Il limite come custode dell’Altrove

Più avviciniamo artificialmente l’Altrove ai confini del mondo civile  e più l’esperienza dell’altrove perderà la sua funzione di alternativa radicale e creativa.

Il limite come custode dell’Altrove
di Carlo Alberto Pinelli
(pubblicato su mountainwilderness.it il 4 maggio 2025)

Venerdì 2 maggio 2025, all’interno delle numerose iniziative collegate al Trento Film Fesrtival, si è svolta una tavola rotonda organizzata dal GISM sul concetto e la pratica del “limite”. Ne hanno parlato, con il moderatore Marco Blatto, Alessandro Gogna, Franco Michieli e Carlo Alberto Pinelli. Quella che segue è la traccia dell’intervento di Pinelli.

Chi conosce Carlo Alberto Pinelli sa bene che ogni suo intervento va ben oltre la condivisione di un’opinione. Le sue parole sono sempre un invito – talvolta scomodo, sempre necessario – a rimettere in discussione i paradigmi dominanti, anche quelli che ci sembrano più rassicuranti. Durante la tavola rotonda sul tema del “limite”, promossa dal GISM al Trento Film Festival, Pinelli ha riportato al centro del discorso ciò che per Mountain Wilderness è da sempre fondamento: l’esperienza della montagna come esperienza esistenziale, come luogo dell’Altrove, come occasione di trasformazione.

Non è la montagna in quanto paesaggio che ci interessa difendere – come ricorda lui stesso – ma la possibilità di viverla in modo autentico, libero dalle lenti deformanti del consumo e della banalizzazione turistica. Il suo intervento scava a fondo, con lucidità e onestà, nella contraddizione che abitiamo: desideriamo che sempre più persone si avvicinino alla montagna, ma sappiamo che l’accesso indiscriminato rischia di svuotarne proprio il significato più profondo.

È il paradosso dei beni esponenziali, per usare le parole di Giorgio Ruffolo: quanto più vengono condivisi, tanto più si impoveriscono.
Pinelli ci richiama al coraggio di un pensiero scomodo ma necessario. A ricordare che il filtro della fatica, il disagio, la solitudine, non sono ostacoli da rimuovere, ma strumenti di iniziazione, che selezionano non per censo ma per motivazione. Non è un messaggio elitario, ma profondamente democratico e radicalmente ambientalista.

È la visione che da sempre muove l’azione di Mountain Wilderness.
Con la leggerezza incisiva di una filastrocca di Rodari, e la profondità di una citazione di Proust, Pinelli ci consegna ancora una volta una bussola, forse l’unica che valga davvero: non perdere il senso per salvare la forma. E continuare, anche se in pochi, a cercare le castagne sotto la buccia (Nicola Pech).

L’intervento di Pinelli: il limite come custode dell’Altrove
Chi ha avuto l’idea di invitarmi qui mi ha descritto come un alpinista che ha passato la vita a difendere le montagne.  Non è vero. A me interessa solo marginalmente difendere le montagne di per se stesse, come accidenti geografici. Io ho dedicato una grande parte della mia vita e delle mie energie a difendere l’esperienza esistenziale che, a certe condizioni, è possibile maturare – o se volete: scoprire – in montagna. Ciò non toglie che il fascino selvaggio dei paesaggi montani mi abbia sempre conquistato e ancora oggi – anche soltanto  ricordandolo – quel fascino basta a accelerare il battito del mio cuore. Però non fondo le mie riflessioni su questo tipo di emozioni estetiche.

Ho la piena consapevolezza del valore soggettivo di quanto cercherò di comunicarvi. Lo considero un limite inibente? Per niente. Tutte le società e culture umane si fondano su pilastri morali  in origine soggettivi finché non si sono trasformati in un patrimonio condiviso, vissuto storicamente come se fosse oggettivo.

Voglio iniziare questo mio intervento partendo da una frase famosa del monaco/ eremita francese Charles de Foucault (1911) che visse a lungo nel deserto dei Tassili:
So bene che la solitudine è il loro più grande bisogno; ma se tutti verranno qui nel deserto, come potranno essere soli?”.

L’affermazione categorica che anticipa la domanda di de Foucault mi sembra abbastanza discutibile, soprattutto se equipariamo ( come è doveroso) gli spazi montani al deserto. Però può aiutarci a entrare nel tema del dibattito odierno sulle varie sfaccettature del concetto di limite. Sarebbe tutto da dimostrare che sia proprio il desiderio di immergersi nella solitudine la molla che spinge tanti nostri concittadini a invadere le montagne. Sappiamo per esperienza che non è così. I frequentatori delle Alpi e degli Appennini non sembra siano particolarmente infastiditi dalla presenza di numerose altre persone lungo i sentieri sui quali avanzano, con il corredo di schiamazzi, di sottofondi musicali, del rimbombo dei fuori strada e dei quad, e via discorrendo. Si ha l’impressione anzi che la maggioranza dei nostri simili diffidi della solitudine, e tema l’assenza di una corale e rassicurante condivisione delle emozioni provate. Soprattutto se questa condivisione resta superficiale. Potremmo aggiungere: “ Buon pro gli faccia, contenti loro”. Ma le cose non sono così semplici. Se arricciamo il naso e anche ( ma ovviamente non solo) perché la banalizzazione ludica degli spazi montani è sempre andata a braccetto con l’apertura di nuove vie d’accesso, la costruzione di nuove strutture recettive, la messa in funzione di nuovi impianti di risalita, di nuove piste e via enumerando.

