Intorno alla prima traversata invernale del gruppo del Gran Sasso si è scatenata una piccola competizione tra alpinisti abruzzesi e romani. La cresta dal Passo delle Capannelle al rifugio Duca degli Abruzzi, nettamente più facile, è stata percorsa d’inverno più volte. Secondo gli amici aquilani di Hervé Barmasse, però, il suo percorso che include il Pizzo d’Intermesoli e il Corvo non era mai stato seguito prima.
“Se la mia traversata è stata un percorso inedito sono ovviamente felice, ma io non sono andato a caccia di record. Lo dimostra il mio zaino, che conteneva un fornello, un piccolo drone e altri carichi incompatibili con una progressione ultraveloce” racconta Barmasse.
Nell’articolo seguente, la guida Pasquale Iannetti riassume le grandi imprese alpinistiche che hanno segnato il ‘900 sulle montagne abruzzesi e dà i suoi giudizi sull’impresa di Barmasse, che comunque ha registrato senza dubbio il primo collegamento invernale e solitario delle vette del Gran Sasso.
Hervé Barmasse: prima traversata integrale invernale e in solitaria di tutte le vette principali del Gran Sasso
di Redazione CAI
Chiamatela Route 67, come i chilometri percorsi con ramponi e sci da Hervé Barmasse sul Gran Sasso. Un massiccio dove l’alpinista valdostano ha firmato un’impresa senza precedenti: il primo concatenamento e la traversata integrale in solitaria e in inverno di tutte le vette principali, superando 7.200 metri di dislivello tra pareti e creste.
Partito il 6 marzo 2025 dal Passo delle Capannelle, Barmasse ha affrontato in successione Monte Franco, Monte Jenca, Pizzo Camarda, Malecoste, Monte Corvo, Pizzo Intermesoli, Giovanni Paolo II, Pizzo Cefalone, Portella e Corno Grande. Quest’ultimo, la vetta più alta del gruppo, è stato salito e sceso con gli sci in notturna.
“Concludere in questo modo la prima giornata è stato stupendo. Lassù, il vento sbatteva la mia giacca, guardavo a 360 gradi le luci delle case sino al mare Adriatico, ed ero felice. Una magia e un’emozione grande, un ricordo che porterò per sempre con me”, racconta Barmasse.
Il giorno seguente, l’alpinista ha proseguito verso est, toccando le vette di Monte Aquila, Brancastello, Torri di Casanova, Monte Infornace, Monte Prena, Monte Camicia e Tremoggia.
“Me lo aspettavo meno faticoso, ma con la neve abbondante, tra torri di roccia e canali, spesso sprofondavo fino alla vita. Però è così che mi ero immaginato questo viaggio. La dimensione avventura nasce dall’intuito e dalla creatività dell’alpinista e anche dalla sua onestà. L’anno passato, ad esempio, non c’era neve e se avessi provato, le cose sarebbero state più facili, ma avrei potuto parlare di ascensione invernale? Il calendario oggi non fa più la differenza… La nostra etica e i nostri ideali sì”.
Ad attenderlo all’arrivo, un gruppo di amici aquilani e una bottiglia di Passerina.
“Mi sono affezionato a questi luoghi grazie alle tante persone incontrate sul set di Monte Corno – Pareva che io fossi in aria, il film di Luca Coccoccetta, e più in generale sugli Appennini durante alcune mie conferenze. Da quelle esperienze e quegli incontri ho sempre coltivato l’idea di vivere un’esperienza alpinistica in queste zone. La mia più sincera gratitudine va a loro”.
Invernali di ieri e di oggi
di Pasquale Iannetti
Il ‘900 è stato un secolo ricco per l’alpinismo sui monti dell’Abruzzo e più in particolare per il Gran Sasso, dove sono state infatti realizzate grandi salite, anche in solitaria. Il desiderio di sfida e di avventura ha portato gli alpinisti a cimentarsi su grandi pareti e su vie dove non era mai salito nessuno. Si sono spinti oltre i limiti, lottando con il freddo più intenso e superando record che parevano impensabili, spesso, con attrezzature e abbigliamento inadatti e non certo paragonabili a quelli dei giorni nostri. E, spesso, tutto nel silenzio, senza ostentazioni.
