La rottura del naso

Metadiario – 291 – La rottura del naso (AG 2015-002)

Alle guide alpine ho sempre voluto bene, a tal punto che quando feci i corsi per conseguire il titolo la mia motivazione più importante era quella di farne parte o, se vogliamo, di essere dalla loro parte. In realtà non mi attraeva particolarmente la possibilità di trarre guadagno da quell’attività professionale.

Il 10 febbraio 2015 inviai la mia candidatura a membro del Direttivo del Collegio Nazionale. Il mio programma elettorale recitava che, “oltre naturalmente all’impegno assieme al Direttivo nella normale e tradizionale attività di gestione delle problematiche caratteristiche della professione di guida alpina, prevedevo un particolare disegno a largo raggio nel progettare una maggiore e migliore qualificazione della categoria, in tutti gli ambiti della comunicazione. Nella convinzione che ciò passi necessariamente dalla presa di coscienza delle guide del vero e profondo ruolo che esse hanno sempre avuto e hanno nella nostra società civile: come esempio di rispetto per l’ambiente e come esempio di individuo-maestro che può a pieno titolo far conoscere e vivere l’avventura al pubblico che lo richiede. Per la costruzione di una figura che sia rispettata non come manager e businessman della montagna, ma appunto come carismatico maestro di vita”.

Giovanna Moltoni su Nuovi Orizzonti, Bastionata del Resegone, 10 gennaio 2015

Con me era pure candidato Stefano Michelazzi assieme ad altri sedici. Ai primi di giugno fu pubblicato lo scutinio che mi vedeva eletto (sia pure per un soffio). Iniziava dunque un esercizio di tre anni (2015-2017) che vedeva Cesare Cesa Bianchi come presidente. I miei colleghi, che di norma comprendevano (senza diritto di voto) pure un accompagnatore di media montagna, il tesoriere, un past-president e un osservatore, per quel che ricordo erano: Davide Anchieri, Alberto Ieralla, Andrea Sarchi, Roberto Rossi, Marco Heltai, Mauro Girardi, Luca Biagini, Vincenzo Ravaschietto, Giulio Bechod, Lorenzo Cavanna, Kurt Walde, Flavio Moroder, Guido Azzalea, Ermanno Salvaterra, Dario Segato, Nicola Tondini, Alberto Bianchi, Alfio Ponte, Liberato Maddaloni, Pietro Barigazzi e Cristiano Virgilio. Purtroppo Stefano non era stato eletto.

Ero pieno di buona volontà, ma già dopo qualche mese capii che i miei sforzi, a parole apprezzati e condivisi, non si traducevano in fatti a causa di molti fattori. Tra i più significativi riporto il “ci sono problemi più urgenti e importanti”, la ritrosia ad approvare disposizioni che richiedevano comunque qualche investimento, ma soprattutto l’immobilismo di cui era impregnata fino al midollo l’intera categoria. Ebbi chiaro che la generale qualità dei singoli (misurata in buona volontà, tenacia e creatività) era inversamente proporzionale alla capacità decisionale che il gruppo esprimeva. In sostanza, tutte ottime persone, ma messe assieme troppo litigiose, un disastro.

Sandra Schieder (la compagna di Florian Kluckner) sotto i tetti gialli del 6° tiro di Piccola Verticalità, Coste dell’Anglone

Dopo il bellissimo viaggio di Capodanno in Sicilia, il 19 marzo feci cordata con Marco Furlani e Alberto Calamai sulla via della Mezza Luna alla Cima alle Coste, una via aperta in solitaria da Diego Filippi nel 1993. La via si rivelò un osso duro, l’inesistente chiodatura rendeva difficile il reperimento dell’itinerario. Alberto, da primo, esitava. Anche noi avremmo esitato. Così, verso la fine della terza lunghezza, dopo temporeggiamenti che ci demolirono la voglia, consigliammo ad Alberto di traversare a destra per guadagnare il vicino canale-diedro della via Steinkötter, lungo la quale scendemmo con due doppie.

La parete nord-ovest (Stup) dell’Anića Kuk
Le pareti nord, nord-ovest (Stup) e ovest dell’Anića Kuk

Dal 4 al 6 aprile, in occasione delle vacanze pasquali, Guya ed io andammo assieme a Umberto Villotta e Chiara (e con il piccolissimo Francesco) ad Albenga, in Val Pennavaire, dove ci spellammo per bene le dita per tre giorni sulle locali falesie. Ci sembrava un po’ strano il rapporto tra i due genitori, e ancor più quello tra papà e figlio. Ma l’anomalia non lasciava prevedere le brutte modalità della separazione che ci fu in seguito.

