Nientemeno

Piccole note su un misfatto di piccolo valore e grande degrado.

Nientemeno
di Lorenzo Merlo
(ekarrrt – 13 maggio 2024)

In valle Antigorio, segmento centrale della valle del Toce – dalla sorgente alla foce, il primo è la val Formazza e il terzo la val d’Ossola – la Statale 659 sta sul versante destro dell’incavo montuoso. Poco dopo Crodo, suo centro abitato più grande, prima alcune case, poi l’orientamento della strada, quindi le piante, rendono pressoché invisibile una struttura rocciosa, nonostante spicchi, dal versante opposto, nella sua armonica rotondità. È La Bolla.

Così, con mio fratello Stefano, avevamo chiamato quella sagoma scura di micascisto a granato, che guarda a ovest da sopra i salti di roccia della conca di Verampio e da sotto i pendii dell’alpe Aleccio e il profilo dei monti, oltre il quale si apre la discesa per la Vallemaggia, in Ticino.

Alice Colombo su Decetriolizzati

Per quanto occulta, non poteva essere sfuggita agli occhi dei chiodatori di falesie della valle. Se nel 2006, quando abbiamo fatto un sopralluogo per verificare se attrezzarla, era ancora vergine, significava che era stata disdegnata.

La struttura si prestava infatti per una dozzina abbondante di tiri facili e molto facili, tanto da renderla a vocazione didattica, per scalatori alle prime armi.

Dico disdegnata per una precedente esperienza: un bel muro appoggiato era rimasto inspiegabilmente illibato nel bel mezzo della falesia di Croveo, un altro sito di arrampicata a pochi minuti di auto più a monte di Crodo. Era stato mio fratello che mi aveva illuminato sulla logica dominante in valle: i tiri facili non contano; a chi vuole scalare, gli si mette su la corda su terreni considerati di avvio e, prima o poi, motivazione permettendo, imparano. La nostra idea didattica più psicomotoria-formativa che tecnica, metodica e del così fan tutti, era estranea al pensiero comune.

In sintesi il concetto didattico psicomotorio è rappresentabile dal seguente esempio ambientato nell’antichità o in un ambito contemporaneo in cui l’arrampicare non esiste. Tutti noi, davanti ad una parete di differente difficoltà, con l’esigenza esistenziale di scavalcarla, sceglieremmo oculatamente la linea più adatta alle nostre capacità del momento, ovvero, tutti noi supereremmo il risalto realizzando dall’interno la miglior sicurezza. Ora, trasferendo questo atteggiamento nel contesto dell’arrampicata, si può concludere che, percorrendo infinite volte la nostra difficoltà, realizzeremo la curva di progressione-evoluzione specifica più rapida e scevra da traumi possibile.

Bambini in catena su Sullau Burlau, settore Mamma, prima del furto del materiale

L’unico modo per risalire al sistema di premesse implicite in base a cui l’organismo opera è metterlo in condizione di sbagliare e osservare come correggere le proprie azioni e i propri sistemi di autocorrezione (Gregory Bateson – Verso un’ecologia della mente)”.

Nell’autunno del 2006 avevamo ultimato i lavori di allestimento: venti tiri di tutte le difficoltà elementari, divisi in tre settori, tutti chiodati secondo la logica dell’evoluzione individuale, diciamo opposta a quella del tanto fix al metro. Queste, più o meno, le parole utilizzate all’epoca in guarnizione allo schizzo che avevamo diffuso: La Bolla è stata pensata ed allestita per i più piccoli e per le famiglie. Insegnare o imparare a scalare senza conoscere la psicologia e la dipendenza della corda dall’alto, tende a formare persone capaci di riconoscere il momento e il terreno a loro idoneo. Cioè a produrre la miglior sicurezza dall’interno di sé, a non pretenderla dall’esterno.

