Alla ricerca di qualche colpevole

Questo post è il seguito di Un errore non perdonato, pubblicato il 3 gennaio 2025.

Alla ricerca di qualche colpevole

In seguito al ritrovamento, dopo cinque giorni dalla chiamata di soccorso, dei corpi di Luca Perazzini e Cristian Gualdi avevamo pubblicato il 3 gennaio 2025 l’articolo Un errore non perdonato che tentava di riassumere l’intera vicenda seguendo comunque il nostro stile: riferire fatti e ipotesi con l’avvertenza di tenere queste ben separate da quelli.

Al fondo dell’articolo, che ad oggi ha assommato 252.745 visualizzazioni, riferivamo dell’intenzione di Marco Perazzini, fratello di una delle vittime, di presentare un esposto alla Procura di Teramo. Affranto, continuava a chiedersi “perché non hanno impedito l’accesso a Luca e Cristian?”. Perché “se le condizioni erano proibitive e c’erano dei rischi legati al maltempo, non dovevano farli salire”.

Luca Perazzini (a sinistra) e Cristian Gualdi

Il 29 dicembre 2024 spiegava: “Né mio fratello Luca, né Cristian erano inesperti o sprovveduti, come qualcuno ha scritto invece in questi giorni. Amavano la montagna, ne conoscevano i rischi. Purtroppo è accaduta una disgrazia. I soccorritori hanno fatto quello che hanno potuto e li ringraziamo per tutto l’impegno. Ma penso che questa tragedia si poteva evitare… Avrebbero dovuto impedire l’accesso a tutti gli alpinisti, come avviene in altre località (questo non è vero, è un’affermazione fatta nel momento del dolore, NdR). Luca e Cristian, purtroppo, sono stati colti di sorpresa dalla bufera e non hanno potuto fare nulla per salvarsi. Se avessero vietato a loro e ad altri escursionisti di salire, forse a quest’ora non staremmo qui a piangerli. Siamo distrutti. È dura, durissima… Non mi vengono nemmeno le parole“.

Santarcangelo di Romagna in lacrime, per ricordare i due alpinisti morti sul Gran Sasso. Una fiaccolata, che ha coinvolto tutto il paese, alla presenza dei familiari e con l’abbraccio del sindaco Filippo Sacchetti al padre di Cristian Guidi davanti alle tante persone che si sono ritrovate nel centro storico  per ricordare i due concittadini. Sulla scalinata di via Saffi sono state accese tante candele per le due vittime. Anche i negozi del centro e cittadini sono stati invitati ad accendere luci nelle loro vetrine e sui davanzali.
I funerali si sono svolti giovedì 2 gennaio 2025 con due cerimonie, entrambe celebrate dal vescovo Anselmi: l’ultimo saluto a Luca Perazzini è stato alle 10 nella chiesa di San Vito, mentre quello a Gualdi alle 15 nella chiesa della Collegiata nel capoluogo. Cristian e Luca erano ben più che semplici alpinisti esperti. Erano amici e colleghi, stimati da tutti. A Santarcangelo avevano costruito le loro vite con impegno e dedizione, sia nel lavoro che nelle passioni. La tragedia sul Gran Sasso ha colpito profondamente chi li conosceva.

Breve riassunto della vicenda
(per i particolari rimandiamo a Un errore non perdonato)
Il 22 dicembre 2024 i due amici si erano recati a Campo Imperatore con la funivia per salire il Gran Sasso, la montagna più alta dell’Appennino. Proprio in quelle ore era previsto un deciso peggioramento delle condizioni meteo, tanto che dal 23 al 26 di dicembre era attesa molta neve sulle montagne appenniniche.

In effetti quel 22 dicembre si assistette nel primo pomeriggio a un cambio repentino delle condizioni meteorologiche con l’arrivo di venti fortissimi, neve e un notevole abbassamento delle temperature. I due alpinisti, durante la loro discesa ostacolata dalla bufera, scivolarono nel Vallone dell’Inferno a circa 2700 metri di quota. I due si fermarono l’uno a poca distanza dall’altro, Luca senza uno scarpone, con la sola possibilità di poter forse comunicare ma senza riuscire a toccarsi.

Arrivo dell’impianto dei Piani di Tivo. La foto, scattata alle 10.30 del 22 dicembre 2024, mostra che il bel tempo stava ancora tenendo, anche se non si vede l’orizzonte occidentale. Foto: Paolo De Luca.

Una volta avvenuto l’incidente, Cristian Gualdi, riuscì a mettersi in contatto con il 118, tanto che le telefonate tra lui e i soccorritori sarebbero state addirittura 17 dalle ricostruzioni dei familiari, con tanto di geolocalizzazione. Il primo contatto avvenne poco prima delle 15 del 22 dicembre, mentre l’ultimo alle 18.56. Il Soccorso Alpino e Speleologico insieme alla Guardia di Finanza tentarono, con delle squadre di terra, di raggiungere i due infortunati ma senza nessun esisto positivo per via delle condizioni meteorologiche eccessivamente avverse. La località non poteva neppure essere sorvolata dagli elicotteri, sia per la visibilità ridotta che per le raffiche di vento fino a 200 chilometri all’ora.

