Patacche & Paranchi

Patacche & Paranchi
di Gian Piero Porcheddu

Pianeta Plutone, anno 2159, solo ghiaccio e roccia per uno sterminato panorama di migliaia di chilometri. Stiamo salendo da almeno un paio di ore e queste tutine termiche pressurizzate sono eccezionali, non ti fanno sudare e puoi pisciarti addosso senza bagnarti, che tutto viene espulso in forma di piccole sfere.

Mi hanno chiesto di andare avanti e fare il passo, forse perché ho i capelli bianchi ed era brutto lasciarmi indietro.

Siamo arrivati a un piccolo colletto, un fascio laser che punta in alto e un continuo segnale radar trasmetto la posizione ai nostri orologi orientatori che abbiamo al polso… impossibile perdersi.

I due istruttori interplanetari, mi chiedono di fermarmi perché devono parlare al gruppo.

Stiamo affrontando un momento di formazione istituzionale, voluto dal Centro Antigravitazionale Interplanetario, e gestito dai Lontani Pianeti Vesuviani, una sorta di super gruppo di istruttori, tutti interplanetari, che sfidano raggi cosmici, pulviscolo lunare, pioggia di asteroidi e si avventurano sulle pareti di roccia e ghiaccio dei pianeti del nostro sistema solare.

Ci sono finito in mezzo, anche io, come un pollo alieno del Pianeta KEPLER-10c.

Nel gruppo c’è un’altra decina di fuori di testa come me ma, se va bene, il più vecchio potrebbe essere mio figlio, qualcuno magari di secondo letto.

Il primo e più attempato istruttore interplanetario, attende che anche l’ultimo allievo arrivi e possa sentire il suo sermone.

Si entra subito nel vivo e le espressioni:
“Nelle esplorazioni occorre saper soffrire! Mai lasciare indietro il compagno! Guardare sempre cosa si fa e pensare che non siamo qui per divertirci! ricordarsi dove si passa che è un attimo che arriva una tempesta solare o finiamo in un buco nero! Attenzione che qualcuno può fratturarsi omero e perone in un colpo solo e non abbiamo nello zaino il ricostruttore di ossa digitale! occhio che il teletrasporto non sempre funziona e rischiate di rimanere su un pianeta o un asteroide per mesi”.

Madonna del Carmelo, il pessimismo cosmico è sicuramente nato così! Chiude il sermone indicando il sottoscritto e con voce perentoria afferma:
“Guardate il nostro amico, anche se siamo entrambi “vecchietti”, siamo arrivati lo stesso e stasera ci tocca ritornare nel modulo orbitale dalla moglie e sentirci dire perché continuiamo a fare sta vita di fatiche e pericoli, solo per insegnarvi come cavarvela quando sarete anche Voi Istruttori”.

Taccio e faccio finta di non aver sentito.

Sarò anche vecchietto come te ma ho rallentato perché ti sentivo ansimare dietro di me e stasera, mi aspetta una cena sul satellite Caronte e, forse, anche una notte “movimentata” con la fidanzata, che non vedo da almeno tre settimane, e che si è spupazzata un viaggio di tre giorni sullo Shuttle, pur di passare il fine settimana insieme.

Sì, la penso una risposta del genere, ma non esce una sillaba dalle mie labbra, zitto e rassegnato… ho promesso al Supremo Maestro che sarei stato muto come una cometa in dissolvenza.

Però in quel preciso momento mi rendo conto di aver fatto la più grande cazzata degli ultimi anni: partecipare alla soglia di 12 lustri al festival delle patacche!

Devo anche dire che mai più avrei immaginato, solo un triennio fa, di far parte di una scuola di esplorazione interplanetaria, il mio atavico carattere anarchico cozzava non poco con le regole e i modus vivendi di questo Centro Antigravitazionale Interplanetario, così lontano dal mio modo di vivere e girovagare per i pianeti del sistema solare.

Poi le innumerevoli vie fatte insieme al Supremo Maestro della Scuola di Esplorazione “Luna Nascente” e il tempo passato a chiacchierare con lui mi fanno cambiare opinione.

