Traversata delle Rocche del Reopasso (AG 1964-009)
(dal mio diario, 1964)
Lettura: spessore-weight*, impegno-effort*, disimpegno-entertainment***
Le Rocche del Reopasso sono un crinale di conglomerato (puddinga) spoglio di vegetazione compreso in quella lunga dorsale che dalla Sella di Crocefieschi corre in direzione nord per circa 6 km fino incunearsi alla confluenza tra il torrente Scrivia e il torrente Vobbia, nei pressi di Isola del Cantone (Appennino Genovese). Le cime più significative sono quelle della Biurca (cima Sud 935 m e cima Nord 941 m, divise dalla Forcella della Biurca 930 m) e della Carrega del Diavolo 957 m. La storia ci dice che dal Reopasso precipitarono il 21 maggio 1585 messer Agosto Spinola e messer Giovanni De Salvareca, durante un’escursione.
18 giugno 1964. Carlo Ventura e io ci troviamo in piazza De Ferrari per salire sulla “Lazzi” delle 7.45. Arriviamo a Crocefieschi verso le 9.30. Dopo aver preso acqua alla fontana ed esserci informati sugli orari della corriera al ritorno, ci avviamo verso la Cappella di Crocefieschi e con un sentiero, che ha per segnavia un quadrato giallo-vuoto passiamo sotto al rilievo del Grillo 880 m e arriviamo al colletto 815 m. La giornata è abbastanza bella e lo scenario è grandioso.
Le Rocche del Reopasso incutono un profondo rispetto a causa della loro friabilissima roccia. Si può dire che di mano in mano che le cordate percorrono questi itinerari li rendono sempre più difficili, a causa degli appigli e degli appoggi che cedono e volano nel vuoto. Ragion per cui Euro Montagna, nella sua guida, ha errato nel classificare e graduare le vie. Tanto è inutile, verrà un giorno in cui non potranno più essere ripetuti… Queste cose non sono io a dirle, ma gente molto più competente. Lo stesso Euro lo ha ammesso. Per di più in questa roccia è difficilissimo piantare chiodi se non in casi molto rari. Infatti non ci sono fessure, e quelle poche che ci sono, non appena si tenta di battervi dentro un chiodo, si sgretolano. Procedere su queste rocce è pericolosisimo e io ci sono venuto per capire se sono capace davvero di arrampicare di piedi. Chi arrampica di mani, cioè di forza, su questa roccia non può salire se non a rischio della pelle.
Dopo queste premesse, delle quali tanto per chiarezza ho informato Carlo, partiamo legati sull’it. 16a. Abbiamo cioè intenzione di salire lo spigolo SSE della Biurca. I primi tiri di corda sono facili, poi vi è un risalto verticale di 8 metri, graduato di IV sulla guida, poi ancora un po’ di spigolo più inclinato (35°) e infine la vetta, per un totale di 120 m di dislivello. La prima salita è stata merito di Emilio Questa e Bartolomeo Figari, il 30 ottobre 1904 (Sì, proprio quel Figari ricordato dal nome alla cima tra Torre Castello e Rocca Provenzale in Val Maira, quel Figari che fu anche presidente del CAI quando l’Italia salì sul K2 nel 1954, NdR).
Superati agevolmente i primi 80 metri, arriviamo alla base del risalto. A destra c’è la cengia dell’it. 16aII, di poco interesse, e a sinistra la cengia dell’it. 16aI, di III grado (fino a questo punto oggi è stata confezionata una via ferrata che, dopo aver percorso lo spigolo per fortuna devia rispettosamente a destra per la cengia indi sale diretta alla vetta lasciando intatta la sezione difficile della via Questa-Figari, NdR).
Dapprima piantiamo due chiodi di sosta, oltremodo infidi. Quindi parto, ma vengo bloccato da difficoltà per me estreme, su roccia marcia e strapiombante. Nessun appiglio o appoggio dà una parvenza di sicurezza. Torno indietro arrabbiatissimo, ma poi mi accorgo che non è di lì che bisogna passare. Ora sono su un ripianetto espostissimo. Carlo mi assicura. Sopra di me ora c’è “il” passaggio, che supero abbastanza bene, senza far cadere nessun sasso. Con una certa fifa proseguo, senza poter piantare nulla, in un’esposizione terribile. Finalmente trovo un chiodo, piantato praticamente nella terra, e mi ci assicuro. Probabilmente sarà lungo 20-30 cm. Proseguo, ma ormai il difficile è fatto e così mi fermo ad assicurare Carlo. E Carlo viene su. Non sento né parlare né urlare, ma lo vedo uscire con una faccia rossa e spiritata da far paura. E seguono le sue impressioni: parlando senza interruzioni mi spiega quanta paura abbia avuto. E in effetti…
Comunque il passaggio ormai è sotto di noi e saliamo alla Cima Sud della Biurca, scendiamo facilmente alla forcella e ancora facilmente guadagniamo il punto più alto, la Cima Nord. Qui ci fermiamo a mangiare qualcosa, senza smettere di rivivere verbalmente le emozioni di poco fa.
