Nel per tanti altri versi delirante discorso di Giuseppe Valditara (novembre 2024) al riguardo della “fine del patriarcato” occorre riconoscere che almeno il ministro una qualche distinzione (sia pur sfumata) tra patriarcato e maschilismo la fa, al contrario della maggior di coloro che gli sono saltati addosso.
Patriarcato e maschilismo
(una distinzione fondamentale)
di Luca Ricolfi
(pubblicato su fondazionehume.it il 26 novembre 2024)
Presentazione del libro Il follemente corretto. L’inclusione che esclude e l’ascesa della nuova élite, di Luca Ricolfi, La nave di Teseo, 2024]
Devo confessare che, fino a non molto tempo fa, non mi era chiarissima la ragione per cui una parte delle femministe (talora definite ‘radicali’) nutre ostilità non solo nei confronti dei maschi ordinari, ma anche nei confronti degli omosessuali e dei transessuali biologicamente maschi.
Non mi era chiara, in particolare, l’accusa di “patriarcato”, una nozione che – come sociologo – ho sempre trovato evanescente, in quanto del tutto priva di una definizione operativa che permetta di stabilire se e quanto una società o un individuo siano appunto patriarcali. Tanto più che nelle nostre società occidentali è da tempo venuto meno un ingrediente chiave delle culture patriarcali: il principio di autorità. Cioè, per l’appunto, il pater. Lo aveva spiegato bene, e profeticamente, lo psicanalista e psicologo sociale Alexander Mitscherlich nel suo libro Verso una società senza padre, che già nel 1963 delineava i tratti della società in cui oggi viviamo: una società in cui è scomparsa l’autorità paterna, e con essa ogni forma di autorità. Ne hanno preso atto, ripetutamente, sociologi, psicologi e psicanalisti, più o meno rassegnati per la scomparsa del padre. E, se posso permettermi una nota autobiografica, ne avevo preso atto io stesso alla fine degli anni ’70, quando, con la collega Loredana Sciolla, pubblicammo Senza padri né maestri, resoconto stupefatto degli atteggiamenti della generazione immediatamente successiva a quella del ’68, una generazione disincantata, che aveva perso ogni deferenza verso il mondo degli adulti.
Insomma, difficile parlare sensatamente di patriarcato se i padri – siano essi genitori, maestri, o preti – sono destituiti di ogni autorità.
Dunque, fino a non molto tempo fa, restavo con due domande in sospeso:
– perché le femministe continuano a evocare il patriarcato a dispetto della scomparsa del padre?
– perché tanta ostilità verso trans e omosessuali maschi?
Poi, però, una notizia di cronaca mi ha illuminato. Un brillante articolo di Marina Terragni sul Foglio titolava: “Se due uomini denunciano la discriminazione di essere nati senza utero”.
Ed ecco la vicenda in breve. Una coppia gay di New York, regolarmente sposata pochi anni prima, decide di intentare una causa contro l’assicurazione sanitaria di uno dei due. Nella polizza, infatti, è previsto che, in caso di perdurante infertilità, l’assicurazione intervenga pagando le spese di una fecondazione in vitro. Ma che significa, secondo le clausole dell’assicurazione, perdurante infertilità?
Significa che la coppia non è riuscita a concepire un figlio né facendo sesso senza protezione per almeno 12 mesi, né ricorrendo alla inseminazione intrauterina. Clausola ragionevole, ma – dicono gli aspiranti padri – non adatta al loro caso, in quanto nessuno dei due ha un utero (in effetti la loro sarebbe una infertilità a priori, e perdurante ad infinitum). Se interpretata letteralmente, la clausola è discriminatoria, perché tutela il diritto alla genitorialità alle coppie eterosessuali o lesbiche, ma non a quelle gay. Dunque va reinterpretata. Ma come?
Secondo i due aspiranti padri e i loro avvocati, riconoscendo agli assicurati una somma dell’ordine di 150 mila dollari con cui pagare una donna-incubatrice, che si faccia carico della gestazione.
Non so come la vicenda finirà, ma il caso è di straordinario interesse, e risponde alle mie due domande in sospeso.
Risposta alla prima domanda: la ragione per cui le femministe evocano ossessivamente il patriarcato è che lo confondono con il maschilismo. Nessuno dei due concetti è scientifico, ma non per questo è privo di ancoraggi nella storia e nel linguaggio comune. La radice della parola patriarca è pater, quella della parola maschilista è maschio.
Nelle nostre società il primato del pater familias è un ricordo del passato, così come lo è il surplus di autorità un tempo associato ai ruoli di comando se interpretati da uomini. Se proprio vogliamo trovare tracce di patriarcato in senso proprio, dobbiamo cercarle nelle famiglie di credo islamico, con la sottomissione di moglie e figli ai divieti e ai piani di vita stabiliti dai capifamiglia.
