Piccoli enigmi sulla parete della Punta Fiames

Piccoli enigmi sulla parete della Punta Fiames
(le tre “varianti” della via Dimai-Heath-Verzi)
di Ernesto Majoni
(pubblicato su Le Dolomiti bellunesi, estate 2025)

La “Variante”
Me ne aveva fatto cenno alcuni anni fa Franco Moròto Gaspari, guida alpina e attento cultore di cose d’Ampezzo; confrontando varie fonti mi ero poi imbattuto in un breve inciso, che mi incuriosì al punto da scrivere qualcosa sull’argomento. Con questo contributo ritorno ora sulla questione, per fare il punto su tre piccoli “enigmi” della storia dolomitica.

L’uscita dal “Busc de Frasto”. Foto: F. Gambino.

Per evitare l’ostacolo («sempre molto difficile e con pareti spesso bagnate», avvertiva la guida Berti) qualora versasse in cattive condizioni, poco dopo l’apertura la via Dimai fu corretta con la “Variante”, che aggira a sinistra il tratto ostico attraverso camini meno impegnativi e confluisce nella via originale all’altezza dell’11° tiro di corda. Soprattutto un tempo, essa veniva proposta anche nel tariffario delle guide alpine come alternativa più semplice ed economica al percorso classico (1). Risulta da uno dei primi libri di via che, agli inizi del Novecento, la “Variante” fosse utilizzata anche in discesa da chi intendeva rientrare all’attacco rimanendo sempre sul soleggiato versante sud.

Antonio Dimai, l’uomo della Punta Fiames. Archivio Ernesto Majoni.

Avevo già steso queste note in base a fonti bibliografiche e ricordi personali quando, in una recente guida alle scalate classiche sulle Dolomiti, ho trovato che «… la via qui descritta, nel tratto dopo la seconda cengia, non ricalca il percorso originale ma la variante ormai in uso da decenni, che evita il difficile tratto di parete e camino originali». L’amico guida alpina Enrico Coleto Maioni mi ha poi riferito che è ancora d’uso condurre i clienti sulla variante nel caso, non insolito, in cui il “Busc de Frasto” risulti troppo fastidioso. Stando così le cose prendo atto che, dopo un secolo abbondante, l’opzione non costituisce soltanto, come ritenevo, un relitto storico dell’alpinismo di un tempo, ma viene ancora apprezzata da chi arrampica sulla Fiames.

L’alpinista fiorentino Orazio De Falkner, che collaborò alla guida Le Dolomiti del Cadore, prima fatica del giovane Antonio Berti, nel capitolo “Le crode di Pomagagnon” riguardo alla via Dimai annotava: «… oggi si preferisce una variante per la quale si raggiunge la via descritta circa a metà parete, evitando l’esposta traversata». La frase dimostra che, poco dopo la prima ascensione, la variante alla Dimai esisteva già e qualcuno se ne serviva.

La descrizione e uno schizzo della variante compaiono in ognuna delle edizioni della guida Dolomiti Orientali, il “Berti” uscito in 4 ristampe tra il 1928 e il 1971 (2). Nella loro guida Cristallogruppe und Pomagagnonzug (Bergverlag Rother, 1981) Jürgen Schmidt e Angelika Schmidt assegnavano alla Variante – così detta anche in tedesco – un dislivello di 80 m per uno sviluppo di 200 m circa, con difficoltà di III superabili in 45 minuti.

Detto questo, consultando un’ulteriore fonte sulle Dolomiti di Cortina, il libriccino redatto giusto un secolo fa da Ugo di Vallepiana con note di Antonio Berti e Federico Terschak e schizzi di Angelo Calegari, mi parve d’avere sciolto il dilemma:

la variante che «… serve per scansare il camino e le pareti prima e dopo la grotta… » sarebbe stata aperta da «Piaz, Rizzi», non si sa se uno, l’altro o entrambi. Al riguardo pensai d’istinto a Tita (Giovanni Battista) Piaz e a Luigi Rizzi, valorose guide fassane attive tra il XIX e il XX secolo in tutte le Dolomiti, che salirono certamente anche la Punta Fiames sulle orme dei loro colleghi Dimai e Verzi. Oltre alla relazione del percorso, Vallepiana non forniva indicazioni: può darsi che le guide avessero percorso la parete, con clienti o meno, prima del 1907, e De Falkner ne fosse venuto a conoscenza nella fase di redazione del suo contributo.