Le squadre di soccorso furono bloccate per giorni e sostarono all’Ostello di Campo Imperatore, attendendo una finestra di tempo migliore per tentare di raggiungere il Vallone dell’Inferno dove risultavano dispersi i due alpinisti. Alcune squadre del CNSAS furono costrette a passare il Natale a Campo Imperatore, non soltanto perché le condizioni meteo non accennavano a migliorare ma anche perché la funivia del Gran Sasso aveva subito un guasto proprio per via del maltempo.

I corpi dei due uomini dispersi furono recuperati solamente il 27 dicembre 2025, grazie all’ausilio delle squadre di terra e degli elicotteri che li individuarono sotto la neve. La causa della loro morte è da attribuire all’assideramento e non all’incidente in sé.

I dubbi
E’ del 24 febbraio 2025 l’annuncio stampa dell’avvenuto esposto alla Procura di Teramo per l’incidente fatale a Perazzini e Gualdi, “per accertare che sia stato fatto tutto il possibile nei confronti loro”.
Per questo Marco Perazzini si è rivolto all’avvocata Francesca Giovanetti e al collega Luca Greco.

Essenzialmente due sono i grandi dubbi dei familiari: non riguardano le dinamiche dell’incidente, che risultano loro piuttosto chiare (anche se molti sono i punti ancora da chiarire); piuttosto sono inerenti a quello che è accaduto prima e dopo dell’incidente:

– il posizionamento di un cartello, in corrispondenza del bivio alla sommità de Vallone dell’Inferno (la località dell’incidente), che potrebbe averli deviati verso il pericoloso canalone;

– è stato fatto tutto il possibile per tentare di recuperare i due alpinisti?

Ovvio che, in seguito alla notizia, nel web si sia acceso un importante dibattito. Sono in molti a mostrare il proprio disappunto all’esposto presentato alla Procura di Teramo, soprattutto al riguardo del fatto che i soccorritori non abbiano fatto il massimo per tentare di salvare i due alpinisti. Altri invece ritengono che fare l’esposto sia stata una decisione saggia, in modo tale che la questione possa essere chiarita una volta per tutte.

L’apertura dell’inchiesta
Il 12 marzo 2025 l’indagine sulla morte dei due alpinisti romagnoli è già entrata nel vivo. Gli inquirenti hanno acquisito alcuni video fatti con i telefonini e ascoltato diversi testimoni nell’ambito del fascicolo aperto dalla Procura di Teramo per omicidio colposo e affidata ai carabinieri di Assergi (Aquila).

I Carabinieri di Assergi hanno iniziato ad ascoltare le persone informate sui fatti, che evidentemente possono ricomprendere anche i responsabili delle operazioni di soccorso. Tra gli aspetti su cui gli avvocati della famiglia Perazzini Francesca Giovannetti e Luca Greco chiedono di fare luce non ci sono solo la tempestività dei soccorsi e la segnaletica: c’è anche la mancata chiusura (in previsione del peggioramento del tempo) della funivia che collega Assergi con Campo Imperatore.

I soccorritori a Campo Imperatore

Il 19 aprile 2025 alla denuncia di Marco Perazzini si aggiunge quella del fratello di Christian Gualdi. Nella denuncia integrata si evidenzia che mentre stava morendo assiderato sul Gran Sasso Christian Gualdi aveva composto il numero dei soccorsi per ben 17 volte. La prima chiamata è delle 14.52 del 22 dicembre 2024, l’ultima intorno alle 21 (e non alle 18.56 come acquisito in precedenza).

C’è l’evidente tentativo legale di far considerare più importante l’elevato numero di richieste di soccorso che non le oggettive difficoltà che lo impedivano.

Nessuna di quelle chiamate disperate, è vero, è bastata a salvarli. Ma quest’aspetto così emozionale potrebbe deformare la verità nell’inchiesta aperta dalla Procura di Teramo, contro ignoti, con l’accusa di omicidio colposo.

Nella stessa denuncia integrata ci sono domande specifiche sull’attivazione dei mezzi aerei a disposizione in quelle ore. Il riferimento sarebbe agli elicotteri HH-101 “Caesar” dell’Aeronautica Militare, di stanza a Cervia, operante anche in condizioni meteo avverse. Si tratta di velivoli in grado di decollare in qualsiasi momento, anche in condizioni meteorologiche avverse e di notte, per operazioni di ricerca e soccorso in ambiente ostile: “Vogliamo sapere – dicono i legali – se i mezzi adeguati a quelle condizioni siano stati attivati tempestivamente e correttamente. È in gioco il diritto alla verità, ma anche quello alla vita, che va garantito sempre, anche in scenari estremi».

Anche se non sono ancora indagati, i soggetti esposti sono dunque il gestore della funivia, i comuni o enti locali che definiscono e segnalano i sentieri e, naturalmente, chi ha coordinato o eseguito i soccorsi.

Un indagato
Il 18 giugno 2025 circola la notizia che nelle ultime settimane sono state scaricate le memorie degli smartphone dei due alpinisti, che ora sono a disposizione della Procura di Teramo.

C’è pure la sicurezza che almeno una persona sia indagata nell’inchiesta per omicidio colposo. Sulla vicenda c’è il massimo riserbo da parte degli inquirenti, ma è certo che l’inchiesta non è più contro ignoti. Ne dà notizia il Tgr Abruzzo sempre il giugno.

