Il ricorso presentato dalle guide ambientali escursionistiche contro la delibera della “zonazione” nei confronti del Collegio regionale guide alpine Lombardia e di Regione Lombardia è stato respinto. Riportiamo il testo della sentenza purgato di gran parte delle locuzioni e riferimenti giuridici in modo da favorirne un’agevole lettura. Qui il pdf della sentenza.
Sentenza TAR Lombardia per la “Zonazione”
(pubblicata il 20 giugno 2025)
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza), ha respinto il ricorso (contro Regione Lombardia e Collegio Regionale delle Guide Alpine Lombardia) proposto da Associazione Italiana Guide Ambientale Escursionistiche (Aigae), Libera Associazione Guide Ambientali Escursionistiche – Lagap, Assoguide, Associazione Guide Ambientali Europee (Agae) e altri 9 cittadini.
Il ricorso chiedeva l’annullamento della deliberazione della Giunta regionale della Lombardia del 16 settembre 2024, recante la “Nuova individuazione degli ambiti spaziali e geografici riservati alla professione di accompagnatori di media montagna (AMM), in attuazione del parere del Consiglio di Stato del 23 settembre 2020.
Il TAR Lombardia ha ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
I.1) Le associazioni ricorrenti rappresentano a livello nazionale le Guide Ambientali Escursionistiche (nel proseguo “GAE”), una professione che rientra tra quelle non organizzate in ordini o collegi, che trova la sua regolamentazione nella L. 14.1.2013, n. 4.
Le persone fisiche ricorrenti sono GAE attive sul territorio regionale lombardo che in sintesi, nell’ambito del comparto del turismo, operando in stretta interazione con l’ambiente naturale, accompagnano singoli o gruppi in visita alle aree di interesse ambientale, al fine di illustrarne gli aspetti ambientali, naturalistici, antropologici e culturali.
I.2) Oggetto del presente giudizio sono i provvedimenti con cui Regione Lombardia ha in sostanza riservato taluni ambiti dei suoi territori montani agli Accompagnatori di Media Montagna (nel proseguo “AMM”).
In base a quanto disposto nell’art. 21 della L. n. 6/1989, le Regioni possono prevedere la formazione e l’abilitazione di AMM, i quali svolgono, “in una zona o regione determinata, le attività di accompagnamento di cui al comma 1 dell’articolo 2, con esclusione delle zone rocciose, dei ghiacciai, dei terreni innevati e di quelli che richiedono comunque, per la progressione, l’uso di corda, piccozza e ramponi”, e illustrano “alle persone accompagnate le caratteristiche dell’ambiente montano percorso”. Per il successivo art. 22, l’esercizio dell’attività di AMM è subordinato all’iscrizione in apposito elenco speciale alla cui tenuta provvede il Collegio Regionale delle Guide Alpine, sottoposto alla vigilanza della Regione.
A sua volta, l’art. 16 della L.R. 1.10.2014 n. 26 (Elenco speciale degli accompagnatori di media montagna) prevede che “ai sensi dell’articolo 21 della legge 6/1989, l’accompagnatore di media montagna svolge le attività di accompagnamento previste per le guide alpine, con esclusione delle zone rocciose, dei ghiacciai, dei terreni innevati e di quelli che richiedono comunque, per la progressione, l’uso di corda, piccozza e ramponi, e illustra alle persone accompagnate le caratteristiche dell’ambiente montano percorso. Con deliberazione della Giunta regionale, sentito il collegio regionale delle guide alpine, sono definite le zone in cui si svolgono le attività di accompagnamento”.
I.3) Con la D.G.R. X/7235 del 17.10.2017 la Regione aveva definito le suddette zone, individuando quali aree di competenza della professione di AMM:
a) le aree e terreni situati al di sopra dei 600 metri di altitudine sul livello del mare;
b) gli itinerari e percorsi situati al di sotto della quota altimetrica di 600 metri, classificati con indici di difficoltà E (Sentiero escursionistico) ed EE (Sentiero per escursionisti esperti).
II) Con ricorso straordinario al Capo dello Stato del 10.1.2018, alcune GAE hanno impugnato la D.G.R. X/7235 cit., che con decreto del Presidente della Repubblica del 13.10.2021, corredato del conforme parere assunto dal Consiglio di Stato, Sez. I, 20.11.2020, n. 1914 è stato accolto.