La citazione mi stuzzicò alquanto tenuto conto che, nonostante una ventina di salite della via Dimai, mai mi ero interessato alla Variante, né mai mi era venuta la curiosità di salirla, non fosse altro che per variare un po’ l’ascensione, che a conti fatti era divenuta un appuntamento annuale.

Da sinistra, la guida di Antonio Berti, 1908; la guida di Ugo di Vallepiana, 1925; le vie della Punta Fiames (dalla guida di Antonio Berti, 1971).

La “Variante due”
A completamento dell’indagine sulla “Variante”, mi è poi sovvenuto che sulla via Dimai ne esiste pure un’altra più breve, della quale nulla mi è noto dal punto di vista storico e bibliografico, ma che – stavolta sì – ho personalmente salito diverse volte, quando non ce la si sentiva di affrontare il limaccioso, per quanto non insormontabile “Busc de Frusto”, ma poi anche per comodità.

La “Variante due” si svolge all’esterno del camino che fece andare in crisi il robusto e petulante “Frasto”; essa sale parallela al camino, lungo una parete solida ed esposta, si sviluppa per 30 m o poco più e si esaurisce subito sopra l’uscita del “busc”. Ricordo anche che, circa a metà del percorso, a quei tempi c’era anche un solido e rassicurante chiodo, di foggia certamente non antica.

Punta Fiames, parete sud. Foto: I. Del Fabbro.

Sono del parere che, tutto sommato, a chi ne fa uso la seconda variante non presenti difficoltà di molto più basse del camino, offrendogli però una roccia più asciutta e un contesto meno tetro. Mi sovviene pure che, per raggiungerla, dalla base del camino si saltava fuori sulla sinistra e che, a causa del netto spigolo formato dalla parete, solitamente la nostra corda scorreva con fatica, sicché era spesso difficile capirsi con chi seguiva all’altro capo (esperienza diretta del 14 agosto 1987).

Della “Variante due” non ho trovato alcun accenno documentale, né testimonianze orali che mi aiutassero a scoprirne l’origine. La si seguiva perché così ci avevano insegnato quelli passati prima di noi: a me lo fece l’amico e coetaneo guida alpina Ivo Zardini (1958-2021) durante la prima visita alla parete, che compii legato con lui il 27 maggio 1976, e si continuò così, stagione dopo stagione.

La storia dell’alpinismo non cambierebbe sicuramente se anche ricevessi qualche precisazione o immagine in più su quell’uscita nel vuoto della via Dimai, sulla quale – insieme a numerosi amici, che ringrazio – ho trascorso diciotto giornate della mia gioventù; capire però chi abbia inventato la breve ” Variante due” e quando e per quale motivo lo abbia fatto, mi incuriosirebbe un po’.

Lungo il “Busc de Frasto”. Foto: F. Gambino.

La “Variante tre”
La parete sud-ovest della Punta Fiames è così ampia e strutturata che ben può ospitare anche una terza variante della via Dimai. E questa venne puntualmente scoperta 51 anni fa. Nel maggio 1974 infatti, Raniero Valleferro ed Alberto Dallago corressero la storica via del 1901, prolungandola per 300 m di sviluppo con difficoltà di IV, e vi lasciarono un solo chiodo. Anche su questa variante, che potrebbe quasi essere una via a sé stante, le fonti disponibili riportano ben poco: non conoscendola di persona, mi sento soltanto di credere che trovi spazio nella grande porzione di roccia ricompresa fra il “Calvario” e la cengia “Jori”, dalla quale iniziano le tre vie della Sud-ovest e lo spigolo. Uno dei salitori, Raniero Valleferro, scomparve tragicamente il 16 giugno 1976 a ventisei anni, inghiottito da una valanga sulla parete dello Huascarán in Perù, dov’era impegnato in un tentativo di salita con altri dieci Scoiattoli; con lui morì anche Carlo Demenego, classe 1949, ed entrambi sono rimasti lassù sepolti tra i ghiacci.