Fui molto contento quando il 19 aprile, ripetendo Instabilità emotive a Castel Presina, la via mi riuscì perfettamente in libera. Ero assieme a Salvatore Bragantini, Marco Marrosu e Filippo Gallizia con i figli Benji e Luca.

Salvatore Bragantini, fine pomeriggio a Starigrad
Cristian Della Maria su Specchio di Narciso alla Parete di Mandrea

Salvatore ed io eravamo quindi abbastanza allenati quando ci mettemmo in macchina con meta la mitica Paklenica, dove né lui né io eravamo mai stati. Arrampicare da quelle parti, specialmente a livello medio-basso come il nostro, dava la sensazione particolare d’essere in un luogo che, pur essendo parco nazionale, non s’imponeva tanto per la sua indiscutibile bellezza selvaggia quanto per l’alone di quella storia che i locali arrampicatori avevano scritto lì come anche sulle più alte e difficili montagne del mondo (valga per tutti il nome di Franček Knez). Salva ed io facevamo base in un dignitoso alberghetto di Starigrad, sulla costa, dove stavamo tranquilli e riveriti. Già la prima sera mi ero accorto che la stanza non aveva delle prese elettriche adatte alla spina del cavo di alimentazione del mio pc portatile: problema risolto la sera dopo quando il proprietario, che giornalmente si recava a Zara, mi consegnò l’apposito adattatore da lui acquistato.

Torre di Gandalf, Vallone di Sea. Matteo Pellegrini su La Sorgente di Primavera, 20 giugno 2015.
Compleanno 2015

Il 23 aprile salimmo la combinazione di via Šaleški + Brid za veliki čekić alla parete nord-ovest (Stup) dell’Anića Kuk. Sono 14 bellissimi tiri fino al 5b+, almeno secondo la locale graduazione, molto discutibile. La guida di Boris Čujić (2013) è ben fatta ma i gradi sono davvero stretti. La via Šaleški era stata aperta dagli sloveni Dušan Kukovec e Janez Resnik, mentre non è riportato chi ha aperto Brid za veliki čekić. Ricordo l’impressione che ci fece la discesa per la via normale che, per almeno qualche centinaio di metri, richiede di saltare in equilibrio tra i taglienti e appuntiti campi solcati calcarei. Con i miei problemi di equilibrio, un vero spasso.

Compleanno 2015

Il 24 aprile salimmo le tre bellissime lunghezze della via Zgrešeni al Debeli Kuk, altra meravigliosa parete dalla parte opposta dell’Anića Kuk. La via, che s’interrompe alla sommità di un pilastro a neppure metà parete, era stata aperta da I. Golli e M. Suhač (primi salitori in libera Matjaž Ivnik e Iztok Tomazin, 1979). Sempre nello stesso giorno facemmo alcuni tiri nei settori Rupe e Veleshit.
Il 25 aprile tornammo all’Anića Kuk per salire sulla parete ovest la via Juha (250 m fino al 6a, un grado finalmente corretto), aperta a suo tempo da Paolo Pezzolato, Sara Gojak e Massimo Esposito.

Il 26 aprile ci rivolgemmo al Veliki Ćuk per la via Water Song, sei lunghezze fino al 6a+ aperte dagli stessi Pezzolato e Gojak assieme a T. Dapiran.

Compleanno 2015

L’8 maggio con Marco Furlani andai nel settore nuovo a sud della Parete San Paolo, la Placconata, dove Heinz Grill e soci avevano già aperto ben tre vie. Nell’andare alla base, sbagliando, ci ritrovammo a scendere un tratto un po’ scabroso nel bosco. Non so come, persi l’equilibrio e feci una specie di piroetta, senza alcuna conseguenza: che mi spaventò, però. Quel giorno salimmo Il Sole che struttura.
Il 17 maggio mi legai con Salvatore Bragantini per salire Hasta siempre Comandante al Croz dei Pini di Monte Casale. Seguivamo gli amici Stefano Michelazzi e Marco Furlani, i quali non ci aspettavano. Alla Sosta 5, vedendoli ormai tre tiri al di sopra di noi, mi girarono i coglioni e decisi di scendere, in pratica un ordine che davo a Salvatore. Che non era del tutto d’accordo.
Altra salita interrotta, ma questa volta alla quattordicesima lunghezza, fu il 24 maggio sulla via intersezionale alla Sacra, sul Monte Pirchiriano. Con me erano Erio Grillo e Matteo Pellegrini: l’unico contrario alla decisione di tagliare nel bosco a sinistra e andare a prendere la via ferrata per scendere era Matteo.