Gianni Rodari tanti anni fa ha scritto una filastrocca scherzosa di cui ora voglio servirmi: “ Un signore di Scandicci – Buttava le castagne e mangiava i ricci – Un suo amico di Prato mangiava la stagnola e buttava il cioccolato- Molta gente non lo sa e neppure se ne cruccia: la vita la butta via e mangia solo la buccia”.

Dunque: la buccia. La maggior parte degli attuali frequentatori della montagna si accontenta solo dell’involucro esteriore, della buccia, e vuole ritrovare all’interno di una gradevole confezione panoramica, gli stessi piaceri, le stesse comodità, lo stesso stile di vita, i soliti riposanti luoghi comuni che ha momentaneamente lasciati a casa. L’ultima cosa che desidera è mettersi in gioco, affrontare la possibilità che l’incontro con l’Altrove si riveli uno specchio eccessivamente veritiero. Per carità, si dicono, teniamoci ben stretta la buccia, perché quel che bolle al disotto può mettere in discussione troppe cose!

D’altro canto noi che diritto abbiamo di sostenere che la stagnola non sia migliore del cioccolato? Che i ricci non siano più gustosi delle castagne? La nostra resta una convinzione soggettiva. Saldissima, ma soggettiva. Questa consapevolezza però non deve inibirci dal proclamare la nostra testimonianza e di fare del proselitismo a favore del cioccolato e delle castagne. Con quale risultato?

Le Tesi di Biella, testo fondante dell’associazione Mountain Wilderness, già nel 1987 denunciavano con chiarezza i rischi di un proselitismo fine a se stesso, privo di rigorosi paletti:

2.2 – Il desiderio – teoricamente comprensibile – di convertire il maggior numero possibile di persone alla pratica della montagna, facilitandone l’avvicinamento, ha innescato spesso processi di deleteria antropizzazione. Per fronteggiare la crescente domanda che ne è derivata si è ricorso all’apertura di nuovi rifugi, all’ampliamento di quelli esistenti, alla messa in opera di vie ferrate e di altri incentivi al consumo. Ma questa politica contiene gravi errori di valutazione. Essa infatti trascura i valori di wilderness – e della solitudine che la caratterizza – come cardini irrinunciabili della qualità dell’alpinismo. Noi crediamo che la progettazione e la capienza dei rifugi non debbano inseguire la richiesta dei potenziali frequentatori, ma vadano misurate sulla quantità di presenze che gli ambienti naturali, resi più facilmente fruibili grazie a tali ricoveri, possono sopportare senza perdere di significato. Rifugi e bivacchi fissi non debbono in nessun caso essere posti lungo itinerari di salita, o in prossimità di vette, o comunque in posizioni che possono recare pregiudizio alla grandiosità selvaggia dell’ambiente e ai suoi significati.

Supponiamo per un momento che il nostro proselitismo, fortemente connotato in una direzione responsabile e rispettosa per l’ambiente, abbia successo e che di conseguenza tutti i fruitori della montagna in un prossimo futuro si comportino come noi abbiamo auspicato. Problema risolto? Prima di affermarlo, ripensiamo a cosa si domanda de Foucault: “… ma se tutti verranno nel deserto come potranno essere soli?“. In realtà sarà comunque lo stesso sovraffollamento, oltre un certo limite, a rendere via via sempre più afona la voce della montagna. Ogni ambiente naturale può farsi carico di un numero limitato di presenze al di là del quale perderà significato. E’ lo stesso numero dei compagni di viaggio, qualora divenga esorbitante, a corrodere il valore formativo del nostro percorso (che vorremmo fosse solitario e autonomo) alla ricerca del messaggio nascosto tra le pieghe dell’Altrove. In qualunque modo quegli ingombranti compagni si comportino.

L’economista e uomo politico Giorgio Ruffolo in uno dei suoi libri ha parlato di “beni esponenziali”. Sono esponenziali quei beni che perdono valore mano a mano che cresce la loro condivisione. Certamente la montagna appartiene a tale categoria. Ciò potrebbe portarci a dedurre che per salvare il messaggio della montagna bisognerebbe evitare di fare proselitismo e lasciare che il “volgo” resti confinato sugli spalti degli stadi. Però si tratta di una deduzione priva di senso. Non tanto perché egoistica o anti democratica. Ma per la semplice ragione che è stata già abbondantemente sfondata e scardinata la porta stretta ( e in qualche modo segreta) che permetteva a un ristretto manipolo di “illuminati” di accedere al senso della montagna, intessuto di solitudine, di silenzio, di pericoli affrontati con prudente ardimento, di decisioni vitali prese autonomamente. Quello che abbiamo la tentazione di bollare come il “volgo degli stadi” ha già tracimato da un pezzo dagli stadi, colonizzando negativamente una gran parte delle nostre montagne. Inutile negarlo. Come arrestare o dirottare l’ulteriore avanzata di questa valanga di persone, accompagnata da alberghi, seconde case, rifugi, posti di ristoro, strade di penetrazione, funivie, piste da sci e da bob?

