“Favuledda” al Monte Oddeu

Alla ricerca del senso della misura prendendo spunto dalla riscoperta di una via storica. Finalmente uno spiraglio di nuova cultura del limite riesce a darci un bagliore di speranza.

Favuledda al Monte Oddeu
(le vere novità)
di Marco Marceddu e Simone Saiu

È forse arrivato il momento, per noi arrampicatori, di fermarci e riflettere maggiormente sull’impatto che la nostra attività ha sull’ambiente e su quanto ereditato dalle generazioni passate.

Per un motivo o per l’altro, spesso, continuiamo a correre in modo frenetico da una novità all’altra sia essa una nuova falesia, una nuova area boulder, un nuovo monotiro, una nuova multipitch, non importa… l’importante è la novità, una sorta di irragionevole frenesia, in questo figlia del tempo che viviamo, che ci distoglie da avere un approccio misurato e rispettoso delle generazioni passate e di quelle future.

Marco Marceddu (a sinistra) e Simone Saiu all’attacco di Favuledda al Monte Oddeu. Foto: Marco Marceddu.
Valentina Melis sulla 1a L di Favuledda. Foto: Marco Marceddu.
Stefano Finocchi sulla 3a L di Favuledda. Foto: Angelo Monti.

Dovremmo, ma la nostra vuole essere solamente una provocazione che stimoli la riflessione, fermarci e guardare indietro al nostro passato, soffermarci sulle nostre radici, sulle mille storie racchiuse in ogni via o parete, che spesso ignoriamo, ma che potrebbero essere le vere novità cui star dietro ogni giorno.

La riscoperta e la costruzione di una memoria collettiva condivisa potrebbero, inoltre, consolidare in noi un’etica intrisa dei valori fondanti, seppur non codificati, tipici di ogni zona d’arrampicata.

Questo, probabilmente, almeno nel medio termine, garantirebbe la possibilità di raggiungere una maggiore consapevolezza nell’uso del territorio e un rinnovato rispetto delle linee storiche.

Marco Marceddu sulla 3a L di Favuledda. Foto: Valentina Melis.
Angelo Monti sulla 4a L di Favuledda. Foto: Archivio Angelo Monti.
Stefano Finocchi sulla 4a L di Favuledda. Foto: Angelo Monti.

In altri termini, la tutela delle linee storiche e quindi la creazione di nuove dovrebbe passare attraverso una maggiore conoscenza della storia e di quei giovani di allora che hanno, a volte inconsapevolmente, contribuito a scriverla.

È quindi, probabilmente, arrivato il tempo di trovare un rinnovato senso della misura, anche in ragione del sempre più elevato numero di arrampicatori e apritori che devono, appunto, trovare il giusto equilibrio tra dare un proprio contributo allo sviluppo della storia e la tutela di quanto già esistente. Un vero e proprio bilanciamento di interessi legittimi tra naturale progresso e consapevole conservazione.

Simone Saiu sulla 4a L di Favuledda. Foto: Marco Marceddu.
Valentina Melis sulla 4a L di Favuledda. Foto: Marco Marceddu.
Angelo Monti e Luca Bucciarelli sulla 5a L di Favuledda. Foto: Archivio Angelo Monti.

È su questi presupposti e con questi interrogativi che abbiamo deciso di “riscoprire”, ad oltre 40 anni dall’apertura e con a disposizione, esclusivamente, la relazione originale e il tracciato, una linea storica sulla parete est del Monte Oddeu a Dorgali, pubblicando poi questo articolo per dare la misura della stratificazione che da tempo sta interessando la parete in questione, ma più in generale ogni parete e falesia.

Lungi da noi far polemica per le sovrapposizioni con altre vie nate successivamente, immaginiamo in maniera del tutto inconsapevole; tuttavia, vorremmo, all’opposto, che questa riscoperta fosse uno spunto di riflessione, per tutti noi e per l’intera comunità di arrampicatori, volta a valorizzare quanto già esistente, e non solo qui in Sardegna, per tutelarne la storia e condividerne con le generazioni future i valori.