Compleanno 2015

Dal 17 al 24 luglio mi recai con Guya al Gran Sasso. Con noi era anche la Pussy. Eravamo ospiti dell’amico e maestro di sci Paolo De Luca che gentilmente ci aveva messo a disposizione un suo appartamento nel centro storico di Pietracamela. Sarà che l’atmosfera dell’intero paese era molto cupa a causa delle numerose case chiuse per via del pericolo di crolli in seguito al terremoto del 2009, ma Guya in quella casa denunciava una strana sensazione di pericolo e minaccia, cosa che, sosteneva, anche la Pussy avvertiva. A dispetto della generale comodità dell’ambiente. In quella settimana facemmo numerose gite a piedi, sia sul Gran Sasso che nei Monti della Laga, e fu tempo piacevole. Fummo impressionati assai dalla visita alla città di L’Aquila, che a sei anni dal terremoto era ancora o inagibile o un cantiere. Di normale c’era poco, anche se s’imponeva quella bellezza che aveva resistito alla furia della terra.

Guya alla Rocca di Calascio

Il 22 luglio andammo ad Assergi, da dove salimmo in funivia a Campo Imperatore. Il tempo era buono, ma si prevedevano temporali nel pomeriggio. Salimmo alla Sella di Monte Aquila 2335 m etraversammo fino al rifugio Duca degli Abruzzi. Lì ci lasciammo tentare dall’ordinare qualcosa da mangiare e presto perdemmo tempo a chiacchierare con qualche altro ospite: momenti sereni. Verso le 14.30 uscimmo per scendere a Campo Imperatore. Sapevo che era un facile e breve sentiero, perciò non mi preoccupavo più di tanto nel vedere l’iscurirsi del cielo. Non avevamo fatto neppure cento metri di dislivello che si scatenò una grandinata pazzesca. I chicchi erano così grossi che facevano davvero male. Provai a difendere in qualche modo la testa incappucciata di Guya, ma non era possibile. Le dissi di far presto e assieme rotolammo e scivolammo sullo strato di grandine fino alla funivia. Ci arrivammo in condizioni pietose, lei semi-assiderata. Lì ci ritrovammo nell’androne della biglietteria assieme a un centinaio di altri escursionisti che però non erano conciati come noi. Il bar era chiuso, la funivia era stata fermata per via del forte vento. L’attesa durò circa un’ora e mezza, poi finalmente potemmo salire e guadagnare la nostra auto, nella quale ci spogliammo quasi completamente, partendo subito dopo con il riscaldamento al massimo.

Guya al Colle Micedi del Monte Bilanciere (Monti della Laga)

Il giorno del ritorno a Milano, non eravamo ancora giunti all’autostrada adriatica che La Pussy stette male con diarrea. Questo ci mise un po’ in agitazione, ma il peggio doveva ancora arrivare. Nei pressi di Parma improvvisamente la BMW si fermò. Non era questione di carburante, era certamente un guasto al motore. Faceva un caldo infernale e per fortuna riuscii a posteggiare vicino a una colonnina di soccorso. Il carro attrezzi arrivò dopo circa un’ora, l’autista si scusò ma il lavoro era tanto. Nella sua gabbietta, Pussy si stava riprendendo. In officina ci diedero un’auto sostitutiva e finalmente potemmo ripartire per Milano godendoci l’aria condizionata.

Guya sale al rifugio Panepucci-Alessandri dal Passo delle Capannelle

E venne anche il momento del tradizionale soggiorno a Villar-Saint-Pancrace (Briançon) a casa di Valentina e Ugo, sempre in compagnia di Marco Furlani, con Laura e Lucia. Il 2 agosto salimmo tutti assieme Che Chevaroux all’Éperon de la Route. Il giorno dopo andammo ad Ailefroide, per salire una delle tante e belle vie di granito che sovrastano il villaggio. Valentina preferì rimanere con Guya, Laura e Lucia. Marco, Ugo ed io ci avviammo a passo spedito per un buon sentiero, prima in un rado bosco e poi, già quasi sotto le rocce, su una distesa erbosa costellata di massi e pietroni. Il sentiero serpeggiava in quel terreno sconnesso. Ovviamente, vista la scalata che si voleva fare, ero senza bastoncini. Improvvisamente inciampai e non ebbi il tempo di mettere le mani avanti. Atterrai di naso su un masso. Mi rialzai subito e stavo sanguinando in abbondanza. Marco si precipitò a bendarmi con il suo foulard. Vedemmo che se fossi caduto solo 10 cm più a lato, su una lama tagliente, sarebbe stato assai peggio. Ugo si caricò della mia roba e assieme tornammo all’auto posteggiata. Riuscivo a camminare abbastanza bene. Nel frattempo Ugo telefonava alle donne di tornare indietro da ovunque fossero. Ci ritrovammo e quindi iniziò la trasferta a Briançon. Al pronto soccorso dell’ospedale c’era coda. Solo lì mi accorsi di avere anche un piccolo taglio in mezzo ai capelli. Fui curato e ricucito bene, la diagnosi era “frattura del naso”.

