Overtourism in montagna. Quali soluzioni?
di Luca Rota
(pubblicato su lucarota.com il 25 settembre 2024)
Il dibattito sul tema dell’overtourism nelle località montane si fa a ogni stagione sempre più ampio e articolato, evidenziando la criticità ormai innegabile del problema. Ora il dibattito si placherà, visto che l’estate è terminata, ma non sarà che la quiete dopo una tempesta e prima delle prossime, forse ancora più intense. Fatto sta che il problema, pur con tutti distinguo del caso, è ormai lampante, le soluzioni nel breve termine invece molto meno, nel senso che in buona sostanza non si capisce ancora bene quali potrebbero essere e quanto sarebbero efficaci, se applicate.
Ovvio che qualcuno potrebbe denotare che la soluzione primaria da mettere in atto è la diffusione di una maggiore e più consapevole cultura del turismo sia tra gli ospiti e sia tra gli abitanti e gli operatori economici delle località coinvolte, con gli annessi e connessi di vario genere che ciò significa. Ma questo è un processo – comunque fondamentale da attuare, sia chiaro – che richiede tempo, mentre per certi versi la situazione impone il bisogno di elaborare provvedimenti che, se non già risolutivi, possano mitigare le conseguenze già riscontrate nell’attesa di porre in opera strategie più organiche e articolate.
Dunque, a fronte di fenomeni di sovraffollamento turistico a volte così ingenti da generare problemi concreti ai territori che li subiscono e a chi ci vive, e fermo restando che la soluzione non possa logicamente essere l’aumentare i parcheggi, allargare le strade, costruire nuovi alloggi, eccetera, come se lo spazio montano a disposizione fosse inesauribile e totalmente da asservire alle esigenze turistiche (seppur non pochi amministratori pubblici di montagna lo pensano, inauditamente!), che si può fare in concreto?

Aumentare le tasse di soggiorno e istituire ticket d’ingresso alle località per il turismo giornaliero (come stanno pensando di fare alcune località in Svizzera, ad esempio)? Contingentare i posti letto negli hotel e i coperti nei punto di ristoro? Elaborare la capacità di carico turistica di ogni località e farne una regola giuridica assunta come limite dal Comune locale? Fissare di conseguenza numeri chiusi da gestire con appositi “varchi” (dove sia possibile) all’ingresso delle località?
E, qualsiasi possa essere la soluzione, come poi si possono mettere in equilibrio le presenze turistiche, la libertà d’impresa, il benessere della comunità locale, la tutela ambientale e del paesaggio? Può essere possibile fare ciò oppure obiettivamente è pura utopia?
In ogni caso, tra mille domande e dubbi, una cosa è innegabilmente certa: qualche soluzione va trovata, e in fretta, se non si vuole rischiare situazioni come quelle delle immagini che vedete (sono opere di Alessandro Ghezzer, create con l’IA e tratte dalla sua pagina Facebook). Ne va della sorte delle nostre montagne e di chi le abita mantenendole vive.
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Ovvio che i grandi mali per l’ambiente sono ben diversi dalla uscita o uscita n9 del Singolo. Ma siccome i grandi mali, i rifugi hotel, gli apericena con musica a palla, le gite in motoslitta Ecc ecc ec conseguono a un ampio turismo consumistico, bisogna ridurre tale turismo. 9vvero ridurre il numero dei cannibali che devastano la montagna. Possiamo anche pretendere, noi “non cannibali”, di esigere la riduzione dei cannibali in montagna pur mantenendo intatto il ns accesso. Tuttavia io Credo che siamo più legittimati se diamo l’esempio. C9si possimam9 die: “cari cannibali, noi non cannibali anche se produciamo un’impronta antropica infinitesimale rispetto alla vostra, sappiamo autolinitarci. Di conseguenza ci sentiamo legittimati a chiedere sacrifici anche a voi cannibali, proprio perché m voi cannibali producete danni all’ambiente infinitamente superiori a quelli che produciamo noi.”
Io temo che in assenza di un buon esempio datoda noi “non cann8bali” gli appelli a ridurre i anni antropici all’ambiente avranno efficacia ZERO
Leggendo taluni commenti in merito alla rinuncia ad andare in montagna ci si rende conto che il senso di colpa di matrice religiosa è stato sostituito da quello “pseudo ” ambientale.
Sempre sul tema: sono meglio due uscite in montagna facendo pochi km di trasferimento o è meglio una sola uscita per raggiungere però una montagna molto più distante?
La rinuncia alla gita vale come “fioretto” dedicato alla montagna sacra green radical chic ?