Non dimentichiamo che “Luna Nascente” ha un suo particolare fascino a cominciare dalla sua storia, dei tanti valenti e grandi esploratori che ne sono stati allievi ed istruttori. Me la sono letta tutta la storia della scuola, a cominciare da chi ne ha fatto parte quando ancora si scalavano le montagne sul Pianeta Terra.

Leggendo dei personaggi e sentendo l’entusiasmo del Supremo Maestro, non nego che la curiosità di vedere come è realmente una scuola di esplorazione interplanetaria mi incischiava non poco e così mi sono presentato al Sommo Capitolo degli Istruttori Planetari e Interplanetari della Scuola.

La mia attività è quasi trentennale e pertanto sono stato oggetto di qualche simpatica battuta sul malloppo di file del mio CV e poi la presentazione del Supremo Maestro, delle vie fatte insieme in questi ultimi anni, valgono almeno un altro curriculum.

L’assemblea vota ed io entro a far parte della Scuola come Aspirante Cosmico.

Un anno di attività in giro per i pianeti del sistema lunare, i più vicini al Pianeta Terra, e mi dicono che ho acquisito una stelletta e posso fregiarmi del titolo di Istruttore Cosmico, ma che per la patacca di Istruttore Planetario dovrei fare un corso di perfezionamento.

Perfetto, l’occasione di imparare qualcosa non mi dispiace, pur avendo avuto illustri tutor in tanti anni di esplorazioni, sono pur sempre un autodidatta.

Si comincia con un corso propedeutico.
Mi stupisco un pochino della strategia didattica: se un corso è propedeutico dovrebbero essere gli istruttori interplanetari, come insegnanti, a dirti come e cosa fare e poi tu a ripetere la lezione.

Qui lo “famo strano”; ti dicono “fallo” e poi giù a lapidarti che non hai seguito il manuale!!!

Un paio di volte sono colto dalla tentazione di tirare la picozza laser sul casco al solito istruttore interplanetario che urla come lo psicopatico Sergente Maggiore Hartman, di un vecchissimo film del secolo scorso sulle guerre che ogni tanto scoppiavano sul Pianeta Terra; un’altra volta ho pensato di toccare, inavvertitamente, un blocco di magma consolidato con peso specifico superiore a quello di un transatlantico stellare che, malauguratamente, avrebbe tranciato il filo in kevlar/titanio che ci tiene collegati disperdendo, il solito psicopatico, nel Nulla Cosmico.

Non faccio nessuna delle due cose, anche se me ne pentirò amaramente, la stirpe dei boriosi va estirpata, costi quel che costi!

Comunque tra gli Istruttori Interplanetari i più sono a modo, gente che non se la tira e che sicuramente mi avrebbe coperto se avessi messo in atto il mio piano di “bonifica”.

Li vedi che mal sopportano questi individui pieni di patacche, li vedi alzare gli occhi ai pianeti superiori quando devono ascoltare la consegna giornaliera che non condividono ma devono accettare.

Arriva la seconda parte del corso, quella che viene licenziata come: “verifica ispettiva interplanetaria”… Verifica di che? Di quello che sono capace di fare o di quello che non mi è stato insegnato?? o di quello che citano i testi sacri del Centro Antigravitazionale Interplanetario che, peraltro, alcuni allievi oramai lobotomizzati, recitano a memoria come un mantra?

Arrivano i vari moduli di verifica e giriamo diversi pianeti; di esplorazione vera e propria ben poca cosa ma di parole una vagonata!!! Un istruttore Interplanetario vede il mio scazzo e mi prende da parte.

Senza troppi giri di parole mi dice chiaramente “ma perché sei venuto a romperti le pelotas qui? Con le cose che fai e le risposte che dai, ti fanno fuori alla prima occasione, non hai scampo!”.

Ha ragione! Porco demonio, ha proprio ragione! Devo fare una scelta e farla al più presto. La scelta è presto fatta, anzi è il destino che me la serve su un piatto d’argento.

Al successivo modulo sulle tecniche di recupero da una vescica lunare vengo, peraltro giustamente, segato. Cavolo proprio su una cosa che avevo provato sulla mia pelle ma che non potevo manco raccontare visto che ci eravamo “auto-recuperati” da una vescica con provvidenziale cengia, usando tecniche inusuali e non inserite in alcun manuale.