Tutt’altro che scomparso, invece, è il maschilismo, come tratto culturale fondamentale della nostra società. Maschilista è la volontà di controllo di tanti maschi sulle loro partner. Maschilista è il disprezzo verso le donne. Maschilista è quasi tutta la pubblicità, in cui la donna è usata come oggetto-stimolo atto a incentivare gli acquisti. Maschilista è la pornografia. Maschilista è la promozione del sexting (invio di immagini sessualmente esplicite). Maschilista è l’esaltazione del sex-work. Maschilista, infine, è la pratica dell’utero in affitto, in cui la donna assume il ruolo di incubatrice al servizio del maschio, eterosessuale, omosessuale o transessuale che sia.
Ed ecco la risposta alla seconda domanda: l’ostilità di una parte delle femministe verso i maschi anche quando appartengono a minoranze protette deriva, in realtà, dal maschilismo di cui non di rado tali minoranze danno prova o, se vogliamo metterla sul filosofico, dalla mancata adesione al precetto del maschio Immanuel Kant: “agisci in modo da trattare l’umanità, sia nella tua persona, sia in quella di ogni altro, sempre anche come fine, mai solo come mezzo”.
Agli occhi delle femministe radicali la cosiddetta gestazione per altri (GPA), o maternità surrogata, o utero in affitto, tratta la donna-madre come strumento che permette di adempiere alle clausole di un contratto economico, tipicamente stipulato fra una parte forte (chi commissiona la gravidanza) e una parte debole (la donna che si farà carico della gravidanza, e si separerà dal bambino che ha portato in grembo). Nella GPA, non solo per una parte delle femministe, ma anche per diversi intellettuali e filosofi maschi, prende forma il più inquietante degli ideali della post-modernità: il superamento di ogni limite umano, grazie alla tecnologia e alla dilatazione della cultura dei diritti, una forma estrema di hybris. Come se non fosse più vero quello che, nella storia dell’umanità, è sempre stato vero, e cioè che scegliere significa rinunciare, o accettare dei condizionamenti: se faccio la carriera militare non posso fare il manager, se vado ad abitare in un paesino di montagna non avrò il supermercato (e neanche la spiaggia) a un tiro di schioppo, se mi sposo con una donna di cinquant’anni non avrò dei figli, se faccio il prete non mi potrò sposare. E, naturalmente: nessuno è tenuto a risarcirmi delle conseguenze non desiderate o non previste delle mie libere scelte.
Simone Weil ammoniva che “dietro un errore di vocabolario c’è un errore di pensiero”. Il fatto è che qui gli errori di vocabolario sono due, non uno soltanto. Confondere patriarcato e maschilismo non porta solo a vedere il patriarcato quando non c’è, ma anche a non vederlo quando c’è. È quel che è successo con Saman Abbas. Un caso di patriarcato allo stato puro (il padre che impone alla figlia chi deve sposare), snobbato dalle femministe perché l’autore del crimine non è il solito maschio italiano bianco, prepotente e possessivo, ma qualcuno che ha “un’altra cultura”, e dunque avrebbe diritto a qualche attenuante.
Ma c’è anche un secondo errore di vocabolario, e quindi di pensiero: quello di parlare di diritti quando si tratta di semplici desideri. I diritti in senso proprio, lo ha ricordato anche Norberto Bobbio nella sua importante riflessione sulla “età dei diritti”, sono quelli il cui godimento è garantito dalle leggi, il resto sono desideri, pretese o rivendicazioni (claim). E non è affatto vero che garantire un diritto significa solo allargare la platea degli inclusi (come è accaduto con il diritto di voto, le unioni civili, l’accesso delle donne a determinate professioni), perché quasi tutti i diritti – non solo i cosiddetti diritti sociali – hanno un costo, spesso ingente (si pensi al “diritto alla salute”). In concreto, questo significa che farli valere implica togliere risorse ad altri impieghi (altri diritti possibili, o ampliamenti dei beneficiari di diritti preesistenti). Persino l’aborto, con la costituzione dei consultori, ha comportato un costo, e quindi ha sottratto risorse ad altri impieghi socialmente utili. Lo stesso accadrebbe con una norma che obbligasse lo Stato o le società di assicurazione a riconoscere a tutti (comprese le coppie gay benestanti) il “diritto alla genitorialità”.
Anche si ammettesse che non vi è nulla di sbagliato nella “gestazione per altri”, anche si volesse legittimare le gravidanze su commissione come manifestazioni della incoercibile libertà delle donne che le accettano, resterebbe la domanda: siamo certi che, con quei 150 mila dollari erogati a due membri gay del ceto medio, moltiplicati per tutte le coppie potenzialmente beneficiarie (circa mezzo milione, prevalentemente bianche e istruite), non si potrebbero garantire diritti più urgenti e fondamentali?
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A proposito: Chiara Saraceno: Ha ancora senso parlare di patriarcato?
“Lo scopo di una domanda è quello di ottenere una risposta”
Mica detto. Ci sono domande che implicano già la risposta e, di solito, sottendono un pregiudizio.
La scopo della tua domanda, Bertoncelli, è veramente quello di ottenere una risposta o piuttosto di affermare una tesi ?