Sempre con questa logica, avevamo indicato le difficoltà dei tre settori, da un minimo a un massimo, ma – a parte la coincidenza del primo e dell’ultimo – non dei singoli tiri. La sorte aveva voluto che i più facili di ogni settore fossero sempre a destra e che le difficoltà crescessero con regolarità sorprendente spostandosi via via più a sinistra. Dunque, chi si sentiva sicuro su un certo tiro, sapeva che alla sua sinistra aveva un nuovo esame con cui confrontarsi.

Jandira Merlo marca il nome Jean Lu, suo maestro di surf, settore Ciao vado

Come per il muro appoggiato di Croveo, chiamato Scalatine, anche la Bolla aveva subito la sorte di essere, a volte, estromessa dalle guide della valle nel frattempo pubblicate. Il punto di vista che considerava utile e importante la realizzazione di strutture idonee ai primi passi, con allestimenti idonei all’apprendimento di manovre, corde doppie, progressione in cordata, evidentemente non era condiviso. Il chi più ha più è aveva alluvionato anche l’ambito della scalata.

Nonostante le doti di accoglienza e la particolare estetica de la Bolla, l’informazione dell’esistenza della falesia in tutti questi anni è rimasta limitata. Ma non abbastanza da tenere lontano coloro – o colui – che nell’inverno appena trascorso, 2023-24, hanno asportato dalla falesia gran parte delle piastrine e delle soste.

Nel maggio di quest’anno, 2024, abbiamo ripristinato i sei tiri di media difficoltà, quelli del settore chiamato Papi; abbiamo lasciato perdere i cinque del settore Mamma, adatti ai piccolissimi, per la vitalità della boscaglia alla base e la fertilità del muschio sulla roccia abbattuta.

Nonostante le numerose falesie attrezzate in valle, alcune anche piuttosto defilate, non si erano mai registrati furti della consistenza toccata a La Bolla.

Tutte le ipotesi sulle ragioni del gesto e sui responsabili sono aperte alla pari. Non ci danneremo per scoprirlo, ma resteremo in riva al Toce in attesa di veder passare la verità.

Zero Zero Topo, settore Ciao vado

Avvicinamento
In auto. Da Domodossola imboccare la Valle Antigorio. Superare il paese di Crodo e prendere a destra per Maglioggio. Giunti al piano dell’abitato seguire a sinistra, quindi lasciare a destra il bivio per l’Alpe Aleccio, e raggiungere la borgata di Cruppo/Gruppo. Fine della strada. Parcheggiare e muoversi nel rispetto dei residenti.

A piedi. Dalla fontana, appena sotto il termine dell’asfalto, imboccare il sentiero G36 con indicazioni per Crego (segnavia bianco/rossi) che costeggia a monte le case del villaggio. Procedere in piano e in direzione nord, superare un ruscelletto, di solito sempre alimentato, e tre ruderi in pietra. Poco avanti, abbandonare il G36 per una deviazione a sinistra in discesa (bolli rossi, ometti). Superare un altro rudere e, per tracce, seguitare a scendere fino al gibbo roccioso, seminascosto dalle fronde, che costituisce la parte a monte de La Bolla.

(Da quel punto, in pochi passi non elementari, si può salire alla vetta, quasi fiabesca, de La Bolla, o, costeggiando la roccia e aggirando i rovi, raggiungere il settore Mamma che, come detto, non è stato ripristinato. I fix sono ancora in loco, disponibili per chi volesse riattivare l’area adatta ai più piccoli).

Per raggiungere i settori ripristinati, procedere lungo un’antica mulattiera, in piano, in direzione sud, per poche decine di metri. Prendere la sola deviazione a destra in discesa superando roccette spesso bagnate (bolli rossi), che in breve piega nuovamente a nord. Seguire la traccia discendente che raggiunge e percorre una breve schiena di roccia, per poi immettersi in un giovane boschetto. Superata un’altra piccola acqua, si è alla base del settore Papi de La Bolla. Pochi metri più a sinistra, dopo un risaltino, si accede al settore Ciao vado. 20’ dal parcheggio.