A dar manforte ai dubbi dei familiari ci sono alcuni pareri. Per esempio quello del maestro di sci Paolo De Luca. Questi il 12 luglio 2025 aveva riferito che i due alpinisti non avevano scritto il loro nome sul libro di vetta del Gran Sasso, elemento in più per propendere all’ipotesi che i due mai vi fossero arrivati e che, giustamente, avessero deciso di scendere non appena resisi conto del cambiamento del tempo.

I soccorritori bloccati a Campo Imperatore

Lo stesso De Luca si sarebbe convinto che se, nel momento in cui fu chiamato soccorso la prima volta, a Campo Imperatore fossero stati presenti “sei Alpinisti (con la A maiuscola) questi avrebbero raggiunto i due e li avrebbero accompagnati all’ostello di Campo Imperatore sani e salvi”. Ne sarebbe convinto “perché nel primo pomeriggio di domenica 22 dicembre 2024 le condizioni meteo al Gran Sasso non erano proibitive, anzi quel pomeriggio il tempo peggiorò tantissimo dalle ore 19”. E aggiunge: “Gli avvocati dei famigliari dei due giovani lo hanno capito e hanno capito anche che i due ragazzi in emergenza avevano comunicato la loro posizione quindi i “soccorritori” sapevano perfettamente dove erano i due romagnoli. Alpinisti allenati e preparati dall’ostello di Campo Imperatore a dove erano i due giovani avrebbero impiegato poco tempo per raggiungerli e per salvarli”.

Nell’ambito dell’inchiesta giudiziaria, coordinata dalla pm Laura Colica, il 7 agosto 2025 diventa ufficiale: l’indagato è un responsabile del Soccorso Alpino abruzzese, per omicidio colposo per condotta omissiva. L’avviso di garanzia, un atto a sua tutela, gli permette di partecipare alla perizia tecnica sul telefonino di Gualdi. La consulenza tecnica sullo smartphone è stata consegnata al magistrato. Top secret il contenuto.

In questa fase gli accertamenti della magistratura sono orientati a stabilire se si sia trattato o meno di un omicidio colposo dovuto però ad una condotta omissiva. Parecchi sono i dubbi sollevati dai legali dei familiari sulle modalità di soccorso, a partire dal perché quel giorno non sarebbe mai stato attivato l’intervento dell’elicottero dell’aeronautica militare. In più ora si sa che in quota sul Gran Sasso, quel 22 dicembre, c’è chi ha incontrato Luca e Cristian a metà mattina, mentre ancora salivano e altri scendevano perché di lì a poco il tempo sarebbe cambiato. Come poi è accaduto.

Luca Perazzini

Si fa anche chiarezza su chi tra i soccorritori sia rimasto bloccato a Campo Imperatore, data la solita confusione per via della presenza di CNSAS, Finanzieri e Vigili del Fuoco.

Sempre il 7 agosto si ha notizia grazie a Il Messaggero Abruzzo del ritrovamento dello zaino e dello scarpone di Luca Perazzini. Gli oggetti, riemersi più a valle dopo lo scioglimento della neve e le piogge, sono stati recuperati dai carabinieri forestali su delega della Procura di Teramo, a supporto dell’inchiesta in corso. Proprio quello scarpone, perso nella fase iniziale dell’incidente, lasciò Perazzini con un piede nudo sotto la bufera, contribuendo al dramma. Lo zaino, intatto, contiene il materiale che verrà ora analizzato, visto che fin dal principio i soccorritori avevano sottolineato che i due alpinisti non erano equipaggiati in modo adeguato per le condizioni meteo, già critiche dalla tarda mattinata del 22 dicembre 2024. In effetti il ritrovamento dell’equipaggiamento potrebbe aprire un nuovo capitolo nella vicenda grazie agli eventuali nuovi elementi per la verità giudiziaria.

Il papà di Luca Perazzini, Giancarlo, dopo il ritrovamento di zaino e scarpone del figlio: «Potevano essere salvati e noi familiari vogliamo sapere se stia stato fatto tutto quello che si poteva e doveva».

Indubbiamente c’è molta attenzione mediatica sul fenomeno dell’aumento delle disgrazie mortali in montagna. Lo dimostra anche il seguente articolo. C’è solo da sperare che questo non influenzi la serenità di giudizio della Procura di Teramo.

Ci si avvicina ai cento morti
(di qui alla fine dell’estate 2025)
a cura di ansa.it
(pubblicato su ansa.it il 17 agosto 2025)

Imperizia, incoscienza o fatalità imprevedibili. Non si ferma il tragico trend di incidenti mortali sulle montagne italiane nell’estate 2025. Incidenti con cadenza quasi quotidiana che vanno ad ingrossare un bilancio che già a luglio aveva numeri drammatici, con 83 morti e quasi tre decessi al giorno a partire dal 21 giugno.