L’incidente mi costrinse a non poter più fare nulla se non brevi escursioni per tutta la vacanza.

Panorama dal rifugio Panepucci-Alessandri verso il Gran Sasso

Solo il 29 agosto mi risolsi a fare un’altra gita: questa volta alla Rocca la Meja, tra la Valle Stura e la Val Maira, nel Cuneese. Il viaggio con Matteo Pellegrini fu lungo, con la BMW anche complesso nell’ultimo tratto, ma alla fine ci ritrovammo molto in quota, in bella vista di quella meravigliosa montagna che letteralmente sembra emergere dai prati. Dormimmo in auto e la mattina dopo ci avviammo a scalare la stupenda parete sud per la via Eterni Peter Pan. Con noi erano anche quattro simpatici ragazzi di Cuneo, Alberto Pacellini, Valerio e Michele Mattiauda e Alice Cavallera.

Nel giro delle mie amicizie arrampicatorie si stava affermando la voglia di visitare le valli piemontesi. Conoscevamo già bene la Sbarua e il Bourcet ma l’incedibile creatività di Fiorenzo Michelin ci stava contagiando. Il 4 ottobre andai con Marco Lanzavecchia e Giuseppe Penotti alla via dei Torrioni al Monte Cucetto (fermandoci però alla sommità del secondo torrione).

Verso il rifugio Duca degli Abruzzi. Sullo sfondo il Gran Sasso. 22 luglio 2015.

L’11 ottobre le previsioni davano brutto dappertutto meno che in Appennino. Convinsi Salva e Matteo a fare un salto sulla puddinga delle Rocche del Reopasso, teatro delle mie prime avventure: un conglomerato tra i più infidi. In tutti quegli anni però qualcuno si era presa la briga di chiodare a spit dei nuovi itinerari. Salimmo la via Caldo sulla Cima Biurca Nord e poi la via dei Re alla Cima Biurca Sud. Scendemmo per quell’orrenda ferrata che ha deturpato lo spigolo sud-sud-est, per fortuna lasciando integro il tratto del passo chiave. Andai a vedere da vicino, c’era ancora il chiodo arrugginito, poi i 2-3 metri del risalto. Mi sembrò incredibile che io l’avessi salito almeno due volte (in scarponi), e prima di me il primo salitore Emilio Questa, e poi ancora Euro Montagna e ben pochi altri.
Giunti in fondo alla ferrata, ci rivolgemmo alla via Chiaro di Luna, sempre alla Biurca Sud. E, giunti in cima, dichiarammo che per quel giorno poteva bastare.

Guya sta per lasciare il rifugio Duca degli Abruzzi. Il cielo non lasciava prevedere la violentissima grandinata.

Il 22 novembre ero a Roma, perciò partii con Gianni Battimelli per andare a Capo d’Omo, cioè all’Argentario, per salire la via Bonatti, bella e non impegnativa. Con noi erano anche Massimo Frezzotti e Claudia Ceci.

Il 7 dicembre tornai con Marco Furlani alla Placconata della Parete San Paolo, questa volta per salire Il Sole che unisce, una via davvero impegnativa che cito proprio per ribadire, ancora una volta, che era finita l’era delle vie “facili” di Grill.

Rocca la Meja

L’11 luglio si chiuse, con la presentazione ufficiale, il nostro impegno con le Guide del Cervino. La quarta e ultima mostra era proprio sul tema dei 150 anni della “Gran Becca”, un gran lavoro, un censimento geografico e storico di tutte le vie che salgono sul Cervino. Per dare un’idea, basta riferire la quantità di traffico mail nelle ultime due settimane prima dell’inaugurazione, 40 mail al giorno ricevute e 40 spedite, solo sul mio account. Mi sento in dovere ancora oggi di ringraziare tutti coloro che ci hanno aiutato, in primo luogo Angelo Recalcati; inoltre ricordo che, che per la parte storica e per il tracciato di alcuni itinerari sulle fotografie, l’apporto generoso di Hervé Barmasse fu davvero essenziale.

