Heinz Mariacher

Heinz Mariacher

Heinz Mariacher è stato tra i protagonisti dell’arrampicata libera dolomitica dei primi anni Ottanta. Con la sua compagna Luisa Iovane, con il fortissimo Manolo, Roberto Bassi e pochi altri amici occasionali, ha innalzato di un buon grado e mezzo il vertice classico delle difficoltà. Ma Heinz Mariacher ci tiene a sistemare i tasselli della storia, più preoccupato di ristabilire con precisione una verità storica che non fare apparire se stesso più primo attore di quello che è stato.

In pochissimi anni aveva percorso tutte le più difficili vie del Kaisergebirge e, nel 1974, si era distinto ripetendo in appena sei ore, da rifugio a rifugio, le vie Comici e Cassin sulle pareti nord delle Tre Cime di Lavaredo (e il giorno dopo, prima solitaria alla via Egger-Sauscheck sulla Cima Piccola!). E lo avevamo visto da solo sulla via Lacedelli alla Cima Scotoni (1975) e sulla Vinatzer alla Sud della Marmolada (1976).

Heinz Mariacher

La Lalidererwand è la più grande parete delle Prealpi calcaree del Nord, un mondo di favola ad un’indescrivibile potenza, un mistero nitido per pochi eletti, dove Matthias «Hias» Rebitsch ha tracciato due capolavori: il Nordverschneidung, che Rebitsch tracciò nel 1947 con Franz Lorenz, un itinerario di 700 metri di VI e A0 che secondo Schiestl in libera ha una lunghezza di VII grado (confermato anche oggi, più 6 lunghezze tra il VI e il VI+); e, più a destra, la Gerade Nordwand, altri 700 metri su aperta parete saliti nel 1946 in due riprese, la prima con Sepp Spiegl, la seconda con Kuno Rainer (la prima integrale fu di Hermann Buhl con Luis Vigl, 1947, VI-, A0, oggi VII). In mezzo a questi due itinerari, così diversi di concezione e di metodo, si svolgono la Nordwand di Matthias Auckenthaler e Hans Schmidhuber, 1932, VI- (risposta tedesca ai primi sesti gradi italiani sulla Civetta e sulla Marmolada) e la via Charly Chaplin di Heinz Mariacher e Peter Brandstätter (di Kitzbühel), 1-2 luglio 1977, VI+, è un capolavoro del free climbing moderno, valido soprattutto perché, aperta in libera, s’inserisce tra vie che in qualche modo erano state aperte con passi di artificiale (le due Rebitsch e l’Auckenthaler), segno tangibile di evoluzione. E il VI+ dichiarato non fa giustizia delle reali difficoltà.

Nel gruppo del Rofan, Mariacher ripete per primo (1976) la parete della Sagwand per la Schräger Riss, un piccolo capolavoro di Hias Rebitsch.

È del 1977 la conoscenza con la giovane arrampicatrice di Mestre Luisa Iovane. Con lei conduce alcune campagne estive, dalle Dolomiti al Karwendel, dallo Yosemite all’algerino Hoggar.

Il 4 novembre 1978 Heinz Mariacher, con Luisa Iovane e Peter Brandstätter sale la bellissima parete est della Torre Trieste tutta in libera e con un itinerario naturalmente senza linearità diretta, tanto da chiamarlo provocatoriamente Zigaraga. La coppia Mariacher e Iovane il 12 settembre 1978 avevano anche salito Niagara, sulla di solito fradicia parete nord ovest del Sass Pordoi, 750 m, V+, VI-, approfittando del lungo periodo secco.

Luisa Iovane e Heinz Mariacher costituiscono ancora oggi una coppia d’eccezione. Luisa è stata ed è una delle pochissime donne italiane in grado di condurre su difficoltà di livello superiore.

Dal 1976 in poi apre un bel po’ di vie nuove sulla parete sud della Marmolada (alla fine saranno 12), giocando con regole assai precise: pochi chiodi, niente artificiale, niente chiodi a pressione o spit, niente bivacchi.