Ad agosto la situazione non è mutata e si viaggia verso quota 100 morti. L’ultimo episodio è avvenuto domenica 17 agosto sul massiccio del Monte Bianco, dove un alpinista è morto dopo una caduta. L’incidente è avvenuto sulla cresta del Brouillard, a 4030 metri di quota. Sul posto è intervenuto il Soccorso Alpino Valdostano, che ha recuperato il corpo e lo ha portato a Courmayeur. La vittima è Davide Migliorino, 36 anni, residente a Treviglio (Bergamo). Insieme a due compagni di cordata – rimasti illesi – procedeva slegato sulla cresta: in un passaggio si è attaccato a una roccia che ha ceduto ed è precipitato. Le indagini sono affidate alla Guardia di Finanza di Entrèves. Anche il weekend di Ferragosto è stato, quindi, funestato da gravi incidenti ad alta quota. La sera di sabato 16 agosto il Soccorso Alpino Valdostano ha effettuato un difficile intervento sul Dente del Gigante (Monte Bianco). Legato a una corda, un alpinista è rimasto sospeso nel vuoto. Dopo diversi tentativi di avvicinamento in elicottero, i soccorritori sono stati posati a terra a quota inferiore, hanno scalato il Dente del Gigante e hanno raggiunto l’alpinista bloccato, accompagnandolo poi al rifugio Torino per il recupero in elicottero.

Un bollettino che si aggiorna quasi quotidianamente. Il 14 agosto due alpinisti, un uomo e una donna, hanno perso la vita sul Castore, nel massiccio del Monte Rosa: sono precipitati dalla cresta, forse dopo essersi persi per il maltempo, e sono finiti sul ghiacciaio dopo una caduta di centinaia di metri. L’11 agosto, nuova tragedia in Alto Adige, dove a morire sono stati padre e figlio dopo essere caduti da un tratto esposto di un sentiero nella zona di Plan, a Moso in Passiria, sotto il bivacco Pixner. Su quanto sta avvenendo in queste settimane lancia un allarme il Corpo Nazionale del Soccorso Alpino (CNSAS), che al termine della stagione fornirà i dati complessivi degli interventi e dei decessi. “Ad oggi è impossibile fornire un dato aggiornato – spiega Simone Alessandrini del Soccorso Alpino – ma i nostri interventi non si sono certo fermati in queste ultime settimane, anzi“. Il 44% riguarda escursionisti colpiti da malori o rimasti coinvolti in cadute, mentre il 56% è legato a tutte le altre attività. “Il turismo montano, da 4-5 anni – sottolinea Alessandrini – ha registrato un forte aumento, ma non tutti fanno corsi preparatori, e i non iscritti al Club Alpino Italiano sono quasi il 90%.Le montagne italiane, da nord a sud, sono quindi affollate da persone che non sono attrezzate per questo tipo di turismo. Una grande fetta lo fa solo per poter scattare una foto da postare sui social, senza avere le conoscenze tecniche – mi riferisco anche agli itinerari idonei – o banalmente l’abbigliamento adatto. In molti indossano le scarpe sbagliate, scarpe da ginnastica che si usano in città, o affrontano i sentieri con magliette di cotone, non adatte. C’è una forma di incoscienza: chi sceglie di salire in pantaloncini, in alcuni casi

Alla ricerca di qualche colpevole ultima modifica: 2025-08-20T05:06:00+02:00 da GognaBlog

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43 pensieri su “Alla ricerca di qualche colpevole”

  1. Ormai mi pare che gli alpinisti di fronte all’opinione pubblica sbaglino sempre, che siano esperti o meno. La comunicazione ha diviso il mondo in due: i cattivi (gli alpinisti imprudenti) e gli eroi-vittima (i soccorritori). Mi sfugge perché se per gli alpinisti la colpa è una condizione ormai normale di fronte alla massa, con epiteti e giudizi indegni, si faccia così fatica all’idea di pretendere una doverosa chiarezza in altri ambiti. L’ossessione della colpa ( che per me va di pari passo con l’ossessione della sicurezza), di cui molte “istituzioni alpine” hanno corresponsabilità, alla fine si ritorce su tutti.

  2. Marco Blatto  ” mi sfugge quale sia la difficoltà di “fare chiarezza” anche in altri ambiti”. Fare chiarezza anche quando le cose sono già chiare,   vuol dire far passare roghe ad altre persone.Senza l’intervento degli avvocati, la vicenda sarebbe trattata come le tantissime che ci sono state, senza alcun seguito.Gli stessi famigliari dicono essere “due persone esperte”, chi avrebbe dovuto fermarli? Qualcuno ancora più esperto di loro? Capisco il dolore ma possibile che in questo Paese si sia ormai persa la percezione della respondabilità personale e per qualsiasi cosa ci sia sempre “l’atto dovuto” che di dovuto non ha proprio nulla, è tutto frutto di una valutazione di un giudice.

  3. #36# “Gli avvocati cone categoria sono avvoltoi miserabili…”. Trovo esecrabile e meschina una generalizzaione di questo tipo, le ‘mele marce’ ci sono in ogni professione e categoria umana, non certo solo nella professione forense. Per fortuna si tratta di eccezioni e non della regola.

  4. @26
    Buongiorno, piccoli O.T.   la via normale alla Marmolada non è lunica via di discesa. Se uno non vuole scendere per vari motivi per il tratto ghiacciato della via normale, se preferite chiamatelo ghiacciaio,   c’è sempre la ferrata cresta ovest. Salgo e scendo per la ferrata da anni, fine O.T.
    Sul tema dell’articolo non mi esprimo, so solamente che essere e fare il soccoritore in tutti gli interventi, siano interventi “semplici” che “complessi ” e molto impegnativo sia dal punto di vista fisico che psicologico. 
    Saluti.
     

