Alina

Alina
di Luciano Pellegrini

In Valle Giumentina, situata fra i comuni di Abbateggio (PE) e Caramanico Terme, nel Parco Nazionale della Majella, c’è una pastora di 35 anni che con il marito Paolo accudisce un gregge di pecore e capre. Il suo nome è Alina, nata a Iasi in Romania. E’ una donna coraggiosa, produttrice anche di ottimi formaggi, ricotte, primo sale e pecorini. Una allevatrice che ha chiesto in assegnazione lo stazzo comunale di proprietà del comune di Abbateggio, per destinarlo alle pecore, capre, asini e cavalli.
L’ho voluta conoscere e trascorrere con lei una intera giornata, assieme agli amici Ezio, Francesco e lo zampognaro Settimio che ci ha accompagnati con il suono della zampogna e della ciaramella. Ho voluto integrarmi e vivere una giornata con i pastori. Un lavoro molto impegnativo, che inizia alle sette del mattino con la prima mungitura, che si ripete alle ore 19 e continua con la preparazione del formaggio pecorino e della ricotta.


Alina ha una famiglia numerosa, è madre di tre figli. Per questo lavoro, quasi sempre all’aria aperta e con qualsiasi condizione atmosferica, ci vuole coraggio, adattamento, rinunce e Alina ha la forza per superare e vincere anche gli imprevisti, come i lupi che spesso si fanno sentire e che incontra a pochi metri. Fisicamente è molto forte. Dopo aver munto le pecore e le capre, che in questi giorni di grande caldo ed erba secca stanno soffrendo e infatti producono poco latte, le ha fatte uscire dallo stazzo. È incredibile che procedevano sul sentiero, a memoria, quasi senza essere governati, per fermarsi dopo circa un’ora, in un luogo che non fa parte della riserva integrale del parco, quindi potevano brucare. Il gregge è controllato da sette cani, sia pastori abruzzesi che incroci (Vega, Turbo, Bleckina, Iarno, Lisa, Luna, Cucciolo) e dalla presenza di Alina che usa suoni labiali, formati da poche vocali e consonanti, che per noi non hanno significato, ma per il gregge sono comandi precisi.

Ci siamo fermati in un prato dove Alina e il marito Paolo ci hanno offerto il loro pecorino, fatto con latte di pecora e capra. Il bianco del latte di capra prevale e ammorbidisce il giallo del latte di pecora. Il sapore è delicato, ma nello stesso tempo, filamentoso e morbido. Il profumo è caratteristico del pecorino e ha un rumore deciso fra i denti. Forse, con un vino trebbiano, avrebbe guadagnato punti, ma abbiamo scelto l’acqua di sorgente. A casa ho voluto sperimentare il proverbio “Al contadino non far sapere quant’è buono il cacio con le pere”. Il formaggio rappresenta l’immagine degli umili e delle persone non istruite, era consumato dai pastori e contadini. La pera invece è la dimostrazione concreta del fragile, in quanto frutto delicato e facilmente deteriorabile. Insomma, un accoppiamento che non si dimentica. Proprio dove ci siamo fermati c’era un albero di pere selvatiche e le capre mangiavano quelle a terra. Ho provato a coglierne alcune dai rami e subito sono stato da loro accerchiato. Non c’era da aver paura, il loro sguardo era amico e confidente, insomma volevano le pere fresche.

Per diverse ore ho notato l’intesa fra Alina, il gregge e i cani. Alcune capre le chiamava perché avevano un nome: Camosciata – 40euro – Capriola – Biondina – Bianchina. Alina è anche un’esperta cavallerizza e cavalca questi cavalli: Furiano, Zeus, Luna, Asia, Perla.

Alle ore 16, come se avesse un orologio, il gregge si è messo in cammino sulla strada del ritorno, sempre sotto lo sguardo vigile di Alina e dei cani, e si è dissetato a una fonte per fermarsi allo stazzo. Qui Alina ha dovuto nuovamente mungerle, ripeto un lavoro faticoso. Mentre ci riposavamo, Paolo mi ha raccontato che durante questa invernata strana, la neve ha bloccato il rifornimento del mangime per il gregge e sono morti 170 ovini, la maggior parte mamma e figlio. Il mese di febbraio è critico perché c’è il parto e, come le donne in gravidanza, la pecora e la capra necessitano di un’alimentazione supplementare. Anche loro hanno bisogno di nutrirsi con le vitamine, proteine, frumento, erba medica, ecc. Gli agnelli e i capretti crescono velocemente nella loro pancia e inoltre devono iniziare a produrre il latte per allattarli. Le pecore partoriscono due volte l’anno, le capre una sola volta. La gestazione dura cinque mesi. Importante la fase lunare per l’accoppiamento.

C’è un capretto che Alina ha salvato, allattandolo con il biberon. Questa capra ha un amore di riconoscenza verso Alina: come questa la chiama subito corre e risponde con un belato. Gli ovini morti hanno sfamato i lupi per parecchio tempo. Si avvicinavano allo stazzo, ma quando non hanno più trovato da mangiare sono scomparsi. Un’amara constatazione è stata quella di camminare sulla lana delle pecore. Ho chiesto il motivo e la risposta è stata che nessuno più l’acquista. Si preferisce il sintetico prodotto con il petrolio. Inoltre ha anche difficoltà a smaltire questa lana. Quindi è buttata a terra e ci si cammina sopra. Una volta… le calze, le maglie, lo scialle, i materassi… Speriamo che Alina non sia costretta ad abbandonare questo lavoro continuo, duro, difficile, che la impegna circa 16 ore al giorno e per tutti i mesi dell’anno.

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Alina ultima modifica: 2017-07-27T03:18:25+02:00 da GognaBlog

3 pensieri su “Alina”

  1. 3

    e chi se ne frega Lorenzo! viva Lui e viva tutti coloro i quali fanno parlare i nostri cuori. ciao!

  2. 2
    lorenzo merlo says:

    Bello.
    Di chi è?

    Nulla più della bellezza può guidarci dove vorremmo essere
    Nulla più della poesia può descrivere quei luoghi
    Nulla più di noi stessi può sentire come essere bellezza e poesia

  3. 1

    “… portatemi un giorno sulla collina del Sinis e mettetemi sotto la nuca una conchiglia verde, perché la voce del mare mi canti ancora all’orecchio. Ch’io dorma là, tra lentischi, cisti ed asfodeli, … sotto l’ala dei falchi e il volo ampio e molle dei gabbiani. Ch’io dorma sulla petraia del Sinis…”.
    Tornare… tornare nel grembo di nostra madre… che sia mare, campagna o monte, purché finisca questo nostro esilio, nella terra degli idioti.

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