Sulla via Bee alla parete sud-ovest dell’Antelao

Sulla via Bee alla parete sud-ovest dell’Antelao
di Enrico Paganin
(pubblicato su Le Alpi Venete, primavera-estate 2018)

Riccardo Bee è considerato uno dei massimi rappresentanti dell’alpinismo bellunese degli anni ’70 e ’80. Un uomo e un alpinista schivo, estremamente modesto e innamorato delle sue montagne. Così coinvolto dalla sua passione da non lasciare traccia alcuna della sua attività, sebbene si trattasse frequentemente di salite estreme che di diritto sarebbero potute entrare nelle pagine della storia dell’alpinismo. Il suo terreno preferito furono le montagne di casa: Schiara, Monti del Sole, Pale di San Lucano e Agnèr, Marmolada, Antelao. Di solito, le sue imprese venivano diffuse solamente per il tramite dei suoi compagni di cordata o amici, mentre Riccardo già le aveva dimenticate e mirava a scrutare nuove pareti.

Sui bellissimi traversi a metà itinerario. Foto: Enrico Paganin.

Solo dopo trent’anni dalla sua prematura morte, avvenuta nel Natale 1982 sulla parete nord-est dell’Agnèr, gli è stato dedicato un libro (1) che ricompone il mosaico della sua vita di uomo e di alpinista.

Riccardo, appunto, non fu solo un forte alpinista, ma anche grande sportivo, ingegnere meccanico e insegnante.

Forte… forte a ciodàr. L’era ingegnèr. Specializzato in strutture reticolari, e così anche in parete. Un chiodo qui, una lametta di qua, questo piantà an cìn de là, collegato con sto qua… e tutto insieme caricato el cèn, tiene…” (cfr. Nicola Cason in alpinesketches.blog)

Nel 1980 Riccardo Bee salì alcune vie in Antelao: varie ripetizioni e anche delle vie nuove. Realizzò ad esempio la via Carla (dedicata alla moglie) e, come nel suo stile, non lasciò alcuna relazione che indicasse difficoltà e percorso. Una via certamente misteriosa, custodita tra le pieghe antiche dell’Antelao.

La parete sud-ovest dell’Antelao con il tracciato della via Bee. Foto: Enrico Paganin.

Ma tra le quasi cinquanta vie nuove tracciate da Riccardo Bee c’è un’eccezione: la via centrale sulla parete sud-ovest. Particolare non secondario è che di questo itinerario Riccardo scrisse l’unica relazione di suo pugno di tutta la sua attività alpinistica. Relazione che riportò sul retro di una foto che aveva scattato alla parete, e sulla quale tracciò la linea rossa della via. Il prezioso documento fu scoperto dal fratello Adriano nel 2013 il quale, spinto dalla curiosità di studiare l’attività alpinistica di Riccardo, aprì la cartella grigia contenente le poche testimonianze alpinistiche rimaste. Articoli di giornale ingialliti, foto, qualche rivista di montagna, un poster dell’Agnèr (la montagna che amava di più) e, a sorpresa, appunto l’unica relazione scritta a mano con una biro rossa, che testualmente riportava:

”Antelao, parete sud, via nuova centrale (lasciati 3 cunei e 2 chiodi normali) Bee R. solo, 24-25-26-11-1980 (condizioni invernali).

Zoccolo in comune a Bettella-Scalco e Phillimore poi verticalmente verso una zona di placche grigie che si supera per una fessura diedro, VI, A2. Si perviene ad una zona di piccole cenge sotto grandi placche gialle. Si sale lungo un’esile cornice a destra delle placche arrivando in una zona di fessure e camini (VI-) obliquanti a sinistra. Si superano alcune fasce verso destra e si perviene alla fessura principale che a tratti diventa camino e a tratti si apre in parete. Si sale per 6 tiri di corda (dal V- al VI). Superato l’ultimo strapiombo si traversa a sinistra e si giunge su terrazzo più facile. Si sale ancora verticalmente sul facile fin sulla torre a sinistra del Pian del Lenzuò (V+) poi per le creste in vetta“.

Luca Vallata nei caratteristici traversi a metà via. Foto: Enrico Paganin.

La relazione fu resa pubblica con entusiasmo dal fratello nel 2013 e pubblicata nel 2014 nel libro dedicato a Riccardo. Nella comunità alpinistica emerse subito interesse e ammirazione per quella via dimenticata, anche se non venne immediatamente ripetuta. La severa Sud-ovest dell’Antelao è infatti ormai considerata demodé, stante il lungo avvicinamento, l’impegno complessivo della parete e la lunga discesa.

Lungo la parte finale della salita. Foto: Enrico Paganin.