II.1) In particolare, il Consiglio di Stato ha evidenziato che, in linea generale, l’AMM, a differenza della GAE, è una professione regolamentata, sottoposta all’iscrizione in appositi elenchi speciali, e obbligata ad una particolare abilitazione tecnica, alla formazione, all’aggiornamento, oltre che soggetta vigilanza da parte del Collegio regionale delle Guide alpine, di cui gli AMM costituiscono una sorta di sottoinsieme, caratterizzato da minor grado di difficoltà tecnica (mancato svolgimento in zone rocciose, su ghiacciai e su terreni innevati o che richiedono comunque, per la progressione, l’uso di corda, piccozza e ramponi), arricchito dall’attività complementare di illustrazione alle persone accompagnate delle caratteristiche dell’ambiente montano”.
Solo alcune regioni hanno istituito la professione di AMM, mentre altre, nell’esercizio della propria potestà legislativa in materia di turismo, hanno disciplinato la figura della GAE, per la quale manca tuttavia una legge statale che ne preveda l’istituzione tale da renderla, al pari degli AMM, una figura professionale regolamentata, riservata al possesso dell’apposita qualifica professionale, mentre l’area di attività della GAE è libera.
In particolare, la professione dell’AMM sicuramente giustifica la previsione di una sua regolamentazione nel sistema della direttiva “servizi” 2006/123/CE (così detta Bolkestein), secondo cui, la libera prestazione di servizi tollera limitazioni per motivi imperativi, tra i quali sicuramente rientra l’interesse pubblico preminente della tutela dell’incolumità dei consumatori o degli utenti.
II.2) Con riferimento al caso di specie, il Consiglio di Stato ha evidenziato che “nella scala delle difficoltà escursionistiche del CAI [è] classificato “E” (Escursionista”) il sentiero privo di difficoltà tecniche che corrisponde in gran parte a mulattiere realizzate per scopi agro – silvo – pastorali, militari o a sentieri di accesso a rifugi o di collegamento fra valli. È il tipo di sentiero maggiormente presente sul territorio italiano e più frequentato e rappresenta il 75% degli itinerari dell’intera rete sentieristica organizzata”, ritenendo non proporzionata, né ragionevole la scelta della Regione Lombardia di riservare agli AMM non solo i percorsi riconducibili ai sentieri classificati “EE” (“Escursionista Esperto”), per i quali le caratteristiche dei terreni montani da percorrere, particolarmente acclivi ed impervi, nonché le relative difficoltà di progressione, ben possono giustificare la riserva in capo agli AMM, ma anche i sentieri classificati come “E” che – per definizione – sono sentieri privi di difficoltà tecniche, specie se sotto la quota altimetrica dei 600 metri. La sproporzione e la irragionevolezza di tale scelta fa venir meno qual motivo imperativo di interesse generale, consistente nella tutela della sicurezza degli utenti, che solo potrebbe giustificare l’esclusione della GAE e la riserva, restrittiva della libera prestazione di servizi e della concorrenza, ai soli AMM.
II.3) Nel proprio parere, il Consiglio di Stato ha concluso affermando che è estraneo alla presente sede di giudizio di sola legittimità ogni apprezzamento di merito, riservato alla discrezionalità amministrativa e tecnica dell’Amministrazione, e che per effetto della presente pronuncia di accoglimento parziale, la Regione Lombardia dovrà motivatamente riesercitare la funzione per ridefinire, all’esito di un procedimento adeguatamente partecipato, anche attraverso il confronto con le categorie interessate, gli ambiti territoriali e i percorsi che possono essere legittimamente riservati agli AMM rispetto a quelli per i quali possa invece essere consentita l’attività delle GAE, e ciò attenendosi ai criteri logico-giuridici enunciati nella presente pronuncia e sulla base di un’adeguata istruttoria, volta a distinguere i diversi percorsi esaminati in base alle loro oggettive caratteristiche e al tipo di impegno richiesto.
III) Con il provvedimento impugnato nel presente giudizio, Regione Lombardia ha pertanto nuovamente individuato gli ambiti spaziali e geografici riservati alla professione di AMM, basandosi a tal fine sugli interventi effettuati dal Soccorso Alpino negli anni 2019-2022 sul territorio lombardo.