Kurt Diemberger suggeriva, come possibile soluzione, il ripristino del filtro della fatica e del disagio. Più avviciniamo artificialmente l’Altrove ai confini del mondo civile e più l’esperienza dell’altrove – del deserto – perderà la sua funzione di alternativa radicale e creativa. Diventerà a poco a poco una estrema periferia urbana, carica di tutti i limiti e i difetti della complessa società che la specie dell’homo sapiens ha contribuito a costruire e che in molti sensi resta comunque, storicamente, il nostro capolavoro. La periodica immersione nell’Altrove non equivale alla fuga codarda dalle sbarre di una prigione e non rinnega l’eredità della nostra provenienza; ma ci offre la possibilità di porre di tanto in tanto una salubre distanza prospettica tra il nostro io e la nostra quotidianità, arricchendola di senso.

Insomma concordo con Kurt. Se nuove strade di accesso, nuovi impianti a fune, nuovi mezzi di trasporto eliminano il significato iniziatico del lento avvicinamento alle alte terre, e riducono la multiforme esperienza dell’alpinismo alla sola scalata finale, è ovvio che nessuno sarà in grado di mitigare l’affollamento. Penso che quando un rifugio non riesce a ospitare la folla che bussa alla sua porta non dovrebbe essere ampliato, e poi di nuovo ampliato. Andrebbe chiuso, punto e basta, per evitare la degradazione dell’ambiente circostante causata dall’ iper frequentazione che la presenza del rifugio incoraggia. Solo le persone realmente motivate ritornerebbero lassù, accettando i disagi e anche i rischi di bivacchi in quota. Favorire o ripristinare il mantenimento della distanza dalla meta non è un atteggiamento anti democratico o elitario. E non ha niente in comune con il ricorso a divieti, a numeri chiusi imposti dall’ alto, a royalties sempre più costose. Avrebbe come esito una selezione benefica delle presenze non basata sul censo, su liste d’attesa o su grotteschi esami selettivi ma sulla libera forza delle motivazioni.

Come arrivarci è una domanda alla quale non so rispondere. Penso però che anche un sogno utopistico, se trova un numero abbastanza determinato di seguaci, può trasformarsi in un progetto realistico. Teniamolo presente.

Per farmi perdonare l’assenza di una facile soluzione conclusiva, regalo ai presenti una bella frase di Marcel Proust: “Io non ero avido di conoscere che quello che credevo fosse più vero di me stesso; quello che per me aveva il pregio di mostrarmi un poco la forza e la grazia della Natura, così come si manifesta lasciata a se stessa, senza intervento degli esseri umani. Meno essa portava la loro impronta e più spazio offriva all’espansione del mio cuore”. Grazie.

Il limite come custode dell’Altrove ultima modifica: 2025-07-09T05:22:00+02:00 da GognaBlog

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56 pensieri su “Il limite come custode dell’Altrove”

  1. Le storiche lotte alle rinnovabili avrebbero bisogno di un aggiornamento, le obiezioni, sempre le stesse da trent’anni, sono ormai obsolete: il fotovoltaico è caro, deturpante e ha una produzione di energia insufficiente, così come le pale eoliche che sono invadenti, rumorose e pericolose per la fauna.
    Vero?
    Non proprio: il fotovoltaico ha un costo che negli anni è passato da caro, a competitivo, a conveniente e non è più così dannoso per il paesaggio, dato che nel 2022 l’85% delle installazioni sono su tetti ed edifici, quindi praticamente invisibili.
    Quanto all’insufficienza energetica è sempre meno vero perché le nuove tecnologie riescono a stoccare energia in assenza di vento e sole.
    Le pale sono effettivamente ingombranti anche se personalmente non mi dispiacciono, sono dei moderni mulini che mi affascinano tanto quanto quelli delle isole greche.
    Arrivando dal mare, ma anche dal cielo a Copenhagen è impossibile non notare la distesa del parco eolico nel mare, trovo sia una delle più orgogliose dichiarazioni di superiorità energetica di una nazione.
    Infine, gli uccelli si scontrano con le pale dell’eolico, così come con i reattori degli aerei o con i vetri dei grattacieli, insomma con gli ostacoli creati dall’uomo. In effetti l’elemento più dannoso per la natura.
    Quanto agli anarco-ambientalisti immagino che non abbiano tutti i torti ad essere arrabbiati: è difficile vedere il proprio territorio sfruttato.
    Ma l’alternativa qual è?
    Questo non è molto chiaro nel pezzo di Pinelli.

