Etna libera 4

Etna libera 4
(tratto da www.etnalife.it e rielaborato)
Il Comitato Etnalibera chiede il ripristino del libero escursionismo nell’area sommitale dell’Etna e della libera fruizione degli eventi eruttivi.

Rendere nuovamente libero l’escursionismo nell’area sommitale dell’Etna e rendere fruibili in sicurezza gli eventi eruttivi. È quel che chiede il Comitato Etnalibera, costituitosi nel mese di giugno 2015 fra diversi soggetti, associazioni, siti internet, operatori, liberi cittadini: AGAI (Associazione Guide Alpine Italiane), CAI, Regione Sicilia Onlus, Etnalife, Etnasci, Etnaviva, Etnawalk, Federescursionismo Sicilia, FIE (Federazione Italiana Escursionismo), Piuma Bianca; e i singoli cittadini Vincenzo Agliata, Giambattista Condorelli, Piero Giuffrida, Walter Gulisano, Giuseppe Riggio, Bruna Volpi. Il Comitato ha nominato portavoce Sergio Mangiameli e Giuseppe Riggio.

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Storia
Il vulcano è intimamente legato alle popolazioni che vi abitano sin da tempi remoti. I popoli dell’Etna e i viaggiatori di tutte le epoche, dall’imperatore Adriano ai protagonisti del Grand Tour, e poi gli scrittori da Omero a Virgilio sino a Goethe e De Amicis, e gli scienziati, da sempre si sono avvicinati all’Etna con timore e rispetto, ma anche con voglia di scoprirne i misteri. In tutti i tempi gli uomini hanno cercato di raggiungere la “bocca degli inferi”, ovvero la voragine principale dell’Etna, per lanciare uno sguardo in quell’orrido e meraviglioso baratro che nasconde i misteri della “montagna”; e in tutti i tempi i popoli etnei sono arrivati a pochi passi da quel “fuoco” che, avanzando ora lento, ora furioso, ingoia terre e colture.
Negli ultimi anni, purtroppo, nelle autorità preposte ha prevalso una logica restrittiva indirizzata alla politica del divieto. Una situazione che ha allontanato l’Etna dagli etnei, interrompendo un rapporto millenario. Inizialmente gli eventi eruttivi sono stati vietati da ordinanze prefettizie. Nel 2013 è stato emanato dalla protezione Civile un regolamento di fruizione (Procedure di allertamento rischio vulcanico e modalità di fruizione per la zona sommitale del vulcano Etna) che vieta l’escursionismo libero in vetta, se non con l’ausilio di personale abilitato ai sensi di legge e in situazione di “criticità ordinaria”, ovvero in assenza di attività. Ancor più stringenti i divieti in caso di fenomeni vulcanici, anche abbastanza comuni, o di eruzioni, che impediscono di raggiungere i fronti lavici.
Una situazione che cancella il secolare rapporto fisico ed emotivo che le popolazioni etnee hanno sempre avuto con il vulcano su cui vivono.

Etnalibera
Contro questa situazione associazioni e cittadini si sono battuti cogliendo risultati parziali, come l’eliminazione dei divieti in Valle del Bove, tuttavia ancora lontani da una fruizione piena. Il Comitato Etnalibera, riunendo un gran numero di soggetti a cui sta a cuore il rapporto con la propria “montagna”, chiede una nuova regolamentazione per la fruizione della vetta dell’Etna e degli eventi eruttivi. Dopo un ampio confronto interno al comitato, è stato redatto un documento condiviso che può servire come base di partenza per l’istituzione di un tavolo tecnico-politico che affronti una volta per tutte la questione, attribuendo al Parco dell’Etna il compito della fruizione.

Nel documento Perché l’Etna non si può vietare, elaborato da Etnalibera, si legge, fra le altre cose, che i divieti sarebbero in contrasto con il diritto di circolazione dei cittadini tutelato costituzionalmente dall’art.16, e che contraddicono la presenza dell’Etna fra i Beni Patrimonio dell’Umanità UNESCO, poiché il territorio dovrebbe, al contrario, essere pienamente vissuto anche per non perdere i benefici derivanti dal “richiamo turistico che esercita l’Etna in occasione delle sue possenti manifestazioni eruttive ed esplosive”.