III.1) Sulla base di tali dati, risulta infatti che:
“- vi sia un continuo incremento degli interventi di soccorso in corrispondenza del crescere della quota altimetrica;
– a partire dai 700 m di quota risulta un evidente aumento degli interventi;
– dai 700 ai 2.100 m di quota vi è un consolidamento del numero degli interventi, senza diminuzioni di rilievo;
– dalla quota di 2.100 m, per natura solitamente identificabile come terreno alpinistico e non escursionistico, vi è un calo degli interventi;
– gli interventi effettuati nelle annualità analizzate, da quota altimetrica 0 m fino a quota 2.100 m, ammontano a 1878 così suddivisi: 309 interventi da 0 a 700 m, 797
interventi tra 700 e 1.400 m, e 772 interventi tra 700 e 1.400 m;
– gli incidenti al di sopra dei 700 m, a parità di dislivelli considerati, risultano essere più del doppio”.
III.2) All’esito di tale analisi, la Regione Lombardia ha pertanto ritenuto di riservare alla professione di AMM:
a) gli itinerari e percorsi situati al di sopra della quota altimetrica di 700 m s.l.m., classificati con indici di difficoltà E (Sentiero escursionistico) ed EE (Sentiero per escursionisti esperti) secondo la segnaletica elaborata dal Club Alpino Italiano (CAI) per la gestione delle reti sentieristiche;
b) gli itinerari ed i percorsi situati al di sotto della quota altimetrica di 700 metri s.l.m., classificati con indici di difficoltà EE (Sentiero per escursionisti esperti), secondo la segnaletica elaborata dal Club Alpino Italiano (CAI) per la gestione delle reti sentieristiche”.
IV) Il Collegio può prescindere dallo scrutinio dell’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dalla difesa delle Guide Alpine Lombardia, essendo infondato nel merito, mentre le contestaioni avanzate nel corso della udienza pubblica da Regione Lombardia, in replica all’eccezione contenuta nella memoria finale della ricorrente, circa l’utilizzabilità di taluni documenti depositati dalla stessa Regione Lombardia, non necessitano di esplicita pronuncia, poiché si tratta di atti superflui ai fini della decisione, e di cui il Tribunale non terrà comunque conto.
V.1) Con un unico articolato motivo, i ricorrenti deducono la mancata applicazione e/o errata interpretazione della normativa di riferimento e dei principi costituzionali ed eurounitari di libera concorrenza e proporzionalità nell’accesso al mercato delle libere professioni nelle aree di montagna, l’omessa attività istruttoria e motivazione a sostegno della prerogativa che legittimerebbe la restrizione dell’ambito operativo professionale delle GAE in aperta violazione delle prescrizioni e dei principi dettati dal Consiglio di Stato nel richiamato parere n. 1914/2020.
In particolare, la L. n. 6/1989 non attribuirebbe alcuna riserva di competenze a favore degli AMM, avendo la Corte Costituzionale esplicitamente affermato che le GAE possono muoversi in ambito anche montano, dovendo ritenersi che il criterio di competenza dei rispettivi ruoli non può ravvisarsi nel tipo di ambiente.
Sotto altro profilo, le valutazioni della Regione sarebbero fondate su dati generici, che non contengono alcun riferimento alle aree, agli ambiti e ai percorsi in cui si sarebbero verificate le attività di soccorso in relazione alle quote altimetriche prese in considerazione, e non specificano se gli incidenti oggetto delle attività di soccorso abbiano coinvolto escursionisti non accompagnati oppure accompagnati da GAE o da altri professionisti della montagna.
V.2) Ai fini della definizione della presente controversia, che non ha la natura del giudizio di ottemperanza, il Collegio ritiene in ogni caso di aderire pienamente all’interpretazione normativa seguita nel parere del Consiglio di Stato.
Per tale ragione, va escluso che la riserva di carattere generale dei sentieri EE agli AMM (oltre che, ovviamente, alle Guide Alpine) incorra nelle censure mosse, poiché, alla luce delle difficoltà escursionistiche che essi possono presentare, non è certamente illegittimo, a tutela della sicurezza, esigere che l’attività sia svolta da chi appare meglio attrezzato, per formazione professionale, a prevenire incidenti.
Resta da esaminare la questione concernente l’esclusione delle GAE dai sentieri E sopra i 700 metri di altitudine.
Il Tribunale premette che spetta alla Regione operare una valutazione improntata ad un criterio generale, non gravando su di essa l’obbligo, di difficile adempimento, di esprimersi di volta in volta sul grado di difficoltà di ciascuno dei numerosissimi sentieri E del territorio lombardo.