  2. Sono contento di stare in tua compagnia, perché il sesto commento è tuo. Grazie a te.

  3. Il tenore , gli argomenti i racconti e aneddoti degli ultimi 13 commenti sono un dono per chi entra in questo (raro e inconsueto) spazio che è il Gogna Blog.
    Terre rare! che tanto vanno di moda oggi.
    Grazie!

  4. Molto bello. Sicuramente anche a me avrebbe fatto piacere conoscerlo e frequentarlo.

  5. So benissimo la sua decisione di lasciare l’alpinismo per assistere suo fratello colpito da una gravissima malattia. Penso sia stata una decisione che gli è costata tanto, perchè la passione per l’alpinismo era molto grande, oltre ad essere ancora in grado di poter fare tanto in montagna.  Ma suo fratello era più importante.

  6. Ho conosciuto Armando Aste. Ho ripetuto molte sue vie, tra tra le quale la via della Canna d’Organo e L’Ideale in Marmolada.  Sono stato diverse volte a casa sua, abbiamo mangiato insieme,  abbiamo parlato, ci siamo confrontati e ci siamo scambiati diverse lettere, che ancora posseggo. So molto bene come la pensava sull’alpinismo e sul essere credente. Dopo la sua morte ho scritto un ricordo di lui che stato pubblicato sulla rivista le Alpi Venete. Sicuramente per me un alpinista di riferimento. Ho anche una lettera di ringraziamento che mi aveva scritto  suo fratello, dopo che aveva letto il mio ricordo sulle Alpi Venete.

  7. @ 46
    Però lo stesso avviene nei confronti di chi decide, per senso di responsabilità, di non rischiare più sulle pareti e di non sottrarre tempo ed energie alla famiglia. Gli amici spariscono, ti compiangono, ti giudicano, non vengono con te a fare una cosa semplice in montagna perché quante cose più grandi devono fare! Corrono continuamente sui monti, inseguendo una pienezza che è sempre in bilico e imperfetta, lo fanno anche trascurando seriamente gli affetti, e gli dai fastidio perché tu hai deciso di non trascurare i tuoi. Tu continui a cercarli perché credi nell’amicizia, loro sfuggono perché non c’è più la condivisione di prima. 
    Bei tempi, quelli in cui non si condividevano i sogni ma semplicemente la vita. Povera amicizia. 

  8. @ 44
    Sono vere tutte e due le cose. Per alcuni le scelte sono libere e consapevoli, per altri no.
    Quello che penso è che un alpinista non debba cercare l’Altrove solamente per stare bene con sé stesso trascurando il resto, e che prima o poi lo debba trovare, questo Altrove, possibilmente prima di morire.
    Recentemente ho scoperto che Armando Aste scalava anche per trovare questo Altrove, che poi identificò con La sua fede cristiana e cattolica. Ciò mi ha colpito per il seguito della storia. Egli, come Ilfetido lo dice dei figli e delle mogli o compagne, aveva trovato l’Oltre nel cuore del fratello, affetto da una grave malattia neurologica. Lasciò stare le scalate per occuparsi totalmente di lui. Alle domande degli amici rispondeva: “Il Buon Dio mi chiederà non quante vie di roccia ho salito ma quanto ho amato”.
    Di lui penso che si possa dire che ha fatto una scelta libera e consapevole.

  9. Nella vita cerco sempre di essere un viaggiatore e non  un turista

    Parole SANTE!!
    Viaggiare per incontrare le diversità, culturali e ambientali,  cercando di stare lontani dai non luoghi che, ovunque tu vai, sono tutti uguali, come gli scaffali dei centri commerciali.
    E’ vero, continuano a chiedere anche a me:
    ma vai sempre a monti?
    scali a mani nude?
    Ma non ti sei ancora stufato?
    Oh , hai visto… oggi n’è cascato un’altro!
    E io gli rispondo: ma te non ti sei ancora stufato di lavorà e basta?

  10. Stamane al solito ero in zona frana della Marcora in coda a semafori piu rossi che verdi e movimenti dei movieri ;eccomi  li che sognavo il  mio vecchio Altrove.

  11. Nella vita cerco sempre di essere un viaggiatore e non  un turista …..l’Altrove che ricerco è un luogo dentro di me probabilmente della mia infanzia in cui la meraviglia della scoperta è sospesa in una dimensione ovattata senza tempo …in cui l’avventura non è mai paurosa….in cui io e l’esperienza siamo una cosa sola….. 
    Però riconosco che è molto più semplice, meno travagliato, più sicuro e socialmente accettato non ricercare nessun Altrove….alla fine ti restano un pugno di mosche…pochi amici disperati….. fondamentalmente hai deluso quasi tutti ……..un amaro sorriso quando rivedi qualche vecchio compagno di scuola ( quelli sudati e gonfi  dell’aperitivo) che ti chiede FAI ANCORA ROCCIA? MA I GANCI CHI LI METE? ….USATE GUANTI

  12. No non c’è nessuna gara e per me è sempre un piacere incontrare Alberto.
    Siamo tutti vittime e carnefici di noi stessi….in altre parole ci si può difendere bene da tutti tranne che dai noi stessi….. cioè da quello che desideriamo……

  13. Guarda che non è mica una gara. 
    Il Fetido lo conosco, non abbiamo mai scalato insieme , ma ci incontriamo abbastanza spesso.
    Sei sicuro che tutti quelli che hanno fatto queste scelte lo hanno fatto perchè lo desideravano o invece perchè ci sono cascati dentro?