Etnalibera propone di restituire all’Ente Parco la piena responsabilità di regolamentare e gestire la fruizione dell’area protetta, monitorare il numero degli accessi giornalieri in vetta e aumentare il livello di informazione agli escursionisti e predisporre dei piani di fruizione degli eventi eruttivi.

Nicolosi, 10 luglio 2015
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Manifestazione
Il 10 luglio 2015 si è svolta a Nicolosi, nel piazzale del Museo della Civiltà Contadina, la presentazione del documento Perché l’Etna non si può vietare. Hanno partecipato circa duecento cittadini, nonché amministratori e politici del catanese. La Presidente del Parco dell’Etna, Marisa Mazzaglia, si è impegnata a convocare un tavolo tecnico-politico per discutere dell’esigenza di una nuova regolamentazione per la fruzione dell’area sommitale e degli eventi eruttivi, a cui sarà invitata una delegazione di Etnalibera.

Lo Studio Legale Onida ha inviato al Prefetto di Catania, per conto del Collegio delle Guide, una lettera nella quale vengono espressi forti dubbi sulla legittimità del contestato regolamento e delle ordinanze via via emanate.

Ordinanza 11 luglio
Un primo effetto della manifestazione si è già avito il giorno dopo, 11 luglio: il Prefetto di Catania, nel tentativo di estromettere le guide dalla battaglia in corso, ha emanato un’ordinanza di alleggerimento del pericolo ai crateri sommitali, per cui adesso le guide possono accompagnare i visitatori (costo a piedi € 20,00, con la funivia e i pulmini € 95,00 a persona ), mentre rimane l’interdizione per i singoli visitatori e i gruppi senza Guida Alpina autorizzata oltre quota 2800 m.

La discussione
Venerdì 17 luglio 2015 Francesco Vasta scrive su La Sicilia un articolo dal titolo Il Vulcano “libero” non può non essere anche sicuro di cui riportiamo la parte finale:
“… In effetti, anche solo negli ultimi mesi, ai pochi giorni di durata delle eruzioni del cratere di sud-est hanno corrisposto oltre duecento giornate di interdizione totale della «zona gialla» sommitale dove, anche in tempi di criticità ordinaria, il livello del rischio vulcanico resta alto e richiede sempre – stando alle procedure in vigore – «fruizione guidata».
Il ricordo, per altro verso, di eventi esplosivi come il noto episodio del 1979 – 5 morti fra turisti italiani e stranieri orrendamente mutilati e decine di feriti alla Bocca nuova, apparentemente quieta – o del 1929 – 2 morti al cratere centrale per «un’immane esplosione » che travolse gitanti di Piedimonte e Linguaglossae alla quale la «Domenica del Corriere» dedicò addirittura la copertina che pubblichiamo in un’altra pagina – fa da doloroso sfondo alla disputa.
«Veicolare l’idea che siamo noi a chiudere l’Etna è fuorviante – dice Nicola Alleruzzo, responsabile del Rischio vulcanico etneo per la Protezione civile regionale, fra gli autori del citato prontuario di allertamento – piuttosto è grazie al nostro piano che è oggi possibile accedere al vulcano, visto che fino al 2012 le ordinanze del Prefetto si rincorrevano di eruzione in eruzione, senza tener conto delle esigenze di alcuno». Nessuna preclusione, per Alleruzzo, all’idea del Comitato di assegnare al Parco dell’Etna la gestione della fruizione, «a patto che si attrezzi con i dovuti mezzi e fermo restando che i compiti di previsione e prevenzione del rischio gravano naturalmente sulla Protezione civile».
Carmelo Nicoloso, vicepresidente di Federescursionismo Sicilia, si domanda per tutti: «La Montagna dev’essere libera, certo, ma fino a che punto?», e d’altronde, fuori dalle statistiche, gli eventi gravi possono sempre accadere. «Il ruolo di scienziati e Protezione civile non può essere discusso, si tende a semplificare troppo la questione» aggiunge, mentre, sul possibile ruolo dell’ente Parco, Nicoloso esprime «forti perplessità».