  5. Chissà cosa ci si inventerà ancora per trovare il pelo nell’uovo. Non si può accusare qualcuno di non aver ‘chiuso la montagna’ perché le previsioni davano ‘cattivo tempo’ per le 19:00. Se due alpinisti esperti decidono di andare in mattinata sul Corno Grande, basandosi su previsioni ritenute legali, devono essere lasciati liberi di salire. Oltretutto, le previsioni non ci dicono che le perturbazioni possono anticipare il loro arrivo. Anzi, esse a volte lo ritardano, facilitando l’attività alpinistica. Sono gli alpinisti esperti che sanno che una perturbazione può arrivare anche ore prima rispetto alla previsione. La decisione sul da farsi appartiene  solamente a loro.
     

  6. Gli avvocati come categoria sono avvoltoi miserabili alla ricerca di percentuali su eventuali rimborsi, e  la magistratura dovrebbe stare fuori da queste cose. Quest’ultima non la dico io, lo dice Messner. Il suo mantra senile “ si va in montagna, dove è più facile morire, perché è bello cercare di sopravvivere” è un distillato di saggezza. In ultimo, lo trovo veramente offensivo per i soccorritori, i dirigenti dovrebbero intervenire pubblicamente.

  7. Grande Cominetti: W le magliette di cotone (se hai il pile nello zaino). Per fare un sentiero ci si deve bardare con abbigliamento tecnico da alta quota? Ma 50 anni fa eravamo tutti scemi?
    Quanto consumismo modaiolo. Un pò di buon senso, vivaddio. 
    E si potrebbe chiedere un time out di queste infinite (e abbastanza inutili) polemiche sull’overturism e cannibali vari ?

  8. @33
    Non so tratta di colpevolizzare gli infortunati. Si tratta di capire la differenza tra un soccorritore ed un bagnino
    Si va in uno stabilimento perché ha dei sorveglianti che garantiscono il soccorso o chiudono. Se il bagnino non si fida di soccorrerti non deve farti entrare in acqua. In montagna le cose sono diverse, la garanzia di sicurezza deve venire da come affronti la tua ascensione. Se qualcosa poi va storto, interviene il soccorso, ma resta chiaro che pure i soccorritori hanno il diritto-dovere di provvedere alla propria sicurezza.

  9. Considerato che ormai ogni alpinista in difficoltà è colpevole di default, non soltanto di fronte alla pubblica opinione da social, ma è  puntualmente giudicato dai suoi “pari”, mi sfugge quale sia la difficoltà di “fare chiarezza” anche in altri ambiti. 

  10. Una riflessione che per il momento è solo mia! COME HA POTUTO PERDERE UNO SCARPONE E LO ZAINO?  Gli scarponi da neve, o da sci alpino, si allacciano fino al polpaccio, assicurando una chiusura efficace e un buon supporto. Inoltre sia per calzarli che toglierli, ci vuole forza e fatica. quindi? non sono pantofole, sandali o infradito! ANCHE LO ZAINO E’ IMPOSSIBILE CHE SI SBLOCCA DA SOLO. INOLTRE, AVEVANO LA PICOZZA ED I RAMPONI? NON HO TROVATO QUESTA NOTIZIA DA NESSUNA PARTE. Sembra di aver letto che hanno iniziato a salire molto tardi, considerando che a dicembre alle ore 16 è già buio, in montagna molto prima! Poi hanno visto le persone che scendevano? Ma lasciamo fare le indagini a chi è competente!

  11. Non vorrei che questi poveri genitori e parenti travolti dalla tragedia siano stati male consigliati da legali- parenti – amici…….
    Se andiamo avanti così il prossimo che scivola su un sentiero…fa causa al sindaco del paese……
    ….il sentiero era scivoloso andava chiuso……

  12. @ 26
    Il discorso non cambia. Vuol dire che ci espone abitualmente ai rischi e ci si mette in pericolo. 
    Se poi la situazione diviene drammatica, come nell’estate del 2022, o si è anestetizzati oppure non si capisce perché ci si debba esporre così tanto, soprattutto perché si debbano trovare in pericolo di vita persone ignare che si affidano ad altri.
    Se c’è rischio e dunque pericolo, si dorme in vetta alla Marmolada e si riparte prima dell’alba per tornare a valle. Questo peraltro mi hanno insegnato le guide alpine meno giovani e gli alpinisti saggi.

  13. <<Ne sarebbe convinto “perché nel primo pomeriggio di domenica 22 dicembre 2024 le condizioni meteo al Gran Sasso non erano proibitive, anzi quel pomeriggio il tempo peggiorò tantissimo dalle ore 19”.>>Non è affatto vero: ero in zona quella mattina, già al Duca i venti erano fortissimi e così dopo essere scesi a Campo Pericoli siamo risaliti a Portella e mentre scendevamo verso Assergi, alle 13.15, il cielo si è completamente chiuso, lasciando presupporre che sul Corno Grande ciò fosse già successo 5-10 minuti prima.