  14. @ 42
    Alberto, pensiero tristissimo, ingeneroso e ingiusto verso persone che hanno fatto delle scelte in maniera consapevole per amore della vita.
    Ilfetido ha vinto, non c’è storia. 

  15. domani è lunedì si ricomincia..,.Ecco per me i veri eroi sono loro…..il vero altrove è quello….

    non ci sono eroi, ma solo vittime.

  16. @ 40
    Quanto dici bene.
    Mi fai pensare a come termina quel bellissimo romanzo di John Fante che è Full of life, quando il protagonista vede in lontananza la moglie prossima al parto in ospedale, e descrive cosa si muove nella sua interiorità e quali slanci lo prendono. Qualcosa di autentico e struggente.
    Mi piace molto il tuo intervento, come quello di Ratman ed Enri.

  17. A volta mi chiedo ma non sarebbe stato meglio se qualcuno mi avesse invitato a pranzo tipo dai suoceri dopo un aperitivo con figlioli schiamazzanti compagne che parlano dell’ultimo o del prossimo acquisto, mega mangiata, televisione accesa , sudore , facce gonfie , alcool…..sigarette caffè ammazza caffè….domani è lunedì si ricomincia..,.Ecco per me i veri eroi sono loro…..il vero altrove è quello….

  18. Pinelli, più modestamente, invece di ergersi a santone dell’altrove, di nominarsi fondatore del culto del sacro limite, potrebbe, democraticamente, rivendicare – in modo del tutto legittimo- spazi in cui la natura rimanga tale e quale a sé stessa [che comunque sarebbe sempre conforme all’idea che ne ha pinelli].
    Questi spazi già esistono e si chiamano parchi.
    Ma non bastano; pinelli vuole in mega parco dell’altrove.

  19. Srntirsi Siddhārtha, Zoroastro, Gesu,
    insooma bisogna avere una smodata opinione di se per scrivere;
    Ho la piena consapevolezza del valore soggettivo di quanto cercherò di comunicarvi. Lo considero un limite inibente? Per niente. Tutte le società e culture umane si fondano su pilastri morali in origine soggettivi finché non si sono trasformati in un patrimonio condiviso, vissuto storicamente come se fosse oggettivo
     

  20. Su questo, Alberto, la penso come te, vedo. Sono idee logiche e di buon senso.

  21. Il turismo è sicuramente una grande fonte di reddito. Ma attenzione perchè è un ‘ attività economica altamente inquinante: cambia totalmente l’anima dei luoghi e delle persone, trasformando tutto in finte vetrine. È non solo in montagna, anche in città.

  22. Io in montagna c’ho vissuto 20 anni oltre a frequentarla per passione da quando avevo 16 anni. 
    È indubbio che certi poteri hanno la grande responsabilità e fanno il propri interessi.  A me non da noia la presenza della gente in montagna. Anche perchè posso scegliere dove andare. Quello che mi disturba sono  certi comportamenti, non la presenza. Anche perchè chi sono io per dire: io si, te no.

  23. Marcello, purtroppo ti sbagli. Ho vissuto a lungo sulle montagne, in tutti i mesi dell’anno, spesso in luoghi dimenticati, sulle Aloi e sugli Appennini. Sono stato guardia parco, portatore, ho lavorato nei rifugi e al fianon dei boscaioli, dei cacciatori, degli artigiani, degli imprenditori, in contatto costante con le persone del luogo, che fossero guide alpine, gestori di impianti, commercianti o altro.
    Non dovrebbe sfuggurti che sto parlando degli eccessi che producono danni al paesaggio e sopratutto alle culture locali e ai loro valori.
    Sono stato sempre vicino ai montanari, imparando molto da loro, difendendo anche la tesi di uno sviluppo sciistico moderno sugli Appennini.
    Un esempio chiaro della deriva dei parchi giochi: l’aumento drammatico degli incidenti e delle richieste di soccorso, guarda caso soprattutto in quel gran parco giochi che è il Trentino, il quale sta bene in Italia e non ritorna in Audtria per tutti i benefici economici che da questo status trae.

  24. E anche chi vive di montagna, purtroppo, spera nel parco giochi.
     
    Ecco, quest’affermazione è una cagata pazzesca e la maggior parte dei commenti è di un’ingenuità disarmante.
    In montagna bisogna viverci per capirne le dinamiche e non solo andarci in vacanza a Ferragosto. 