Etna, 14 novembre 2002. Colata originatasi nel pomeriggio del 13 novembre 2002 dalla bocca eruttiva apertasi a quota 2700 m a sud dei crateri sommitali, in zona Torre del Filosofo. La colata si dirige ad ovest.
Colata originatasi nel pomeriggio del 13.11.2002 dalla bocca eruttiva apertasi a quota 2700m a sud dei crateri sommitali in zona Torre del Filosofo. La colata si dirige ad ovest. 2002.11.14


Osservazioni
Non bastano però ordinanze più o meno illuminate e comprensive, vogliamo che venga ripristinato lo stato di diritto di ogni cittadino di andare dove gli pare, anche ai crateri centrali dell’Etna, restando a carico della pubblica amministrazione l’obbligo di un’informazione puntuale e onesta sullo stato del vulcano, così come rilevato dalla costosa rete di rilevazione piazzata dall’INGV per conto della Protezione Civile.

Dopo aver letto attentamente il documento Perché l’Etna non si può vietare, aumenta la preoccupazione che i problemi legati alla libertà di accesso alle montagne stiano, anche in generale, aggravandosi.
Colpisce il livello di ingiustificate restrizioni in atto su una montagna di dimensione nazionale come l’Etna.
L’Osservatorio per la libertà in montagna è un libero gruppo di individui che hanno a cuore questo problema, che vedono con precisione la stoltezza di queste misure restrittive in un campo così necessario alla normale formazione materiale e spirituale dell’uomo.
E’ compito dell’Osservatorio, organo sostenuto dal Club Alpino Italiano, lottare contro la cecità dell’attuale ossessione per la sicurezza, primo elemento a sostegno delle tesi di divieto. Ossessione che crediamo fermamente possa essere sostituita dalla fiducia nel senso di responsabilità, qualità oggi così poco sostenuta dalla legislazione e dall’educazione a tutti i livelli di età.
Tutti i cittadini, dopo attenta riflessione, dovrebbero esprimere il loro pieno sostegno per la causa di Etna libera, impegnandosi a livello culturale, ma non solo, per il ripristino delle condizioni libere di visita e di frequentazione.

Altri documenti

Firma la Petizione on line

Adesioni alla petizione

Interrogazione ARS dell’On. Concetta Raia al Presidente della Regione a All’Assessore territorio e Ambiente 

Presidente Parco Marisa Mazzaglia: “Petizione di principio, che condivido totalmente”

Resoconto incontro del 10 luglio del Comitato Etnalibera a Nicolosi

Videointerviste agli escursionisti sui divieti in vetta

Interrogazione dell’On. Giuseppe Berretta ai Ministri Ambiente e Interno, e al Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega alla Protezione Civile

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Etna libera 4 ultima modifica: 2015-09-01T06:00:15+02:00 da GognaBlog

3 pensieri su “Etna libera 4”

  1. 3
    Alberto Benassi says:

    il rischio nell’ambiente naturale non solo non può essere eliminato. NON DEVE ESSERE ELIMINATO.

    In montagna alla mia sicurezza ci voglio pensare da me!

  2. 2
    Giuseppe Riggio says:

    Di tanto in tanto qualcuno decide che è opportuno vietare l’Etna. E’ un fenomeno carsico. Si inabissa, per qualche tempo non se ne parla più, poi all’improvviso riemerge fragorosamente. Accadeva nel passato, ancora peggio adesso nell’epoca in cui ci siamo abituati all’idea che ogni cosa possa essere “messa in sicurezza”.
    Già l’espressione – tanto in voga di questi tempi– merita un approfondimento. E’ bene infatti ricordare che solo da qualche decennio si è diffusa massicciamente l’idea che la vita debba scorrere entro delle barriere di protezione. Dei guard-rail che ci consentano di vivere più a lungo e di non correre molti rischi. Prima non era così. E forse non è a tutti evidente che l’obiettivo teorico della “messa in sicurezza” non è affare da poco. Significa adottare normative che obbligano a prevenire i rischi ponendo a carico delle imprese e dei cittadini una serie di comportamenti e di misure precauzionali. Sono regole che hanno dei costi ovviamente ingenti. Basti pensare alle precauzioni da adottare nei luoghi di lavoro o nei locali pubblici. Da qualche tempo, ad esempio, vengono sostituiti ed innalzate le barriere di protezioni sulle strade per evitare che le automobili – evidentemente lanciate a forte velocità – possano finire nelle scarpate.
    Nelle nazioni avanzate (anche se in maniera a volte differenziata) si ritiene che certe misure di sicurezza possano essere sostenute dalla collettività e dai singoli. Non sappiamo però per quanto tempo questo sarà ancora possibile. Per tornare all’esempio precedente ci si può chiedere: è opportuno continuare ad investire sull’altezza dei guard rail di protezione (a tutela di chi infrange i limiti di velocità) o forse sarebbe meglio tornare ad operare la manutenzione dei manti stradali e delle infrastrutture viarie essenziali?
    Al di la di queste considerazioni generali, estendere la regola della “messa in sicurezza” agli ambienti naturali diventa impresa del tutto irrazionale. Vietare l’Etna a cosa può servire? Sostanzialmente a proteggere il funzionario pubblico da accuse di tipo giudiziario in caso di incidenti. A null’altro. Tutti sanno che il rischio nell’ambiente naturale non può essere annullato. Si può (e si devono) fornire tutte le informazioni disponibili agli escursionisti per consentire di avvicinarsi al vulcano in maniera consapevole. In una sala operatoria si debbono applicare delle procedure che consentano la messa in sicurezza della struttura, ma alla fine il paziente dovrà comunque firmare una dichiarazione nel quale conferma di essere stato informato sui possibili rischi derivanti dall’operazione chirurgica. Figuriamoci sull’Etna dove resta comunque l’imprevedibilità tipica di un vulcano attivo e dove si va quasi esclusivamente e liberamente per godere di uno spettacolo naturale.
    Il divieto è un modo per rimuovere apparentemente il problema, oltretutto sapendo che il flusso informativo al turista sul nostro vulcano è ancora scandalosamente modesto. La Protezione civile si occupi di informare i visitatori dei possibili rischi e metta in piedi delle procedure per consentire una ordinata fruizione in caso di attività effusive o esplosive. Assicuri delle procedure serie di divulgazione delle notizie e degli eventuali stati di allerta. Ma smettiamola con la presa in giro dei divieti, che tanto – come tutti sanno – vengono regolarmente violati. Un po’ come certe strade provinciali che vengono ufficialmente chiuse al traffico quando c’è un muro pericolante, anche se tutti continuano a percorrerle regolarmente.
    Basta con provvedimenti che fanno male all’economia e ledono i diritti dei liberi cittadini senza aumentare realmente il livello della sicurezza.
    Senza dimenticare che un provvedimento di divieto che può essere aggirato pagando il servizio delle guide (circa 80 euro a persona durante la scorsa estate) ingenera una disparità inaccettabile tra i cittadini: la presunta condizione di “messa in sicurezza” dipende dalla capacità di pagare un servizio prestato da privati professionisti. Se non puoi pagare non puoi ammirare il vulcano.
    Lo Stato-dipartimento di Protezione civile certifica che se sei in grado di sborsare una cifra non indifferente il tuo rischio si riduce ad un livello accettabile, altrimenti non hai diritto a godere della montagna più conosciuta e affascinante che abbiamo in Sicilia.
    Per evitare questa odiosa disparità le stesse guide aderenti all’AGAI (Associazione Guide Alpine Italiane) hanno voluto sottoscrivere il manifesto di Etnalibera, proprio perché desiderano che i turisti scelgano la qualità del servizio prestato dalle guide alpine e vulcanologiche senza dover sottostare ad un odioso ricatto imposto dal regolamento di protezione civile.
    Qualcuno ha accusato i componenti del Comitato Etnalibera di essere dei “Rambo”. Nulla di più lontano dalla realtà. Ci ispiriamo (Giuseppe Riggio è portavoce del Comitato insieme a Sergio Mangiameli n.d.r.) ai centinaia di illustri viaggiatori che nei secoli hanno lasciato indimenticabili resoconti delle loro ascensioni sull’Etna. Ci piace difendere la libertà dei montanari che vanno sulle cime coscienti dei pericoli che corrono e quella dei normali escursionisti che debbono essere informati ed avvisati, ma non scacciati.
    Giuseppe Riggio, 14 ottobre 2015