Chiedo per ottenere una risposta, naturalmente 🙂
Dice Bertoncelli:
Il razzismo si basa sul (FALSO) assunto che esistano diverse razze umane: è proprio per questo che si chiama “razzismo”.
Ti faccio io una domanda:
se la Terra non è piatta – così si dice ora – come è possibile essere terrapiattisti?
@ 57
“Qual è lo scopo di questa domanda? Negare l’esistenza del razzismo, oppure affermare l’esistenza delle razze?”
Lo scopo di una domanda è quello di ottenere una risposta.
Io l’ho posta per evidenziare una mancanza di logica o, se vogliamo, l’ignoranza del significato delle parole.
In quanto al resto, considerato il livello provocatorio non ho alcuna intenzione di perdere tempo. Ti auguro tante belle cose e buon proseguimento con gli slogan.
se sei maschio /bianco/ etero e magro…automaticamente sei accusato di essere maschilista, razzista,omofobo, e fare body shaming..
Amen..Sempre meravigliosi i “processi alle intenzioni altrui” ..https://www.tempi.it/gareggiando-fare-i-puri-troverai-sempre-uno-pi-puro-che-ti-epura/
Sì, il sessismo esiste, MA io non sono sessista.
Sì, il razzismo esiste, MA io non sono razzista.
Sì, l’omofobia esiste, MA io non sono omofobo.
Continuare a piacere.
Scusa eh, ma non si doveva guardare in casa propria?!? 🙂
Qual è lo scopo di questa domanda?
Negare l’esistenza del razzismo, oppure affermare l’esistenza delle razze?
Caro Fabio, in realtà il razzismo, ovvero la paura, l’odio e l’avversione per il diverso è sicuramente inscritto nei geni di tutti noi in quanto animali sociali (=scimmie da branco) e in realtà vale per gli uomini di tutti i colori.
Interessantissimi i capitoli di Jared Diamond sulle sue esperienze in Nuova Guinea circa i rapporti tra le tribù.
Negarlo in noi è semplicemente non accettare la realtà.
L’omofobia invece non credo sia innata, ma culturale (al capo scimmia non gliene frega niente delle preferenze sessuali degli altri maschi, anzi forse le apprezza se ciò significa che non gli contendono l’harem), ma temo sia decisamente presente in quasi tutti e dovremmo farci i conti.
Intendo dire, semplicemente, che bisogna limitarsi a parlare di ciò che si conosce. Tutto qui.
In particolare, dato che in vita mia ho sempre considerato le ragazze e le donne degne del massimo rispetto dovuto a ogni essere umano e visto che ho sempre disprezzato i bulli, non tollero che mi si giudichi maschilista per il solo fatto di essere maschio, come se fosse una sorta di peccato originale.
P.S. Taccio qui sull’omofobia e sul razzismo, considerati innati nei maschi bianchi ed eterosessuali. Forse che i mussulmani dell’Afghanistan, dell’Arabia Saudita e dintorni, in stragrande maggioranza, non sono omofobi, maschilisti e finanche razzisti?
Un dubbio: se le razze umane non esistono – cosí si dice ora – come è possibile essere razzisti?
“Non capisco l’obiezione.”
Credo voglia dire che lui non è e non è mai stato sessista, razzista e tantomeno omofobo e chi lo dice è un culattone ebreo comuni… no, cioé, volevo dire… chi lo dice ha il cervello rovinato dalle idiozie woke, perché lui ha anche amici omosessuali e il fruttivendolo marocchino!
Non capisco l’obiezione.
Placido, come giustamente hai scritto alla fine, tu devi fare i conti a casa tua. Non a casa mia, di cui ignori tutto.
Che noi maschi-bianchi-etero siamo stati e tuttora siamo (ovviamente chi più, chi meno, e in modi diversi) sessisti-razzisti-omofobi lo dicono la storia e la realtà.
Negarlo è impossibile, o disonesto.
Preso atto di questo, sta poi ad ognuno (la società è fatta dai singoli) fare i conti con sé stesso e comportarsi come meglio crede (o riesce).
Io la vedo così.
Io personalmente ho respinto da tempo il “politicamente corretto” e le * (tutte follie dell’ideologia woke9. Direi che anche Ricolfi sia più o meno sulla stessa linea (ha pubblicato un libro intitolato “Follemente corretto”)
A me sembra che oggi se sei maschio /bianco/ etero e magro…automaticamente sei accusato di essere maschilista, razzista,omofobo, e fare bady shaming…..ho alcuni amici insegnanti che mi dicono che non possono scrivere alunni o studenti ma devono usare tutti quei simboli …..ecc ecc
L’argomento è:possiamo/dobbiamo accettare passivamente tutto ciò? Non intendo a livello di singoli individui ma intendo come società?
Ilfetido:
Sono lento di comprendonio: QUALE argomento in particolare?
Evidentemente un argomento che non ho toccato nei commenti precedenti, ma quale?
