Dinamitare le montagne? No, dinamitare la società!

Questo articolo è senza ombra di dubbio incitazione alla violenza. Abbiamo ancora nelle orecchie gli accenti di odio e di furore con cui queste parole sono state urlate con grande fervore oratorio nel corteo di Carrara del 16 dicembre 2023. Nessuno le ha riprese, neppure gli stessi organizzatori che hanno dato loro spazio. Sono l’espressione di chi, portato dalla società che lo circonda e lo ignora a un non più sopportabile limite di prigionia, trova nella problematica delle cave il suo modo di reagire: rifugiarsi in un collettivo i cui membri, per nulla introspettivi, assolutamente non disposti all’autocritica e del tutto diseducati al confronto, trovano nel rifiuto del dialogo l’unico argomento fondante del loro legame: la violenza (per il momento solo verbale).
Contrariamente a ciò che alcuni possono credere, pubblichiamo queste note solo perché riteniamo che sia altamente pericoloso voler relegare (tramite censura) queste deformità culturali nel pozzo del nostro inconscio, dove certamente acquisterebbero ancora più forza di quella che purtroppo già hanno.

Esemplare la frase che leggerete qui sotto: “sconvolgere tutto ciò che ci viene imposto per poi, forse, riscoprirci”. Nossignori, è proprio il contrario: prima riscoprirci, poi sconvolgere tutto ciò che ci viene imposto.

Dinamitare le montagne? No, dinamitare la società!
di alcunx anarchicx, Carrara 2021
(pubblicato su Miccia corta, foglio sovversivo, nel 2021

Siccome siamo andatx oltre non possiamo più pensare di aggiustare qualcosa, l’unica soluzione che ci troviamo di fronte è la distruzione di un sistema sociale che continua a creare morte e sopraffazione, e che non può fare altrimenti per la propria sopravvivenza. Si crea, infatti, su interessi economici a discapito di quelle che chiamano risorse naturali e approfittandosi della docile (a volte suo malgrado) forza-lavoro. Grazie a questo sono secoli che non si pensa più a vivere ma a lavorare, a tirare a campare, a sopravvivere, a qualsiasi costo, a qualsiasi compromesso.

Perché soffermarsi su errori già commessi invece che percorrere i non-sentieri dell’ignoto, abbandonando le vie già tracciate? Ecco perché crediamo necessario continuare a remare, ma questa volta per portare la nave nel pieno della tempesta e fatalmente ammutinarsi e sconvolgere tutto ciò che ci viene imposto per poi, forse, riscoprirci.

Carrara, 16 dicembre 2023. Foto: Michele Lapini.

Lettera ai lavoratori e alle lavoratrici
Se i lavoratori/lavoratrici del marmo hanno risposto con rabbia alla nostra “proposta” di farla finita con le cave, non sono da meno i sindacati che hanno elogiato gli assegnati diritti dei lavoratori; dal canto nostro, non solo non rispettiamo il “lavoro” ma lo consideriamo la volontaria causa dell’accrescimento delle finanze e risorse dello Stato, per cui in quanto anarchici non possiamo che esaltare il nostro odio per il lavoro e soprattutto per chi, come i sindacati, lo difende, accelerando così il processo di reintegrazione delle lotte sociali, riducendo al minimo il conflitto fino a incatenarlo alle richieste.

Non diamo però qui per scontato il fatto che gli operai/operaie possano insorgere dal nulla con la definitiva rottura della produttività del sistema lavorativo. Riteniamo comunque necessario che essi considerino che la loro condizione di sfruttatx non inverte né blocca in nessun modo la società capitalista con l’aumento dei diritti, ma anzi ne giustifica, collaudandola, l’esistenza.

I/le lavoratori/lavoratrici del marmo, dicevamo, hanno storto il naso davanti alla nostra intenzione: chiudere le cave. E come dargli torto? Chiudere le cave significherebbe per tanti di quei lavoratori miseria e povertà. Ma, forse, non si sono resi conto che la nostra intensa idea non si ferma solo alle cave e ai suoi padroni/industriali, ma si vuole impegnare alla distruzione di tutta la società vigente, e in quanto anarchicx del territorio carrarino è ovvio che vogliamo iniziare da sotto casa nostra. Sarebbe certamente importante trovare la complicità dei lavoratori/lavoratrici, ma non lo riteniamo necessario, non siamo politici, ma compagnx ed è il cuore che conduce i nostri corpi alla ricerca della libertà totale; e sarà certamente la nostra qualità, nell’agire, non la quantità, a determinare e a soddisfare questo neonato percorso di lotta.