Infine se non si va in gita sui monti è consentito utilizzare l’auto per praticare altri svaghi oppure è consigliato attendere il lunedì seduti sul divano?
“E’ una questione di principio…”
Quando leggo “questioni di principio” mi innervosisco a prescindere, perché da sempre le peggiori cose sono sempre state fatte per “questioni di principio”.
Comunque, non perdi la tua visione monocroma e falsante, in bianco-e-nero, pseudoreligiosa da pretino preconciliare.
Perché mai dovrebbe essere valida l’affermazione:
“Se NON siamo disposti ad accettare, anzi ad autoimporci, dei (piccoli) sacrifici… iniziamo da noi, correggiamo noi stessi e poi… correggeremo anche gli altri, che in valore assoluto producono un danno certamente superiore…”
Perché mai non dovrebbe essere possibile, logico e anche auspicabile correggere per prima cosa le storture più eclatanti, gli inquinamenti maggiori, le ingiustizie peggiori e poi quelle che contano meno?
In base a cosa dovrei convincermi che se tutti gli arrampicatori, gli scialpinisti e i camminatori si limitassero ad andare solo 30 volte all’anno, allora si redimeranno i pistaioli, i discotecomani, gli fuoriportisti da polenta e capriolo e downhillers?
…ma poi perché proprio 30 uscite e non 27 o 33?? E’ un numero magico come quello del PIL auspicabile, inventato a caso?
Sintetizzando:Viva Tafazzi
@42 può anche darsi che accada come di tu (vs lo sciatore in pista), ma anche tu, nel tuo piccolo, pur limitandoti a camminare, la “tua” impronta antropica la lasci… se anziché 100 volte l’anno ne vai 50, la tua impronta antropica su base annua sarà dimezzata. Se tutti accettiamo questo, il meccanismo agirà a livello aggregato generale … e le montagne ringrazieranno!
E’ una questione di principio, al di là dell’effettivo effetto del camminatore rispetto allo sciatore di pista o al motoslittista… Se NON siamo disposti ad accettare, anzi ad autoimporci, dei (piccoli) sacrifici, è inutile che facciamo gli ambientalisti, urlando contro l’obbrobrioso edificio (es Santner) o la musica a palla del rifugio Auronzo… iniziamo da noi, correggiamo noi stessi e poi… correggeremo anche gli altri, che in valore assoluto producono un danno certamente superiore…
Col senno di poi, avremmo dovuto tutti autolimitarci (nelle uscite in ambiente) molto tempo fa, è vero, ma NON potevamo saperlo come sarebbe andata. Allora nessuno aveva coscienza né del riscaldamento globale (e sue ripercussioni sull’ambiente) né dell’overtourism (specifico della montagna) che sarebbero arrivati. Sospendetemi pure le cure (io 63 anni), tanto non ne faccio , solo pillolina mattutina per pressione, per cui non sono malato né dico cose strane perché andato fuori di zucca. parlo molto lucidamente e dico cose che danno fastidio perché sono vere e fondate. Purtroppo i 20-30enni di oggi si avvicinano alla montagna quando la situazione è molto compromessa e dovrebbero autolimitarsi fin dai loro primi anni di alpinismo, mentre noi, in passato (quando eravamo 20-30enni e anche dopo) abbiamo goduto di diversi decenni di “libertà”… E’ vero, tutto ciò è ingiusto, ma purtroppo la realtà è questa…
39. Ovvero di come si possono sparare numeri a casaccio ed essere convinti di essere un guru della sostenibilità.
Tanto per rilanciare: lascio meno impronta antropica andando a camminare in montagna 365 volte all’anno di uno che va a sciare in pista una volta sola.
Autolimitazione ?????
Cioè per 50 anni ho fatto 70 uscite all’anno ed ora VOI tutti, ed io per primo che sono il profeta della rinuncia, ne dovete fare 35!!!!!
Non le viene il dubbio che la rinuncia LEI doveva farla 50 anni fa??
…..sospendere cure mediche agli over 50
“In questo modo, autodisciplinandomi, faccio circa 35-40 uscite annue …contro un potenziale di 52…forse aumentabile a 70-80 o forse anche 100 … Meno giorni in montagna a titolo individuale = minor impronta antropica di ciascun individuo a carico delle montagne.”
Così facendo si ha anche più tempo libero per andare a fare acquisti al NuowoSupperMegaStore che sono arrivati i nuovi, imperdibili Charpeeky dalla Thailandia e i bellissimi Katsy’mbokky da Taiwan!