A fine della giornata, vengo convocato davanti a tutti gli istruttori interplanetari e, pur elogiando la mia esperienza e le capacità di esplorazione, mi dicono che dovrò rifare l’esame sull’uso del recupero a scambio bionico, il prossimo anno.

Accolgo il giudizio senza proferire parola ma, mentre sto girando i tacchi, un tipo dalla faccia da ebete, sicuramente una sottospecie di esploratore interplanetario proveniente dal Pianeta HD189733b, uno dei peggiori della galassia conosciuta, si rivolge a me con una battuta di scherno.

Mi giro indietro avvicinandomi per spiegargli il senso della vita, visto che suo padre ha mancato questo compito educativo.

Una mano però mi prende per la spalla e mi fa ritornare sui miei passi. Con aria bonaria, il solito istruttore che si era prodigato a spiegarmi come gira da queste parti, mi stringe a sé ancora di più e mi sussurra:
“Lascia perdere, tranquillo… quello prima o poi lo vedi in giro, tutto torna, prima o poi la ruota gira!”.

Vero, l’importante è non disperare, ma prima o poi lo becco!

Vabbè… l’occasione giusta per uscire da una situazione in cui stavo stretto e non facevo che accumulare tensione, è arrivata …non facciamocela scappare.

Ormai da tempo ho deciso che, superata la soglia di metà vita, devo fare solo più le cose che mi danno piacere, che mi attraggono, che mi fanno faticare il giusto, che mi procurano soddisfazioni inaspettate, non fosse altro che non ho più tanto tempo davanti per continuare ad esplorare nuovi pianeti.

Durante il rientro sul Pianeta Madre, penso a lungo a questa esperienza e mi rimane dell’amaro in bocca, anche se me ne faccio una ragione. In fin dei conti lo “sbagliato” in questa situazione sono io.

E’ deciso: mando un vocale al direttore esaminatore annunciando le mie dimissioni dal corso.

Unico dato positivo è aver conosciuto alcune persone che, mi auguro, di poter rincontrare alla base di partenza di qualche nuovo pianeta da esplorare.

Oddio se la tirano anche loro ma almeno ne hanno ben ragione, sanno andare per pianeti, le cose le fanno come si conviene e portano a casa la pelle con dignità e senza tante parole.

Per intanto decido che domani telefono alla fidanzata e prenoto un viaggio autotrasportato; pare ci siano dei pianeti nani vicini agli anelli di Saturno che non aspettano altro di essere scalati sulle sponde dei loro crateri. Se ci riesce andiamo a mappare una via di salita da inserire nei nuovi ideogrammi stellari che stanno per uscire il mese prossimo; la chiameremo Patacche & Paranchi.

Sarà anche demodé ma vorrei fare come facevano i vecchi alpinisti del Pianeta Terra, che ogni volta che scalavano una cima o salivano su una parete, si sentivano in obbligo di darle un nome e dedicarla a qualcuno o qualcosa.

Bei tempi allora… si era più genuini e non c’erano troppe regole e manuali.

Prendo la pasticca per dormire (che il viaggio per casa dura tre giorni!) e metto le cuffie temporali per avere la musica e le immagini dei primi anni duemila.

Mi addormento e sogno. Sogno la dedica che vorrei fare della nuova via…

“Dedicata a chi va in montagna per rallegrarsi della vita, allontanandone le inquietudini. Dedicata a chi va in montagna pensando di insegnare il giusto solo attraverso i manuali, ma ha dimenticato il bruciore del sudore negli occhi, le mani screpolate dal calcare o le dita martoriate dalle fessure di granito, i polpacci che bruciano dal continuo salire la coltre ghiacciata di una nord o le alzate alla luce della frontale.

Dedicata a quelli che l’esperienza in montagna l’hanno solo maturata ai tavoli dei rifugi, dai racconti di salite altrui, che siedono imperturbati, ore e ore, davanti a uno schermo di PC a dare giudizi e valutazioni, a fare logaritmi e percentuali che nulla hanno a che fare con l’andare per crode.

Dedicata a coloro che con le loro patacche, titoli e incarichi, pensano di essere onnipotenti, e onniscienti! Che con le loro divise linde e profumate, paiano usciti dal catalogo dell’Oliunid, che organizzano viaggi in giro per il mondo dell’Outdoor, che fanno vedere le foto di pareti e le cascate, in cui loro non compaiono mai appesi!!