La rassegnazione è una brutta bestia. In diversi ci contano…
Ok grazie , però è come dire oggi piove prendiamone atto, prenderò l’ombrello. Se hai voglia si esprimerti, mi interessa il tuo punto di vista sull’argomento. Grazie ciao
Ilfetido al #42:
Personalmente non “intendo dire”, né “proporre”, né “accettare”, né “giustificare” un bel niente: semplicemente prendo atto che alcune cose, purtroppo, ACCADONO.
Scrive Vittoria Criscuolo al #30:
Dal basso della mia ignoranza non mi è chiaro cosa si intenda per “devirilizzazione”, e comunque non sono affatto sicuro che “devirilizzazione” sia sinonimo di “perdere le [proprie] prerogative di accoglienza e sostegno della donna”.
Comunque, se questo può consolare, e come notava anche Matteo al #31, probabilmente siamo alla soglia (se non oltre) di un periodo di restaurazione. Curioso (si fa per dire) ad esempio che anche il patron di fèisbuk (a scanso di equivoci preciso che quello che pensa sarebbe irrilevante, se non fosse per il POTERE che detiene) ha recentemente dichiarato durante un’intervista con il famoso (almeno negli US) podcaster Joe Rogan (che BTW è un sostenitore di Trump, il quale a sua volta è senza alcun dubbio un maschilista, per non dire peggio):
oppure
Ognuno faccia le proprie valutazioni.
Sul rapporto causa-effetto fra la legge 194 e la presunta “estromissione” de “l’uomo dal diritto di esprimere la propria opinione in merito al bimbo che in due hanno concepito” registro che, stando agli ultimi dati, il tasso di abortività in Italia è pari a 5,3 IVG ogni 1000 (mille) donne di età compresa fra 15 e 49 anni: si tratta di uno dei tassi più bassi a livello assoluto ed è inoltre in continuo calo.
Con questi numeri mi sembra molto difficile poter addossare alla sola legge 194 l’esclusiva responsabilità di qualsiasi (presunto) cambiamento culturale (anzi, semmai è il contrario).
Inoltre, per quello che vale, e spero mi si perdoni la scoperta dell’acqua calda, credo che in caso di gravidanza indesiderata (perché è di questo che si parla) sia sacrosanto che la donna abbia l’ultima parola, visto che il peso maggiore da sostenere, prima, durante e dopo, sarà nonostante tutto a suo carico.
Invece direi che spesso è DISUMANO, visto le orrendità che si sono commesse sotto questa giustificazione di umanità.
Scusate ma non riesco a capire cosa intendete dire o meglio cosa vorreste proporre quando dite che fa parte della natura umana??? Allora dobbiamo accettarlo così….?? Giustificare? Ci giriamo dall’altra parte finché non ci chiamiamo levi di cognome e un tipo coi baffetti apre i campi di sterminio che però cime dite voi fanno parte della natura umana????? Ma?
D’accordo con Grazia su due punti:
1. la GPA non è una pratica in sé maschilista
2. la volontà di (provare a) modificare/sovvertire l’ordine della natura fa parte della natura umana (scusate la ripetizione)
Scusa , non ho capito il tuo intervento. Non ho capito da che parte stai? La mia posizione è chiara credo.
Sovvertire la natura umano? Davvero?….ma perché non ti trasferisci vicino Chernobyl un paio di annetti????
A me sembra, invece, molto umano il sovvertire l’ordine della natura.
Il dono al fratello ha provocato molto dolore: nella madre che ha tenuto a lungo il segreto e si è privata di un figlio dopo averlo portato in grembo, del figlio quando ha scoperto la verità, dei suoi fratelli che si sentono disorientati.
I bambini non sono oggetti che si possano regalare o barattare.
Non lo so , e’ una cosa quasi inumana , ma capisco il dono al fratello.
Caro Expo,
non mi pare che nella società attuale tutto si faccia per piacere, altrimenti vivremmo in un mondo migliore.
Nella mia piccola esperienza di vita ho conosciuto una donna tossicodipendente che vendeva i propri neonati (e quelli che teneva li maltrattava) e un’altra che ha donato uno dei propri figli al fratello la cui moglie non poteva aver figli.
Entrambe sono pratiche molto diffuse che portano con sé malesseri perpetui.
E le donne esattamente che piacere avrebbero a farsi ingravidare e subire i rischi di una gravidanza , per poi farsi sottrarre il bambino da perfetti sconosciuti ?
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Non mi dire :”I soldi” , se no sembra prostituzione.
Non mi sento di sostenere che l’utero in affitto sia una pratica maschilista, poiché è voluta anche dalle donne.
Il machismo è ben diffuso, benché il patriarcato non sia completamente sparito.
In Sicilia conosco diverse famiglie in cui il padre stabilisce il cammino di tutti e nessuno riesce ad opporsi.