Il vero nemico
(per farla finita con gli industriali non basta l’ecologismo…)
L’illusione padronale ci convince che vivendo per il lavoro vivremo liberx. E questo è vero… viviamo “liberamente” consumando, pagando, viaggiando come turisti, ecc. E tutte le nostre intenzioni sono legate al tranello del denaro. Fondamentale, perciò, ri-armarsi della banale coscienza di essere anni luce diversx da chi arraffa o da chi fa finta di nulla, e accorgersi, tra coloro che annaspano, chi è il nemico.

L’illusione del progresso ci convince che basta parlare di ecosostenibilità, di ecologia per fermare la corsa nel baratro prodotta dall’umanità. Senza nemmeno domandarsi se non siano il progresso stesso e la voracità di risorse delle industrie e del “benessere” borghese la causa di tale scempio.

Ma cosa c’entrano le cave? La devastazione delle montagne non è un “utilizzo ecologico delle risorse naturali”, come, da bravi illusionisti, gli industriali tentano di camuffare la realtà. L’estrazione a livello industriale di qualsiasi cosa faccia parte dell’aria, dell’acqua e della terra è legata all’esistenza della Società. È quindi questa innanzi tutto che noi odiamo. È questa il prodotto dei prodotti. Ciò grazie a cui la merce ha senso di esistere. Come la guerra. La devastazione della terra. L’arricchimento di pochi, sulle spalle di tantx altrx. Ma la Società non è cosa astratta, è fatta da tanti uomini e donne che pieni di soldi insanguinati, gestiscono, fanno affari, producono e consumano, e ridono della miseria altrui, spacciandosi per buoni samaritani. È per la sopravvivenza della suddetta che industrie chimiche, farmaceutiche… prosperano e indicano la via a chi detta legge. È per il finto benessere di questa che si sventrano montagne e si intoppano fiumi. È per avere i denti bianchi che si può morire per un’alluvione… Di conseguenza, gli industriali del marmo ci sono nemici, e noi dal canto nostro li vogliamo sì come nemici, in rovina. E con loro tutti gli uomini e le donne che detengono il mercato, punto chiave che genera “la vita” della società capitalista, dello Stato. Oltretutto, a cuore aperto, come facciamo ad accettare una simile distruzione delle montagne? Non possiamo permettere che ciò avvenga impunemente.

Sabotaggio… Se non qui, dove?
Porta con sé, questo termine, un senso fondamentale di quello che è una lotta e di quello che può fare: intoppare, stravolgere, fermare i piani di un potente. Difatti, fu alla fine dell’Ottocento che questo meraviglioso termine prese piede dal classico sandalo indossato dagli operai francesi, il sabot, che con estremo coraggio lanciavano, e con cui fermavano gli ingranaggi delle fabbriche in cui lavoravano, dando vita alla famosa tendenza di sabotage. Ora, con questi sproloqui storici non si vuole qui distrarre dall’attenzione che questo foglio cerca di esaltare. Perciò il lato storico verrà tagliato con le tronchesi.

Innanzi tutto, dovremmo forse spiegare i motivi per cui riteniamo il sabotaggio una valida azione per dare anche solo un piccolo morso alle caviglie degli industriali. Non solo per i danni (si spera ingenti) che arreca, ma anche per il gusto che dà il compierlo…Di esempi ce ne possono essere a migliaia, la fantasia è una grande compagna di lotta, e lo “studio” guerrigliero si fa compagno di viaggio. I responsabili hanno dei nomi (Carrara Marble Way, Confindustria, Franchi Umberto Marmi spa, sono solo alcuni esempi di una lunga lista…) interessi e comodità quotidiane che bramano mantenere tali…

Non ci piace sentirci in trappola, aspettare il doloroso morire attraverso le loro devastazioni. Preferiamo stanarli.

Non vogliamo essere partecipi di nessuna recuperabilità: le nostre intenzioni, di negatività totale, non possono combaciare con nessun tipo di soluzione parcellare che gli addetti al recupero delle lotte possano proporre. Non si tratta “solo” di amore per le montagne (sventrate da infami assetati di denaro), e nemmeno “solo” di ecologismo, così come non si tratta di trovare alternative per chi potrebbe trovarsi senza un lavoro se chiudessero le cave. Non ci interessano queste parzialità di discorsi, non ci interessa costruire per noi e per costoro un domani. Vogliamo riflettere sulla vita degna di essere vissuta, senza cave e senza lavoro, senza turisti e senza piste da sci, senza padroni e senza sfruttatx, con le montagne senza ulteriori devastazioni.

Basta guardarsi attorno per capire che siamo arrivati al limite e che non c’è da chiedere nulla a nessuno, niente da riconvertire, nessun compromesso, nessun dialogo.

Fuori dalla burocrazia esiste un solo linguaggio che gli operatori della società sanno comprendere: la violenza rivoluzionaria. Ed è con essa che il miglior “dialogo” anarchico può nascere con i padroni.