Dedicata a chi va in montagna per il gusto e la libertà di avere un proprio pensiero non omologato (il libero arbitrio?), a chi non vede l’ora di bersi una birra a fine giornata guardandosi le gambe gonfie di contusioni e graffi, con le braccia piene di acido lattico. Dedicata a chi non sa tutte le formulette del manuale ma solo quelle che gli “salvano il fondo schiena”.

Dedicata a chi ti sa trasmettere la passione per arrampicare come se fosse più accattivante ed eccitante di una serata a lume di candela con una Lei ma che poi fa l’una e l’altra, che ogni lasciata è persa, a qualunque età.

Dedicata a chi ti fa provare un bivacco all’addiaccio, a battere i denti tutta la notte, a contare anche i secondi che ti separano dal primo raggio di sole, ma poi quella notte non te la scordi più per il resto della vita, e ti immagini quel cielo stellato e freddo per settimane e settimane.

Dedicata a chi del suo ruolo e del suo potere abusa, perché incapace di costruire relazioni, regalare un esempio e mettersi in gioco alla pari di chi vorrebbe giudicare… Ma perché giudicare? non sarebbe meglio condividere?

Dedicata a chi, senza timore ma con spensieratezza, senza tracotanza ma umiltà, trasmette quello che altri hanno trasmesso a lui: la passione.

Dedicata a chi regala il suo tempo agli altri senza chiedere nulla in cambio, se non essere appagato di averlo fatto. A chi vorrebbe distinguersi dal gruppo e vorrebbe iniziare la “rivoluzione” contro i gretti di cuore, ma non ha più voglia di fare un altro 68’, che finirebbe come quello precedente.

Dedicata a chi sogna che le persone inutili non pontifichino teorie e saggi da imparare a memoria, che non partoriscano regolamenti e diktat ma che passino leggeri sulla terra.

Dedicata a tutti quanti quelli che sanno che non sarà una via a cambiare la storia, ma una via rimane e l’effimero dei terrapiattisti-alpinisti che tanto blaterano, no”.

Scalaro – Avancorpo 2200 m
Via Patacche & Paranchi

Via che parte poco prima che il sentiero per Cima Battaglia e Cima Bonze cominci a salire lungo la dorsale della parete.
La via sfrutta la roccia migliore sino ad arrivare a quota 2200 m. Sulla parete – lato destro, faccia a monte – è presente, da metà parete, una via moderna chiodata a spit.

Avvicinamento
Avvicinamento in 45 minuti.
Da Quincinetto si segue la strada per frazione di Scalaro (borgo molto bello da visitare!). 50 m prima dell’area pic-nic si svolta a sinistra e si prosegue fino all’alpe Fumà inferiore dove si svolta a destra al bivio, fino all’alpe Cavanna nuova e all’alpe Vancale. Proseguire per alcune centinaia di metri fino a quando la strada diviene sterrata e si vede la scritta “Parej dle Stelle” dipinta su un masso a sinistra e un ometto sulla destra, proseguire ancora una decina di metri dove si trova uno slargo in cui parcheggiare l’auto.
Dal parcheggio salire per 70/80 m la strada sino ad incontrare le indicazioni del sentiero che porta a Cima Battaglia e Cima Bonze; prendere il sentiero e in salita raggiungere l’alpe Giassetto 1930 m e poi la baita di alpe Muande superiore 2001 m. Da lì continuare il sentiero sino ad incontrare, sulla propria sinistra, prima che il sentiero cominci a salire, una parete nera dove è presente – a volte – una sorgente e dove è posto un grande ometto di pietre.
Dall’ometto, bordare la parete sulla propria sinistra (faccia a monte) e risalire il ripido pendio di erba per una cinquantina di metri (due piccole scritte PeP sulla parete di roccia) sino a incontrare una corda fissa che porta a sosta 0.