Heinz Mariacher

Il 25 novembre 1978 apre con Luggi Rieser e Reinhard Schiestl la via Hatschi Bratschi alla Marmolada d’Ombretta, un itinerario di gran classe comparabile alla via Don Quixote dell’anno successivo (24 giugno). Nel 1979 è la volta del Nuovo Pilastro Sud alla Punta Penìa (con Luisa Iovane, F. Kroll e Peter Brandstätter), e poi della Wogelwild e della Zulum-Babalu. Mariacher e i suoi giovani compagni lasciano sbalordito l’ambiente alpinistico tradizionale per la rapidità con la quale aprono itinerari di 600-1000 metri d’altezza su una parete come quella.

Nel 1979, dopo aver salito l’anno precedente sei vie al Piz Ciavazes in “free solo”, cioè senza neppure avere la corda con sé, Mariacher sale con lo stesso stile (12 luglio) la fessura Conforto-Bertoldi alla Sud della Marmolada e poi dà inizio alle prime grandi ripetizioni in completa arrampicata libera come la Vinatzer-Messner (con Luisa) e la Soldà (con Luisa e con Almo Giambisi, 2 agosto 1979): i chiodi non si toccano, neanche per riposare, e il primo sale a vista, senza nessuna assicurazione preventiva.

Per lui, nativo del tirolese villaggio di Wörg (4 ottobre 1955), arrampicata all’inizio significa alpinismo tradizionale. A tredici anni è da solo su una via di V del Kaisergebirge, poi si reca spesso in Dolomiti, cercando di ripetere le vie più difficili. E, dopo averle fatte tutte, lui e i suoi amici non vedono altre possibilità di evoluzione che arrampicare con il cronometro e fare più vie nello stesso giorno. Per Mariacher è stato Pete Livesey, profeta inglese dell’arrampicata libera, a dimostrare, nell’agosto 1979 durante un giro in Dolomiti, che un alto livello di arrampicata rappresenta un notevole vantaggio anche in montagna: e lo fa con la prima rotpunkt (cioè da capo cordata, senza attaccarsi o riposarsi sui chiodi e senza voli) del Pilastro della Tofana (via Costantini-Apollonio), con la via Lacedelli alla Cima Scotoni (con un solo riposo su un chiodo) e con la via Buhl (Hasse-Brandler) alla Roda di Vael con soli 6 chiodi di progressione.

Parallelamente è attivo il francese Jean-Claude Droyer che, con Martine Huck il 13 settembre 1979, sale in libera la Carlesso alla Torre di Valgrande, valutando il tetto di VIII- e il resto tra il VI+ e il VII.

Ed è così che Mariacher, dopo aver verificato di non essere in grado sulla Costantini-Apollonio di fare le stesse cose, comincerà a frequentare anche un po’ le palestre, al fine di ripetere le prestazioni di Livesey e Droyer.

Le sue prime rotpunkt (e ripetizioni) in Dolomiti, tutte secondo la stessa severa etica, costituiscono un elenco eccezionale: tra le altre, Pilastro di Mezzo al Sass dla Crusc (1984), Bellenzier alla Torre d’Alleghe, via delle Guide alla parete sud della Torre di Valgrande (1977, con il passaggio chiave, secondo loro, più difficile della Pumprisse in Kaisergebirge, inizio ufficiale del VII). E poi ancora Gogna alla Marmolada, diedro Armani-Fedrizzi al Croz dell’Altissimo, Vinatzer+diretta Messner alla Marmolada di Rocca (con Luisa, 18 novembre 1978, eliminano anche i soli 20 metri di originale A2). E naturalmente, per puntiglio, Pilastro della Tofana (via Costantini), Carlesso alla Torre di Valgrande.

Luisa e Heinz ad Alleghe, 1982

Come pure notevoli i suoi tentativi di rotpunkt su vie fortemente artificiali, sullo spigolo ovest del Ciavàl (via Livanos-Gabriel) e sulla via Maestri alla Roda di Vael, entrambi falliti per pochi chiodi. La grande difficoltà di queste operazioni, cioè salire in libera le vecchie vie artificiali, consiste nel fidarsi a volare su certi chiodi che danno poca garanzia. Un’altra strada più comoda sarebbe a chiodare a spit le vecchie vie, cosa che già succede nelle palestre. In montagna questo è più difficile, forse c’è ancora un po’ di rispetto per chi un tempo fece le vie come poté. Snaturare gli itinerari è un peccato. E Mariacher sa che verrà il giorno in cui si potrà salire in libera anche con chiodi malsicuri; tanto la bravura e la precisione avranno fatto passi da gigante, che salire sul VII e VIII con precaria assicurazione non sarà una demenza ma una normalità.