  25. @26
    hai ragione. Ma è anche vero che molti di quelli che seguono, spesso sono inconsapevoli, non sanno, non hanno la visione completa. Qui, chi piu chi meno, vive di montagna da una vita o quasi, si rende conto di come le cose sono cambiate, spesso in peggio. Ma la famiglia qualsiasi che decide di andare in montagna a farsi una settimana, anzichè andare a Ibiza o in Sardegna, forse ne sa poco dei problemi della montagna e quindi arriva, vede cosa offre il posto e lo usa. Se a me dicessero di andare in vacanza che ne so a fare barca a vela (che è la cosa di cui sono più ignorante in assoluto) molto probabilmente farei gli stessi errori. Per questo dico che chi sa di più e ha più potere ha più responsabilità e quindi dovrebbe indirizzare le persone meno consapevoli verso stili di vita migliori. Ma accade il contrario: chi ha potere di costruire strutture, mezzi di trasporto, funivie  ecc sfrutta l’ignoranza dei più per spillare soldi. Questo accade ovunque, anche in montagna. Detto questo quando vedo su un sentiero la famigliola padre madre e due figli con le loro belle scarpe da trekking e zainetti devo direi che mi fa piacere, anche se capisco che affollano, ma penso sempre che avrebbero potuto decidere di andare in qualche resort all inclusive in cui la priorità quotidiana è quello di mangiare il più possibile perchè tanto è tutto incluso. Lo so bene che preferisco essere da solo su un sentiero (per questo basta partire di notte) ma se ci sono anche altri non posso ergermi a giudice solo perchè penso di avere il curriculum migliore del loro (ma peggiore di chissa quante altre migliaia di alpinisti). Quindi il problema resta lì, fermo. Siamo in tanti e chi ha potere di decidere spesso decide male. 
    Per esmepio a Chamois in Valtournanche le auto non sono mai arrivate e questo luogo ne ha fatto un tratto distintivo. Lo stesso percorso potrebbe essere usato in molte altre località, ma alla fine prevale il desidero dei soldi subito e molti.

  26. Tuttavia, non sono contrario allo sviluppo turistico, purché non costituisca un danno importante per la cultura dei luoghi e il paesaggio. Non sono comunque per una montagna finta e inventata, come è stato fatto ormai largamente in Svizzera e in Trentino.
    Il turismo mi sta bene, è importante per la vita dei valligiani. 
    Purtroppo andremo sempre peggio. Ora ad esempio siamo di fronte a un mutamento radicale del concetto di alpinismo, penso ve ne siate accorti: l’alpinismo considerato come uno sport, con tutto il movimento di persone, attrezzatura e soldi che seguiranno a questo. Barmasse, purtroppo, mi sembra paladino di questa nuova concezione.

  27. La mia non è una giustificazione. Guardo le cose come sono e condivido quello che dici al riguardo, cioè che occorre evitare di danneggiare le montagne per profitto, come condivido quello che dice Enri.
    Purtroppo le lobby del profitto, prive di etica, sono molto potenti. Sta a chi ha più coscienza e buona volontà educare altri alle cose giuste da fare o non fare in montagna.
    E anche chi vive di montagna, purtroppo, spera nel parco giochi. Il capo di una importante stazione di soccorso alpino delle Alpi Orientali, ha dichiarato con enfasi che si auspica che le SPA prendano piede in alta montagna.

  28. Sono conscio del fatto che molte  troppe, persone affollino luoghi come La Pelosa, Cala Goloritzé, il litorale riminese e le Tre Cime.
    Lì io non ci vado, neppure pagato, e questi luoghi (la lista è lunghissima) sono i contenitori della massa, che da qualche parte bisogna pur mettere. 
    Poesia  romanticismo e salvaguardia ambientale li applico a luoghi irraggiungibili.

  29.  Li rendiamo anche questi parco giochi!?!?! Ci mettiamo le attrezzature per fare il percorso vita? Ci costruiamo aiuolette di mattoncini con i fiorellini e tanto di altalena?

    Perché no? sei anche tu uno di quelli che vuole tenersi il proprio giardinetto tutto per sé? io sinceramente ti direi: viva i turismo, che è fonte inesauribile di ricchezza posti di lavoro fissi e durevoli, con contratti competitivi; viva le località turistiche e gli effetti che la promozione ha sui territori. Il resto sono tutte beghe locali, come direbbero i molti qui presenti teorici del sovraffollamento, che ringraziamo per averci illuminati 🙂

  30. forse è necessario ricordarci che il vero problema è chi ha il potere di gestire l’offerta turistica della montagna, 

    I poteri si possono anche non seguire, non assecondare. 

  31. Io abito in Versilia, tra Apuane e mare, quindi lo so benissimo come sono le spiagge. Con me scopri l’acqua calda. Ma proprio per questo, se ci sono dei luoghi (rari) ancora abbastanza naturali, cosa facciamo? Li rendiamo anche questi parco giochi!?!?! Ci mettiamo le attrezzature per fare il percorso vita? Ci costruiamo aiuolette di mattoncini con i fiorellini e tanto di altalena? Non mi sembra una giustificazione di buon senso.