È tuttavia necessario che tale criterio appaia non irragionevolmente correlato all’effettivo indice di pericolosità dei sentieri, atteso che la sola classificazione in E non depone sempre e comunque in tal senso.
Il criterio che ha individuato, sulla base di un’ampia disponibilità dei dati, una correlazione tra incidenti alle persone e altitudine (oltre i 700 metri) soddisfa tale requisito.
Come già evidenziato nel punto II della presente sentenza, in primo luogo, il Consiglio di Stato ha evidenziato le distinzioni della normativa che disciplina le GAE da quelle dagli AMM, precisando che la riserva, restrittiva della libera prestazione di servizi e della concorrenza, in favore di questi ultimi, deve essere giustificata dalla tutela della sicurezza degli utenti.
Sul punto, l’istruttoria posta a fondamento del provvedimento impugnato, ha evidenziato che, in primo luogo, nell’ambito degli interventi di soccorso effettuati in montagna nello svolgimento di varie attività, quali alpinismo, sci, arrampicata ecc., il maggior numero ha riguardato proprio l’ambito escursionistico (tra il 43 e il 50% di ogni anno), oggetto della riserva contestata dai ricorrenti.
Ulteriormente, i dati del Soccorso Alpino hanno comprovato che la principale causa di incidente risulta essere determinata da caduta/scivolata, seguita dall’incapacità a continuare il percorso, con correlazione tra tale rischio e l’inclinazione del terreno, che va a crescere man mano che si sale di altitudine. Tali dati, contrariamente a quanto dedotto dalla ricorrente, confermano che anche a bassa quota possono verificarsi incidenti (si pensi alle cadute su terreno boschivo), sicché non è irragionevole avere escluso le GAE dai sentieri E superiori ai 700 metri, posto che già a tale livello sussiste un rischio per l’incolumità degli escursionisti, che aumenta con l’innalzamento delle quote, fino a quelle in cui spesso operano le Guide Alpine in cui, come documentato nei predetti dati, “vi è un calo degli interventi”.
Come correttamente evidenziato nel provvedimento impugnato, il percorso formativo dell’AMM consente l’acquisizione di competenze professionali specifiche inerenti, tra le altre, alla conoscenza di elementi di meteorologia e nivologia, alle tecniche di progressione in salita e discesa, alla gestione del gruppo, all’uso di attrezzatura e supporti tecnici, alla capacità di gestione dell’emergenza con interazione degli organismi di soccorso sanitario e di polizia, necessari per far fronte alle sopra riferite situazioni di pericolo e difficoltà.
Se è pur vero che, come ricordato a più riprese dai ricorrenti, anche le GAE ricevono una formazione, solo gli AMM risultano essere in possesso di conoscenze e abilità specifiche che consentono l’accompagnamento di persone in aree montane, tali da consentire di adottare, nel caso, le opportune azioni atte alla salvaguardia, tutela nonché protezione degli accompagnati, garantendo così le maggiori condizioni di sicurezza possibile. Pur ammettendo che, come sostenuto dai ricorrenti, anche le GAE possiedono determinate competenze tecniche per muoversi in ambienti montani, solo gli AMM dispongono invece di quelle necessarie ad assicurare, oltreché la loro incolumità, anche quella dei clienti (si pensi ad esempio alle conoscenze delle tecniche per limitare le conseguenze delle scivolate, come detto tra le più frequenti cause di incidenti in montagna). Se entrambe le categorie condividono una formazione che prevede nozioni generali sulla sicurezza, come quelle di primo soccorso, solo gli AMM seguono invece corsi specifici dedicati ad esempio alle “tecniche di camminata su vari terreni”, che alla luce degli infortuni concretamente verificatisi, come detto causati principalmente dalle “scivolate”, possono essere idonee a prevenirli.
Lo stesso Consiglio di Stato, ha sul punto espressamente evidenziato che “sarebbe invero errato ipotizzare che, in mancanza di legge regionale attuativa degli AMM, anche i percorsi propriamente montani, caratterizzati da seria difficoltà, possano essere frequentati dalle GAE, a cui non è chiesta una specifica e adeguata preparazione professionale tale da garantire la sicurezza degli utenti anche in quegli ambiti”.