Relazione
1° tiro 35 m – 6a+ e un passo di 6b per arrivare in sosta. Partenza da un piccolo pulpito, con ascesa verso destra per una placca e poi superare un tettino che porta a una piccola cengia dove è posta la sosta.
2° tiro 30 m – 6a+. Dritti per poi virare alla propria sn per salire una crestina e poi due muretti, rientrare verso ds e superare un altro breve muretto e arrivare alla sosta.
3° tiro 57 m – 5c. Lungo tiro che parte su una placca che diventa una successione di roccia di cresta e arriva a una cengia, andare a destra e salire una fessura/placca sino ad arrivare alla sosta sotto il tetto.
4° tiro 25 m – 6a+. Dalla sosta andare alla propria destra in traverso – delicato ma con discrete prese – poi puntare in alto dritti e poi leggermente a destra sino alla sosta, posta su un comodo ballatoio.
5° tiro 35 m – 6a+. Dalla sosta dritti e poi seguire verso sinistra, sfruttando placca, buone fessure e il filo di cresta.
6° tiro 30 m – 3a. Dalla sosta dritti sino a superare le parti di roccia che portano a un monolite dove è posta la sosta – spit e cordone – e il sentiero di rientro alla base del grande ometto di pietra.

Discesa
Si consiglia la discesa lungo il sentiero che passa a 1 m dal monolite dove è collocata l’ultima sosta (sosta 6) e che riporta al grande ometto all’inizio del sentiero di salita.

Oppure: non salire a sosta 6 ma corde doppie da sosta 5 a sosta 3, da sosta 3 a sosta 2, da sosta 2 a terra.

Materiale
Corde da 60 m, 14 rinvii di cui almeno 2/3 lungoni, friend piccoli e medi fino al rosso BD (utili ma non indispensabili).

Storico
Via aperta in più riprese tra il 2024 e il 2025 da Gian Piero Porcheddu, Chiara Cogno e Paolone Sobrero.

Patacche & Paranchi ultima modifica: 2025-08-30T05:07:00+02:00 da GognaBlog

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20 pensieri su “Patacche & Paranchi”

  1. Signor Bozzo,
    Invece di preoccuparsi del mio anonimato e non della sua ostentazione di titoli, che forse pensa diano peso alle sue opinioni, dovrebbe rileggere l’intervento del LPV.
    A quanto pare anche lei la pensa come porcheddu; la cosa ha anche il suo senso, le opinioni hanno tutte la loro piccola dignità. 
    Sfogliando il blog si viene a sapere che il porcheddu fa parte della scuola Gervasutti: nientepopodimeno, il fiore all’occhiello dell’alpinismo torinese, scuola diretta attualmente da tale Claudio Battezzati. 
    Anzi, leggendo tra le righe dell’infelice apologo fantalpinistico, pare sia stato proprio il Direttore a spingere il nostro anarchico a intraprendere la missione spaziale: vero conoscitore dei suoi uomini, il Direttore.
    È vero,  tutti possono sbagliare.
    Una cosa notevole è invece il fatto che il nostro Porcheddu,  dopo anni di frequentazione di una emanazione del CAI, si stupisca di fare parte del CAI, come se non ne avesse mai sentito parlare.
    Detto questo mi chiedo anche cosa diranno i suoi colleghi, quelli con la patacca: sbertucciati dalla volpe che non è riuscita ad arrivare all’uva.
    L’anarcovolpacchiotto sarà tenuto nel branco dei suoi colleghi? Avranno questi voglia di passare loro per fessacchiotti?
    Chissà 
     
     

  2. Concordo col Massari, considerazioni costruttive a prescindere da come la si pensi.
    Doveroso il post (9) della LPV, ma forse avreste potuto aggiungere un cenno che comunque perdere un potenziale titolato come Porcheddu, è una vostra stessa sconfitta e che magari da questa esperienza avreste cercato di coglierne qualche spunto di riflessione. 
    Avrete avuto validi motivi (spero vivamente) per segarlo ai paranchi, ma la successiva sua rinuncia a partecipare alla sessione di recupero (se ho interpretato correttamente i fatti), è 100% responsabilità sua??? Il rancore che sembra aver maturato (non conosco personalmente Porcheddu, mi scuso se sto interpretando male) è tutto generato dalla sua fantasia??? Io qualche fondato dubbio ce l’avrei, spero anche voi.
    PS:
    Ratman, ma che problemi hai? Possibile che non riesci ad esprimere un concetto con un minimo di pacatezza? Pensi di essere simpatico e raccogliere chissà quali consensi?
    Fletti i muscoli… e buttati! Dai svelaci il tuo nome (Deboroh, non è valido…), i commenti anonimi restano anonimi.
     