Ora però vuole fare di più. La sfida che sente nei confronti dell’arrampicata non si realizza più sui soliti itinerari classici, così il 17 settembre 1980, dopo Sancho Panza, apre con Luisa in neppure 11 ore la via Abrakadabra, la prima via della Marmolada nell’ordine del VII grado, itinerario di grande impegno e di concezione moderna ed evoluta, come pure la via della Mancha aperta da Heinz e Luisa l’anno successivo. Nel febbraio del 1982 Mariacher ritorna sulla Marmolada in pieno inverno, con Rieser, e traccia un altro difficile itinerario, la via dell’Ombrello (13 febbraio 1982, 500 m, fino al VII-, il tutto in 5 ore senza chiodi).

Nel 1982, affronta il confronto diretto con le prestazioni di Livesey alla Roda di Vael e passa sulla via Buhl in rotpunkt (22 giugno, con Luisa). Un anno prima Wolfgang Güllich e Kurt Albert erano riusciti a passare con due soli punti di riposo e avevano dichiarato difficoltà di VIII+. La Buhl in libera restò per anni la più difficile arrampicata delle Dolomiti. Poi riesce a salire in libera la via Ezio Polo alla parete sud dell’Anticima del Piz Seràuta (14 agosto 1982, con Luisa).

Heinz Mariacher e Luisa Iovane sulla cima di Punta Penìa della Marmolada dopo aver salito la via Soldà (rotpunkt per Heinz), 1979. Foto di Almo Giambisi.

Lo stesso anno Mariacher e Iovane sfiorano l’ottavo grado sulla Sud della Marmolada, aprendo dal basso e senza nessun chiodo a pressione la via Moderne Zeiten (Tempi Moderni). Solo dopo parecchi tentativi Mariacher e la Iovane concludono in agosto questo loro capolavoro sulla Marmolada di Rocca, uno splendido tracciato tra la Gogna e la Vinatzer nella parte bassa e tra la Gogna e la Messner nella parte alta. La novità di questo itinerario, a parte l’estrema bellezza, è il modo in cui è aperto: rotpunkt, a parte un volo. Mariacher si assicurava su uno sky-hook per chiodare e quindi proteggere il passaggio seguente. Fino ad allora, anche in Yosemite, chi usava un gancio su una piccola concavità rocciosa (goccia) ci metteva su il proprio peso. Solo sulla falesia francese di St. Victoire si era iniziato a usare i ganci per protezione provvisoria. Moderne Zeiten ha immediato successo: le forti difficoltà (massimo VIII-) ma non eccessive rispetto alle possibilità su falesia, la buona protezione in posto, la fantastica bellezza della linea, ne fecero immediatamente il più bell’oggetto da desiderare della Marmolada, un po’ quello che tanti anni prima era successo per la via Gogna. Moderne Zeiten piacque quindi e piace tuttora: un giusto coronamento alla grande attività di Mariacher sulla Marmolada.

Ma Mariacher non si accontenta ancora: «Quando nell’82 abbiamo fatto Tempi moderni, mi era parso un brutto stile aver messo tre chiodi per la sicurezza in artificiale (nonostante avessi ripetuto il tiro, subito dopo, rotpunkt. Le mie regole erano infatti: 1. niente spit; 2. vie nuove solo in pura arrampicata libera (e ciò significa anche sistemare le protezioni dalla posizione di arrampicata libera); 3. vie nuove dal basso e senza alcuna preparazione dall’alto. L’importanza che davo allora a un’onesta e precisa descrizione dello stile, si legge nella mia relazione di Tempi moderni nella mia guida della Marmolada. Purtroppo i tempi non erano (e non sono) maturi per principi etici così rigidi. Nessuno avrebbe rinunciato a una via nuova per qualche passaggio in artificiale (Heinz Mariacher)».