Ho selezionato le imprese che a mio avviso hanno segnato il secolo andato, ma, prima di entrare nel merito, apriamo una piccola parentesi sui fatti di cronaca alpinistica del 6 e 7 marzo 2025.
Sui social abbiamo letto roboanti termini che commentavano l’impresa del fortissimo alpinista valdostano Hervè Barmasse, guida alpina, che avrebbe compiuto qualcosa di straordinario: la prima traversata in “solitaria” di tutte le cime del Gran Sasso.
Gli addetti ai lavori sanno che cosa vuol dire in solitaria e non lo è se l’alpinista viene seguito da qualcuno addetto alle foto ed alle riprese con i droni, per non parlare dei durissimi bivacchi all’addiaccio che, di solito, connotano certe imprese (Iannetti qui sostiene che la solitaria di Barmasse non è stata una vera solitaria perché circondata da troppa tecnologia, NdR).
Non sto qui ad elencare le imprese di Hervè Barmasse che sono di dominio pubblico, ma vorrei cogliere l’occasione per ricordare ciò che i miei amici, nonché compagni di tante avventure, Lino Di Marcello e Carlo Partiti portarono a compimento l’1 e 2 febbraio del 1997. Essi, infatti, in un inverno rigido e implacabile, hanno realizzato, per primi, il concatenamento invernale di tutte le vette del Gran Sasso.
Forse l’eccellente alpinista valdostano non sapeva che il concatenamento era stato compiuto già molti anni prima da altri.
Non sono mancate le polemiche e, quindi, riteniamo che le persone che hanno fatto tutto questo chiasso a mio avviso dovrebbero chiedere scusa per avere trascinato Barmasse in questa mini bufera mediatica.
Tutto questo è per ricordare che molti alpinisti abruzzesi, laziali e marchigiani hanno scritto pagine di storia indelebili sulle montagne abruzzesi e non solo, senza clamori e sensazionalistici articoli sui giornali.
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LUPO 80 COMMENTO 10
Molto esaustivo e completo il tuo commento. BRAVO
Intendo dire che si, l’impresa alpinistica c’è stata, ma a mio avviso non connotata da quell’eccezionalità che le è stata attribuita.
Comunque Barmasse ha compiuto una bellissima e impegnativa traversata su una catena montuosa di tutto rispetto. In più ha contribuito alla conoscenza di quel territorio, per cui io, come tutti quelli che all’Abruzzo tengono molto, abruzzesi o no che siano, lo ringrazio e lo apprezzo per il suo modo di considerare le montagne che lo porta a non essere campanilista sotto le vette delle Alpi.
Chi conosce il Gran Sasso sa che la traversata di Barmasse, nelle condizioni ambientali in cui egli l’ha condotta, non può essere presentata come una straordinaria impresa di risonanza internazionale. Peraltro, parlare di traversata integrale non è corretto. Traversate di questo genere vanno considerate sotto l’aspetto concettuale e non puntuale, cioè si va da un estremo ad un altro sapendo che la traversata non potrà essere integrale, salvo impegnare per questo molto più tempo e mettere in conto diversi bivacchi. Barmasse ha omesso, oltre ad alcune cime cosiddette minori, le vette più impegnative: Corno Piccolo, Fiamme di Pietra, Campanile Livia, le vette del Corno Grande oltre all’Occidentale sulla quale è arrivato. Essere seguiti da una troupe televisiva e da un drone mette in dubbio che abbia fatto una vera solitaria. Inoltre, quel suo piccolissimo zaino fa capire bene quale sia stato il tenore della sua impresa: non si parla del bivacco, si sa dove ha dormito ma non viene detto! Non aveva attrezzatura da bivacco. Si presenta come impresa alpinistica una cosa che al contempo viene rappresentata come una attività sportiva. O è l’una o è l’altra. Purtroppo l’alpinismo sta scivolando verso lo sport (quanto denaro circola dietro questa manovra). In fine, è stato detto che da questa traversata uscirà un documentario, quindi la prima è stata condizionata dal secondo. Mettendo insieme questa cosa con le altre, si capisce come questa traversata difficilmente possa essere veramente qualificata come impresa alpinistica. A me dispiace molto vedere come si manchi di lucidità nel giudicare i fatti in alpinismo. Bisogna imparare a usare la propria testa.