  14. Una precisazione riguardo alla frase “nel primo pomeriggio a un cambio repentino delle condizioni meteorologiche con l’arrivo di venti fortissimi, neve e un notevole abbassamento delle temperature”
    Il 22 dicembre alle 7:30 di mattina la temperatura era di -12.5 C al rifugio Alantino (1500 metri circa), distante probabilmente una ventina di km da Campo Imperatore in linea d’aria; alle 10:00 di mattina ero sopra al rifugio Sebastiani con gli sci, in direzione Costone (zona che avevo scelto proprio per rimanere sotto vento e per avere una via di fuga abbastanza sicura e conosciuta). Il vento era comunque già intorno agli 80 km/h appena sotto la cresta, e anche se il cielo era limpido, ho deciso di togliere subito le pelli e tornare a casa perchè sulla cima sarei probabilmente volato via. Se guardate bene la foto dell’articolo vedrete i pennacchi sulle cime, e vorrei ricordare che in quei giorni c’era pochissima neve al suolo. Ho alcune foto mie di quella uscita in cui si vede molto chiaramente la forza del vento e la creazione di vetrato su neve dura preesistente (non so come allegarle ma le posso inviare alla redazione). Alle 12 ero alla macchina, mi sono fermato a mangiare ed alle 13 ha iniziato a nevischiare con diminuzione della visibilità, in anticipo di 3 o 4 ore su quanto previsto da siti tipo ilmeteo.it.
    Direi che alle 10:30, in quelle condizioni di vento, anche con il cielo sereno, un elicottero non si poteva nemmeno alzare, lasciamo perdere verricellare qualcuno.
    A parte queste considerazioni oggettive, vorrei dire che conosco personalmente diverse delle persone che compaiono nella foto qui sopra dei soccorritori bloccati a Campo Imperatore. Probabilmente voi non li conoscete, ma io sì: sono tutte persone estremamente preparate, sia tecnicamente che umanamente. Il loro curriculum, non solo alpinistico ma anche in temini di soccorso, è eccezionale. 
    Se da un lato è giusto che ci siano delle indagini, dall’altro sarebbe molto meglio che chi non ha conoscenze tecniche approfondite e non conosce la situazione locale di quel giorno e di quelli successivi evitasse di esprimere pareri a caso.

  15. Circa i commenti sulla Marmolada, mi sembra che si continui a sostenere un grosso equivoco (e lo ho gia detti nella discussione precedente). E certo verissimo che, in linea di principio, non e prudente trovarsi su un ghiacciaio nelle ore piu calde della giornata. Pero la via normals alla Marmolada, sconvolta dalla frana, viene seguita non solo in salita ma anche in discesa, e questo non solo da chi a salito da li ma anche da chiunque sia salito da qualsiasi altra parte. Per forza ci si trova li nelle ore piu calde (a meno di essere velocissimi), e dove senno,?

  16. Da oggi pomeriggio sembra che gli interventi sul blog, a parte pochissime eccezioni, siano frutto di assunzione di bromuro e tavor in dosi massicce e combinate tra loro.
    Tutto bene?

  17. Ho letto Marmolada – 2 in questo blog. Basta già il cappello per comprendere un po’ il tenore dell’articolo: “La tragedia dei giorni scorsi è avvenuta lungo una via “normale” percorsa negli anni da innumerevoli escursionisti ed alpinisti, ed anche se nella fattispecie l’itinerario è stato affrontato in un orario generalmente sconsigliato, per queste traversate ci occorre ribadire un concetto fondamentale: in montagna la sicurezza non esiste, si deve parlare solo di prevenzione del rischio e di consapevolezza del pericolo.”. Non ne commento l’incongruenza perché ognuno che vorrà saprà farlo da sé. Tante parole e non si dice che: non si attraversa un ghiacciaio nell’ora di punta, in più con temperature altissime, estate severa, cambiamento climatico estremo in atto, ghiacciaio seriamente compromesso, informazione continua sullo stato di salute grave delle montagne. Le guide alpine che sono morte avrebbero dovuto saperle queste cose (orribile per me il commento sugli esperti che non sopravviveranno). In casi estremi si possono e si devono attuare restrizioni, le quali non ledono affatto la libertà degli alpinisti ma la ampliano, soprattutto se hanno responsabilità verso altri (come le guide ce l’hanno). Ci sono persone ignare che semplicemente vogliono passare in montagna una giornata felice; se si è di fronte a una situazione estrema di pericolo conclamato, queste non possono essere abbandonate a sé stesse e alla loro ignoranza delle cose. L’articolo esce male anche sulle condoglianze: le prime sono riservate al ghiacciaio e poi si passa ai parenti delle vittime. Molto deluso da quanto ha scritto Enrico Camanni. Di lui ho letto cose ben migliori. Si dice: “Respira, sei in Trentino”. Peccato che quelle undici persone non respirino più e che si faccia della filosofia per spiegarne la morte. La filosofia, per me, è per la vita.

  18. @ 17
    Penso che l’interdizione potesse e dovesse essere messa in atto, certo non fisicamente, si capisce, e sarebbe servita come invito alla riflessione per coloro che avevano in animo di avventurarsi sul ghiacciaio. 

  19. @ 16
    Certo, andare in montagna è una scelta libera e volontaria. Se poi ci accade qualcosa e qualcuno ci soccorre, dobbiamo innanzitutto ringraziare.
    Anche il soccorritore fa una scelta libera e volontaria e si impegna verso chi ha necessità di essere aiutato, quindi dovrà fare di tutto per essere coerente con questa sua scelta.

