi, mangiare minestrone, in gita provare fame, sete e freddo, magari anche paura e far sempre funzionare il cervello.”
    interessante visione lammeriana.
    montagna è semplicemente bellezza, , e ognuno ha la propria, chi sul 9a chi in mezzo alla bufera chi su una cascata chi in un prato chi davanti alla polenta nel rifugio.
    Vado in montagna da 50 anni e nel corso della vita ho trovato la mia identico in tutte le possibili declinazioni 
    continuiamo pure a scrivere inutili cazzate assolutiste…

  40. Crovella, ma perchè? Se dormo in un rifugio non chiedo chissà che, solo che sia decente e pulito; se mangio perché solo minestrone, quando con nulla posso avere altro; se in gita provi fame sete e freddo, il problema sei tu che non hai portato ciò che ti poteva servire… Hai una visione ottocentesca dell’andare in montagna, quella del sudore fango fatica della vecchia tessera del CAI! Ho fatto 35 anni di montagne, e non mai avuto fame o sete o freddo, né a bassa né ad alta quota. Sudato sì, ma personalmente sudo anche a Milano e comunque primo layer in tessuti tecnici, asciutto in niente… Sono un cannibale 1,2 o 3?

  41. Crovella. Mettere tutti nello stesso sacco non funziona molto. Per vincere le battaglie si devono fare alleanze e non sempre gli alleati sono come li vogliamo noi. Altrimenti magari si salva l’anima ma si resta intrappolati nella logica minoritaria. Una logica che purtroppo ho visto molto bene in passato proprio nella tua città dove i comunisti locali convinsero Berlinguer ad andare a minacciare l’occupazione della Fiat ai cancelli di Mirafiori, con quello che è venuto dopo. Scusa l’excursus storico ma ognuno di noi ha i suoi ricordi e le sue ferite.

  42. Vegetti. Condivido totalmente. Il resto è a volte idealismo giacobino o puro sfogo che si perde nel vento. Si può forzare, spingere ma non puoi trascurare completamente il consenso. Lo stato che hanno costruito i nostri genitori, con tutti i suoi difetti, comunque deve fare i conti con le rappresentanze dei cittadini. Anche se qualcuno ogni tanto magari ha qualche nostalgia, ma poi si schianta.

  43. @8 Io accomuno nel concetto “Briatore” i ricchi che spendono in montagna. A volte hanno stili da veri bauscia, come il suddetto e la Santanche’ (pur provenendo entrambi dal cuneese), a volte sono ricchi intellettualmente chic, come i potenziali clienti di questi alberghi fra gli alberi, ma ai miei occhi cambia poco. Sicuramente commetto un errore a mischiarli in un’unica categoria, ma ai miei occhi è così. Montagna è…sudare, non necessariamente sul 9z, ma sudare, dormire scomodi, mangiare minestrone, in gita provare fame, sete e freddo, magari anche paura e far sempre funzionare il cervello. I “briatoreschi” dei due rami cercano comodità e disimpegno mentale: non è montagna.
     
    Delle altre categorie ovviamente vedo come fumo negli occhi la 2 e la 3, ma anche la 1 si difende bene. Per 2 e soprattutto 3: cannibalismo allo stato puro.
     
    Vorrei invece riproporre il già citato esempio della Val Maira, risorta in modo genuino con parametri da turismo dolce e rispettoso. Non a caso gran parte dei frequentatori sono nord europei (tedeschi, olandesi, svedesi). La Val Maira è più nota lassù che fra noi italiani (per fortuna!).

  44. Per Pasini… Una ventina di anni fa, salendo al Devero, abbiamo incontrato /nel bosco!) una ruspa che aveva giù fatto il suo lavoretto… Ebbene, ammetto che nel serbatoio cì è finito un po’ di zucchero che avevo dietro da una uscita precedente, Credo che abbia fatto, anche lo zucchero, il suo lavoretto… In Mello, quando AEM voleva intubare la Cascata del Ferro girava la voce che “se mettono su i tubi, i tubi volano giù.. Noi ci arriviamo dall’alto, loro solo con l’elicottero..”. Purtroppo credo che l’individuo o gli individui possano far poco. Ho sempre pensato che dovesse essere il CAI, nel “nostro” ambiente a dover fare la voce grossa, ma troppe convivenze non lo permettono (il CAI non riesce nemmeno a fermare la proliferazione delle ferrate delle sue Sezioni, figuriamoci altro…). Quanto ai locali, nonostante tutto, bisogna tenerne conto: comunque sia, loro stanno lì e noi siamo “ospiti”… Se fosse reciproco, ovvero loro potessero occuparsi e decidere delle nostre città, non credo che noi locali saremmo contenti…