La discussione in realtà è nata al di fuori dell’ambiente alpinistico abruzzese il quale, poi, ha voluto offrire un contributo su questo. Ritengo che la guida alpina Pasquale Iannetti abbia scritto un testo equilibrato e comunque rispettoso di Barmasse. Puntualizzare “Primo collegamento invernale e solitario delle vette del Gran Sasso” in parte non è corretto, perché il primo collegamento invernale era già stato fatto.
7@Expo bentorna’
Come non condividere!
In questo caso mi vergogno un po’ dei soliti “distinguo” e delle solite “critiche” di Maria Cazzetta.
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Barmasse ha fatto una bella; mpresa personale , e non trovo che i grandi dell’alpinismo appenninico siano stati sviliti.
…mio zaino, che conteneva un fornello, un piccolo drone e altri carichi incompatibili con una progressione ultraveloce…
….Ecco il motivo DEL SUO ZAINO LEGGERO….
O una o l’altra…
“Sputare nel piatto dove si mangia è un atteggiamento avvilente”. Hervè non ha bisogno di propaganda, è conosciuto ed ha i suoi meriti. Poi è molto attento nel pronunciare riflessioni sulle domande … omissis … io non sono andato a caccia di record. Lo dimostra il mio zaino, … Pasquale Iannetti ha fatto bene a ricordare I MOLTI ALPINISTI CHE HANNO FREQUENTATO LE MONTAGNE ABRUZZESI. Quello che ha fatto Barnasse è stato già fatto senza clamore, al contrario, lui, ha avuto molta visione sui canali televisivi, social, giornali, riviste. E’ stato supportato da molti montanari… AMICI AQUILANI! Ecco il motivo DEL SUO ZAINO LEGGERO. ERA A CONOSCENZA CHE IN QUALSIASI MOMENTO POTEVA AVERE QUELLO CHE VOLEVA. E’ chiaro che il CAI si è voluto propagandare – prima traversata integrale invernale e in solitaria di tutte le vette principali del Gran Sasso – Redazione CAI
Versante Sud – editore
Sulla storia dell’alpinismo al Gran Sasso, c’è un gran bel libro di Stefano Artidito:
“GIORNI DELLA GRANDE PIETRA”
Collana i Rampicanti, Cersante Sud editore.
Interessanti le storie degli alpinisti dell’Italia centrale, spesso poco considerata (e a conferma di ciò basta vedere i pochi commenti all’articolo). Va però, penso, chiarita una cosa in merito a:
“Forse l’eccellente alpinista valdostano non sapeva che il concatenamento era stato compiuto già molti anni prima da altri.”
Sì, ma Barmasse in solitaria. Un drone non credo che possa farti sicura. Alpinismo più mediatico? Sì, ma anche grandi nomi del passato hanno lavorato per riviste o avuto elicotteri vicini. Mala tempora currunt, ma averne di alpinisti così.
Forse sarebbe più semplice ammettere che Barmasse ha firmato una bella prima e essere onorati che un nome legato al Cervino (e non solo) si sia cimentato anche sull’Appennino.
Se venisse sulle Alpi Apuane a firmare qualche prima non sarei altro che contento!
Grazie Pasquale per aver messo impegno nel ripercorrere alcuni exploit di alpinisti del gran sasso, ci voleva!