E salvi dall’antropizzazione il vallone del Pitchoux-Patchoux dei Tchouloni
@37 Nicola. Dobbiamo fare tutti dei sacrifici, ognuno la sua parte. Non solo come varie categorie, ma proprio a livello individuale. Ecco perché gli “alpinisti” non sono allineati alla profonda tutela dell’ambiente in montagna: perché ciò significa mettere in conto meno giorni in montagna, o per norme che così impongono o per autodisciplina individuale. Ma gli alpinisti non sono disposti a ciò, non rinunciano neppure a mezza giornata all’anno di piacere personale in montagna e alla fine anche gli alpinisti preferiscono il casine generale, nel quale sguazzano anche loro. Invece i veri appassionati di montagna non solo non aspettano l’arrivo di leggi che impongano dei divieti, rispettandoli poi alla perfezione, ma addirittura anticipano tutto ciò e si autolimitano nel soddisfacimento della propria passione. Io sono coerente con quanto affermo e da circa 12-15 anni mi autolimito: anziché andare in montagna TUTTI i weekend, ne faccio uno sì e uno no. A volte salta anche la domenica che sarebbe di turno, vuoi per impegni di lavoro, vuoi per altri interessi e magari anche per salute non ottimale. In questo modo, autodisciplinandomi, faccio circa 35-40 uscite annue (sommando quelle di scialpinismo a quelle “estive”), contro un potenziale di 52 (se andassi TUTTE le domeniche), forse aumentabile a 70-80 o forse anche 100 (se oltre alle domeniche, facessi sistematicamente l’intero weekend e poi ci aggiungessi altri giorni, quali ponti, ferie estive, ecc). Meno giorni in montagna a titolo individuale = minor impronta antropica di ciascun individuo a carico delle montagne. Se ciascuno di noi, nel suo piccolo, agisse così, un certo alleggerimento alla crisi dell’ambiente delle montagna la porteremmo. Non sarebbe risolutivo, ma si tratta di un principio di onestà intellettuale. Mi aspettavo che tale visione fosse condivisa dai cosiddetti alpinisti, che si spacciano come “invasati” da una passione molto più intesa della mia. Invece no, prevale l’esigenza egoistica di fare sfogo alla propria passione e delle montagna chisse-ne-frega (anzi la mi autodisciplina viene tacciata come manifestazione di scarsa passione per le montagne, “sennò non sapresti startene in città!“). Anche questo paradigma deve cambiare: non possiamo pretendere che vengano cacciati i cannibali dalle montagne se noi “alpinisti” per primi non siamo capaci ad arginare il nostro egoismo.
@ 36 Regattin
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Qualcuno prevede un futuro prossimo (2050/60) , a mio parere distopico, in cui la quasi totalita’ dell’umanita’ vivra’ in grandi citta’ , ed il resto del territorio suddiviso fra abbandono ( vedi larga parte dell’appennino ) e overtourism.
Vorrei solo far notare qui che l’alpinismo non è il modo più indolore di vivere la montagna, sareste disposti a rinunciarvi? perché mi sembra che tutto si riduca spesso a un generico “va bene solo quello che faccio io e che piace a me”. e lo dico davvero senza intento polemico ma perché anche io sento molto “mia” la questione ma non trovo mai proposte concrete che mi paiono accettabili.
si riduce tutto a chi sono i pochi e a come selezionarli; e credo che ognuno abbia una risposta diversa.
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Già, tu sì che sei lungimirante!
La realtà è invece decisamente opposta: la montagna sempre più periferia cittadina (già lo è in svariati casi) e valvola di sfogo (che non è di per sé un fatto negativo) per individui che non vogliono rinunciare alle comodità della città.
La montagna distrutta dallo sfruttamento esiste già oggi, non è necessario attendere chissà cosa, ma per molti rappresenta un valore, non una sconfitta.
Non stare a preoccuparti se ora i tuoi scarsi neuroni ti permettono o meno di focalizzare i concetti, peraltro semplici. A tempo debito, capirai… epidermicamente… Lo stesso vale in montagna: tutti pensano di strizzarla al massimo, come una gallina dalle uova d’oro. Poi la montagna nel suo complesso, distrutta dallo sfruttamento, diventerà così repulsiva che improvvisamente non ci andrà più nessun turista consumista e il business del settore si sgonfierà in un amen
#30: ah scusa, non avevo letto attentamente il tuo delirio e non avevo capito bene…
I Pro Pal forse prenderanno piu’ di una fava , ma non stiamo a sottilizzare.
Eh si…Pane (Fame) Amore e Fantasia: possenti e irrefrenabili, soprattutto l’ultima.