VI.1) Quanto alle specifiche doglianze dei ricorrenti, essi sostengono che la Regione non avrebbe svolto alcun confronto partecipato mediante il coinvolgimento delle categorie interessate, ciò che è tuttavia erroneo in fatto, avendo il provvedimento impugnato espressamente dato atto degli incontri di confronto con i soggetti coinvolti, tra cui le stesse Associazioni ricorrenti, evidenziando tuttavia la non utilizzabilità del loro apporto partecipativo, dovendo pertanto fondare le risultanze finali sul “supporto di dati tecnico-statistici”, oggettivi e provenienti da soggetti istituzionali.
VI.2.1) Sotto altro profilo, gli istanti ritengono che Regione Lombardia non avrebbe effettuato alcuna analisi dettagliata delle caratteristiche specifiche di ciascun sentiero regionale, al fine di valutarne l’effettiva pericolosità, e di conseguenza, la necessità di garantire la sicurezza degli escursionisti, verificando l’idoneità delle GAE a tutelare tale primario interesse.
VI.2.2) In via preliminare, osserva il Collegio che tale analisi, anche ove effettuata, non sarebbe comunque decisiva ai fini della valutazione della pericolosità di un determinato tracciato, essendo fatto notorio, e confermato dall’analisi degli interventi del Soccorso Alpino, che la pericolosità di un tracciato possa variare a seconda delle condizioni stagionali o metereologiche (un percorso può essere semplice nel periodo estivo ma estremamente pericoloso se ghiacciato, così come l’orientamento può diventare difficoltoso a causa delle avverse condizioni meteo).
In ogni caso, premesso che neppure il Consiglio di Stato non ha imposto che Regione Lombardia, in sede di riesercizio del potere, provveda a classificare ogni singolo sentiero presente sul proprio territorio, ciò non avrebbe potuto avere luogo, a causa del mancato completamento del sistema della Rete Escursionista Lombarda, che in ogni caso, costituisce un sistema di classificazione generale, e non di censimento e accatastamento dei percorsi esistenti.
VI.3.1) Da ultimo, i ricorrenti evidenziano che le risultanze degli interventi posti in essere dal Soccorso Alpino, posti a fondamento del provvedimento impugnato, non contengono alcun riferimento alle aree, agli ambiti, ai percorsi e alle quote altimetriche in cui si sarebbero verificate le attività di soccorso, e non specificano se gli incidenti abbiano coinvolto escursionisti accompagnati da GAE o da altri professionisti, apparendo invece altamente probabile che, quanto meno quelli correlati agli eventi metereologici e alle difficoltà di orientamento, sarebbero ascrivibili alla palese imperizia dei singoli escursionisti non accompagnati.
VI.3.2) Sul punto, osserva il Collegio che, in primo luogo, il provvedimento impugnato ha espressamente suddiviso gli interventi del Soccorso Alpino in tre distinte fasce altimetriche (v. punto III.1 della presente sentenza), con risultanze non sono state puntualmente contestate dai ricorrenti, pur essendo spesso indicato in corrispondenza di ogni incidente la località di riferimento.
Quanto alle doglianze riferite alla mancata specificazione se gli incidenti abbiano interessato escursionisti singoli o accompagnati, va ribadito che Regione Lombardia era chiamata ad assumere le proprie determinazioni sulla base della “tutela della sicurezza degli utenti”, a fronte della quale, secondo il Consiglio di Stato, è possibile “giustificare l’esclusione della GAE e la riserva, restrittiva della libera prestazione di servizi e della concorrenza, ai soli AMM”. Nel caso di specie, le risultanze oggettive dei dati statistici relativi agli interventi effettuati dal Soccorso Alpino, hanno dimostrato la sussistenza di un’esigenza di tutela della sicurezza degli utenti anche a basse quote, ma comunque superiori a 700 metri, secondo una valutazione discrezionale non affetta da manifesta irragionevolezza, ciò che ha indotto Regione Lombardia a riservare gli ambiti indicati nel provvedimento impugnato agli AMM, non essendo pertanto determinante il fatto che non siano stati presi in considerazione gli ulteriori parametri richiamati dai ricorrenti. Anche se gli incidenti hanno interessato solo utenti singoli, ciò è di per sé sufficiente a giustificare l’adozione del provvedimento impugnato, che in chiave preventiva, ha ritenuto di riservare l’accompagnamento in tali aree a soggetti in possesso delle specifiche competenze idonee a contrastare i rischi adeguatamente evidenziati in sede istruttoria.
In conclusione, il ricorso va pertanto respinto.
Sussistono tuttavia giusti motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio, in considerazione delle peculiarità della fattispecie.