  3. 1

    Mi permetto un commento e una precisazione a questa iniziativa.
    Essendo, da Direttore Responsabile del più conosciuto e diffuso periodico dedicato al turismo escursionistico e ambientale, a capo di un “osservatorio” importante sul mondo outdoor, più volte – dalle pagine della rivista che dirigo e anche nel corso delle mie trasmissioni televisive “Sentieri d’Italia” – ho “scomunicato” questa assurda pretesa della “politica” di vietare la fruizione degli ambienti naturali!
    In particolare, il divieto a salire sui crateri dell’Etna, uno dei luoghi più affascinanti dell’intero pianeta, è una ottusa e stupida “precauzione” che l’Ente pubblico usa per togliersi qualsiasi problema, evitando di dover intervenire, con adeguate e specializzate azioni, in caso di necessità.
    Privando però di fatto, la cittadinanza tutta, dell’inalienabile e gratuito diritto di godere, senza divieti, gabelle o “furberie”, del patrimonio comune.
    Perciò, la mia voce è NO AL DIVIETO!
    Immediatamente dopo, però, ritengo altrettanto indispensabile e non barattabile una importante sottolineatura.
    Se è vero che muoversi nell’ambiente naturale è un diritto, altrettanto OBBLIGATORIO è mettersi nelle condizioni di saperlo affrontare.
    Oggi, invalsa ormai l’aberrante teoria del “TUTTO IN ASSOLUTA SICUREZZA” – promossa da una legislazione focalizzata unicamente sul trovare a ogni evento un responsabile che “paghi” – pare che qualunque “avventura” sia possibile, senza “costi” nè esperienza, perchè tanto la tecnologia e i “volontari” che vengono a tirarti fuori dai guai ci sono sempre, poichè se un luogo è accessibile, significa che qualcuno è obbligato a mantenerlo in assoluta sicurezza fino al punto da risponderne.
    QUESTA E’ L’ALTRA FOLLIA CHE VIVIAMO!!! La Montagna, il Mare, la Natura, deve sì essere terreno dove esercitare il libero arbitrio, ma, così come per la circolazione stradale, le scadenze fiscali o la salute, bisogna conoscerne le dinamiche e rispettarne le regole.
    Vedo, quotidianamente, persone affrontare – soprattutto in montagna – situazioni e rischi che non sono in grado di gestire, perchè, tanto, se accade qualcosa “basta chiamare l’elicottero”!!!
    Il punto focale che fa da spartiacque tra l’evento accidentale e la stupida ignoranza/arroganza di troppi, che si mettono in condizioni di rischio, è questo.
    In un “ambiente naturale” antropizzato come il nostro, il soccorso deve essere una garanzia, MA NON UGUALE PER TUTTI! Poichè renderlo indiscriminato, senza valutare le cause che hanno portato allo stato di necessità, rende, di fatto, chiunque libero di “osare” anche senza averne i requisiti (allenamento, conoscenza, esperienza, attrezzatura adeguata, sopravvalutazione delle proprie capacità, sottovalutazione del rischio, etc).
    Questo non significa non intervenire, obbligo morale e civile nei confronti di chiunque si trovi in difficoltà, ma semplicemente inserire, l’accertamento di eventuali responsabilità personali nell’accadimento.
    In parole semplici, far pagare gli interventi di soccorso a chi si metta, volontariamente, in situazioni di rischio e difficoltà senza poter dimostrare di essere in grado di affrontarle e gestirle. Perchè un conto è essere presi da un fulmine mentre si arrampica una parete, altro scivolare su un sentiero perchè lo si affronta con le infradito! O, peggio, ma assicuro tutti che succede più volte durante le estati dolomitiche, chiamare l’elicottero del soccorso perchè si è “troppo stanchi” per proseguire, o perchè ci si è “incrodati” su una via ferrata affrontata con leggerezza e spesso senza l’attrezzatura idonea.
    Lo stesso vale per i crateri sommitali dell’Etna: avvisare che chi sale lo fa a proprio rischio, ed eventuali interventi di soccorso implicheranno la valutazione delle cause e l’eventuale pagamento dell’intervento in caso di riconoscimento di responsabilità – soggettiva e oggettiva – da parte dell’interessato.
    Sono tante e tali le incognite di un vulcano (terreno infido, sacche di gas, e soprattutto dislivelli importanti) che a fronte dei pochi che si sentiranno in grado, per capacità ed esperienza, di affrontarlo da soli, la gran parte preferirà comunque affidarsi ad accompagnatori esperti.
    Viva ‘a Muntagna, uno dei posti più “magici” su cui ho camminato

    Michele Dalla Palma
    Direttore Responsabile TREKKING&OUTDOOR
    Regista e conduttore del format TV “Sentieri d’Italia”

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