@ Vittoria Criscuolo..Patriarcato e maschilismo sono in via di estinzione, oggi il problema è all’opposto la “ devirilizzazione”: mezzo secolo di legge 194 ( sono una attivista pro-life) hanno attribuito alle donne “ ius vitae necisque” di precristiana memoria, all’epoca riconosciuto ai padri, estromettendo, in tal modo, l’uomo dal diritto di esprimere la propria opinione in merito al bimbo che in due hanno concepito.Non mi esprimo sul rapporto causale fra legge sull’aborto e de-virilizzazione , quello che penso è che sarebbe necessario prima definire cio che è un uomo “virile” , e quali sono i connotati unanimemente riconosciuti dell’uomo virile del terzo millennio…Forse mescolo virilità ed altri aspetti come fascino bellezza e magnetismo , ma ricordo che quando ero ragazzo le donne erano uniformemente attratte da un imprenditore di successo come Gianni Agnelli , che confermerebbe una delle tre attrattive maschili principali identificate dagli incels ( Look , Money , Status ).Da parte mia , escludendo casi di bellezza fisica clamorosa , tipo Alain Delon , ho sempre notato che qualsiasi front man su un palco , da Mick Jagger all’animatore turistico del villaggio vacanze , ha grande ascendente sul pubblico femminile ( Status )…Ora , dando per scontato che essere ricco e bello ti “virilizza” , spesso mi sono chiesto chi possa essere un referente universale di virilità per il pubblico femminile , e sono piuttosto disorientato :.Chi è oggi un modello di virilità per le donne ?.Achille Lauro ?.Rocco Siffredi ?.Elon Musk ?..E quale è la ragione per la quale spesso dalle stesse donne vengono difesi a spada tratta esponenti di un maschilismo “tossico” come Tony Effe ?..Per gli uomini resta un rompicapo districarsi fra queste contraddizioni , vedere critiche per i “catcalling” degli sfigati , ed occhi chiusi verso i frontmen che le donne le menano proprio , sia a livello fisico che emotivo e verbale.
Trump maschio alfa?
Con la panza che ha , manco riesce a legarsi le scarpe.
“accordo e collaborazione” , ovvero: sottomissione
“oggi il problema è all’opposto la “ devirilizzazione”
Meno male che adesso arrivano i maschi alfa alla Trump che porranno rimedio a questo obbrobrio e finalmente sarà ripristinata le connaturate accoglienza e sostegno delle donne…
Stimo moltissimo il Prof. Ricolfi e condivido le sue analisi. Da docente avevo apprezzato “ Il danno scolastico” nel quale sembrava desse voce ai miei pensieri. Patriarcato e maschilismo sono in via di estinzione, oggi il problema è all’opposto la “ devirilizzazione”: mezzo secolo di legge 194 ( sono una attivista pro-life) hanno attribuito alle donne “ ius vitae necisque” di precristiana memoria, all’epoca riconosciuto ai padri, estromettendo, in tal modo, l’uomo dal diritto di esprimere la propria opinione in merito al bimbo che in due hanno concepito. A mio avviso, questa prepotenza della donna ha ingenerato un cambiamento culturale nella nostra società che ha portato l’uomo ad arretrare e a perdere le proprie prerogative di accoglienza e sostegno della donna stessa. Sarà difficile ricostituire un equilibrio tra le figure maschile e femminile, non in conflitto tra loro ma in accordo e collaborazione.
@ 26
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Confesso che ho molti dubbi su che cosa sia :”maschilista” , anche perché se usassimo anche i termini :”femminista” e “matriarcato” , ci accorgeremmo di quanto in questo momento storico si cerchino di attribuire le nefandezze al primo e i pregi al secondo termine , senza peraltro un ragionamento o un merito.
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Pornografia e sex workers : è ovvio che siano territori maschili e vengano colonizzati con tutti i difetti maschili.
Se mettiamo al denominatore il pubblico totale di pornazzi e prostituzione ed al numeratore il pubblico maschile , scopriamo che più di 8 utenti su 10 sono uomini , è una sorpresa che il porno proponga una visione maschilista ?
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Uguale con il sexting : l’eccitazione basata sul senso della vista e’ una cosa principalmente maschile : nessuna sorpresa che le foto di bigoli di bonazzi nudi non entusiasmino le donne : e’ un mondo ed una modalità maschile.
Telleschi:
Non ho motivo di vergognarmi della mia ignoranza: sono consapevole di essere ignorante, e si tratta comunque di una condizione irrimediabile.
Venendo al punto, sostenere che il delitto d’onore proteggesse le donne è… “azzardato” ti può andare bene come aggettivo?
Ti (24) dovresti piuttosto vergognare della tua ignoranza. Agli assassini che oggi sarebbero comunque condannati all’ergastolo la legge riconosceva le attenuanti dell’onore, e se la cavavano con pochi anni!
Sempre dall’articolo:
La pornografia è un prodotto indirizzato principalmente (ma non solo) ai maschi, e non è maschilista di per sé: è il maschilismo ad essere trasversale.
Qui Ricolfi prende un granchio colossale, perché evidentemente non ha la minima idea di cosa sia il sexting.
Il sex-work (lo dice la parola stessa) è un lavoro, ed è maschilista nella misura il cui il mondo del lavoro è maschilista (vedere sopra il discorso sulla pornografia, che altro non è che una forma di sex-work).
Sinceramente non vedo tutta ‘sta differenza tra maschilismo e patriarcato.
