Resistance Climbing
di Michele Manna
Inizio luglio 2023, in quel maelstrom che è la mia posta elettronica arriva un messaggio dal Reel Rock per promuovere la 17a edizione. Non guardo nemmeno i contenuti e mando un messaggio alle persone con cui sono solito andare per monti: ci siete? Andiamo?
Quell’anno il programma era: Big-wall climbing in Karakorum sulla splendida Nameless Tower (Torre innominata di Trango) con l’italiano Jacopo Larcher e la scalatrice austriaca Barbara Babsi Zangerl; nel settore Ramirole, gole del Verdon con il francese Sébastien Séb Bouin per una sfida durata 3 anni e 250 tentativi; in Cisgiordania con lo scrittore e alpinista statunitense Andrew Bisharat alla ricerca delle proprie radici e di un ritrovato senso di comunità grazie all’arrampicata.
Prendo qualche biglietto ancor prima di avere la risposta nonostante il costo.
A Roma il carrozzone è arrivato il 19 ottobre 2023. 12 giorni dopo quel 7 ottobre che voleva essere immediatamente presentato al mondo come il nuovo “nine eleven”.
Dodici giorni passati a rabbrividire per ogni “Ma tu condanni Hamas?”; “ma se lo sono eletto loro Hamas?”; “E i bambini nei forni?”; “Israele ha il diritto a difendersi” (1).
Per uno come me che tende l’orecchio per ascoltare i discorsi dei bravi, quelli che in falesia o in palestra parlano di come infilare le scarpette per riuscire a scendere il più possibile di numero, vedere un ragazzo beduino gioire nel salire una via con scarpette davvero grandi per il suo piede non c’era più da pensare molto.
La mattina dopo mi sveglio con ancora le immagini e i suoni di un Medio Oriente che può essere felice ed alzandomi l’intento può essere solo uno: diffondere Resistance Climbing, usarlo come cavallo di Troia sfruttando la crescente popolarità dell’arrampicata sportiva. Comincio a cercare il modo di entrare in contatto con Andrew Bisharat. Lui a sua volta mi mette in contatto con i produttori che rendono la pellicola disponibile a proiezioni che avrei organizzato senza scopo di lucro. Trovo un negozio a Roma disposto a sponsorizzare questa operazione (2) e nell’arco di poche ore gli inviti sono sold out (anche perché ho organizzato tutto nel più piccolo cinema del mondo: il Cinema dei Piccoli a Villa Borghese).
Negli ormai quasi due anni che sono passati sono riuscito ad organizzare altre proiezioni (al circolo Arci Zalib di Trastevere, alla palestra di arrampicata Rock It e soprattutto al Cinema Troisi) e sono state distribuite delle t-shirt realizzate dalla serigrafia che opera all’interno dello Spin Time (una importante realtà occupata e culturale romana). Solo l’evento alla Rock It ha permesso di versare all’UNRWA circa 2.500 euro (in quell’occasione i proprietari hanno chiuso la palestra per due giorni a corsi ed allenamenti per poter smontare tutte le prese e tracciare blocchi nuovi organizzando un evento sulla falsa riga di una gara).
Il documentario comincia a fare il suo lavoro di cavallo di Troia ma dalla sua pancia non escono greci armati: da Resistance Climbing escono persone, persone che come te amano, ballano, scalano insomma vivono! Oggi di fronte all’accelerazione dello sterminio e all’impossibilità di non definire genocidio ciò che è accaduto per due anni e che sta accadendo nella striscia di Gaza e in Cisgiordania, ancora non individuo una coscienza che abbia raggiunto la maggioranza degli italiani, ma dopo ogni proiezione le domande fatte (a cui sono contentissimo di rispondere anche ore dopo e per ore) mi permettono di dire “anche loro adesso sanno”. Un toccasana per il mio cuore che riconosce in chi mi sta di fronte il battito umano.
Nel frattempo nelle sale cinematografiche vengono proiettati documentari importantissimi come Israelism e No other land ma soprattutto il genocidio è in diretta Instagram. Mentre i nostri governanti cercano di rendere la frattura tra Popolo e Stato più dolorosa con risposte aberranti e propositi di riarmo, la società civile manifesta, scende in piazza anche in giornate caldissime (3).