E questo è stato il massimo livello raggiunto da Mariacher prima di dedicarsi sistematicamente all’arrampicata sportiva, allenandosi principalmente a casa e preparandosi fisicamente prima dell’estate.

Ma già l’anno precedente, 1981 i cecoslovacchi Igor Koller e Indrich Sustr avevano superato, con manovre rocambolesche, la paurosa placconata compatta a destra della via dell’Ideale, già tentata da Mariacher che non aveva voluto ricorrere all’artificiale: la via del Pesce. È proprio il contrasto tra le due filosofie a far procedere in avanti.

Luisa e Heinz a Sportroccia, Bardonecchia, 1985

Mariacher e compagni sono i primi ripetitori del Pesce nell’estate 1984, dove riscontrano difficoltà eccezionali, con un passaggio ai limiti dell’allucinazione, data la quasi totale impossibilità di proteggersi: «c’è un passaggio in libera eccezionalmente difficile (VII+) con un chiodo molto cattivo come unica sicurezza lontano sette metri, tanto che viene da pensare che Šustr, di appena diciassette anni, non fosse del tutto a posto quando è passato per primo. Una simile difficoltà superata in questo stile, secondo me, è stato un vero passo avanti nella storia dell’arrampicata libera». Un’altra parziale rivincita Mariacher se la prende con Bruno Pederiva quando il 16 e 17 agosto 1987 sale il Pesce in totale arrampicata libera.

Nel settembre 1986 Mariacher e Iovane iniziano a trapanare salendo dal basso, come Maurizio Dall’Omo sulla Torre dei Sabbioni. In più riprese sono saliti sulla parete est del Sasso delle Undici (gruppo della Marmolada), aprendo in libera Tempi Modernissimi, una via di 300 metri e usando tutti i mezzi artificiali in loro possesso, compreso il perforatore a batteria e l’assicurazione a cliff-hanger. Il risultato è una via con passaggi fino al 7c+ (IX+): di mano in mano che salgono per attrezzare, superano le lunghezze inferiori (già attrezzate) in arrampicata libera. Nel frattempo, dalla cronaca, risulta evidente come l’élite cerchi di uscire da una certa impasse. Salire alla cecoslovacco-jugoslava, con molti compromessi artificiali ma senza spit, salire alla Cozzolino (evitando magari i muri liscissimi, ma risolvendo problemi logici), o salire alla Piola (e quindi piantando spit in apertura dal basso)? Giordani sosteneva che sulla Marmolada non c’era più niente da fare (se non dettagli) con le capacità attuali di arrampicata libera: occorreva aspettare un po’ di anni ancora ed ecco che si sarebbero salite in libera e in apertura nuove linee. L’evoluzione in Dolomiti è sempre leggermente in ritardo rispetto ad altre zone montuose. Si sa che la dolomia non è sempre sanissima e a parte l’eccezione davvero calcarea della Marmolada o dell’Antelao, l’appiglio piccolissimo del Verdon è in genere più sicuro del piccolissimo appiglio dolomitico. Inoltre nel Nord-est le tradizioni sono importanti e il contrasto con le nuove tendenze è più evidente.

Luisa Iovane

«Tempi modernissimi di sicuro non è il grande passo avanti che avevo sempre sognato. Sono sempre convinto che questo passo sarebbe da fare nello stile di Tempi moderni. Tempi modernissimi è stato solo un tentativo, un esperimento per vedere se lo spit dal basso possa rappresentare uno stile accettabile sulle pareti alpine. Per questo ho scelto una parete che non avesse una tradizione alpina: la parete est del Sasso delle Undici era totalmente “integra” e non avrei potuto infrangere regole del gioco preesistenti. Nonostante la protezione con gli spit, l’impegno morale richiesto è stato pari a quello delle mie altre vie nuove in montagna. Non ho rischiato la vita, ma ho superato i passaggi per me più difficili su una parete così alta.

Anche chiodare dal “cliff-hanger” è stata spesso un’azione al limite del volo. Alla fine Tempi modernissimi è stata più avventura che free climbing e mi ha portato alla convinzione che questo stile potrebbe far rinascere l’arrampicata alpina a nuova vita. Bisogna saper accettare le limitazioni necessarie, per dare ancora una chance anche in futuro, alla parola impossibile.