  32. L’ombrellone in spiaggia e un luna park a Roma sono stati messi in un ambiente naturale. Non è naturale solamente ciò che è montagna. Avendo già fatto così per decine di anni altrove lo si fa e lo si farà con le montagne. Perché queste ultime devono essere privilegiate? Sono d’accordo sul fatto che si debbano tutelare il paesaggio e la natura e non trasformare i monti in parco giochi. Ma proprio l’idea che in pianura, in spiaggia e in collina si possa fare tutto porta e porterà a fare le medesime cose sulle montagne. 

  33. Personalmente ho sempre difeso la libertà dell’andare in montagna, o in qualsiasi altro ambiente naturale. Non ci sono degnino indegni, ad ognuno la propria visione. Quello che però mi sento di puntualizzare è perchè si voglia sempre di più portare le comodità e le sicurezze nell’ambiente naturale.  Questo non fa altro che falsare sempre di più il rapporto che si va a cercare con l’ambiente naturale. Cerco un ambiente naturale o un parco giochi? Quindi ad ognuno il suo. Vuoi il prco giochi? Bene vai pure, giusto.  Ma non puoi pretendere che tutto venga trasformato in parco giochi. Mentre è questo che sta avvenendo. 

  34. Propongo a tutti un cancel reset del mondo . Magari funziona e soprattutto per l’uomo ,oramai malfunzionante….ha ragione Ratman….

  35. Non conosco in profondità l’autore (sebbene il nome sia noto) ma ho trovato anche io l’articolo piuttosto banale, alla fine dei conti. Forse ho inteso male, ma emerge anche una certa qual superiorità rispetto a tutti coloro che affollano la montagna. Circa i quali sarebbe bene sempre distinguere fra coloro che si arricchiscono gestendo con rifugi 5 stelle e nuovi impianti da sci e coloro che, banalmente, al venerdì sera scappano dalla città per andare a prendersi un po’ di fresco e, banalmente, mettersi un paio di scarpe da trekking e fare una passeggiata. Questi non hanno diritto di andare in montagna? forse è necessario ricordarci che il vero problema è chi ha il potere di gestire l’offerta turistica della montagna, in primo luogo. Poi certo è che ci sono quelli che arrivano in rifugio e chiedono lo spritz ma non per questo bisogna ergersi a giudici e decidere chi è degno di frequentare la montagna e chi no. Il padre di famiglia che porta i figli a fare un ghiacciao magari prendendo una funivia dovrebbe essere condannato? lo so anche io che sarebbe meglio che le funivie non ci fossero, ma ci sono e quindi….? chi decide cosa si può fare o meno?
    In ultimo come dice lo stesso autore manca la soluzione, siamo sempre li. Mi sembra nulla di nuovo.
     

  36. Dopo aver scalato pareti e compiuto bivacchi, perché ora non dovrei andare in montagna di domenica con i nipotini, prendere una funivia, aiutarli ad avere il senso dell’Altrove osservando i monti, magari su un sentiero affollato perché dal lunedì al sabato si lavora?
    Ci sono persone semplici che vedono una gran luce sui monti, ma nessuno sa di loro che è così, perché sono discrete. Ma chi li osserva pensa: “Ecco i soliti vacanzieri rompiscatole che ci rovinano la festa, a noi che siamo puri”.
    Perché privarle di un bene che è anche loro?
    Ripeto, questo pensiero, che non so ancora bene perché mi sa di comunismo, mi insospettisce.
     

  37. Se va in spiaggia a prendere il sole e a fare il bagno, non può dire ad altri di non andare in montagna a fare lo stesso.
    Se lo fa in montagna, a maggior ragione non può dire ad altri di non farlo.
     

  38. @ 14
    Lupo, prova tu a difendere le spiagge. Pinelli ha fatto e fa (ora ha novanta anni!) un miliardo di volte piú di te (e di me) per la protezione della natura.
    Dimmi: che hai fatto in vita tua in quel campo per poterti permettere di criticarlo? Per di piú con un motivo del tutto pretestuoso

  39. @ 12
    Se si pretende di aver trovato il pelo nell’uovo nella limpidissima attività pluridecennale di Carlo Alberto Pinelli in difesa della natura, significa che si è messi male.
    Molto male.
     
    N.B. Per non parlare della sua etica alpinistica!

  40. Non penso a complotti. E’ l’impostazione del pensiero che non mi piace. E ad oggi, e ho 64 anni, devo ancora sentire qualcuno che difenda le spiagge dall’alta frequentazione, alpinisti compresi, mentre in tanti ormai vogliono privare altri della frequentazione delle montagne dicendo: “Io posso perché ho visto la luce, voi no perché non siete eletti, siete volgo privo di anima”.

  41. @ 10
    Ratman, la citazione è già in prosa! Anche se ti vuoi cimentare con una battuta, devi pensarci un attimo… 
     
    Tu in genere pretendi di dare sfoggio di lingua italiana ricorrendo a vocaboli inutilmente ricercati (del tutto fuori luogo) o frasi astruse. Il risultato è il seguente: la fai fuori dal vaso, non accorgendotene nemmeno. 
    Non si fa cosí. Consulta un vocabolario. Rifletti sul significato delle parole.
    Senza rancore.