    Davide Bozzo, INSA (passato tra le maglie della LPV e poi SCSA…)
    Faccio outing: le patacche (senza offesa) le tengo nell’armadio

  3. Caro signore, lei cerca di salvare vecchi caproni con altre cavolate: vedo il suo intervento più ispirato da un livore verso il mio anonimato che da una riflessione sul significato e ils3nso dispregiativo del termine “patacca”.
    Legga con attenzione il pur noiosissimo compitino dell’allievo istruttore porcheddu e vi scoprirà non solo delle legittime critiche ad un metodo di formazione, ma l’atteggiamento di quella smorfiosa che quest’anno ha fatto notizia per essersi opposta ai giudizi della commissione di maturità.
    Detto questo, ognuno fa i conti con la sua coerenza.

  4. Caro Ratman non sei certo tu che devi suggerire a Porcheddu di uscire dal CAI, peraltro con un tono che sfiora la maleducazione e nascondendoti senza onore dietro ad un Nickname…
    Giampiero con la scusa della bocciatura al corso per la mancata esecuzione di un “paranco” credo voglia semplicemente criticare il sistema valoriale/didattico portato avanti dal CAI (fatto sano in ogni istituzione).
    Per chi, come lui, tiene a questa istituzione credo invece sia doveroso restare perché solo dall’interno del CAI potrà, portando avanti le sue idee con altri che la pensano come lui, eventualmente cercare di cambiare quello che critica; che a quanto pare, senza entrare nel merito, ha un fondo di verità viste le “pepate” risposte che suscita.

  5. Ecco un’altro nostalgico fenomeno della montagna. “Ne ho viste cose, che voi umani non potete nemmeno immaginare…”, “Ai miei tempi…”, “Mussolini ha fatto anche cose buone…”, ecc.
    Anche questo supergiovane.

  6. C.A.I. alla riscossa !!! Tutte queste appassionate difese di corsi relative procedure e valenti istruttori,mi porta alla mente ormai annebbiata dall’età scene e personaggi di corsi incontrati in 40 e passa anni di montagna e senza fare di ogni erba un fascio direi che chi scrive ci ha preso alla grande 
     

     

     

  7. Insomma, dalle risultanze di questo noiosissimo verbale risulta che il porcheddu, già istruttore di una qualche scuola del CAI, non ha superato un corso che lo avrebbe abilitato ad un livello superiore e, ferito nel suo amor proprio, spara a zero sul CAI.
    Ma allora perché non da le dimissioni dal CAI? 
    Cosa ci sta a fare in questo gruppo?
     

  8. L’autore poteva evitare tutto quel pippone, a tratti noioso, e concentrarsi sulla mera relazione della via.
    Se non si sa fare un paranco, o peggio, non lo si sa spiegare agli allievi, inutile ostinarsi a voler diventare un istruttore.
    Sarebbe bastato fare ammenda e ripresentarsi, questa volta con un po’ più di umiltà, alla verifica successiva per dimostrarne il valore.
    Così non ci ha fatto una bella figura.

  9. Ciao a tutti.
    In un epoca oramai lontana sono stato direttore della scuola di Alpinismo LPV ed anche allora ad ogni modulo di formazione ci si trovava a dover discutere con i vari candidati ritenuti al momento non idonei. Come è stato ben espresso nel post n 9 la formazione di un istruttore regionale dev’essere a 360 gradi e pur ritenendosi dei buoni alpinisti coloro che si avvicinano a questo percorso devono avere l’umiltà di riconoscere le proprie ed eventuali lacune. Tengo a precisare che almeno nell’LPV il sistema di valutazione dei candidati si affida ad un metodo che incrociando numerosi dati prescinde dalle simpatie o dalle antipatie di ognuno ma prescinde sopratutto dalle individualità valutative di formatori qualora mai ce ne fossero, che si credono la reincarnazione di Ueli Steck. La media ponderata di tutte le valutazioni ai miei tempi fotografava perfettamente il profilo del candidato ed ora con le nuove tecnologie credo che non possa che essere migliorata. Personalmente ritengo Porcheddu un ottimo profilo umano e alpinistico ma devo osservare che uno scritto che irride un istituzione di volontari peraltro molto preparati sicuramente va a detrimento della sua immagine .