  20. 17
    i due casi che citi a mio avviso sono molto diversi. Un conto è chiudere un albergo perché a rischio di valanga. Un conto e’ chiudere una montagna: non e fisicamente possibile quindi non ha senso. E’ come voler chiudere il mare. Al massimo si può sconsigliare di andare ad una determinata cima ma chiudere non ha alcun senso. Ognuno va a suo rischio e pericolo e poi non protesta se il soccorso non arriva o arriva tardi. Sulla Marmolada ognuno è libero di andarci ad agosto e a mezzogiorno, fatti suoi ma non si può vietare ciò che non puo’ essere vietato e chiuso fisicamente. E meno male.

  21. Ritengo invece che in alcuni casi recenti le chiusure si sarebbero dovute attuare:
    Interdire l’accesso al Ghiacciaio della Marmolada nell’estate del 2022;
    Interdire l’utilizzo dell’albergo di Rigopiano fintanto che non si fosse valutato se potesse essere messo in sicurezza attraverso la creazione, a monte di esso, di un cuneo frangi valanga e di muri di deviazione della neve. Chiunque conosca l’abc delle valanghe, sa che un distacco nevoso può verificarsi anche dove non si è mai verificato a memoria d’uomo o che può prodursi dopo quattrocento anni dal precedente ed essere enormemente rovinoso;
    Forse citerei altri casi, ma prima devo pensarci molto bene.
    A mio parere poi, su chiusure e non chiusure influiscono aspetti emotivi e di percezione, i quali nulla hanno a che fare con l’oggettività delle cose. Penso che sulla Marmolada e a Rigopiano questi elementi abbiano influito.
    Inoltre, le montagne dell’Appennino Centrale continuano ad essere sottovalutate, e questa sottovalutazione pure rientra in ciò che ho appena scritto.

  22. Credo sia follia voler ricercare sempre e comunque il colpevole.
    In montagna in particolare si è, si deve essere, coscienti di quello che si fa e erciò responsabili  conseguenze.
    Qualche volta si sbaglia, si sottovaluta o si è semplicemente sfortunati.
    Se qualcuno viene a prenderti o ad aiutarti, come può, quando può, deve essere ringraziato, assolutamente non incolpato perché non ha fatto di più o meglio.
     
    A me preoccupa questa deriva, perché subito appaiono quelli che pretendono di normare e normalizzare, quelli che vogliono imporre patentini e divise, permessi e obblighi, pagamenti e multe.
    Quelli del surveiller et punir che con la montagna non c’entrano nulla, ma pretendono e vorrebbero una società fatta di ordine e disciplina.
     
    Come mi preoccupano, e per lo stesso motivo, quelli che vanno in montagna senza conoscenza ed umiltà.
    Non solo e non tanto quelli in braghette corte, ma quelli come quei tre che sulla Costantini -Apollonio si sono fatti recuperare a 3 tiri dalla fine (di IV) perché il primo era caduto e pur senza essersi fatto niente non riuscivano a uscire.
    O come quelli che hanno chiamato i soccorsi dalla Solleder in Civetta perché temevano di dover bivaccare 

  23. Quelle chiusure sono un passo verso altro. Si è già operata una limitazione alla quale potranno seguire ulteriori pratiche, anche se vedo la cosa alquanto improbabile, considerando la vastità dei territori di montagna, le implicazioni legali per i comuni, l’istituzione di commissioni e via dicendo. In un tempo in cui si esagera con le allerte meteo per togliersi le responsabilità di dosso e si dà troppo peso alle previsioni meteorologiche le quali sono previsioni e non certezze, chi potrà decidere cosa senza incorrere in uno scontento generale e soprattutto in una certa confusione non produttiva di buoni effetti? Infatti, proprio riguardo al Gran Sasso, si dice che la tempesta in cui sono morti i due romagnoli  sia arrivata in anticipo rispetto alle previsioni. Dunque, perché si sarebbe dovuto vietare l’accesso alla montagna se qualcuno pensava che sarebbe disceso prima dell’arrivo della perturbazione, attenendosi alle previsioni? Stando a queste non c’era motivo di attuare chiusure al mattino ma piuttosto in vista della sera. Che cosa si potrà fare poi con il rischio di valanghe? Occorrerà una formazione altissima su tutti i fronti per assicurare un servizio che abbia un senso e che penso non sarà mai perfetto.

  24. Al riguardo delle chiusure decise dalle Amministrazioni: sappiamo bene che ci sono!!! Ma qui ci riferiamo alle chiusure “preventive” (sulla base per esempio delle previsioni meteo), non a quelle dove si è verificato un disastro e si è in attesa di verifiche della situazione.

  25. @ 10, 11
    Vero. In Abruzzo, le Gole di Celano e quelle del Salinello hanno conosciuto chiusure per motivi di sicurezza.
    Vero anche il discorso sull’abbigliamento. A volte, in luglio e agosto si arriva a dorso nudo fino alla morena del ghiacciaio del Corno Grande al Gran Sasso, poi, in ombra, e senza scomodare i temporali, già si indossa il piumino (per il solo fatto di essere giunti fin lì accaldati e sudati).

  26. Se si accetta che la colpa degli incidenti sia dei soccorritori “poco solerti”, bisogna anche accettare che le attività in montagna siano rigidamente regolate, in modo da rendere chiaro quando i soccorritori devono intervenire. Non posso fare quel che mi pare e pretendere che la gente muoia per salvarmi. Francamente, sembra un tantino fantascientifico.