  42. Quando difenderemo in eguale misura pascoli montani e spiagge marine per preservare il senso dell’Altrove di cui noi esseri umani abbiamo bisogno, allora vedrò con occhio diverso l’impegno di Pinelli

    E chi l’ha detto che Pinelli o altri, non si impegnino a difendere altri ambienti oltre alle montagne?
    Forse si sa ogni cosa di tutti ? 
    Si conosce tutto quello in cui si impegnano gli altri?
    Si sa quali sono i problemi e i pensieri degli altri?
    Cosa c’è da sospettare? C’è un complotto?

  43. A me interessa solo marginalmente difendere le montagne di per se stesse, come accidenti geografici

    Il candidato Bertoncelli faccia la versione in prosa della citazione.
    Ma solo se ha ancora un poco di lingua libera.

  44. Vorrei avere il tempo, anche qui, di fare una riflessione approfondita, ma in questo momento non mi è possibile. L’articolo mi è parso, non dico proprio banale, ma poco profondo e non realmente innovativo. Si da’ troppa importanza alle montagne, molto meno ad altri ambienti, per i quali non si fa nulla affinché essi non perdano il loro senso dell’Altrove, ad esempio le spiagge. Perché Carlo Alberto Pinelli, nel caso lo faccia, può affollare assieme ad altri le spiagge togliendo a chi cerca l’Altrove sulla battigia la possibilità di trovarlo e viverlo, e vuole impedire ai più di frequentare le montagne come lui e altri fanno con il mare? Non so bene perché,  ma questa idea ha per me un che di comunista che non mi piace. Devo approfondire. Capisco il pensiero di Ratman, il quale invece ha forse compreso più di altri alcuni concetti. Inoltre, chi va su una ferrata una domenica e magari grida di felicità, per poi tornarsene a casa in città,  può avere un senso dell’Altrove che forse neanche Pinelli ha. Magari quella domenica sui monti gli ha dato quella forza, che proviene dall’Altrove, che gli ha permesso di affrontare una grande difficoltà, la sofferenza di un figlio disabile ad esempio. Mentre prende ogni mattina la metro per andare al lavoro pensa a suo figlio e pensa a quella domenica, magari dice a sé stesso che gli piacerebbe essere un alpinista che va verso l’Altrove ma non gli è possibile. Poi dice a sé stesso: “Ma io l’altrove l’ho già trovato, quella domenica e in mio figlio”. Quando difenderemo in eguale misura pascoli montani e spiagge marine per preservare il senso dell’Altrove di cui noi esseri umani abbiamo bisogno, allora vedrò con occhio diverso l’impegno di Pinelli. Per adesso mi insospettisce.

  45. Alberto Benasdi, mi hai tolto la parola di bocca!!! Forse non sta bene che una signora si esprima con tali francesismi, ma era proprio quello che avrei risposto a Ratman.
    Condivido pienamente le parole di Pinelli. 
     
     
     

  46. Carlo Alberto, grazie dell’articolo.
    Grazie dei tuoi pensieri. Alcuni hanno contribuito a fare di me, quando ero adolescente, ciò che sono adesso, non solo sui monti ma anche rientrato a valle.
    P.S. Buon compleanno (in ritardo)!
     
    Alessandro, grazie della pubblicazione.

  47. Per una volta, pur al cospetto del pensiero di Carlo Alberto Pinelli, voglio essere volgare:
    RATMAN, TU NON HAI CAPITO UN CAZZO.
     
    P.S Sono stato chiaro? Ho espresso il mio pensiero in modo comprensibile? Non è un “concetto” difficile: Ratman, hai inteso perfino tu?
    P.P.S. Scusate la mia espressione diplomatica, ma quando ci vuole, ci vuole.

  48. Dunque: la buccia. La maggior parte degli attuali frequentatori della montagna si accontenta solo dell’involucro esteriore, della buccia, e vuole ritrovare all’interno di una gradevole confezione panoramica, gli stessi piaceri, le stesse comodità, lo stesso stile di vita, i soliti riposanti luoghi comuni che ha momentaneamente lasciati a casa. L’ultima cosa che desidera è mettersi in gioco,

    Nella speranza di avere capito il pendiero di Pinelli,  condivido in pieno.
    Cosa cerchiamo e portiamo  nel nostro andare in montagna? 
    Le comodità e le sicurezze di casa nostra?!?!?

  49. D’altro canto noi che diritto abbiamo di sostenere che la stagnola non sia migliore del cioccolato? Che i ricci non siano più gustosi delle castagne? La nostra resta una convinzione soggettiva.

    Sarà anche soggettiva, ma provate a mangiare ricci e stagnola, poi vediamo come vi starà il pancino???
     
    Poi chi sà perchè proprio di Scandicci e di Prato??
     

  50. Insomma: a Pinelli delle montagne come ammassi di pietra non importa nulla. Le considera solo come fondali dell’azione del Superuomo alla ricerca dell’Altrove, idea suggestiva ma vuota.

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