Simone Saiu sulla 6a L di Favuledda. Foto: Marco Marceddu.
Marco Marceddu (a destra) e Simone Saiu all’uscita di Favuledda al Monte Oddeu. Foto: Marco Marceddu.
La parete est del Monte Oddeu

La via in questione è Favuledda, aperta il 10 aprile 1982 da Stefano Finocchi, Angelo Monti e Luca Bucciarelli. Una via a nostro avviso molto bella e in un certo senso visionaria, che abbiamo potuto riscoprire, con diverse giornate di ricerca in parete, facendone forse la prima e per ora unica ripetizione, grazie ad una copia della relazione originale e dei tracciati riportanti sommarie indicazioni, depositati negli archivi SUCAI Roma e gentilmente forniteci da Gianni Battimelli. Ringraziamo quest’ultimo pubblicamente per averci inoltre messo in contatto, dopo l’avvenuta riscoperta della linea, con Angelo Monti il quale, con grande entusiasmo, ci ha fornito delle foto dal suo archivio che, oltre a confermare la bontà della ricerca condotta in parete, aprono una finestra su un periodo molto affascinante di esplorazione e innovazione, scritta ormai più di quaranta anni fa da degli allora giovanissimi e forti arrampicatori che ringraziamo apertamente per quanto ci hanno lasciato in eredità. Ringraziamo inoltre Stefano Finocchi che, contattato, ha manifestato entusiasmo per questa riscoperta.

“Favuledda” al Monte Oddeu ultima modifica: 2025-05-29T05:03:00+02:00 da GognaBlog

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10 pensieri su ““Favuledda” al Monte Oddeu”

  1. Condivido molto il pensiero di Luciano.
    È bello che delle stupidissime rocce ridiano voce alle favole perse tra gli appigli, in 40 anni qualche vocale si  sarà  persa ma è normale.
    Pensavo è bello che dove finiscono le mie ditaDebba in qualche modo incominciare una …falesia dimenticata.
    Perdonami Faber
    oppure
    https://youtu.be/A1V-1xL_JAM?si=XosW1Z7AklUO31sz
    BRAVI RAGAZZI!
     

  2. Il “pippone” può leggerlo chi lo apprezza.
    Gli altri possono tranquillamente saltarlo

  3. Gli apritori hanno fatto ciò che a mio parere andrebbe fatto sempre, a  maggior ragione oggi, quando il terreno a disposizione è in esaurimento. È inutile negare che c’è un problema di inflazione di vie nuove, tutte molto simili tra di loro:  apri la tua via, e morta lì, ti sei fatto la tua esperienza, irripetibile come ben sappiamo, e ne farai altre. È proprio necessario pubblicare tutto, per dare voce al proprio desiderio (umanissimo, per carità) di marcare il territorio, per leggere il proprio nome su una guida? Ormai ci sono migliaia e migliaia di vie di tutte le difficoltà e tipologia di materiale utilizzato, trovo molto apprezzabile il fatto che gli apritori non abbiano teso nota la loro esperienza,  probabilmente spinti più da un desiderio di gioco che di conquista.

  4. Bravo  Bagnasco, niente pipponi, solo divertimento. Sei un umanoide che si integrerà perfettamente nella società moderna/futura, dove tutto sara consegnato con il delivery, anche i pensieri.

  5. Non vedo proprio cosa ci sia di pedante e fuori luogo nelle considerazioni in apertura dell’articolo. E mi piace che qualcuno abbia avuto voglia e curiosità di andare a ripercorrere i passi di chi quaranta anni fa, quando sulla parete dell’Oddeu non c’era quasi nulla, ha tracciato non una, ma quattro vie nuove, senza lasciare altra traccia che delle sommarie relazioni sul quaderno della SUCAI di Roma. E senza piagnucolare in seguito perché altri le hanno intersecate piazzando protezioni fisse dappertutto là dove loro erano passati con l’allegra disinvoltura caratteristica della migliore arrampicata di quegli anni ormai lontani. Bei tempi e belle avventure, che ogni tanto fa bene ricordare. Tutto qui, direi.

  6. Che rispettare linee preesistenti sia un obbligo per chi apre non è una novità, anche se in diverse occasioni qualcuno se n’è fregato scatenando grosse polemiche. Specie su pareti famose sfregiando capolavori d’alpinismo.
    Il fatto in questo caso, che rende il prologo dell’articolo pedante e fuori luogo, è che della via nessuno ne sapeva niente. Loro per trovarla hanno cercato in archivio SUCAI.
    Per aprire una nuova salita si dovrebbe fare ricerche in ogni angolo del pianeta? 
    Mi sembra piuttosto ridicolo. Specie se dal 1982 ad oggi (43 anni) nessuno ha detto niente…
     
     

  7. Non mi sembra che si faccia della morale da preti, quanto piuttosto sollevare un problema che, in verità,  non è di oggi, ma che va avanti da tempo. E’ giusto o non è giusto, nelle nuove aperture,  avere rispetto delle linee disegnate in precedenza sulle pareti?
    E’ un problema che ci dobbiamo porre quello del rispetto storico, di chi è passato prima di noi, dello stile allora adottato?
    Oppure ognuno ha il diritto di fare quello che gli pare, come gli pare?

  8. Sicuramente belle queste riscoperte ma il pippone lirico introduttivo è veramente peso.
    Scalate, divertitevi, ma la morale lasciatela ai preti, dai…

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