Dinamitare le montagne? No, dinamitare la società! ultima modifica: 2024-04-25T04:12:00+02:00 da GognaBlog

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8 pensieri su “Dinamitare le montagne? No, dinamitare la società!”

  1. Non ci vedo nulla di delirante.
    Delirante (o peggio, consapevolmente malvagio) è chi continua a fregarsene di tutto per il proprio profitto, costi quel che costi (a noi).
    Nelle Apuane e ovunque si pratichi la sopraffazione criminale e violenta (quella sì) dell’umano sull’umano e sulla Natura.
     

  2. Questo “quotidiano” vi rimane sempre in bocca.. tra articolo e commenti compare 3 o 4 volte.
    Qui si parla di chi il proprio quotidiano lo vuole, vivaddio, mettere da parte per vedere un pò più in la, o almeno provarci..un atto forte e sacrificale che non si è più disposti a compiere epperciò lo si condanna appena viene fuori..sacrificare la propria esistenza per qualcos’altro o qualcun altro, qualunque sia.
    Non è questione di giustificazione della violenza a prescindere ma il rispetto di un atto di estromissione del proprio SE, dell’ io, totalmente cioè antiegoistico..
     
     

  3. Di certo questo articolo offre molti spunti di riflessione, soprattutto a proposito del livello di rabbia raggiunto da certe frange del popolo che, evidentemente, non sono in grado di dialogare e trovare equilibri duraturi nel quotidiano.
     
    L’unico commento che mi viene da scrivere – non volendo in alcun modo alimentare i sentimenti espressi – è che già l’uso di desinenze diverse rispetto alle regole della lingua italiana fanno comprendere che l’autore, pur sentendosi ribelle, non lo è, visto che si attiene ai dettami del sistema. 

  4. Esplosive dovrebbero essere le reazioni dopo le ennesime rivelazioni di Report,se non ci fossero poteri secolari forti come il marmo in questione che soporiferano tutto.
    Ma non si può trascurare la lettera (xxx) ed il fatto che in quella terra anarchia e tritolo sono anche loro secolari!…
    Poi c’è pure chi minimizza, banalizza ed insulta le troppe morti (bianche come la polvere di marmettola)come segnalato da Matteo 3@,ed è molto molto più pericoloso …

  5. Diritto alla salute e diritto all’ambiente da un lato e, dall’altro, diritto al lavoro sono entrambi principi giuridici di pari livello. Non capita mica solo in Apuane sul tema cave: capita a Taranto per l’Ilva, a Spinetta Marengo (AL) o nella pianura veneta per i PFASS e chissà in quanti altri luoghi. Capita sulle coste o nei comprensori sciistici in montagna, nel conflitto fra cementificazione e ambiente/salute, capita (estendendo un po’ i margini dei ragionamenti) fra il ripudio costituzionale (art 11) alla guerra e le aziende italiane che producono armi o elicotteri o aerei da combattimento… Insomma, un conto è il discorso a tavolino, un altro conto è la cruda realtà. Non c’è dubbio che, nel dibattito ideologico, io sia esplicitamente a favore della tutela del primo elemento della disputa (ambiente/salute), ma non tocca a me (non ricoprendo cariche istituzionali) preoccuparmi del secondo. Ma la realtà non va avanti solo con la prima gamba. Bisogna muovere anche la seconda. Cioè prima di sbaraccare il male (oggettivo e indiscutibile) occorre avere già operative le le soluzioni alternative sul piano occupazionale, sennò non si capisce come possano continuare a mangiare i nostri concittadini e le loro famiglie. Mi sembra che di questo secondo aspetto nessuno si preoccupi, non tanto sul tema cave, ma in generale sui dibattiti di questa categoria

  6. Nossignori, è proprio il contrario: prima riscoprirci, poi sconvolgere tutto ciò che ci viene imposto

    Caro Gogna probabilmente qualcuno s’è già riscoperto…oppure c’è bisogno che qualcuno dica a qualcun altro quando è ora??!!! O glielo vuoi dire tu, glielo facciamo dire dal prete o dal consulente..

  7. Per alcuni la Resistenza fu una guerra patriottica contro lo straniero e per altri fu una rivoluzione politica contro il nazifascismo. Ma il 25 aprile sia gli uni sia gli altri si dichiarano antifascisti per rimuovere dalla teoria e dalla pratica il mito della violenza rivoluzionaria che confida nel sangue per la purificazione degli individui e della società, un bagno di sangue per rinascere a nuova vita. La violenza appare come la versione laica reale e cruenta del battesimo religioso metaforico e innocuo. Ma sarebbe meglio un bagno d’acqua che un bagno di sangue. Al più difficile rinnovamento della vita spirituale non è utile sostituire il più facile sacrificio della vita materiale. Con tutto il rispetto ovviamente per i martiri e gli eroi di tutte le guerre.

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