Se la definizione di “maschilismo è volontà di controllo del maschio sulla partner (che Ricolfi dice essere tratto culturale fondamentale della nostra società) e patriarcato è una società che si fonda sulla primazia del pater familias (ovviamente maschio), mi sfugge la sottile differenza…
Telleschi:
Niente di personale, ma se io avessi scritto una cosa del genere me ne vergognerei.
Ricolfi sicuramente fa il suo lavoro, ma possiamo dire che sragiona su chi è nato prima se l’uovo o la gallina?
Penso proprio di si.
E il fatto che lo dica Ricolfi, che sia dx o di sx non gli da certo ragione.
Farei tre esempi nel tentativo di chiarire le differenze tra una condizione e l’altra:
1 l’utero in affitto: maschilista e non patriarcale
2 il delitto d’onore: patriarcale e non maschilista
3 il matrimonio riparatore (lo stupratore sposa la donna come risarcimento della violenza): patriarcale e maschilista.
Ho detto milioni di volte che la fase in cui l’Occidente era la locomotiva economica mondiale è ormai morta e sepolto. I paesi in cui si crea la maggior quantità di ricchezza sono ben altri. Per cui dobbiamo accontertarci.
Nell’ambito di una “torta” di risorse collettive che (se va bene) resta inalterata e spesso di riduce da un anno all’altri, dobbiamo sceglie i diritti su cui spendere, stante il fatto che i diritti costano. occorre quindi individuare quelli dove ha senso, per la collettività, investire. Si tratta principalmente dei diritti che coinvolgono tutti o quasi tutti: sanità, istruzione, pensioni, per capirci.
Gli altri diritti, come spiega Ricolfi, sono dei “desideri” e spacciarli per diritti è un gioco delle tre carte. Sono contrario a tali pseudo-diritti anche in situazione di abbondanza di risorse economiche, a maggior ragione dobbiamo evitare di spendere per questi pseudo-diritti o meglio desideri nella situazione in cui viaggia tutto l’Occidente e non solo l’Italia. Non esiste il diritto ad avere dei figli: esiste semmai il desiderio. Questo vale anche per coppie eterosessuali, che a volte possono avere impedimenti oggettivi-sanitari. Non si deve andare oltre e spendere soldi neppure per coppie eterosessuali, che devono essere educate a saper accettare i loro limiti, seppur apparentemente ingiusti. A maggior ragioni per le coppie gay. nessun dubbio che le persone gay (m/f) non debbano subire angherie e pregiudizi in quanto persone, ma NON possono ambire ad avere figli perché la natura non ha previsto questa eventualità. meno che mai le coppie gay possono pretendere che sia la società a garantire loro, non fosse altro che economicamente, la concretizzazione di tale desiderio (ma NON diritto). Sono contrario, in primis, anche all’adozione di bambini da parte dei gay: tuttavia se con tale adozione i bambini anziché vivere una vita infelice da orfani abbandonati, possono trovare un calore umano, questo mi fa superare il mio pregiudizio e, cum grano salis, si possono autorizzare determinate coppie gay (previo accertamento medico-psicologico e con provvedimento giudiziario) ad adottare. Ma figli in qualche modo “biologici” ottenuti con la GPA costituiscono un meccanismo non previsto dalla natura e sono solo una costruzione mentale dei fautori della società dei (falsi) diritti.
Cito dall’articolo:
Mi sembra che qui Ricolfi faccia un po’ di confusione.
Stringi stringi dice: ognuno si assuma le responsabilità delle proprie scelte, e va bene.
Però sembra dimenticarsi che non riuscire a concepire un figlio, avere un aborto spontaneo, nascere sterile o, sì, anche omosessuale, NON sono “libere scelte” e che in questi come altri casi non è possibile cambiare idea e ritornare sui propri passi, come invece è a volte possibile nel caso di una libera scelta (se faccio la carriera militare posso sempre abbandonare l’esercito e fare il manager, se vado ad abitare in un paesino di montagna e mi stufo di avere il supermercato lontano posso sempre trasferirmi in città, se sono un prete e mi innamoro di una donna posso spretarmi, ecc.).
Quindi nel caso della GPA, tirare in ballo le “libere scelte” c’entra come i cavoli a merenda.
“il delitto d’onore consente ai maschi di uccidere gli stupratori e dunque in questo senso punisce gli uomini e protegge le donne”
Bruno, non è esattamente così, quella che citi è solo una possibilità e in realtà la meno comune e rilevante.
“il delitto d’onore è un reato commesso per vendicare il proprio onore e quello della propria famiglia.
Nelle legislazioni in cui è contemplato, l’onore, cioè la reputazione sociale, è riconosciuto come un valore socialmente rilevante.”