  45. Pian piano si vengono delineando,anche leggendo i contributi che appaiono qui, alcune tendenze della frequentazione turistica montana estiva (sull’invernale bisogna fare un altro discorso), frequenza destinata penso ad aumentare con l’affermarsi di estati sempre più calde. Provo a metterne in fila alcune che mi pare di aver colto. Uno: i grandi cammini, sono diventati una realtà possente cresciuta in modo esponenziale con tutta anche una pubblicistica di supporto. L’anno scorso sono stato um mese a Courmayeur  e sono rimasto veramente colpito dal popolo internazionale in cammino intorno al Bianco. Secondo: c’e una spinta ad  ampliare e ristrutturare gli impianti di risalita anche in uso estivo, spingendo diverse attività dalle discese folli in bici ai ristoranti d’alta quota, concerti, piscine, yoga …..quale decennio fa ero stato in alcune stazioni sulle montagne Rocciose e avevo visto i primi tentativi che ora mi sembrano una realtà consolidata ovunque. Terzo. C’è una concentrazione dell’alpinismo accompagnato intorno ad alcuni luoghi topici come Bianco, Cervino, Marmolada, Rosa…ormai è una filiera integrata che comprende pacchetti completi a prezzi accettabili che macina senza sosta fatturati e clienti. Un alpinismo relativamente facile delle vie normali che ha un pubblico abbastanza ampio di solito di fascia “matura”. Ho amici guida che si fanno una bella “scortina” per l’inverno con questa attività a basso impegno e massimo rendimento (salvo sfighe). Quarto: in varie località si sviluppa un turismo diciamo “dolce” e allineato ai famosi valori “slow” che poi ha anche una versione invernale in crescita. Ha consentito ad alcune località in passato un po’ sfigatelle e frequentate da pochi appassionati di rinascere a nuova vita trovando un loro spazio, anche se questo ha iniziato a suscitare l’interesse degli avvoltoi, vedi la mia amata Devero Quinto: l’esempio dell’articolo è sigificativo. Si sviluppa un’edilizia alberghiera di grande qualità estetica e con soluzioni tecnologiche all’avanguardia destinata ad una borghesia urbana benestante che non ha però nulla a che fare con il pubblico alla Briatore/Santanche’ ma spende le sue risorse in una logica aristocratica chic. Metto qui anche il resort costruito da Cognetti in Vda, il Vigilius sopra Merano e altre pregevoli opere architettoniche. Si potrebbe continuare ad esempio con i centri di arrampicata estiva, ma ciò che volevo sottolineare è che ci sono in atto forze possenti nei numeri e nei valori economici e di lavoro mobilitati. Non tutto è da buttare. Alcune battaglie sono sacrosante ed è giusto farle. Anch’io nel mio piccolo mi impegno (tipo Devero) però bisogna avere i piedi per terra se ad esempio come Cai e associazioni varie si vuole cercare di influenzare anche un pochino i processi. A meno che ci accontentiamo di una testimonianza per quando non ci saremo più. 

  46. TUTTO GREEN! TUTTO GREEN!!!
    Forse ( dico forse, ripeto forse e ribadisco forse) un giorno non molto lontano ci accorgeremo che volendo pitturare tutto di GREEN in effetti abbiamo trasformato tutto in GREY. Che vuoi che sia , foneticamente non c’è una grande differenza!
    La  spettrografia ci dice che i colori sono un inganno, il GREEN è un colore solo ai nostri occhi, e buona parte degli animali vedono tutto GREY.
    Il GREY è presenza di tutto ( bianco) e assenza di tutto ( nero) in varie proporzioni. Il GREY è il colore del compromesso, adatto a tutti e a tutte le stagioni, sempre di moda, neutro ma considerato addirittura elegante. Perfetto!
    Michael Ende già 30 anni fa ci aveva avvertito che i Signori Grigi volevano rubarci il tempo e la felicità… Ci sono riusciti!!!
     

  47. @4 Gallese. Conconrdo ed ero sicurissimo delle tue intenzioni. Ho precisato per i lettori nel complesso, si potevano innescare spiacevoli equivoci.
    Questi “pochi” qui, sono pochi di numero, ma sono devastanti.
    Buon weekend!

  48. A mio giudizio è prova alla tesi che le decisioni con un minimo di impatto ambientale vanno tolte alle popolazioni locali. Perché se c’è un pantano dietro casa lo vogliono bonificare per fare un parco acquatico Se c’è un bosco lo vogliono valorizzare per fare giocate a scimmia i turisti, se è un luogo franoso spendono milioni per fermarle….e tutto per lo sviluppo economico….. per trasformare la montagna in città 

  49. Carlo, rispondo per precisare, non pensavo minimamente al tuo modo di intendere “montagna per pochi”.
    Senza offesa, ma non mi sei neanche venuto in mente.
    Intendevo esattamente quelli con alto reddito.

  50. Difficile è convincere i turisti a rispettare la montagna quando i locali buttano lavatrici e spazzature varie nei torrenti(oggi non è più così ma si è trasformato  in maniera più sottile il poco rispetto per il territorio ).
    Il turismo d’élite consente l’utilizzo  pochi che consumano quanto molti

  51. Intervengo solo per precisare, scanso di equivoci, che i “pochi” cui mi riferisco io, nella mie note prese di posizioni, NON sono i pochi selezionati da criteri economici, cioè quelli che io chiamo i “Briatore Fan” e che sono gli amanti di idee squinternate come questa (e purtroppo mille altre che imperversano ovunque) Anzi, io mi rivolgo ad altri destinatari, completamente diversi: paradossalmente sono all’opposto degli amanti del lusso.
     
    Sul punto specifico dell’articolo, non vedo come un qualsiasi appassionato di montagna non sia portato d’istinto a sottoscrivere in toto le descritte tesi di MW e a impegnarsi per difenderle in prima persona.
     
     

  52. Come sempre, ma lo capisco, si punta al lusso. La montagna per pochi.
    Del resto, puntare a pochi, ben rappresentati da un alto reddito e quindi capacità di spesa, favorisce un processo di filtraggio rispetto alle invasioni di massa. E facilità la piccola economia locale, che può puntare su una clientela precisa, orientando i suoi investimenti in modo più mirato e redditizio.
    Posso capire l’orientamento favorevole della popolazione locale.
    L’ambiente è un elemento sacrificabile, in una sua parte, rispetto ad un più mirato mantenimento del resto, che è anche il bene da vendere.
    Presumo siano questi gli aspetti che vengono giudicati positivi.
    Mi piacerebbe leggere qualcosa di cosa pensa la popolazione e perché.

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