Il sito, per quanto comodo, presenta un salto di roccia a qualche decina di metri dalla base.

Sullau Burlau, settore Mamma

Tiri
Corda 60 metri, 12 rimandi, no manovre in catena.
Guardando la falesia, da sinistra a destra:

Papi – da 3a a 5a

  1. Super Talsuper
  2. Afghaniftasch
  3. Guarnica
  4. Vamp’
  5. Catturino
  6. 8-9-10

Ciao, vado – da 5b a 6a+

  1. Zero-Zero-Topo (a sinistra del corrimano)
  2. Jean-Lu
  3. Je suis muy arabiero
  4. Edlingezzarizzati
  5. Parto per la città
  6. Dezzerbinizzati
  7. Decetriolizzati
  8. Specifici
  9. Sono la Noce

Mamma – da 1° a 2° (per chi volesse ripristinare il settore)

  1. Sullau Burlau
  2. Polletto viaggiatore
  3. Fukians
  4. Tattoe
  5. Taxun Taxun
Stefano Merlo ultima la sosta di Je suis muy arabiero.

L’arrampicata…
per quanto sostanzialmente identica a se stessa, da tutti i punti di vista che si potrebbero enumerare, fin dalla sua nascita, ovunque la si voglia collocare nel tempo, è radicalmente cambiata nel corso degli ultimi anni. Stabilite voi quanti. Ma, effettivamente, affermarlo è un’improprietà. Sarebbe più opportuno dire che è l’ambiente dell’arrampicata ad essere cambiato e, forse ancor più, il cuore delle ultime generazioni di scalatori. Tendenzialmente persone che non sgusciano dall’uovo di una cultura che sapeva di montagna, la stessa che ora sa di autoscatti, di gridolini, di vanità, spettatori e spettacolo, di comunicazione, diretta, di sport e ginnastica.

Significa che, sotto i tiri o sul sentiero d’accesso, il riserbo, un tempo implicito, ora è perduto. Riguarda più aspetti: i cani, la musica, i bebé, l’occupazione dello spazio orizzontale e di quello verticale, le bestemmie e le urla d’ira, i resti lasciati.

Significa che si assiste a scene preoccupanti, con una frequenza che i tanti precedenti non avevano offerto agli occhi e alle orecchie.

Significa una didattica fondata sulla replica del metodo impartito, su una qualità di progressione basata sull’arrivo in catena, su un’iniziazione fondata sulla corda dall’alto e su difficoltà che la nuova comunità considera di base, indipendentemente dalla distanza che certuni mostrano nei confronti dei gesti funzionali allo scalare. Significa sentire continue telecronache su quanto fatto e continui telecomandi su quanto da fare. Ma anche che “è tutto un gioco di testa”, “bastava crederci”, e amenità varie, ognuna delle quali è una freccia avvelenata nel cuore della bellezza.

Un circo, in cui domati e domatori convivono serenamente. I tempi sono cambiati. Il progresso avanza. Che l’uomo resti indietro o sia secondario pare non sia problema che li riguardi. E come potrebbe?

  • Dai! Basta con queste cose, vado.
  • Quale fai?
  • Questa qui.
  • E quanto è?
  • 6b.
  • Ma non è troppo?
  • Sì. Ma non fa niente, semmai tiro.
  • Ma hai iniziato da un mese…
  • Ok. Semmai mi appendo, almeno faccio un 6b.
  • Ma così non è fatto.
  • Vabbé! Lo farò a vista più avanti.

Dunque?
Raccontare de La Bolla e di quanto offre, lamentarsi del misfatto e di come vanno le cose, non è un po’ contraddittorio?

