Paysage à Manger

Paysage à Manger
(
Fare la differenza è fare la diversità)
di Alessandra Longo
(già pubblicato su verticales.it il 1° giugno 2017, qui con minimi aggiornamenti)

Lettura: spessore-weight*, impegno-effort*, disimpegno-entertainment**

Gaia, per lo scienziato James Lovelock, è il pianeta che respira all’unisono e abbraccia ogni suo essere. E noi cosa facciamo? Vogliamo sottrarci alle leggi del biologico: applichiamo alla vita le leggi del meccanico, credendo di poter ridurre all’uniformità ciò che per sua natura è mutevole in una miriade di forme. Così facendo abbiamo trasformato la ricchezza in povertà.

Un esempio? La nostra più essenziale forma di energia va deperendo di giorno in giorno. Petrolio? No. Metano? Nemmeno. Cibo. Quotidianamente traiamo le forze da alimenti che hanno perso fino al 50% del loro apporto nutritivo. L’USDA (U.S. Department of Agriculture) ha dimostrato che gli spinaci, ad esempio, nel 1950 contenevano 59 milligrammi di vitamina C per etto, mentre nel 1999 solo 28. Qui c’è chi contesterà un allarmismo ingiustificato. Eppure crediamo che sia una considerazione importante: quel che mangiamo non ci riempie solo la pancia, ma anche il cuore e la testa.

Paysage à Manger è ai piedi del Monte Rosa (Valle d’Aosta)

Di qui l’impresa Paysage à Manger di Federico Chierico e Federico Rial di Gressoney (Valle d’Aosta), un’azienda agricola che muove dal presupposto che gli alimenti siano doni della terra: non vanno pretesi, ma coltivati con il rispetto del territorio che ci ospita. Così Federico e Federico hanno deciso di curare i luoghi dove sono cresciuti, nella Valle del Lys: ai piedi del Monte Rosa hanno creato orti biologici, ricoltivando i campi sugli antichi terrazzamenti, bonificando terreni abbandonati e – soprattutto – dando inizio a un’importante opera di studio e di ricerca. Le sementi utilizzate infatti sono state reperite tra le antiche varietà.  Di patate ne trovate ben 37 tipi che crescono dagli 800 di Fontainemore ai 1800 metri di Alpenzu. Molte hanno una sua storia che si intreccia con le vicende del popolo Walser, che da secoli abita la valle.

Federico Chierico e Federico Rial al lavoro. “Una corretta relazione con la terra porta con sé corrette relazioni umane (Lord Northbourne, Considera la terra, Castelvecchi 2015, p. 71)”.

L’immagine del montanaro isolato è da sfatare. Da sempre le popolazioni alpine hanno avuto contatti e scambi. La Blue d’Auvergne fu importata dalla Francia dai muratori biellesi e valdostani che emigravano per lavoro. La Blu di San Gallo invece era il tubero che i Walser abitualmente commercializzavano con gli svizzeri” racconta Federico Chierico che unisce all’arte agronomica una capace eloquenza  basata su un’appassionata conoscenza del territorio. Un po’ Cognetti, un po’ “figlio di Messner”, Federico, prima di coltivar l’orto, ha coltivato se stesso: con l’abilitazione di guida naturalistica, la laurea in Scienza e cultura delle Alpi e l’incarico di gestione della Riserva Naturale del Monte Mars. Un percorso in salita, come i campi su cui quotidianamente spende buona parte della giornata. Col quel sorriso che deriva dalla convinzione che il proprio impegno creerà un valore condiviso: “I paesaggi di montagna non sarebbero così belli se l’uomo non li avesse modellati nei secoli per scopi agrari”.

Federico Chierico. “Chi mangia deve rendersi conto che l’atto di mangiare non può che aver luogo nel mondo, che è inevitabilmente un atto agricolo, e che il modo in cui mangiamo determina in misura rilevante l’utilizzo che facciamo del mondo (Wendell Berry, Mangiare è un atto agricolo, Lindau 2015, p. 35)”.

Federico Rial l’ho conosciuto al Campus RestartAlp di Fondazione Cariplo e Fondazione Garrone. Un percorso diretto ai giovani imprenditori sulle Alpi che si pone un obiettivo ambizioso: fornire tutte le risorse business per gestire imprese in un territorio che richiede per la sua crescita uno sviluppo sostenibile. Come conciliare il marketing con le esigenze della montagna? “Fare la differenza è fare la diversità. In un mondo di omologazioni vogliamo proporre la libertà di scelta. E’ un surplus mica da poco! Il nome Paysage à Manger si riferisce alla particolarità che ci contraddistingue: offrire la possibilità di gustare prodotti sani e scoprirne la loro storia attraverso il territorio a cui sono legati da secoli di intrecci socio-culturali”.

Federico Rial. “Definiamo crescita ciò che valorizza la vita – come la generazione e la rigenerazione – e affermiamo che è di questa che il pianeta ha più bisogno (Fritjof Capra e Hazel Henderson, Crescita qualitativa, Aboca Editore 2013, p. 28)”.

Della squadra fanno parte anche Emanuele Panza, Rita Gros (gestore dell’agriturismo Le Soleil) e Roberto Ronco (direttore della latteria Mont Rose).

L’entusiasmante progetto è in continua crescita: vi consigliamo il sito web e la pagina Facebook per restare aggiornati su tutte le iniziative. Il 3 giugno 2017 la festa della semina ad Alpenzu ha unito una piacevole passeggiata all’attività sul campo con l’opportunità di far cena e pernottare in rifugio: un’occasione per far vivere ai bambini l’ebbrezza della notte in montagna!

Il villaggio Walser di Alpenzu è una perla di architettura alpina. Si raggiunge con una facile passeggiata e si gode dell’impagabile vista sul massiccio del Monte Rosa
  

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Paysage à Manger ultima modifica: 2017-09-01T04:45:58+02:00 da GognaBlog

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