Se poi la sodomizzazione in carcere dei manifestanti non innescherà grida di dolore ma di gioia, prenderemo tutti due piccioni con una fava. Apriremo nuovo spiragli di vita ai Pro Pal e ci saranno riconoscenti.
Gli immigrati in carcere avrebbero probabilmente più piacere di sodomizzare questurini, fascisti e bastardi vari 8come il sottoscritto), ma c’è una impossibilità fisica nel poterlo concretizzare. Non può accadere tutto ciò perché tali immigrati carcerati sono già in carcere, mentre noi non lo siamo (noi questurini, fascisti, bastardi vari). Viceversa gli immigrati carcerati potrebbero facilmente incontrare dentro al carcere i vari manifestanti (Pro pal, ecc) e tutti coloro che violeranno le norme del DDL in questione. Poiché nelle docce del carcere, nei corridoio, nelle celle, nel cortile per l’ora d’aria, gli immigrati carcerati hanno a disposizione i Pro Pal & C per sfogare le loro brame fisiche, è realistico pensare che, a tal fine, utilizzeranno loro e non noi. Noi non dobbiamo caricarci di nessuna fatica: ce ne staremo belli tranquilli e otterremo l’obiettivo di veder sodomizzati i Pro Pal ecc, senza neppure doverci sporcare le mani. Che mirabile pena del contrappasso: vi stracciate le vesti per gli immigrati? E alla fine finirete sodomizzati proprio da loro!!!!
Sempre per puntare in alto, verso le vette dello spiritualità, come la montagna scuola di vita ci ha insegnato fin dalla più tenera età e come i contributi dei vari Carlo & Alessandro ci indicano, anche la natura di queste grida dei pro Pal in carcere durante il loro impatto “sistemico” imprevisto con l’amato immigrato è controversa. Potrebbero non essere grida di dolore ma di gioia. Quindi l’impatto sistemico potrebbe non avere natura di pena del contrappasso ma di premio agognato ma mai agito…un gradito omaggio della dimamica a volte paradossale dei sistemi. Il destino ci riserva sempre sorprese e ci sono più cose tra cielo e terra….o forse sarà un effetto della fisica quantistica che insegnano all’ISEF chiudendo i poveri gatti dentro le scatole ….boh…
“Allo stato attuale gli immigrati irregolari e clandestini finiti in carcere non risultano castrati, per cui sono tenicamente in grado di sodomizzare”
Vero, ma penso che probabilmente sarebbero molto, ma molto più propensi a sodomizzare questurini, sbirri, razzisti e tutti i loro sostenitori
Allo stato attuale gli immigrati irregolari e clandestini finiti in carcere (al seguito di reati commessi nel nostri paese) non risultano castrati, per cui sono tenicamente in grado di sodomizzare i manifestanti (Pro Pal, ma anche ultima generazione, per i blocchi stradali) a loro volta messi in carcere per il DDL 1660. Basta stare a guardare e finiranno tutti a urlare AHHHHHHHHHHH senza che noi ci dobbiamo neppure sporcare le mani
Mister Carlo. La sua proposta non è così originale. Qualche anno fa un tale Alessandro propose proprio lo sterminio dopo i 70. In ogni caso, sia la sua proposta più compassionevole che quella più radicale di Alessandro lo sterminatore di vecchi contengono il pericolo di un effetto sistemico imprevisto. Si calcola che entro il 2030 ci sarà un passaggio generazionale di ricchezza per cause naturali di circa 2000 miliardi, più o meno la metà della ricchezza detenuta dagli italiani in beni immobili e mobili. Se si accelera il processo con le vostre proposte è molto probabile che la generazione successiva decida di godersela senza continuare a sbattersi, scegliendo coi soldi dei genitori o dei nonni la “qualità della vita”, compreso il sfancazzare per i monti a più non posso. Finiremmo dunque per peggiorare la situazione di affollamento dei giorni feriali, già oggi peraltro ampiamente incentivata da smart working e da aspettative “minimaliste” di vita e carriera. Avremmo dunque un’accelerazione di quella trasformazione in “società signorile di massa” di cui ha parlato persino il ministro Giorgetti senza citare Ricolfi che ne ha il copyright. Poi però Giorgetti temendo le ire del suo Capitano non ha avuto il coraggio di andare oltre sul tema tasse patrimoniali e di successione. Bisogna dunque stare attenti agli effetti sistemici indesiderati, come i manifestanti pro Pa sodomizzati in carcere dai migranti da loro tanto amati, una vera beffa, o i maschi europei in piena “virilità crepuscolore” (copyright Genoria) in seria difficoltà nel trovare un aiuto per soddisfare le loro fameliche femmine dopo aver castrato tutti i negroni. Che però se castrati non potrebbero neppure sodomizzare i pro Pal. Un bel casino….Come vede la realtà è complessa da gestire: quando cominciano ad essere invocati i cetrioli, non si può mai sapere dove vanno a finire alla fine. Buona continuazione e si guardi le spalle.