Teofrasto Dandrea, l’uomo del “Busc de Frasto”. Archivio Ernesto Majoni.

Concludo questo lungo e dettagliato excursus nelle vicende della via Dimai-Verzi della Punta Fiames con una speranza: se qualche lettore curioso, aprendo i cassetti della memoria, fosse in grado di dettagliare maggiormente i tre piccoli “enigmi” che ho provato a descrivere in queste righe, potrò ritenermi soddisfatto.

Punta Fiames, parete sud-ovest. La Variante è la n. 75a (dalla guida di Jürgen e Angelika Schmidt, 1981).

Bibliografia
Orazio De Falkner, “Le crode di Pomagagnon”, in Antonio Berti, Le Dolomiti del Cadore. Guida alpinistica, Fratelli Drucker Librai editori, Padova-Verona, 1908;

Ugo di Vallepiana, Dolomiti di Cortina d’Ampezzo. Dal Cristallo per le Tofane alla Croda da Lago, Guida Sucai, 1925;

Antonio Berti, Le Dolomiti Orientali, Fratelli Treves Editori, Milano, 1928;

Carlo Gandini e Franco Alverà, 40 anni di prime salite e soccorsi in montagna degli Scoiattoli di Cortina, Tipografia Ghedina, Cortina d’Ampezzo, 1979;

Jürgen e Angelika Schmidt, Cristallogruppe una Pomagagnonzug, Bergverlag Rudolf Rother, München, 1981;

Emiliano Zorzi, IV Grado Dolomiti Orientali 1 (3a edizione), Idea Montagna Editoria e Alpinismo, Villa di Teolo, 2022;

Ernesto Majoni, 1905: una tragicomica avventura sui monti d’Ampezzo, in AA.VV., Montagna. Annuario GISM 2024, Torino, 2024, pp. 147-150.

Note
(1) Ad esempio, nella Guida illustrata di Cortina d’Ampezzo e della conca ampezzana di Federico Terschak (Studio Editoriale Dolomiti, Cortina, 1929), la via Dimai era proposta al prezzo di L. 200, la “Variante” a L. 150. Quarant’anni dopo la stessa guida (Guida di Cortina, Edizione Libreria Murari – Cortina d’Ampezzo, 1970) proponeva soltanto la via Dimai al prezzo di L. 22.000.

(2) Edizione 1971: «… la VARIANTE costituita da una serie di camini di media difficoltà, scalati i quali per c. 70 m., con traversata verso destra si raggiunge di nuovo la Via Originale, evitando così i tratti più difficili, cioè la seconda parete e il camino».

Piccoli enigmi sulla parete della Punta Fiames ultima modifica: 2025-10-22T05:56:00+02:00 da GognaBlog

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3 pensieri su “Piccoli enigmi sulla parete della Punta Fiames”

  1. Bravo Ernesto!Leggere questo articolo è stato come fare un viaggio tra storia, memoria e passione per l’alpinismo! La “Variante due” è un vero e proprio mistero, ed è bello pensare che magari un giorno scopriremo qualcosa in più su di essa grazie a te. Grazie per farci rivivere queste avventure sulle Dolomiti con tanta passione.

  2. Pace all’anima di Franco Gaspari e Ivo Zardini, amici e colleghi indimenticabili. 

  3. La passione e l amore per le crode , circondano la sua vita e sono un vero piacere per tutti noi lettori grazie Ernesto per i tuoi scavi nel passato e tutte le persone che fai rivivere nelle tue puntigliose cronache …ciao

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