Guya e Alessandra, quella che già professionalmente si faceva chiamare Joan Thiele
Gianni Battimelli, assicurato da Alessandro Gogna, sulla via Bonatti all’Argentario, 22 novembre 2015

Nell’autunno erano finalmente usciti i due libri fatti assieme a Paolo Ascenzi: Guide e clienti (Nuovi sentieri Editore, ottobre 2015) e Brenva (edito in proprio, novembre 2015). Il primo prendeva in considerazione tutto il periodo del secolo XIX, fino al primo conflitto mondiale, in cui il sodalizio guida-cliente produceva i più grandi episodi della storia dell’alpinismo; il secondo era invece imperniato sull’epica prima ascensione dello Sperone della Brenva al Monte Bianco, avvenuta 150 anni prima. Sull’onda dell’orgoglio per aver scritto qualcosa di realmente storico, già a dicembre ci mettemmo a ragionare sull’idea di scrivere un altro libro, L’Alba dei senza Guida.

Alessandro Gogna e Stefano Cavalieri su La Perla bianca (Placche Zebrate), 29 dicembre 2015
Cervinia, la mostra per i 150 anni del Cervino

Mi rimangono da citare i convegni o eventi più significativi cui ho partecipato come relatore. Eccoli: il 24 febbraio, a Torino, la prima del Banff Tour; il 25 febbraio replica a Milano; il 28 febbraio, a Finale Ligure, Giampiero Zunino ha organizzato “Gestione del senso del limite”; particolarmente ben riuscita e lieta fu la festa che gli amici organizzarono il 14 marzo a Pergolese (Valle del Sarca) in onore di Arrigo Pisoni, quello che per primo il 7 giugno 1959 aveva salito (con Gianni Bassetti e Francesco Petrolli) l’immensa parete del Monte Casale e che poi aveva dedicato la vita intera all’Azienda agricola Fratelli Pisoni. Arrigo, sempre modesto e schivo, era davvero felice, circondato da tanti amici e tanti alpinisti.
Il 1 aprile per Altri Spazi presentai il grande Emilio Previtali al pubblico milanese, dialogando poi con lui in una serata scoppiettante. Il 9 maggio ero a Teramo, con Vincenzo Torti (che l’anno dopo sarebbe stato eletto Presidente del CAI) e il vice-presidente della Regione Abruzzi, Giovanni Lolli: organizzato dal CAI locale, il tema era “Libertà di alpinismo”.

Cesare Maestri al rifugio Graffer (Brenta), ottobre 2015. Dietro di lui, in piedi, Marco Benedetti (a sinistra) e Mauro Loss. Dietro, sulla destra è riconoscibile Mariano Frizzera.

Il 9 ottobre ci fu nell’aula magna dell’Università Statale una tavola rotonda diretta dal glaciologo Claudio Smiraglia nell’ambito della seconda edizione di Milano Montagna; e, nella stessa giornata, dialogai per il pubblico con Emilio Previtali e Aaron Durogati.
Infine, il 28 novembre, partecipai a un convegno a Sondrio su “L’inverno sostenibile”, dove il titolo del mio intervento era “Gli aspetti diseducativi di eliski e motoslitte”.

La rottura del naso ultima modifica: 2025-09-17T05:51:00+02:00 da GognaBlog

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7 pensieri su “La rottura del naso”

  1. #4: ognuno dovrebbe raccontare la propria di esperienza di vita, non interpretare o pontificare su quella degli altri.
    E mi pare che il Capo questo faccia, senza mai, qui o altrove, mancare di rispetto ad altri.
    Quindi non capisco il senso del tuo intervento, come non capisco il senso di quello di Maina

  2. Si vive la vita, si raccontano le vie, è proprio un gran casino (sai, altrimenti, che noia: “spit, spit, spit, alpinizmo, spit, alpinizmo, spit, spit… al diavolo!).

  3. M’imbarazza abbastanza dirlo ma oltre la propria ci sono anche le vite degli altri, e andrebbero sempre trattate con le molle 

  4. Dal racconto mi par di capire che perfino l’attivissimo Gogna si è dovuto cimentare con la mitica “palla di pongo” che avviluppa tutto il grande mondo del CAI (compresa, in questo caso, l’area istituzionale delle GA).

  5. Lorenzo, un diario (o un metadiario) descrive una vita come la vede o l’ha vista chi scrive.
    Certo che non ha ne capo ne coda: quale vita ce l’ha? (se non nel senso che inizia un giorno e un altro finisce)
    E come tutte le vite è composta di fatti importanti e cazzate, opinioni su cose importanti e unghie incarnate…

  6. Non vedo capo né coda in questo post (di Alessandro Gogna? Suppongo) che mischia vicende importanti (il ruolo della guida, l’associazione nazionale ecc) con piccolezze di cronaca

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