P.Q.M. (Per questi motivi)
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 5 giugno 2025 con l’intervento dei magistrati:
Marco Bignami, Presidente; Fabrizio Fornataro, Consigliere; Mauro Gatti, Consigliere, Estensore.
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Una bella domanda. Ritenevo di sì. Un collega GAE, recentemente, mi ha detto che “probabilmente no”, e per evitare problemi le GAE regionali non vanno più dai cugini d’oltralpe. Egli ritienw che per andare fuori serva un modulo “IML” International Mountain Leader, o almeno così mi pare di aver capito.
Sergio non era mia intenzione alzare i toni, solo che trovo difficile definire altrimenti questa legge e i suoi presupposti…
Sotto i 700 m di quota gli interventi del soccorso alpino sono molto pochi?
Ma va là…
e magari ci sono anche pochi interventi della Guardia Costiera in val d’Aosta!
Se riesci a pensare qualcosa di più stupido come dato di partenza, non dirmelo: non lo voglio sapere!
Buongiorno Matteo Senzacognome
Non mi sembra il caso di alzare i toni.
Tuttavia, visto che abbiamo una platea di ottimo livello, sarebbe il caso di essere più costruttivi.
In quest’ottica vi faccio una semplice domanda:
In base alla legge europea sulla liberalizzazione delle professioni, le GAE possono lavorare in Francia?
“Buongiorno Luca, Esattamente cosa trovi di “folle” nella sentenza del TAR?”
Beh Sergio Fiorio, direi che Luca si è anche trattenuto: io avrei come minimo parlato di irragionevolezza e imbecillità, oltre che palese incapacità intellettiva nella lettura e interpretazione dei dati (come è stato fatto notare in generale è alquanto difficile che il Soccorso Alpino operi a quote inferiori a 700m)
Con una legge del genere una GAE non potrebbe accompagnare il tradizionale pellegrinaggio da Gressoney al santuario di Oropa o al giardino botanico Saussurea dal Pavillon…
O se proprio vuoi restare in Lombardia (che l’autonomia regionale è sacra e vincolante, mica come l’intelligenza!) una GAE non potrebbe accompagnare al sentiero geologica da Canzo alla Terz’Alpe, e tantomeno fino alla Colma, o al sentiero glaciologico del Ventina, perché tutti sopra i 700m di quota.
Se trovi qualcosa di sensato in criteri logico-giuridici che portano a questi risultati prova a spiegarmeli tu!
Carlo Crovella, per sedersi e confrontarsi bisogna essere in due… E una parte non ne’ ha la minima intenzione. Il Collegio Guide Alpine rifiuta qualsiasi dialogo e confronto da anni. Hanno detto di no persino al Presidente nazionale del CAI che si è proposto nel ruolo di mediatore per un serio e ampio dibattito sul tema. Probabilmente perché sanno che diverse illogicità non sarebbe più sostenibili e difendibili. Cercano di spostare in là per l’illusorio fortino protezionistico. Anche con funzionari e assessori amici, che producono “delibere” con il valore normativo e contraddittorio che ne consegue… Chi si occupa di turismo outdoor, direttamente o indirettamente, ha capito il giochetto da anni.
Sinceramente credo che da questa sentenza emergano 3 problemi seri:
Il primo riguarda l’altitudine (i 700m). Gli interventi del soccorso alpino in Lombardia è vero che sono prevalentemenet sopra tale quota, ma è anche perchè al di sotto dei 700m intervengono i normali mezzi di soccorso. Inoltre gli incidenti indicati non sono stati in gite accompagnate (pochissimi) ma riguardano prevalentemente cercatori di funghi, escursionisti singoli e in gruppo ma non accompagfnati da professionisti, gente che si è persa e molto altro.
Il secondo aspetto controverso riguarda la difficile individuazione della difficoltà di un percorso. Il Vigile urbano o il carabiniere forestale come fa a dire se un percorso è T, turistico, magari su strade montane o E, escursionistico? Perchè sicuramente va guardato l’effettiva difficoltà del percorso, non il fatto che il tratto percorso svolto, magari su strada asfaltata, sia classificato come E o EE (poichè nel suo proseguo ha davvero tali caratteristiche)
Il terzo aspetto riguarda l’accompagnamento in generale. Cosa si intende per professionismo? O serve sempre un AMM se per esempio un gruppo scout accompagna su sentieri in quota? O un’associazione escursionistica non affiliata al CAI (ce ne sono in Lombardia).
