Il Nuovo Bidecalogo del CAI, approvato a Torino il 26 maggio 2013, dedica il Punto 5 agli impianti industriali, cave, miniere, prelievi fluviali, sfruttamento del suolo e impianti idroelettrici. Potete consultare il documento finale e la presentazione del past-president Annibale Salsa, i due documenti sui quali ho lavorato per esprimere un mio parere sul Punto 5.
Commento
Il testo è preciso e afferma concetti irrinunciabili. E’ debole però quando accetta di parlare di limitazione degli sfruttamenti ambientali (e non di eliminazione). Occorre scaldarsi, combattere, decisi, forti, resistenti, fieri delle nostre idee. Cave, strade, impianti industriali, prelievi fluviali devono essere fermati. Abbiamo sopportato già troppo.
Nel testo del Punto 5, in chiusura alla posizione e all’impegno del CAI, ricorre la frase “Tali attività dovranno essere limitate anche nelle aree contigue dei parchi, ove si preveda un grave deturpamento del paesaggio“. Mi chiedo se non sia un grave errore formale, sostanziale e tattico, perché stando al significato letterale, tale affermazione potrebbe essere letta al contrario, come se il CAI ritenesse possibili tali attività in aree non contigue ai Parchi. E se così fosse, tale affermazione contrasterebbe con le stesse premesse ove il CAI dichiara di voler proteggere l’ecosistema montano, nella sua interezza, non soltanto dei Parchi. Che bello sarebbe stato leggere un impegno a far cessare tali attività “su tutto il territorio, indipendentemente dalla contiguità, dall’appartenenza o non appartenenza ai parchi”!
Per il Club Alpino Italiano ogni area montana dovrebbe essere degna di conservazione, che sia parco o no. E le attività non devono essere limitate, devono essere fermate, facendo ogni sforzo perché l’economia locale sia salvaguardata con la debita conversione delle attività stesse. Dobbiamo puntare tutto su gastronomia e turismo rispettoso dell’ambiente, e solo il minimo indispensabile sullo sfruttamento del territorio.
Infine sarebbe stato utile un accenno all’opportunità di sostenere maggiormente le energie rinnovabili, senza dighe e acquisto di petrolio. E facendo attenzione a non privilegiare i moderni mulini a vento.
Anche Annibale Salsa nella sua introduzione purtroppo ribadisce: “Non si tratta di bloccare le attività produttive, di affermare una “cultura del no”. Piuttosto, si tratta di portare proposte costruttive su come agire al meglio onde evitare l’irreparabile per l’ambiente ed il paesaggio. Evitiamo le crociate, che non portano da nessuna parte!”.
Allo stato di cose in cui siamo temo che questa sia una posizione un po’ debole. E non è vero che le crociate non portano da nessuna parte se sono fonte di riflessioni condivise a tutti i livelli. Solo quelle storiche della Chiesa non devono fare da esempio, se non appunto esempio da non seguire. La crociata dev’essere pura, non asservita ai poteri temporali.
Per comodità, riporto integralmente il Punto 5.
IMPIANTI INDUSTRIALI, CAVE, MINIERE, PRELIEVI FLUVIALI, SFRUTTAMENTO DEL SUOLO, IMPIANTI IDROELETTRICI
Anche ad alta quota ambiti montani di particolare bellezza sono stati, a volte, rovinati da cave e miniere. Molteplici vallate e fiumi subiscono prelievi fluviali e/o sbarramenti per lo sfruttamento idroelettrico. Le tecniche moderne hanno accelerato e massificato gli interventi, con danni a volte irreparabili al paesaggio e all’ambiente, anche per i collegamenti stradali realizzati per il trasporto su gomma dei materiali estratti. L’accumulo a valle dei residuati può, a volte, modificare in modo grave il territorio.
L’utilizzo industriale del territorio anche se necessario per lo sviluppo del Paese deve essere realizzato nel rispetto, per quanto possibile, dell’ambiente e nella salvaguardia delle risorse naturali.
LA POSIZIONE DEL CAI
Il CAI ritiene sia di assoluta importanza:
• limitare i prelievi e gli interventi allo stretto necessario, valutando il rapporto costi-benefici soprattutto in funzione dei vantaggi sociali rispetto al danno alle comunità locali;
• sostenere il principio del divieto di escavazione e di prelievi di materiale fluviale, fatti salvi i drenaggi necessari alla sicurezza degli alvei;
• operare per ripristinare e recuperare nelle forme più originarie possibili, i luoghi di cava o miniera o di prelievo fluviale dismessi.
Tali attività dovranno essere limitate anche nelle aree contigue dei parchi, ove si preveda un grave deturpamento del paesaggio.
Impianto fotovoltaico domestico
L’IMPEGNO DEL CAI
• seguire la legislazione nazionale e regionale in materia ed i piani pluriennali di sviluppo di tali attività, per impedire, con opposizioni in sede amministrativa o ricorsi giurisdizionali, gravi danni all’ambiente;
• partecipare, laddove previsto, con propri rappresentanti, anche assieme ai rappresentanti di altre Associazioni Ambientaliste, alle attività delle Commissioni e Consulte Istituzionali per la programmazione e gestione mineraria dell’attività di escavazione e/o prelievi;
• sostenere il principio del divieto assoluto di escavazione di materiali (marmi, dolomia, inerti, ecc.) e di prelievi di materiale fluviale, fatti salvi i drenaggi necessari alla sicurezza degli alvei.