Premesso che per quanto mi riguarda, posso sostenere di distinguermi esternamente dai personaggi delle foto solo perchè in genere vado in giro vestito, e che quindi sono anch’io parte del problema:
Al contrario di quanto osservato da altri, trovo che le foto siano molto incoraggianti, e facciano ben sperare. Se davvero si arrivasse a situazioni del genere, un paio di grossi temporali con assortimento di fulmini e temperatura che scendo di colpo di almeno 20 gradi contribuirebbero in modo drasticamente eccellente a risolvere la situazione.
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“Difficile essere obbiettivi (ed educati) se si è parte in causa ”
Difficile essere obbiettivi ( e ragionevoli) se oggigiorno si è giovani e ci si rende conto ( ma solo in parte) di vivere e di avere come futuro una prigione a 5 stelle. Non si può che nutrire rabbia e odio nei confronti di chi ha vissuto prima, che viveva pure lui in una prigione , ma la porta era quasi sempre aperta e ci si poteva assentare per ore, giorni, settimane di aria, a seconda di quanti ne avevi in tasca, solo alcuni pescavano nelle tasche dei genitori. Quanto alle stelle, la maggior parte degli scriventi over-sixty le ha avute come maxi schermo HD di notte… tante notti ci sono state le nuvole e l’acqua e la tenda che perdeva!
Auguri Carlo, buona vita!
Chi fa il “fine umorista”, pensando di risultare, così, un tipo “superiore” e snob verso chi si batte per le grette esigenze della tutela delle montagne, non fa che confermare, ancora una volta, l’obsolescenza della sua visione, ancorata a standard morti e sepolti, roba da diritti per tutti ecc ecc ecc. Il Sessantotto appartiene alla preistoria, aprite gli occhi! Il conteso socio-politico dei “diritti per tutti” è da archiviare, sennò sarà sempre peggio, per tutti. Fa il male delle montagne chi si contrappone, per principio ideologico, all’ipotesi che possano esser inseriti dei meccanismi di scrematura nell’accesso alle montagne (così come, mutatis mutandis, chi si contrappone ai meccanismi di selezione nell’accesso di tutti i disperati del mondo al nostro paese), e di conseguenza la qualità della vita e delle cose peggiorerà sempre di più. #Più montagna per pochi.
“Difficile essere obbiettivi (ed educati) se si è parte in causa”
Difficile (e sbagliato) essere educati con chi chiede che ti vengano tolti dei diritti
Ripeto: bisogna aspettare un po e avere un po di pazienza, poi anche tu Carlo sarai parte in causa.
Difficile essere obbiettivi (ed educati) se si è parte in causa
Ma quanti discorsi del cazzo c’è ancora da leggere?
Mister Carlo, si potrebbe anche bloccare il trasferimento di ricchezza dagli over 50 agli under 50 e imporgli che facciano due figli, eventualmente con l’aiuto di qualche negrone se non ce la fanno. Così gli tocca pagarsi il mutuo e lavorare di brutto e non ce li troviamo più tra i piedi anche nei giorni feriali e in orario di lavoro. Non se ne può più, ormai persino al lunedì mattina te li trovi tra i piedi.
Carlo: mi sembra che lo stanno già facendo e ottengono anche degli ottimi risultati. Bisogna dargli tempo, avere un po di pazienza!