  10. Questo scritto, sghembo e vuoto, sta alla narrazione, cioè all’arte del raccontare, come il quadretto di famiglia disegnato da un bambino sta alla sacra famiglia di Raffaello.
    Scrittore per caso, peggio, per necessità- la necessità umana si essere ascoltato, la necessità di dare spazio ad un vuoto interiore – Porcheddu ci propone,sotto forma di riflessioni mature sulla vita, uno smacco e, non andando oltre la pura lamentazione mal celata, mette in scena il suo rancore.
    Non capire che una certa pedanteria maniacale nel conoscere ed eseguire le manovre – tutte le manovre – è un “metodo” di garanzia di sicurezza generale, una sorta di habitus mentale sempre utile, non ha nulla a che fare con l’essere anarchico, ma piuttosto con l’essere sciocco.
    Questo se vuoi stare nel CAI.
    Altrimenti te ne vai.

  11. Ma voi vi iscrivereste o iscrivereste vostro figlio/a ad un corso di alpinismo o di arrampicata nel quale gli istruttori o addirittura il direttore non conoscano le manovre di auto soccorso e sicurezza ???? 
    meno male che le maglie sono rigide e serie e le “patacche” non si regalano al primo venuto 

  12. Cari lettori, leggendo l’articolo ci preme fare capire in modo trasparente alcuni aspetti.
    Il ruolo di un Istruttore Regionale del Club Alpino Italiano è poliedrico, i suoi compiti sono molteplici tra cui organizzare e dirigere dei Corsi per i soci CAI, organizzare e gestire le numerose lezioni teoriche in aula e le uscite in ambiente, richiedere Nulla Osta per le attività, verificare il rispetto delle regole per le coperture assicurative degli allievi e degli istruttori presenti. E’ anche un suo compito formare le nuove leve (aspiranti) e aggiornare gli Istruttori Sezionali della Scuola di appartenenza, tenere alto il livello didattico trasmesso durante i corsi ecc. Deve altresì conoscere e divulgare tutte le tecniche e conoscenze inerenti la sicurezza dell’andare in montagna, insegnare l’autosoccorso della cordata nei vari ambienti (su roccia, su neve, su ghiacciaio); e fin qui le mani sulla roccia aimè non le abbiamo ancora messe.
    Per questi motivi un eccelso alpinista non è detto sia anche un bravo Istruttore o formatore, altrimenti tutte le persone che scalano l’8a sarebbero Istruttori di Arrampicata, tutti gli alpinisti che salgono vie Estremamente Difficili dovrebbero essere riconosciute Guide Alpine o tutti gli sciatori che gareggiano in Coppa del Mondo FISI dovrebbero ottenere il brevetto di Maestro di sci.
    Ma logicamente così non è, come naturalmente il viceversa.
    Nel modulo di verifica “alta montagna” svoltosi al Rifugio Torino il 16-17-18 giugno 2023, gli Allievi Istruttori esaminati furono 46, di cui 42 superarono il modulo di esame, 1 fu invitato a ripetere l’intero modulo, 2 furono invitati a ripetere la verifica sulle “manovre”, 1 fu invitato a recuperare manovre perché assente quel singolo giorno.
    Gli Istruttori impegnati ad esaminare furono 21.
    3 dei 4 allievi si ripresentarono l’anno seguente recuperando brillantemente le lacune e superando l’esame diventando Istruttori del CAI.
    Senza entrare nel merito del viaggio interstellare, queste mi sembravano precisazioni dovute ai tanti ed attenti lettori di questo blog che gentilmente ci ospita.
    Gli Istruttori della Scuola Interregionale Liguria-Piemonte-Valle d’Aosta.

  13. Ti avessero segato per la tua dipendenza un po’ patologica da Super Piton for Increased Total Safety (SPITS) e per le deprecabili lacune del tuo curriculum circa le Rocce Sedimentarie Organogeniche RSO) e soprattutto nella terribile pietra Crollonite, li avrei anche capiti…
     
    Però anche tu avresti potuto dare un’occhiatina alla temibile procedura ANUS P-HaPPa (Absolutely No Useful Pould andHalf-Pould Parhanc): si sa che è un pallino costante degli Istruttori Interplanetari (IIP) e in particolare del Primo Istruttore Interplanetario Pataccato Più Anziano (PIIPPA)!
     