Una regola di fondo dovrebbe essere sempre valida: tanto maggiore è la rinuncia, tanto migliore risulta il gioco (Heinz Mariacher)».

A partire dal 1983 Mariacher comincia a frequentare Arco e la Valle del Sarca, aprendo nuovi itinerari accanto a quelli classici, in tutte le stagioni, escluso l’inverno, utilizzando anche gli spit per protezione: il calcare della Valle del Sarca è buono soprattutto sulle placche compatte e non fessurate. Tra i vari monotiri da lui aperti, citiamo Pipistrello (Swing area, 1984), difficoltà IX.

Così, in compagnia di Luisa, di Manolo e di Roberto Bassi, accresce ancora notevolmente il livello delle difficoltà e, progressivamente, si specializza nell’arrampicata a bassa quota, all’inizio inconsapevole di quanto l’arrampicata proprio ad Arco, si sarebbe trasformata in spettacolo: «talvolta in montagna cammini per delle ore e arrampichi per tutta una giornata sugli sfasciumi, per poi superare solamente pochi metri veramente paragonabili alle arrampicate estreme di Arco… Ad Arco tento il tutto per tutto, spesso superando il limite del volo, per raggiungere le massime difficoltà; in Dolomiti, al contrario, mantengo sempre una buona riserva, perché diversamente sarei un pazzo».

Nelle Dolomiti, sono Renato Casarotto e Lorenzo Massarotto che continueranno il percorso evolutivo subito dopo Mariacher. Anche Luisa Iovane si dedicherà sempre più all’arrampicata sportiva, con un curriculum di tutto rispetto per gli anni ’80: sue sono la famosa Fleur de Rocaille, superata nell’86 in tre giorni, ma soprattutto la prima salita di Come back (8a) a San Nicolò, sempre nell’86. Se pensiamo ai giorni necessari per venire a capo di questo itinerario (più di 10), e che lo stesso per parecchio tempo non vide poi alcuna ripetizione (neanche maschile), possiamo comprendere il vero valore di questa via.

Premio “Paul Preuss 2020” ad Heinz Mariacher
di Klaus Haselböck

Hollywood onora i suoi attori con l'”Oscar” e i migliori alpinisti del nostro tempo vengono onorati con il premio Paul Preuss: nel 2020, a Castel Firmiano, presso Bolzano, è stato assegnato al tirolese Heinz Mariacher.

“L’abilità è la misura del permesso” era il motto del genio dell’arrampicata Paul Preuss, originario di Altaussee. All’inizio del XIX secolo, scalò con successo vie eccezionali nei Monti del Totes, nel Gesäuse e nelle Dolomiti, caratterizzate dalla consapevole rinuncia a quanti più aiuti tecnici possibile. L’abilità – il motto di Paul – è la misura del permesso. Preuss è giustamente considerato uno dei padri dell’arrampicata libera moderna. In suo onore, dal 2013, una giuria dell’International Paul Preuss Society (IPPG) assegna annualmente il premio ad alpinisti che hanno raggiunto risultati straordinari “by fair means” nella loro carriera alpinistica e che sono quindi considerati modelli di riferimento.

Premio Paul Preuss 2020, Castel Firmiano (BZ): da sinistra, Heinz Mariacher, Reinhold Messner e Luisa Iovane.

L’approccio di Heinz Mariacher, nel 2020 64enne e ottavo vincitore del premio, riflette esattamente questo atteggiamento fondamentale: il tirolese ha suscitato scalpore soprattutto con la sua via Tempi Moderni, che si snoda per oltre 1000 metri sulla parete sud della Marmolada, nella settimo grado superiore di difficoltà. Con la sua salita nel 1982 insieme alla moglie Luisa Iovane, è riuscito a trasferire l’arrampicata sportiva sulle grandi pareti. “Ogni giovane generazione cerca di rendere reale ciò che la generazione precedente non è riuscita a realizzare. L’impossibile di ieri deve diventare possibile“, ha affermato Reinhold Messner, anche lui vincitore del Premio Paul Preuss, nella sua laudatio a Castel Firmiano, vicino a Bolzano. Heinz Mariacher ha avviato uno stile di arrampicata libera il più possibile avanzato, avvicinandosi molto, molto a Paul Preuss. Ai suoi tempi, è stato il successore di Paul Preuss, ha detto Messner. E: tutti coloro che seguono Paul Preuss e i suoi premiati non solo rendono giustizia all’alpinismo tradizionale, ma lo portano avanti.