Chi non riesce ad obliterare la propria umanità vuole testimoniare anche attraverso le sue passioni: l’amico Alessio Zangrilli che chioda ad Acuto Free Palestine (6a); la guida alpina Francesco Salvaterra con Marco Pellegrini apre Palestina libera nelle Dolomiti di Brenta; sempre una guida alpina, Lorenzo Trento, con Eloisa Izzo e Simone Calabrese, apre Dalla riva al mare nel Gruppo del Gran Sasso d’Italia; le guide di Chamonix espongono sulla verticale parete del Petit Dru il vessillo palestinese; ed Hervé Barmasse espone una bandiera della Palestina sull’uscio di casa, di fronte al Cervino. Ma gli episodi di questo genere ormai quasi non si contano più.
Ora tutto questo per dirvi che se non lo avete fatto, potete vedere Resistance Climbing gratuitamente sulla piattaforma di Reel Rock o ad altre proiezioni che sto cercando di organizzare e che il progetto si è esteso, ad esempio potrò grazie alla Giga Resoling di Roma offrire la risuolatura delle scarpette dei ragazzi della Palestine Climbing Association. La sfida più difficile sarà l’organizzazione (a causa dei visti) e la copertura delle spese del viaggio di Hiba Shaheen e Tawfik Najada in Italia (rispettivamente presidentessa e vice della Palestine Climbing Association) per trovare partner pronti (ed in grado – FASI ci sei?) a supportare l’esclusione di Israele dalle competizioni di arrampicata sportiva per comportamento anti sportivo dopo aver illegalmente occupato falesie in Territori Palestinesi.

In due anni Resistance Climbing ha incassato una miriade di premi (4) eppure la sua urgenza non è cambiata, quei suoni, quei sapori e quelle facce arrivano e ci raccontano questa storia: come l’arrampicata diventa per i palestinesi coping strategy per far fronte al trauma dell’occupazione sionista. Un documentario che non parla di grandi gesta alpinistiche, di difficoltà affrontate da atleti professionisti o di avventure nei luoghi più remoti che spesso sogniamo dietro o davanti lo schermo, un documentario che mostra esseri umani ad altri esseri umani (5).
ṣumūd!
Note
(1) Sul diritto di Israele a difendersi o sul diritto di Israele ad esistere rimando non solo per praticità alle parole di Francesca Albanese: perché non trovo una risposta diversa rispettando gli eventi storici, le norme e la logica.
(2) Campobase dei fratelli Manzone.
(3) questa estate alcune manifestazioni a Roma si sono tenute a piazzale Ostiense con temperature che hanno superato i 40°. Il termometro non è negazionista.
(4) Ne riporto qualcuno:
– il Best Climbing film award al Banff Mountain Festival;
– il Charlie Fowler Best Adventure Film Award al MountainInFilm;
– l’Outstanding Long Form documentary award agli Sports Emmys;
– l’Audience choice Award à Grenoble;
– ma sopratutto quello per cui Andrew Bisharat è più orgoglioso: il Best Documentary Short al Chicago Palestine Film Festival.
(5) Vi invito anche alla lettura di “Why resistance climbing remains relevant” di Andrew Bisharat https://eveningsends.com/why-resistance-climbing-remains-relevant/.
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Per creare in Palestina uno stato arabo moderno e democratico, dove anche i mussulmani possano arrampicare, lo stesso presidente Mazen ha ribadito che Hamas “deve essere disarmato e non può avere alcun posto nella futura governance palestinese”. Nella striscia di Gaza ci sarà una amministrazione provvisoria garantita da una forza militare internazionale.
Occhio che adesso arriva il crovellik che si lamenta di come nessuno prenda le parti dei poveri coloni che a furia di attaccare moschee e chiese hanno quasi finito le munizioni , e lo stress post traumatico dei poveri soldati in fondo poveretti hanno soltanto mirato deliberatamente a donne e bambini però sempre con in cuore la pace