La nozione di delitto d’onore può essere applicata sia a donne che a uomini. Per esempio, nel caso di adulterio, si registrano storicamente casi di esecuzioni di entrambi gli amanti. Tuttavia sia storicamente che al giorno d’oggi si registra che la grande maggioranza degli omicidi perpetrati da parte del partner sono compiuti da uomini a danno delle donne. [Wikipedia]
In particolare nel codice Rocco, un filino di maschilismo patriarcale io ce lo vedo:
“Codice Penale, art. 587
Chiunque cagiona la morte del coniuge, della figlia o della sorella, nell’atto in cui ne scopre la illegittima relazione carnale e nello stato d’ira determinato dall’offesa recata all’onor suo o della famiglia, è punito con la reclusione da tre a sette anni. Alla stessa pena soggiace chi, nelle dette circostanze, cagiona la morte della persona che sia in illegittima relazione carnale col coniuge, con la figlia o con la sorella.”
Sopratutto considerando che contestualmente vigeva l’istituto del “matrimonio riparatore”, che prevedeva l’estinzione del reato di violenza carnale nel caso che lo stupratore di una minorenne accondiscendesse a sposarla, salvando l’onore della famiglia.
Dall’articolo:
Già la definizione “utero in affitto” è gravemente degradante nei confronti delle donne che per libera scelta o per necessità si sottopongono alla GPA.
Poi “incubatrice al servizio del maschio”, oltre che insultante, è anche una grossolana semplificazione.
Io il “delitto d’onore” lo avevo sempre visto come una scriminante giuridica per le questioni di corna.
Ci sono dunque buoni motivi per considerare l’utero in affitto una forma di maschilismo non patriarcale. Per fare tuttavia un altro esempio sulla differenza tra il patriarcato e il maschilismo considera al contrario che il delitto d’onore è un istituto patriarcale ma non maschilista. Infatti il delitto d’onore consente ai maschi di uccidere gli stupratori e dunque in questo senso punisce gli uomini e protegge le donne.
Sull’aspetto dei “costi dei diritti” si veda il mio commento #6.
Sono “noioso” perché ripeto concetti a voi invisi, che, però, sono ormai sostenuti perfino dagli intellettuali di sinistra, come Ricolfi, che, proprio nella conclusione di questo articolo, scrive esplicitamente:
Ma c’è anche un secondo errore di vocabolario, e quindi di pensiero: quello di parlare di diritti quando si tratta di semplici desideri. I diritti in senso proprio, lo ha ricordato anche Norberto Bobbio nella sua importante riflessione sulla “età dei diritti”, sono quelli il cui godimento è garantito dalle leggi, il resto sono desideri, pretese o rivendicazioni (claim). E non è affatto vero che garantire un diritto significa solo allargare la platea degli inclusi (come è accaduto con il diritto di voto, le unioni civili, l’accesso delle donne a determinate professioni), perché quasi tutti i diritti – non solo i cosiddetti diritti sociali – hanno un costo, spesso ingente (si pensi al “diritto alla salute”). In concreto, questo significa che farli valere implica togliere risorse ad altri impieghi (altri diritti possibili, o ampliamenti dei beneficiari di diritti preesistenti).
Crovella, francamente, tra te e Frescone 33 non so chi è più noioso e ripetitivo…
Cmq, NON siete lettori attenti. NON è vero che l’esempio dei due gay USA sia fuori luogo.
Ricolfi ha intitolato il suo intervento “Maschilismo e patriarcato”: egli afferma che in Italia (più in generale in Occidente) NON esiste più il patriarcato, mentre, invece, esiste il maschilismo.
E indica degli esempi di maschilismo, fra questi l’utero in affitto, spiegando anche “perché” egli fa rientrare tale pratica nell’ambito del maschilismo. Infatti Ricolfi scrive:
Maschilista, infine, è la pratica dell’utero in affitto, in cui la donna assume il ruolo di incubatrice al servizio del maschio, eterosessuale, omosessuale o transessuale che sia.
Alè… ci mancava la sarabanda dei diritti………………………..
Ma non avete ancora capito che tutta quella solfa appartiene al modello ormai passato in soffitta? Specie dopo l’avvento di Trump, siamo in un altro modello, incentrato su un altro paradigma. Si fanno le cose più “ragionevoli” nell’interesse di tutti (e NON è ragionevole spendere risorse pubbliche – l’esempio dei due gay vale per quello specifico contratto – al fine di garantire figli a una coppia gay) e non vogliamo più esser succubi della dittatura dei diritti, intesi come principi astratti, lontani e slegati dalla realtà, principi superiori alla ragionevolezza connessa all’ottimizzazione della vita della collettività.
I diritti “costano”: nel caso di specie (trasferendo l’esempio americano in Italia, il costo sarebbe presumibilmente a carico del SSN) è il costo è esplicito, molto spesso i costi dei diritti sono implicti e quindi meno evidenti, ma i diritti non sono gratis, costano. E non siamo più nell’era espansiva, ora la torta si riduce e c’è bisogno di applicare scelte selettive sulle spese, compresi i costi (impliciti o espliciti) dei diritti. Per cui ci sono alcuni diritti che riguardano platee molto ampie (sanita, istruzioni, pensioni, ecc) e quindi trovano maggior giustificazione politica e sociale nel sostenete i rispettivi costi, e ci sono altrui diritti, che sono solo delle fisime ideologiche, si cui sostenere i costi è idea ormai del tutto insensata.