Da esterno al mondo dei professionisti, continuo a non capire perché i vertici nazionali della carie categorie non si mettano a tavolino per delineare i diversi campi di azione. Sono loro che devono trovare la squadra (valida sull’intero territorio nazionale). Le autorità politiche e a ruota quelle giuridiche intervengono solo per colmare il vuoto in quanto i vertici nazionali delle categorie non trovano l’accordo fra di loro. Cosi però non si andrà avanti bene e tutti saranno sempre scontenti e in continua lotta reciproca. Se i vertici nazionali non si muovono, tocca alle rispettive “basi” spingerli in tal senso. Sennò sembrate i capponi di Renzo…
#8 Folle che si tenti di delineare per sentenza del tribunale amministrativo (regionale) una materia che regionale non è, in quanto le professioni (ancorpiù se regolamentate) sono di competenza statale. In capo alle regioni vi è la materia “turismo”. Ma definire che una GAE deve accompagnare su sentieri E sotto x metri, che un AMM può accompagnare su sentieri E o EE fino a x metri, fornendo tabelle di intervento di soccorso per quota altimetrica (senza alcuna seria analisi dei dati) mi pare davvero un esercizio futile e anche poco corretto.
Se io fossi una GAE e volessi accompagnare fuori dai sentieri cosa fanno, mi inseguono con l’elicottero (stile covid-time?). A mio avviso il limite è quello della L. 6/89 che comunque definisce bene chi è e cosa fa la GA. A questo si univa la L 217/1983 che nell’art. 11 definiva le altre professioni, ovviamente poi abrogata dalla riforma del titolo V. Questo coacervo di norme non fa che ingenerare confusione.
Buongiorno Sergio, ti risulta che la Regione Lombardia abbia effettuato ” un procedimento adeguatamente partecipato, anche attraverso il confronto con le categorie interessate”. Ero presidente di AIGAE nella fase in cui avrebbe dovuto esserci e ti garantisco che non è avvenuto. Quindi, ad esempio, il parere del Consiglio di Stato non è stato rispettato. Ma non solo.
Buongiorno Luca
Esattamente cosa trovi di “folle” nella sentenza del TAR?
Il Consiglio di Stato si era già espresso, accogliendo parzialmente uno dei tanti ricorsi di AIGAE, esattamente nel merito di questa problematica.Il parere Numero 01914/2020 data 20/11/2020 chiedeva esattamente alla Regione Lombardia di definire meglio e dare motivazioni alla decisione in merito agli ambiti di competenza:”…la Regione Lombardia dovrà motivatamente riesercitare la funzione per ridefinire, all’esito di un procedimento adeguatamente partecipato, anche attraverso il confronto con le categorie interessate, gli ambiti territoriali e i percorsi che possono essere legittimamente riservati agli AMM rispetto a quelli per i quali possa invece essere consentita l’attività delle GAE, e ciò attenendosi ai criteri logico-giuridici enunciati nella presente pronuncia e sulla base diun’adeguata istruttoria, volta a distinguere i diversi percorsi esaminati inbase alle loro oggettive caratteristiche e al tipo di impegno richiesto.”
Dubito che abbia senso un ulteriore ricorso al Consiglio di Stato.
Folle sentenza del Tar lombardo tra decine di sentenze di senso opposto. Le GAE hanno già detto che faranno ricorso al consiglio di stato. Mah..