  27. @1 ritengo che chi ha parlato di magliette di cotone abbia usato una sineddoche. Affrontare la quota in canotta, bermuda, scarpette (o anche scarponi) e al più un k-way significa prima o poi cadere dal pero quando un calo termico improvviso porta la neve il giorno di Ferragosto come è capitato e capita (per es. sul Gran Sasso) o qualcosa va storto e l’uscita si prolunga ben oltre il prevedibile.

  28. Una breve nota. Il fatto che non vengano ‘chiuse’ determinate destinazioni non è propriamente vero. Da oltre 7 anni è interdetto dal tribunale con apposita ordinanza l’accesso alle Gole del Raganello in quel di Civita Albanese (Calabria) a seguito della tragedia di una uscita di canyoning nel momento sbagliato (con guida pure essa fra le vittime) che ha causato nel 2018 dieci morti. Ci sono poi comuni che intedicono con apposita ordinanza l’accesso a sentieri per i più disparati motivi. Poi certo, chi vuole può anche fregarsene, ma sotto propria responsabilità e pagandone le conseguenze. 

  29. Beati quelli che hanno tutto così chiaro. Vi invidierei se fosse vero.

  30. @ 6
    Il suo cognome mi fa tornare in mente il Rifugio Cesare Tomè a Passo Duran, che ho frequentato molti anni or sono. Ne ho un gran bel ricordo. 

  31. La prima cosa da sapere quando si va in montagna : ognuno è responsabile per sé stesso (salvo minorenni; dalla legge incapaci di intendere e di volere), dopo di che se ci si muove in compagnia ci sarà qualcuno di più esperto che a livello civile anche se lo ignora diventa responsabile per gli altri. In Montagna la fortuna fà la differenza e dove sembra esserci una sfortuna infinita magari bastava affittare una guida o portarsi nello zaino un sacco bivacco . Nella mia carriera alpinistica ho pericolato, sono stato fortunato! Di certo mai e poi mai scaricherei la responsabilità delle mie scelte errate a qualcun’altro. Il Soccorso Alpino non fà miracoli e sono già troppo bravi ad essere dei volontari che mettono in gioco la propria vita per aiutare la maggior parte delle volte 4 poregrami sù per i muri che se la sono cercata. 

  32. Sul caso Gran Sasso non posso dire nulla non avendo ne’ conoscenza dei luoghi ne’ dei dettagli dell’accaduto. Giusto che si facciano approfondimenti ma il rischio che qualche poveretto del soccorso alpino possa essere giudicato omissivo nelle sue azioni mi sembra un possibile pessimo esito visti che il giudizio lo si assegna sempre da casa alla scrivania…..
    Io penso sempre che in montagna ognuno è responsabile al 100 per cento di quello che fa, anche se il cartello di turno era girato in direzione errata….
    Circa gli altri incidenti, mi sembra il solito resoconto di ogni estate e a mio avviso gli esempi citati non hanno nulla a che vedere con un crescente numero di frequentatori inesperti e quindi di potenziali incidenti. Sulla cresta del brouillard se vai slegato può finire così e tutti lo sanno, poi possiamo stare qui a discutere se non fosse meglio andare di conserva, ammesso di saperla fare.
    Sul Castore, hanno fatto la traversata dal Sella verso Ayas, quando scendi sul versante occidentale e vai nella nebbia può succedere a chiunque di non capirci più nulla. Questo è l’alpinismo, nulla di nuovo.
    Per quelli che vanno con la maglia di cotone scarpe da ginnastica ecc ecc torniamo sempre al punto: siamo sicuri che la sovra esposizione mediatica di certe località fatta apposta per attrarre sempre più gente non sia una concausa di quello che poi succede ? Come si diceva qualche giorno fa, forse e’ meglio cominciare a tacere, su tutto quello che riguarda la montagna, compresi gli articoli sul over tourism, più se ne parla più mi sembra cresca il fenomeno.

  33. Mi piacerebbe che i volontari del CNSAS dessero le dimissioni in blocco, come gesto di protesta verso certe vergognose speculazioni.

  34. Sarà una lunga storia, in cui tutti vorranno dire qualcosa, esperti e non esperti. Il fatto che l’incidente sia successo in Abruzzo rende più viscerale l’interesse per l’accadimento. Si è visto come è stata liquidata in pochi giorni e senza conseguenze, la questione delle morti sul ghiacciaio della Marmolada nel 2022; se ciò fosse accaduto in Abruzzo, la faccenda sarebbe ancora aperta, come lo è quella della valanga di Rigopiano. Chi conosce il Gran sasso in inverno sa bene che in certe condizioni non occorre stare in quota per morire, basta molto meno. Che a volte possano esserci delle negligenze nei soccorsi non si può escluderlo a priori, ma attenzione a ciò che nei giudizi è dettato dall’emotività. La veemenza di chi vuole giustizia a tutti i costi già non è un buon segnale. La foto scattata alle 10:30 del 22 dicembre, pubblicata in questo articolo, non dice nulla, se non che è facile complicare le cose con approcci discutibili.

  35. Magliette in cotone non adatte?
    Sempre usate in luogo di quelle di plastica puzzolenti. 
    Se le informazioni sono queste, stiamo freschi. E tutto viene di conseguenza. Purtroppo. 

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