Certo, ma se nel contratto non ci fosse scritto chiaramente che non ti puoi rivalere di malattie pregresse, non dichiarate o loro esiti/conseguenze e l’assicurazione avesse firmato, che fai? Non ci proveresti?
Ok , ma sarebbe una follia , come assicurarsi il giorno dopo avere fatto un incidente, o stipulare un’assicurazione sanitaria che preveda cure dispendiose contro il cancro , avendo tu già il cancro.
Expo, credo che ne siano consci anche loro, ma hanno ritenuto di aver firmato un contratto in cui l’assicurazione si impegnava a far fronte alle spese in caso di impossibilità di gravidanza, quindi, comprovata la detta impossibilità secondo quanto previsto dal contratto, sono aditi alle vie legali.
Che abbiano ragione o meno lo stabilirà un giudice, ma come ha scritto Placido è un esempio fuori luogo riguardo al discorso patriarcato, matriarcato, mutua o SSN.
Tutte le assicurazioni sanitarie sono *PRIVATE* , ma si rifanno a un principio mutualistico…..Come è assolutamente pacifico che le truffe assicurative facciano salire il premio pagato dai cittadini onesti , è altrettanto certo che occorra spiegare ai due gay che loro possono incularsi in eterno senza concepire figli , perchè mancano loro organi indispensabili , come ovaie ed utero…L’assicurazione può vicariare un infertilità possibile in natura , ma non può coprire un evento assolutamente CERTO , perchè in quel caso è come pagare l’evento direttamente all’ospedale , perchè non si tratta più di un evento aleatorio previsto dall’assicurazione , ma di una certezza…
Implementare un meccanismo di triage per determinare come distribuire le risorse (soldi, ma non solo) a disposizione è indispensabile e spesso doloroso.
Ma è ben diverso dal mettere in discussione un diritto per la (a volte opinabile) superiorità di un altro.
Se il rimborso fosse privato come nell’esempio americano, potrei rispondere: chi se ne frega, ma se i soldi sono miei come nel Lazio non sono d’accordo. Chi vuole la fecondazione artificiale la paga coi soldi suoi!
Mi pare che l’esempio della coppia di maschi omosessuali sia totalmente fuori luogo: si tratta di una causa che i due hanno intentato contro una compagnia PRIVATA, che ha per oggetto i termini del contratto (privato) stipulato fra le parti.
I diritti non c’entrano quindi una mazza, e i 150mila USD evocati alla fine dell’articolo sarebbero erogati dalla compagnia PRIVATA in base alla polizza stipulata, e quindi non si capisce a chi altri sarebbero eventualmente “sottratti”.
Secondo: fare una gerarchia dei diritti è una pratica squisitamente discriminatoria.
“Delito d’ onore”
Come se l’onore fosse una prerogativa maschile, mentre il disonore è femminile.
La confusione ideologica tra i diritti e i capricci coinvolge un po’ tutti, maschi o femmine, sposati o conviventi che siano: il servizio sanitario nazionale rimborsa in vario modo le spese per la fecondazione artificiale (alias assistita o addirittura pma nel linguaggio maccheronico della burocrazia italiana: procreazione medicalmente assistita). Per esempio nel Lazio dal primo gennaio di quest’anno i cittadini possono accedere alla fecondazione artificiale con gli oneri a carico del servizio sanitario regionale. Gli altri per altre prestazioni sia pure necessarie possono aspettare mesi nelle liste pubbliche o pagare nella sanità privata.
Sempre lucido il mio concittadino Ricolfi, di cui ho sempre letto ogni riga che scrive, nonostante il suo dichiarato schierarsi da sempre a sinistra. Le sue analisi sono caratterizzate da una onesta intellettuale che gli fa dire “pane al pane e vino al vino” anche ai componenti della sua stessa parte ideologica. sul punto è evidente che, grazie a Dio, non viviamo più da tempo in una società patriarcale. Secondo un altro intellettuale di sinistra, il filosofo Massimo Cacciari, non siamo più nel patriarcato già da secoli. Forse così è troppo, certo la riforma del diritto di famiglia (1975: 50 anni fa!) ha definitivamente completato il processo ideologico e culturale in evoluzione da molto tempo. Quindi mi fanno ridere quelle donne che, per sostenere che l’Italia sia ancora una società patriarcale, sostengono che “solo” nel 1965 le donne sono state ammesse in Magistratura (60 anni fa!) e che “solo” nel 1981 (45 anni fa!) è stato abrogato il “delitto d’onore” (che cmq era considerato un delitto e conseguentemente normato nel Codice penale). In Italia non c’è più il patriarcato, ci sono singoli casi di maschi non ben strutturati che vanno fuori di testa e commettono atti anche efferati. Non li giustifico affatto, vanno severamente perseguiti, ma il lavoro culturale si può fare solo sulle nuove generazioni, in modo tale che prospetticamente sparisca anche il maschilismo (peraltro malattia ideologica anche della sinistra, anzi…).