Cari Edoardo e Marcello, colleghi.Se fosse possibile, a mio avviso, sarebbe meglio affrontare l’argomento con meno impulso e più riflessione.Il Collegio Lombardia sta lavorando, da parecchio tempo, per la valorizzazione (per davvero) delle nostre professioni, in particolare per la figura dell’ AMM.Negli anni ha formato un cospicuo numero di professionisti, premessa fondamentale per poi andare ad intercettare la domanda di accompagnamento cercando di limitare l’abusivismo: se non hai professionisti pronti a lavorare, non ha senso contrastare chi intercetta la richiesta del mercato.Dal punto di vista politico in Regione Lombardia abbiamo portato a casa questo innegabile successo normativo che è importantissimo, non ha senso fare polemiche in casa, come sottolinea giustamente Carlo.Dal punto di vista della professionalità e dei servizi offerti, è indispensabile specializzarci e differenziarci, lo spunto offerto da Edoardo è corretto: ognuno dovrebbe fare il suo.La Legge 6/89 aveva seri problemi all’origine ed è pure invecchiata male, però distingueva in maniera netta GA, AMM e GV, chiaramente, in mancanza di un numero decente delle ultime due figure, dava alla Guida Alpina la possibilità di lavorare in tutti gli ambiti.E’ passato qualche anno, le figure si sono sviluppate ed evolute, una riflessione sugli ambiti di esercizio (come il terreno innevato per gli AMM) è d’obbligo.Con la delibera del Consiglio Direttivo CONAGAI n. 06 del 2020 sono state definite in maniera dettagliata le figure professionali e questo aiuta nella riflessione sulla specializzazione delle figure per i diversi ambiti di esercizio,Se Guide Vulcanologiche e AMM hanno 100 ore di formazione scientifica e 250 ore di tecniche escursionistiche e conduzione del gruppo, mentre le GA 12 ore di formazione scientifica ed una corposa formazione sulla gestione delle ascensioni, forse sarebbe ora di affrontare l’idea che sono figure professionali diverse e che la specializzazione è indispensabile.Parliamone, tra di noi ed anche all’esterno, ma manteniamo chiaro l’obiettivo: alzare il livello dell’offerta e della nostra professionalità.Buone montagne a tutti.
Grazie.
la ga non ti porta a sentieri e sa poco di botanica, storia, geologia…
Che ne saprai tu di quello che studiano e (poi) sanno le guide alpine.
Ho dei colleghi che lavorano all’80% accompagnando famigliole sui sentieri e a fine mese pagano il mutuo, il bollo e altro dell’auto, mandano i figli a scuola, vanno in vacanza, ecc…
E diventare guida alpina oggi è davvero impegnativo sotto ogni punto di vista e non parliamo del mantenere il titolo che prevede continui e pesantissimi adempimenti. Tutte cose che le Gae manco sanno cosa siano.
Per piacere, non facciamo stupidi paragoni da paraculi.
Appunto: proprio per i motivi che citi tu è necessario separare bene le aree di attività. Inoltre, non prendiamoci in giro: il vero conflitto non è fra GA e AMM, che fan parte della stessa squadra, ma fra queste e le Guide Ambientali Escursionistiche (infatti il ricorso al TAR e stato presentato dal’associazione di queste ultime).
Caro Carlo Crovella, la 6/89 parla di Ga, amm e guide vulcanologiche.
figure normate, con diversi tagli, la ga non ti porta a sentieri e sa poco di botanica, storia, geologia… è come paragonare un geometra con un architetto. Figure simili? Forse si ma entrambe con un ruolo. Nessuno sminuente o sovrapposto.
Non sono un professionista della montagna né mi interessa esserlo. Per cui rispetto alle “beghe” di tipo economico (perché, alla fin fine, di questo si tratta: criteri di spartizione della “torta”…) sono completamente insensibile. Tuttavia sono sempre stato a sostegno delle GA, per quel che può valere l’opinione di un singolo cittadino. A mio modestissimo parere, in montagna dovrebbe esistere solo la figura professionale della GA, regolata dalla Legge 6/89 e protetta dal principio dell’esclusività professionale, visto che esiste uno specifico Ordine Professionale. Tempo addietro si è voluto creare una figura intermedia che mi verrebbe da chiamare la “mezza guida”, ma se lo esplicito faccio saltare i nervi alle vestali del politically correct. Però è inutile che ci giriamo intorno: così è. Le figure intermedie non sono GA complete e di conseguenza devono accettare che la loro attività sia contenuta e limitata rispetto all’attività delle GA. Possiamo discutere se 2100 m di quota sia un adeguato limite “oggettivo” per contenere tale attività: in effetti, più che la quota io mi concentrerei sul tipo di attività. Sta di fatto che un “contenimento” all’attività delle figure intermedie ci deve essere, altrimenti non ci sarebbe differenza fra la loro attività e quella delle GA. I limiti oggettivi (cioè i contenimenti dell’attività delle figure intermedie) siano frutto di trattative fra i rappresentanti dei diversi soggetti coinvolti e le autorità competenti. In assenza di accordo, ovviamente l’autorità legislativa competente legifera, come è avvenuto in questo caso. legittimo impugnare gli atti nelle dovute sedi, altrettanto legittimo che le autorità (TAR) sentenzino, ora gli interessati penso che possono ricorrere al Consiglio di Stato e staremo a vedere come andrà a finire.