Torno a ribadire che una soluzione per il troppo turismo e la sovrappopolazione sia sospendere le cure mediche agli over 50
@ Villa: sicuramente l’idea di tornare a una frequentazione quantitativamente (e qualitativamente) ridotta della montagna è un’utopia e abbiamo contro gli interessi di chi in montagna vive e vive “di” montagna. Ma una qualche soluzione dovrà esser trovata, sennò… addio montagne! prima o poi il turismo spinto le consumerà tutte e resterà solo il deserto. Se gli operatori fossero (globalmente) più illuminati e guardassero NON solo alla massimizzazione del profitto dell’oggi, si potrebbe ipotizzare una specie di tavola rotonda per identificare la soluzione più indicata e capace, a livello di compromesso, di dare un colpo al cerchio e una alla botte… Ma vedo che il modello turistico nel suo complesso (nonché i produttori di attrezzatura e abbigliamento, che a loro volta soffiano sul fuoco…) è sordo a qualsiasi discorso e quindi ogni idea è vana. A un certo punto le montagne saranno talmente ributtanti che nessuno più ci andrà e il fatturato totale del settore sarà pari a zero. siccome ci vorranno alcuni decenni per arrivare a ciò, gran parte degli operatori, specie quelli più consumistici, dicono: “E a me che cappero me ne fraga? tanto, quando ciò accadrà, io sarò già morto e sepolto!”. Contro posizioni del genere non c’è dialettico che possa attecchire. Però chi ama la montagna e le montagne, a prescindere dal tornaconto economico, vede i progressivi step del loro degrado come una serie di pugnalate al cuore…
Grazia. Eh sì, tutti abbiamo timbrato le nostre cartoline, magari proprio nei tempi in cui le cartoline si spedivano per posta. Non solo nelle città d’arte, ma abbiamo pure raccolto i timbri sulle vie in montagna, quelle vie che non si potevano non fare, anche per fare bella figura con gli altri della Tribù. Ora vogliono andare altri a farsi i selfie, le moderne cartoline, e sono tanti, tantissimi e vengono da tutto il mondo perché è girata la voce che il paese dove crescono i limoni è pieno di posti bellissimi e circolano anche più soldi e più informazioni. Il Gran Tour lo può e lo vuole fare anche chi due generazioni fa manco poteva immaginarselo. Eh no, amico mio tu no! E perché? Perche sei brutto, fai rumore, non hai gusto e stile e siete troppi. Se va bene ti becchi un calcio nel sedere, se va male, visto che sono tanti e non gli va di essere considerati dei rozzi e degli sfigati fai la fine di Maria Antonietta coi sui consigli alimentari sulle alternative al pane. La faccenda sul piano personale è facilmente risolvibile: basta non andarci più in certi posti o se si conosce il territorio andare dove non va nessuno. Se un amico viene a trovarmi in stagione e insiste io posso portarlo dove incontriamo non più di 10 persone a poca distanza dalla follia pura. A livello collettivo però è una faccenda veramente seria che richiede grandi capacità di analisi e di governo. Proprio per questo sono pessimista che si riesca andare oltre soluzioni temporanee e contenitive degli eccessi, “tapulli” dicono in Liguria. Almeno fino al collasso dei gusti e degli orientamenti di massa. Però anche qualche buon “tapullo” potrebbe funzionare, ma ci vogliono molto pragmatismo e piedi per terra.
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Sig. Villa, questa non è utopia, è una cazzata oltretutto al di fuori di ogni logica oltre che della Costituzione Italiana.
Per il resto credo che per ogni caso vada trovata una soluzione, che non potrà essere adattata agli altri singoli casi. Però per partire, qualsiasi sia il caso preso in esame, dev’esserci un reale interesse di tutti gli attori in
gioco,ma qui si vede solamente un proliferare di tutte quelle attrazioni che non fanno altro che amplificare il problema.Beato e fortunato chi, come me, vive in zone considerate marginali dal turismo di massa. Anche oggi, bellissima, soleggiata e tiepida domenica di ottobre, nessun incontro nella mia lunga escursione nelle Dolomiti Friulane, altro che overtourism!
Expo:
E se un’amica del tuo giro di amiche ti invita per una cenetta a 2 in un ristorante griffato ( e paga lei), tu cosa fai le proponi la trattoria tra muratori e camionisti?
Lei naturalmente in tubino nero, scollatura generosa e tacco 12, tu camicia di lana vintage Carlo Mauri.