Nel giugno 2017, per puro caso, m’imbattei in una nota di Adriano Bee pubblicata in internet, nella quale invitava a prendere in considerazione quella via dimenticata. Così scrisse Adriano:

35 anni fa Riccardo apriva in solitaria (in 3 giorni) la via centrale in Antelao. Basta calare lo sguardo in verticale dalla cima per individuare la linea della sua creazione. Di questa via lasciò una striminzita relazione (l’unica che scrisse di suo pugno) dove emergeva tutto il piacere che questa “avventura” gli aveva dato. Roccia buona, VI grado, tutta in libera meno qualche metro. Dopo tutto questo tempo sarebbe bello che qualcuno andasse a fare la prima ripetizione“.

Sulle prime lunghezze della via Bee. Foto: Enrico Paganin.

Ho sempre avuto una grande ammirazione e un grande rispetto per Riccardo Bee e quelle parole di Adriano stimolarono la mia fantasia alpinistica. Infatti quando programmo una salita, devo prima averla percorsa dentro di me; devo soprattutto assimilarla. Se questo non succede, significa che non è nelle mie capacità oppure che non è il momento di affrontarla, come quando mi sono trovato a osservare e sognare Divine Providence al Pilier d’Angle e ho provato la netta sensazione di essere inadeguato lassù. Al contrario, guardando e riguardando la linea rossa tracciata a mano su quella foto ingiallita, mi sentivo come a casa. Assecondando questa intuizione, per prima cosa andai a verificare il punto di attacco della via. Da sotto, quella parete mi sembrò immensa e compresi che la linea individuata dall’occhio esperto di Riccardo si infilava astutamente su un settore che evitava gli strapiombi. Decisamente attraente.

Nelle settimane seguenti pensai a chi proporre la salita. Invece di coinvolgere i miei abituali compagni di cordata, valutai come la prima ripetizione spettasse di diritto a un alpinista bellunese estimatore di Riccardo Bee. A senso unico, il mio pensiero andò sul forte Luca Vallata di Soverzene. Peraltro Luca aveva fatto la prima ripetizione invernale dell’impegnativo Pilastro Bee sulla Nord-ovest dell’Agnèr nel 2015, assieme al lombardo Tito Arosio (via aperta da Riccardo in solitaria tra 19 e il 20 luglio 1982, 700 m, VI e A1, oggi dichiarato fino al VII).

Cuneo originale presente lungo la via, lasciato da Riccardo Bee. Foto: Enrico Paganin.

Non avevo mai arrampicato con Luca, però ne avevo approfondito la conoscenza tramite i social network nonostante proprio i “social”, oggi, spesso diano vita a ragnatele di pseudo-amicizie. Nel nostro caso, però, fu il destino a far incrociare prima le nostre strade.

Nel 2013, tornando dal Monte Bianco con mio cognato, mi ritrovai a offrire un passaggio in auto a un giovane sconosciuto. Durante il viaggio notai che dormiva sui sedili posteriori: “Un passeggero assolutamente ideale, non certamente un chiacchierone“, pensai. Poi però, durante il lungo tragitto, si pronunciò qualche parola e lui affermò d’essere stato recentemente in cima al Cerro Torre. Io e mio cognato ammutolimmo: il giovane silenzioso ci aveva a dir poco sorpreso. Ci separammo a Mestre e Luca, il passeggero misterioso, saltò su un treno in direzione Pordenone, dove insegnava matematica. Dopo tre anni, in un angolo in fondo alla Val Travenanzes, aspettando il mio turno per salire una cascata di ghiaccio, un ragazzo mi salutò dicendomi: “lo ti conosco, una volta mi hai dato un passaggio in macchina“. “Boh” pensai. “Non ricordo“, anche se devo ammettere che mi piace offrire passaggi ad autostoppisti, proprio perché anch’io lo ero da giovane. Notando la mia perplessità, Luca suggerì: “Tornavi dal Bianco con tuo cognato!”.

L’articolo sull’apertura della nuova via pubblicato dal Gazzettino. Archivio: Adriano Bee.

Solo allora mi ricordai chiaramente di lui e il puzzle si completò.

Nell’estate dello scorso anno mi trovavo in vacanza con la famiglia a Calalzo di Cadore e, viste le buone prospettive meteo, mi misi d’accordo con Luca per un tentativo l’8 agosto.

All’alba, nel parcheggio di Tai, Luca mi accolse col suo solito sorriso e la sua capigliatura ribelle. Osservando i nostri due bagagliai spalancati per organizzare il materiale alpinistico, ebbi la conferma di come gli alpinisti siano tutti accomunati da una costante presenza nelle proprie auto di famigerati cassoni ricolmi di corde e cordini, moschettoni, chiodi, fettucce e rinvii, martelli, ecc.

Dopo il ripido avvicinamento, risalimmo i 500 metri di zoccolo che conducono ai 300 metri effettivi della via. Ci legammo proprio alla base dei primi due tiri del diedro e Luca partì canticchiando allegramente, come se nulla fosse. La relazione lasciata in eredità da Riccardo Bee, si rivelò molto precisa e salendo trovammo numerose conferme. Incontrammo qualche raro chiodo e i suoi leggendari cunei posizionati ad arte, la cosa ci emozionò molto. Dopo 37 anni stavamo ripercorrendo una grande intuizione di Riccardo Bee nell’immensa Sud-ovest dell’Antelao.