    🙂
     

  14. Un articolo moolto lungo e neanche simpatico nonostante lo sforzo di immaginazione. Molto belle invece le dediche sia in positivo che in negativo ma che riguardano ognuno di noi indipendentemente da marchi e patacche. In sintesi due riflessioni ed una domanda:
    – ti hanno segato (lo dici tu) per un paranco che dopo il propedeutico, il manuale e le raccomandazioni non sapevi fare dov’è l’errore?
    – non ti hanno accettato in un ambiente pieno di regole, di persone boriose e che non sanno andare in montagna se non parlarne, di cosa ti lamenti? Sembra la storia della volpe e l’uva: ” che buona l’uva, non ci arrivo, l’uva non mi piace”. 
     Ho percepito solo rancore nelle tue parole, lascia stare e vai avanti. Io intanto conto di provare la tua via che sarà sicuramente bella e già ti ringrazio.
    Ed ora la domanda: ma poi i paranchi li hai imparati? Si fa per scherzare.
    Buona montagna a tutti.

  15. Prima di gettare materiale organico di scarto (comunemente detta merda) sui manuali del Centro Antigravitazionale Interplanetario, sarebbe anche opportuno chiedersi e comprendere perché vengono redatti.
    Il Centro Antigravitazionale, con i sui trecento e passa mila astronauti, non può permettersi l’anarchia in una scuola di esplorazione interplanetaria. Certo è che alcuni Supremi Maestri in quanto tali, dovrebbero comprendere che un manuale non può essere la Sacra Bibbia e dovrebbero fare autodiagnosi interiore sui propri circuiti comunicativi, ma soprattutto, ad un certo punto della storia, farsi da parte visto che lo stipendio è poco più di una pacca sulla tuta spaziale. 
    Riportare le chiappe sulla Terra potrebbe anche giovare ogni tanto, se non altro per disintossicarsi da quella boria leziosa che si inala sulle vecchie e antiquate navicelle monoposto e biposto, e che se usate spesso, possono iniziare a corrodere i circuiti neuronali, facendo credere che chi non la pensa come te, non sia degno di esplorare pianeti di roccia e ghiaccio.

  16. La solita solfa anti- CAI. 
    Che non è certo perfetto ma è comunque pieno, oltre che di pataccari, di brave persone che dedicano un po’ del proprio tempo agli altri.
    E se non ci fosse la situazione sarebbe sicuramente peggiore.
     

  17. Ho trovato piacevole l’articolo, una fedele rappresentazione di quanto accade nel Centro antigravitazionale Interplanetario.  Le conclusioni mi hanno fatto provare molte emozioni: Con “poco” ha descritto bene quell’ “universo” (infinito quello spaziale e in questo caso tanto piccolo). Uno scritto coraggioso, di chi non si lamenta, bensì prende decisioni, con l’auspicabile leggerezza consapevole di un mondo fatto di persone che dovrebbero trarre piacere dalla bellezza dell’inutile e non dalla convinzione di essere eroi.
    Mi sono sempre interrogato sul significato di articoli/post con commenti a cascata piuttosto che, come in questo lacunosi. Da cosa dipenderà? 
     
     
     

  18. Bello l’articolo, ma sinceramente sarei interessato a capire meglio dove passa la via visto che l’avvicinamento è simile a 2 vie aperte da me e soci nelle vicinamze; se l’autore fosse interessato mi trova su f.b

  19. L’antigravità è un ottimo espediente caiano per salire gradi più alti con meno fatica.
    Tutto normale, ma anche assurdo.
    Io l’ho trovato lezioso.

  20. Bel racconto di fantasy. Un paragrafo inizia … “Durante il rientro sul Pianeta Madre … ” Quale sarà? Ancora Terra o forse già Marte, quel pianeta rosso che già nel 2159 sarà stato colonizzato, avverandosi la profezia (promessa?) di tale Elon Musk? Molto probabile se allora il ritorno da Plutone sarà un viaggio di soli 3 giorni, mentre oggi dalla Terra a Marte il viaggio dura da oltre due fino a tre anni. Chi vivrà, vedrà.

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