Sig. Crovella: seguo da tempo i suoi commenti, sensati ma a mio parere utopistici. Lei stesso conviene che un rallentamento delle frequentazioni, o addirittura un ritorno al passato comporterebbe rinunce e sacrifici economici per addetti vecchi e nuovi, e relativo indotto, difficilmente sopportabili. Il fenomeno descritto in questo ed altri precedenti articoli è iniziato da cento anni e accentuato nell’ultimo ventennio e più ancora dopo la fine della pandemia da COVID del 2020. Quando fu scoperta e diffusa l’ebbrezza dello scivolare sulla neve con gli sci, da parte di pochi turisti anche un po’ snob, e’ cominciato l’assalto e l’urbanizzazione alpina. Impianti di risalita sempre più efficienti e funzionali, man mano alla portata di un vasto ceto medio beneficiato da anni di crescita economica, e così via con seconde case, alberghi, cementificazione, strade, superstrade ed autostrade. Infine, complice anche il cambiamento climatico che anche in quota ha addolcito ed accorciato i freddi inverni e – di conseguenza – estati più lunghe e meglio sfruttabili, hanno chiuso il ciclo di un ambiente alpino utilizzabile tutto l’anno. Non sono mancate discutibili attrazioni estive (ponti mozzafiato, percorsi avventura, giostre di vario tipo, ecc.) per finire con sistematiche migliorie di alloggi e ristorazioni in quota, già ben conosciuti dai frequentatori invernali delle giostre dei diversi Superski. Il caldo delle città ha spinto esodi di massa verso le vicine fresche alture sempre più facilmente raggiungibili, dotate di ogni confort anche culinario, trasformate in gigantesche spiagge. Senza citare le disavventure di tanti individui attrezzati ‘da spiaggia’ che si sono inguaiati per crode e ferrate. Nel primo weekend libero dopo la fine della pandemia si sono mobilitati Carabinieri e Polizia per bloccare gli accessi a tante valli alpine più che intasate e nel più completo caos. Ci vorrà un altro secolo per quantificare i danni e tentare di rimediare come si sta facendo con le auto? Ma la motorizzazione di massa ha dato lavoro e benessere e ora si temono nocive conseguenze dal cambiamento in atto e futuro. Facciamocene una ragione. l’Italia sta diventando un grande centro commerciale, con arte e natura da vendere, massimizzando ricavi e profitti. I settori che compongono il nostro PIL sono rappresentati per quasi 2/3 da commercio e servizi, in continua modesta crescita. Il settore industriale non cala, ma langue da anni. Dunque vendiamo paesaggi, rocce e nevi alpine, rendendoli più facili da utilizzare senza sforzi e sacrifici, solo con attenzione ai costi, che già in inverno cominciano a scoraggiare famiglie di ceto medio dall’eccessiva frequenza di giornate sugli sci. È questa la vera soluzione? Come quel tale che vorrebbe la benzina non a due euro ma a venti euro al litro per poter scorazzare senza ingorghi con la sua Ferrari? Un saluto rassegnato: la maggioranza vince, anche se non sempre ha ragione.
@ Cla
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Secondo me no..
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Chi trovi nel posto non griffato e’ spesso un amante dei luoghi e non della griffe.
Ho un piccolo giro di amiche che ama i ristoranti griffati , mentre io sono contento anche in trattoria ; io nelle trattorie non soffro proprio per niente , loro si.
Cara Grazia:
invitare la gente ad andare nei posti meno affollati vuol dire trasformarli a breve in posti affollati.
Fare come i cercatori di funghi, che non rivelano dove li trovano!
Caro Roberto, rifuggo qualunque luogo affollato, così come non leggo libri e vedo film super pubblicizzati, ho scelto di lavorare sulla parte dell’Etna meno turistica e invito i miei ospiti a visitare luoghi al di fuori dei soliti circuiti. Non sono più tornata a Venezia, che ho visitato da piccola, perché temo di sgualcire la cartolina romantica che mi sono creata. Non ho voglia di respirare Londra, seppur sia stata diverse volte in UK. E potrei continuare per un pezzo.
Non trovo pietre da scagliare.
Expo. Il @marchio” della località ha un’attrattiva straordinaria sulle “masse popolari” non sulle minoranze aristocratiche del gusto o della ricchezza antica (perché la ricchezza moderna lo adora il “marchio”). Lo vedo con i miei occhi quando sbarcano le orde dei croceristi. Dopo code estenuanti, delusioni, rapine e maltrattamenti di ogni genere subiti probabilmente non torneranno più ma comunque vogliono “timbrare il cartellino”. Non li fermi neanche con il muro di Berlino o i posteggi a 6 € l’ora o le code pazzesche per pisciare. Per uno che non ritorna c’è n’è un altro che vuole venire a timbrare, magari un cinese, un americano di non so dove che ha visto qualche film o qualche spot pubblicitario o la foto delle due navi di Musk ancorate in baia (una con il Principe e l’altra di appoggio con la servitù e le stoviglie). È un “pellegrinaggio” moderno ai luoghi “sacri” dell’epoca contemporanea che ha sostituito la fede con la fama. Come i pellegrini del passato affrontano qualunque prova per venirci almeno una volta nella vita e poter dire: “C’ero anch’io”. Scagli la prima pietra chi è senza peccato.
I costi sono solo un aspetto del problema : se uno non deve per forza postare un cartello con Chamonix , Cortina , Ortisei , ci sono tantissime montagne desuete che possono dare tanto a chi ama la natura e non la sua griffe.