Relazione schematica della via Bee all’Antelao, a cura di Luca Vallata.

Stavamo salendo in una calda giornata estiva su roccia asciutta, e mentre arrampicavamo, riflettemmo su come si sarebbero dovute presentare queste placche e i camini in quel novembre 1980, quando Riccardo annotò “condizioni invernali”. La massima espressione dell’alpinismo è infatti l’invernale solitaria e in questo Riccardo dimostrò più volte le sue grandi capacità di resistenza e di forza interiore. Anche d’inverno era solito indossare abiti relativamente leggeri e, soprattutto, le immancabili “Tepa Sport” ai piedi. Il suo stile.

Poco dopo le 16, dopo aver cavalcato i marciumi delle creste terminali dell’Antelao, sconvolte dai fulmini e dalle intemperie, raggiungemmo la cima felici e consapevoli d’aver avuto l’onore di ripetere la via del grande Riccardo. Sicuri peraltro di aver sofferto e faticato meno di chi invece salì in condizioni invernali e da solo. Il dolce e coinvolgente sorriso di Riccardo ha rapito anche noi: esistono ancora tante sue linee rosse, indelebili, sulle montagne bellunesi. Alcune, con tutta probabilità, rimarranno solamente sue per sempre.

L’autore ringrazia Adriano Bee per la collaborazione.

Nota
(1) Kulot, Marco – Bertogna, Angela: Riccardo Bee. Un alpinismo titanico, Versante Sud, 2014.

Sopra: la foto originale della via nuova scattata e tracciata da Riccardo Bee. Archivio: Adriano Bee. Sotto: il testo manoscritto opera di Bee, sul retro della foto della parete. Archivio: Adriano Bee.

Antelao, parete sud-ovest, via Bee (o via centrale)
Probabile prima ripetizione, 8 agosto 2017: Luca Vallata ed Enrico Paganin.

Scheda tecnica (a cura di Luca Vallata)
Dislivello della sola parete, escluso lo zoccolo e le creste finali, 300 m, ore 4.00.

Avvicinamento. Da Borca di Cadore seguire la strada che sale, con alcuni ampi tornanti, in direzione della parete sud dell’Antelao e parcheggiare alla sua fine. Seguire il sentiero n. 232 che conduce all’ex bivacco Brunetta 2120 m. 1000 m di dislivello, ore 1.30-2.00 dal parcheggio riportato.

Riccardo e Carla nel giorno del loro matrimonio. Archivio: Adriano Bee.

Zoccolo della via. Arrivati di fronte alla parete sud-ovest dell’Antelao, risalire la parete per il medesimo attacco delle vie Bettella-Scalco e Phillimore-Raynor. Dove queste divergono, proseguire dritti verso il caratteristico primo tiro nel diedro grigio, ben visibile dal basso (dalla base della parete al primo tiro relazionato da Riccardo Bee: 500 m di dislivello, dal III al IV grado, ore 1.30-2.00).

Cresta conclusiva e rientro. Concluse le maggiori difficoltà, su terreno facile ma con molto detrito, salire fino a un’anticima dell’Antelao. Da questa scendere fino a una forcella dalla quale si riprende la cresta tormentata che conduce alla cima dell’Antelao. Dalla fine della via alla cima ore 1,30 (qualche passo di III). Dalla cima scendere per la via normale (ulteriori 2.30 ore).

Per dettagli sulla vita e sull’attività alpinistica di Riccardo Bee vedi Wikipedia. Per la storia alpinistica della parete sud-ovest dell’Antelao vedi https://gognablog.sherpa-gate.com/la-nouvelle-vague-dellantelao-1/ e https://gognablog.sherpa-gate.com/la-nouvelle-vague-dellantelao-2/.

Sulla via Bee alla parete sud-ovest dell’Antelao ultima modifica: 2025-10-28T05:20:00+01:00 da GognaBlog

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3 pensieri su “Sulla via Bee alla parete sud-ovest dell’Antelao”

  1. Queste vie di Riccardo Bee su cui lui ha scritto poco o nulla, grazie a questo hanno mantenuto quel mistero che le rende affascinanti.

  2. Titanico! Bravi bravi, consiglio molto la lettura del libro, un grande! La lettura di Neri sul suo libro Zampe all ‘aria e’ conferma della sua dimensione in quel momento storico, precursore e riservato in tutto quello che faceva. Non ha mai parlato male del suo compagno (Grande) Franco Miotto, cosa non ricambiata….

  3. Bello e commovente!complimenti per aver ricalcato la Bee in quel gigantesco dedalo della sud ovest non deve esser stato semplice.

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