Tali attività dovranno essere limitate anche nelle aree contigue dei parchi, ove si preveda un grave deturpamento del paesaggio.
Il progettato impianto eolico al Passo del Brennero
vedi Nuovo Bidecalogo del CAI Punto 4 (precedente)
vedi Nuovo Bidecalogo del CAI Punto 6 (successivo)
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Ottimo articolo e corrette osservazioni,
difficile a mio parere entrare nel merito specifico in poche righe: chiaramente un impianto eolico su un passo a 3’000 metri lo trovo opinabile mentre difficilmente potrei oppormi allo stesso su un crinale magari prossimo al fondovalle.
Ad ogni modo, credo concorderemo tutti: magari i problemi dei parchi, della nostra montagna, fossero gli impianti per le energie rinnovabili!! Non voglio esagerare ma ne sarei quasi contento!
Cave, discariche abusive all’interno dei parchi, caccia di frodo, abusivismo edilizio vero e proprio di privati, etc.. queste restano a mio avviso le priorità da condannare “senza se e senza ma”, forse in questo l’articolo è un po’ ingiusto, in quanto non pone l’accento sulla vera piaga del problema.
Coltivo l’utopia di una montagna non “sottovetro”, ma viva, dove l’uomo vive in essa consapevolmente, anche nei limiti del ragionevole sfruttando le risorse di cui essa dispone in modo “naturale” e non distruttivo (penso a quanti paesi di boscaioli o pastori siano andati abbandonati sulle ns alpi ed appennini…erano in fondo una risorsa per la cura del territorio) . Ben venga ogni spunto in tal senso….da parte del CAI in primis..!!
Personalmente penso che il concetto di creare dei parchi che siano dei musei intoccabili e tutt’attorno permettere di tutto sia sbagliato. Si dovrebbe piuttosto andare nella direzione di limitare l’impatto, ovunque, ad un concetto di sostenibilità e far sì che, ovunque, dalle montagne alle pianure, fossero preservate ingenti quote di spazi verdi e naturali o semi-naturali, quale valore culturale, ecologico e non ultimo materiale (servizi ecosistemici forniti).
Detto ciò, vedo molto importante fermare il fenomeno delle escavazioni, sia di cava che fluviali. Le prime molto impattanti paesaggisticamente, le seconde da un punto di vista ecologico ed idrogeologico. Di fatto è difficile azzerarlo, ma sicuramente limitarlo fortemente. Le Apuane sono un esempio emblematico, ma anche varie zone delle Alpi (ad esempio, Lessinia e Val di Cembra). Lo si potrebbe fare spingendo fortemente su di un’edilizia che valorizzasse il riciclo delle materie (alcune ditte già lo stanno facendo) o addirittura materiali effettivamente rinnovabili, come il legno o derivati delle biomasse.
Più difficile, a mio parere, limitare lo sfruttamento delle energie rinnovabili, soprattutto in un contesto in cui le fonti energetiche “convenzionali” sono sempre più costose e meno disponibili e, soprattutto, non presenti in Italia. E’ vero che si possono privilegiare le centrali ad acqua fluente anziché quelle a bacino. Ma pur sempre un certo impatto va messo nel conto. Lo sfruttamento delle biomasse forestali è un’ottima possibilità, ma anche questa, per essere economicamente conveniente, necessita della creazione di nuove strade forestali, di maggior sfruttamento dei boschi. Ovviamente, sempre meglio così, soprattutto se tutto questo crea anche un indotto per le piccole economie locali della montagna.
In generale, sono comunque d’accordo sul continuare a fare battaglie. Ben vengano le crociate con nobili fini a favore del nostro ambiente. Semmai il problema è che troppo spesso non se ne sono fatte di crociate, tollerando scempi vergognosi.
Una precisazione: dove si parla, in due passaggi, di “drenaggi necessari alla sicurezza degli alvei”, penso sia più corretto parlare di “dragaggi”.
Grazie Alessandro (e al CAI) di aver sollevato un tema così toccante.
Daniele
Concordo con tutto, e soprattutto con la generale debolezza, quando non ambiguità (quanto meno linguistica) della posizione del CAI. Però resto personalmente a favore dell’energia eolica, che se installata con BUON SENSO (alla fine la cosa che più conta, al di là di leggi, regolamenti, norme, bidecaloghi e quant’altro, e pure la più ignorata) può realmente essere una risorsa importante. Ho letto a volte delle prese di posizione, circa certi impianti, francamente fondamentaliste, nelle quali il “NO” ad un certo impianto diventava automaticamente una negazione generale, addirittura per installazioni che – parere personale, ribadisco – possono pure abbellire il paesaggio, come in altra situazione ho potuto constatare nei miei frequenti viaggi in Nordeuropa. Quand’anche, appunto, si arriva a negare la fattibilità di certi impianti su crinali di bassa quota perché “rovinano il paesaggio” (cosa giusta e sostenibile in moltissimi casi, sia chiaro) mentre sotto quei crinali cave, discariche e altri scempi vari e assortiti fanno bella – cioè, cattiva! – mostra di sé, senza che nessuno dica e faccia molto…