Lontano, verso il Monte Antola, si sentono tuoni e il cielo si fa brutto anche qui. Così alziamo i tacchi e, sempre in cresta, ci portiamo alla Carrega del Diavolo, con l’intenzione di fare sulla paretina ovest il Caminetto dell’it. 16d, l’unica fenditura del breve versante. Ecco cosa dice Euro: “Dal sentierino che gira sul versante O della Carrega si risale una placca e un piccolo risalto (III), raggiungendo l’attacco del camino. Superato uno strapiombo (IV+, chiodo) si continua per la fenditura oppure appoggiando leggermente a destra per uscire sul pilastro che precede immediatamente il Sedile della Carrega. Dislivello 20 m”.
Attacca a piovere e fino alle 14.20 non ci possiamo muovere, bloccati in una piccola cavità all’attacco di questa via. Il temporale però cessa, così ci ri-prepariamo. Ma la roccia è bagnata. Parto ugualmente. Per fortuna qui Carlo mi può assicurare da una buona posizione. Spero solo nel chiodo che la guida menziona. Se quello non c’è, sono deciso a tornare indietro. Supero facilmente la placca e molto meno facilmente il piccolo risalto, giungendo così al camino e al chiodo, che vedo sulla destra. Mi ci assicuro e, in posizione precaria, scruto il di sopra. Il passaggio dello strapiombo non deve essere difficilissimo, dato che la roccia un pochino mi rassicura. E’ il dopo che non mi dà fiducia per nulla. Esito un po’ e poi supero lo strapiombo, solo per capire la gravità di quello che ho fatto. Infatti sopra di me adesso non vi è roccia ma fango bagnato, spine e un ammasso di pietre rotonde e lisce unite fra loro da una specie di malta. Il tutto nella verticalità più assoluta. Adesso non ho più fifa, ma terrore. Prima, sullo spigolo della Biurca, ero attratto da quel passaggio difficile, era l’ebbrezza della roccia che mi attirava. Qui no, qui è lotta per non cadere. Ed è appunto per non cadere che salgo penosamente, perché sono convinto che se stessi due o tre secondi di più su un appiglio o appoggio, questo cederebbe. E così tremando, annaspando, sudando con gli occhi annebbiati, attaccandomi alla terra e alle radici di un ciuffo d’erba, esco fuori da quei quattro metri di diedro-camino che non finivano mai. Ad ogni attimo mi vedevo cadere e volare, per poi accorgermi di essere ancora lì a strisciare come un verme. Due o tre sassi sono volati giù, adesso il passo è ancora peggio.
Altro errore di Euro: perché ha graduato questi passaggi estremi solo IV grado? D’accordo che sono fattibili, ma la loro difficoltà è almeno di V+. Ma anche ammettendo che Euro, dotato di capacità eccezionali, non li avesse trovati così difficili, come mai la sua guida non riporta itinerari di V e VI su queste rocce? Il perché è chiaro, perché sono umanamente impossibili, neppure con i chiodi a espansione si può passare (qui naturalmente vengo contraddetto dalla storia: alcuni itinerari sono stati attrezzati a spit nelle decadi seguenti, e i passaggi di VI ci sono eccome. Ma quelli di “IV” sono ben più difficili…, NdR). Perché dunque quei passaggi al limite li ha graduati di IV? Non era più giusto parlare di VI?
Comunque questi sono pensieri che mi sono venuti dopo. Ora sono stravaccato per terra a constatare il fatto che non sono caduto. Così assicuro Carlo, mettendomi in una posizione dove avrei potuto tenere un toro infuriato, dato che m’immagino come Carlo salirà. Sento che per tutto il diedro-camino Carlo non fa altro che scivolare e volare. Ma la corda è ben tesa. Sento che butta giù tanti di quei sassi che mi fa pensare che ora il passaggio potrebbe essere di X grado! E alla fine spunta fuori. Poveretto, mi fa pena. Dice di non poterne più e che non capisce come abbia fatto io a non tirare giù tutta la montagna come ha fatto lui.
Si sdraia accanto a me e per un po’ non si muove. Dopo un po’ ci riprendiamo e, dopo una paretina abbastanza facile, ci troviamo in vetta alla Carrega del Diavolo. Con calma scendiamo per la via normale, poi ci rechiamo a Crocefieschi per la corriera delle 16.30 La prossima volta, nella scelta di una palestra, voglio quella con la roccia più sicura… perché di questa ne ho abbastanza.
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Caro Sandro,
Ti confermo che anch’ io sono passato in libera a fine anni 60 dal passaggio finale della Biurca. Un bel IV grado di Euro, forse un po’ tirato. Avevo gli scarponi rigidi e tanta voglia di passare. Ma che rischi abbiamo corso!
Ciao
Gianni Carravieri