  • Eccome.
  • E allora…?
  • Allora niente, tranne che le cose prima di essere fuori sono dentro.
  • Che vorrebbe dire?
  • Che anche con i cani, i bebè e neanche un goccio di montagna nelle vene, quanto facciamo può essere fatto così o cosà.
  • Non capisco.
  • Non c’è bisogno d’essere Leonardo per disegnare un fiore, basta il senso della comunità per farlo splendere di bellezza. Qualcuno la vedrà.
  • Forse ci sono: così come abbiamo degradato gli ambienti che frequentiamo con senso individualistico, del diritto al proprio piacere e alla propria espressione, così possiamo rimediare, con senso della comunità?
  • Nientemeno.
9
Nientemeno ultima modifica: 2024-06-26T05:13:00+02:00 da GognaBlog

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10 pensieri su “Nientemeno”

  1. E’ difficile :”Stimolare uno dei 300 ( ?) abitanti di Crodo a “farsi custode” di una falesia.
    .
    Il problema non e’ tanto la buona volonta’ , quanto il trovarsi di fronte a vandali poco ricettivi e con un QI alto tre dita.
    .
    Nei loro discorsi , fra una alzata di spalle e un :”Io posteggio come cazzo mi pare” , non c’e’ molto spazio al dialogo delle parole , sempre che nessuno si metta a parlare con le mani.

  2. Giovanni, ancora giudizi? A che scopo?
     
    La prossima volta che sento Lorenzo saprò sincerarmene, ma penso che volesse semplicemente far conoscere l’accaduto, magari stimolando chi abita e frequenta quei luoghi di farsi custode.

  3. Chi agisce nell’ombra schiodando in anonimato una falesia come quella di Lorenzo Merlo che propone un percorso educativo in ambiente outdoor e’ il primo che non vuole confrontarsi e neanche cercare una soluzione.

  4. Grazie a Giovanni Massari per essere riuscito a scrivere almeno un commento all’articolo, per giunta in post scriptum!

    Come se la funzione principe di un forum fossero gli sfoghi personali e non un sano scambio di pareri alla ricerca di un punto di incontro, di una soluzione.

  5. Per quanto riguarda le considerazioni generali il diffondersi dello sport sport arrampicata non fa che rappresentare uno specchio di quella che è la società con i suoi falsi miti e le sue contraddizioni che vengono ben rappresentate da alcuni dei nuovi climbers; ma come detto più volte per allontanarsi dalla massa e vivere l’arrampicata come si vuole basta camminare 20’/30’…
    Ps non mi trovo per nulla d’accordo con le soste non ad anello chiuso per i principianti/neofiti/bambini…

  6. Tutto il mondo è paese… Anche qui da noi in provincia di Cuneo numerose realtà propedeutiche e di bassa difficoltà sono state saccheggiate.
    Non si è ancora capito chi possa essere ma è certo che si tratta dell’azione di miserabili “ometti” che non hanno neanche avuto il coraggio di metterci la faccia per esprimere, magari argomentandoli, eventuali pareri contrari a quelli di chi attrezza vie alla portata di tutti.

  7. “Quest’uomo e’ strano […]”
    Lo strano caso della guida alpina Lorenzo e del signor Merlo.
    😀 😀 😀
     
    Lorenzo, alzati e commenta!

  8. Sarebbe più opportuno dire che è l’ambiente dell’arrampicata ad essere cambiato e, forse ancor più, il cuore delle ultime generazioni di scalatori. Tendenzialmente persone che non sgusciano dall’uovo di una cultura che sapeva di montagna, la stessa che ora sa di autoscatti, di gridolini, di vanità, spettatori e spettacolo, di comunicazione, diretta, di sport e ginnastica.
    .
    Quest’uomo e’ strano : in alcuni scritti mi sembra traccheggiare fra fumose teorie lontane dalla realta’, in altri mi sembra che abbia antenne sensibili ed intelligenti , che lo collocano non solo nel mondo dei “senzienti” , ma anche fra quelli con un cervello significativo.
    .
    In particolare , senza dilungarmi in considerazioni ridondanti su quello che Merlo dice sul “popolo delle falesie” , e sul suo abbruttimento , sono in sintonia con cio’ che dice.

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