Lo diceva gia’ Messner negli anni 80 , e si potrebbe dire anche oggi osservando l’immondizia e le code sulla normale dell’Everest contrapposta ad una pletora di 5 e 6 mila meno instagrammabili , molti dei quali attendono ancora una prima salita e alcuni addirittura un nome…
L’articolo è di fatto un appello emotivo, si limita ad enunciare un problema ormai purtroppo ben noto. Le immagini sono provocazioni generate con l’AI per colpire al cuore. Forse sarebbe più produttivo analizzare in modo accurato la situazione nei luoghi dove si verifica l’affollamento e gli effetti delle soluzioni che finora si è cercato di attuare. Io vivo per gran parte dell’anno a ridosso di uno dei “marchi” turistici marini piu’ conosciuti del mondo (che ovviamente frequento solo d’inverno quando piove, come gli altri residenti in zona, autoctoni o emigrati come me) e osservo che il fenomeno ha aspetti diversi e complicati: dal problema del consenso locale alle discesa in campo dei grandi gruppi del turismo di lusso, soprattutto francesi, al cambianento della composizione dei frequentatori con la forte presenza di stanieri alla coesistenza di sovraffolanento, lusso (300 € al giorno cabina e ombrellone, 9 € una Coca Cola) e iniziative di nicchia alternative a basso costo e impatto nel giro di poche centinaia di metri in linea d’aria messe in piedi da ragazzi o istituzioni pubbliche….Le variabili in gioco sono tante, qualche tentativo è stato fatto (numero chiuso, navette, interventi sulla logistica, campagne di comunicazione/educazione, coinvolgimento degli operatori…) per riuscire a trovare una direzione bisogna prima capire bene, senza pregiudizi, e poi sperimentare e vedere l’effetto che fa. Un’informazione fattuale e non emotiva può essere un utile contributo.
Belle e profetiche le immagini shoppate ( mi viene in mente Gardaland ) , piu’ difficili i tentativi di trovare una soluzione.
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Per molti :”addetti ai lavori” c’e’ gia’ : puntare su montagne piu “sfigate” , su avvicinamenti piu’ lunghi , sulla distanza dal bar / rifugio / strada
Queste immagini sono sconvolgenti.
Immagini di fantasia create ad arte tramite l’IA per portare l’opinione pubblica nella direzione voluta da una certa corrente di pensiero. Il tutto per ipotizzare filtri di accesso su base finanziaria. Ticket, soste a pagamento etc. Per incentivare proprio quel tipo di turismo che crea il problema della montagna trasformata in luna park per arricchiti in cerca di emozioni forti e disponibili a spendere.
Concordo in pieno con la conclusione dell’articolo. Si tratta di tesi che esprimo pubblicamente da tempo, circa 12-14 anni. Ora una soluzione va trovata e in fretta. La soluzione non necessariamente deve essere “una sola”, ma può essere un pacchetto di ipotesi che interagiscono fra di loro. A mio modesto parere il punto cardine è RIDURRE il numero di frequentatori della montagna e soprattutto SELEZIONARLI in funzione del loro modo di “vivere” l’andar in montagna. Da lì non si scappa: credo impossibili altre soluzioni tecniche che, pur mantenendo i numeri umani (o addirittura aumentandoli) riescano a garantire la tutela dell’ambiente e la bellezza dell’andar in montagna. Ridurre i numeri umani significa (inutile che ci giriamo intorno) contrarre il fatturato del settore. Quindi meno profitti per gli imprenditori e meno opportunità di lavoro per i residenti/collaboratori vari. Se non accettiamo questo effetto conseguenziale, nessuna soluzione sarà mai praticabile con un minimo di efficacia. Attenzione: non è detto che tutti gli operatori turistici della montagna vedranno drasticamente ridotti i loro guadagni:. Se riemergerà un modo sano di frequentare i monti, quegli operatori (rifugisti, GA, maestri di sci, ecc) che hanno una mentalità “non consumistica” manterranno le loro posizioni e, chissà, potrebbero anche aumentarle, visto che la parte “sana” degli appassionati di montagna riprenderà a frequentare con maggior entusiasmo. Certo invece che, da un’azione che abbatta l’overtourism in montagna, è logico aspettarsi che saranno invece spazzati via tutti quegli operatori che invece hanno attività con impostazione molto consumistica. PS: LE FOTO PROPOSTE SONO AGGHIACCIANTI. Come si può pensare che future situazione del genere non solo non possano nuocere all’ambiente, ma che rendano ancora piacevole la frequentazione delle montagne da parte degli “alpinisti”?