L’importanza di questo premio era evidente anche dagli ospiti giunti a Firmiano: il raduno fu un “evento alpino storico”, secondo Georg Bachler, scalatore di Ottomila metri e presidente della Società Internazionale Paul Preuss. Il suo predecessore, Lutz Maurer, esperto giornalista televisivo e presidente fondatore, sottolineò in seguito: “Non ho mai visto un raduno di alpinisti come questo”.

Alla cerimonia di premiazione di Heinz Mariacher hanno partecipato anche i grandi nomi degli sport alpini, il più grande raduno di “stelle” alpine di tre generazioni: erano presenti leggende alpine come Wolfgang Nairz, Sigi Hupfauer, Hanns e Lilo Schell, Oswald Ölz e Raimund Margreiter, così come Christoph Hainz, Darshano Luggi Rieser, Hans Kammerlander, Thomas e Alexander Huber, Beat Kammerlander, Hanspeter Eisendle, Florian Buhl e Dani Arnold.

Heinz Mariacher ultima modifica: 2025-06-14T05:37:00+02:00 da GognaBlog

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9 pensieri su “Heinz Mariacher”

  1. Incrocio spesso Hainz e Luisa a Carezza e non mancano mai di un sorriso. Personaggi umanamente e sportivamente di un livello superiore. 

  2. temo che la prima solitaria della via Egger/Sauscheck alla Cima Piccola di Lavaredo sia di Hans kammerlander, senza corda peraltro (Mariacher penso la prima in libera integrale).

    E la Egger/Saunscheck  non è proprio una passeggiata.

  3. Diversi anni fa con mio fratello stavamo ripetendo la via Bellodis-Franceschi alla Spalla Sud del Pelmo e nel tratto chiave, un traverso sotto un tetto, ci passa vicino qualche metro un “cappellone” biondo, ci saluta in italiano e in una manciata di minuti raggiunge la cima. Tornati al rifugio troviamo Luisa Jovane, che conoscevo per averla vista su Alp, che chiacchierava col “cappellone”(Mariacher) e lo aveva seguito col binoccolo dal rifugio perchè stanca per una precedente arrampicata. Scambiammo poche parole ma ci parve una coppia bellissima.

  4. temo che la prima solitaria della via Egger/Sauscheck alla Cima Piccola di Lavaredo sia di Hans kammerlander, senza corda peraltro (Mariacher penso la prima in libera integrale).
    Sergio

  5. Nelle Dolomiti, sono Renato Casarotto e Lorenzo Massarotto che continueranno il percorso evolutivo subito dopo Mariacher. Altro appunto per verità storica :erano contemporanei e avevano visioni diverse e per questo non comparabili e proprio per questo hanno assunto dimensione propria e grandezza stellare ciascuno, erano persone a cui non importava la competizione e non si rifacevano a luoghi comuni. Stelle di prima grandezza.

  6. Unico appunto sul bel articolo di Heinz Mariacher è che i suoi compagni di cordata non erano occasionali, anzi tutt’altro e non mi metto a descriverli in quanto ciascuno meriterebbe altrettanto spazio per quello che han fatto in kilometri di roccia salita 😊

  7. Ho avuto la fortuna di vedere Heinz Mariacher scalare a Lumignano , una gioia e una eleganza meravigliosa,all’epoca primi anni 80 , era un riferimento per noi vedere cosa e come si muoveva sulla roccia… poi aggiungo qualche dato a quel periodo: casa cantoniera passo sella un via vai di scalatori e penso anche il luogo dove Mariacher ha conosciuto la Jovine che all’epoca scalava con personaggi fortissimi come il Ben Laritti e Giancarlo Milan e Almo Giambisi… e il Pierluigi Bini e altri ancora… che bei tempi

  8. Pierluigi Bini fu il maestro di roccia di Luisa Iovane e saltuario compagno di cordata di Mariacher.Un cenno si poteva fare, anche se è un romano.

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