Ettore Castiglioni: riflessioni intorno a un riferimento

Oggi l’alpinismo sta concludendo una sua tappa storica e non sappiamo dove ci condurrà la sua trasformazione.

Ettore Castiglioni: riflessioni intorno a un riferimento
di Silvia Metzeltin
(pubblicato su Le Alpi Venete, autunno-inverno 2023-2024)

Cerco di ricordare – la memoria ricostruisce sempre, non fotocopia. Tuttavia spero di riuscire ad attualizzare correttamente il mio pensiero e di saper rendere a distanza di anni il rapporto – mio e di Gino Buscaini – con la figura di Ettore Castiglioni, che non abbiamo conosciuto di persona e solo per tramite di racconti altrui.

Mi si presenta l’immagine 1962 del nostro arrivo al rifugio Castiglioni sulla Marmolada, bagnati fradici dopo una notte di temporali passata bivaccando nel camino di uscita della via Vinatzer-Castiglioni, sulla parete sud, allora ambita e rinomata per le sue difficoltà. Credo di aver descritto a suo tempo la scena su LAV: in piedi sotto la grande fotografia di Castiglioni, lasciando pozzanghere di fango al nostro passaggio, desiderosi, che so, di una bevanda calda. Ma la cucina è chiusa, la sala di cui stavamo insudiciando il pavimento accetta solo dalle 18. Ricordo perfettamente il senso di complicità comprensiva che mi stava trasmettendo la fotografia.

Ettore Castiglioni in Patagonia, 1937. Foto: Fondazione Giovanni Angelini.

Negli anni successivi, con molta dedizione nostra al mondo delle Dolomiti, Ettore Castiglioni era poi diventato una figura di riferimento, in particolare dapprima per Gino Buscaini. Nella nostra cordata, nell’alpinismo e in seguito coniugale nella vita, stavamo mettendo in comune anche le nostre diversità individuali che si sono rivelate felicemente complementari. Gino era di grande abilità naturale sulla roccia, ma poco sportivo e detestava l’allenamento. Le molte ascensioni, pensandoci oggi, sono state per lui tappe di un percorso multiforme. Nell’alpinismo ha espresso soprattutto le sue predisposizioni artistiche, nella fotografia ripresa anche in parete e nei disegni. Poiché proveniva da formazione tecnica, specializzata per anni di carriera nell’Aeronautica Militare, aveva inoltre un occhio speciale per cogliere i dettagli, e un rigore responsabile nel valutarli. L’aereo non deve precipitare – l’alpinista che scala, neppure. Le descrizioni degli itinerari sulle montagne devono quindi essere le più precise possibili. E se possibile, verificate sul terreno.

Così, l’incontro di Gino con Ettore Castiglioni non è avvenuto sulle sue vie che abbiamo ripetuto, ma nelle descrizioni che Castiglioni ne faceva. Lo aveva preso a modello, gli piaceva il suo stile stringato senza gli svolazzi letterari che andavano per la maggiore, che allora rendevano spesso un po’ fumose le relazioni pubblicate. Gino le voleva di precisione tecnica, con impostazione rinnovata anche nella valutazione delle difficoltà e, fra le guide di itinerari disponibili in italiano prima della seconda guerra mondiale, le “Castiglioni” eccellevano. E si capiva che molti degli itinerari descritti erano stati percorsi di persona. Castiglioni, sempre ben allenato, era certo a volte un po’ sommario nel precisare le difficoltà tecniche, operando medie del tipo “III grado con passi di V” indicando il tutto di IV-, ma una nuova valutazione d’insieme delle difficoltà di un’ascensione era ancora da venire, e proprio da queste considerazioni Gino ne ha poi elaborato e applicato le prime versioni nelle proprie guide. Quando Gino, per combinazioni fortunate, si è occupato professionalmente della collana Guida dei Monti d’Italia edita dal CAI-TCI, riuscendo a pubblicare 8 volumi suoi e coordinare per trent’anni tutti gli altri volumi usciti, ha però incontrato anche un altro Castiglioni, oltre a quello delle relazioni stampate sui volumi di cui è stato l’autore nell’anteguerra. Quando una passione diventa lavoro, dappertutto emergono ostacoli che non si erano considerati. Riassumiamoli per questo caso in “intralci di burocrazia”: c’erano già ai tempi di Castiglioni.

Ettore Castiglioni con un conoscente. Il ragazzino, invece, è Saverio Tutino, nipote di Ettore, con il quale arrampicò nell’ultimo periodo della sua vita. Tutino diverrà il fondatore dell’Archivio diaristico di Pieve Santo Stefano, dove sono conservati anche i diari dello zio. Foto: Fondazione Giovanni Angelini.

Il quale Castiglioni, per fortuna degli alpinisti e della collana, scavalcò remore e lungaggini nell’ambito del CAI e del TCI presentando volumi già belli pronti, mentre le commissioni dovevano ancora decidere come e cosa pubblicare. Il rimando al colpo di mano coraggioso di Castiglioni, insomma a un piccolo “golpe” di iniziativa realizzatrice, è spesso stato per Gino un appiglio incoraggiante nei momenti in cui sono calate ombre burocratiche sulla collana. Quando Gino ha ripreso dopo trent’anni il rifacimento della guida Castiglioni delle Dolomiti di Brenta per la collana CAI-TCI, con il rinnovamento ormai indispensabile, ha voluto espressamente che il nome di Castiglioni come autore rimanesse accanto al suo.

Ho pensato spesso che, a parte le differenze di estrazione sociale e di formazione, Castiglioni avrebbe desiderato in realtà seguire il lavoro per la collana Guida dei Monti d’Italia, quel lavoro che, oltre vent’anni dopo, in altra modalità ha intrapreso Gino. Mi viene tuttavia da supporre che la personalità di Castiglioni avesse sfaccettature diverse da quelle di Gino, certo filosofiche più tormentate, e probabilmente più distanti da vocazione artistica creativa, nonostante gli interessi coltivati nel proprio ambito culturale.

Il mio approccio alla figura di Castiglioni è stato invece, diciamo così, più in versione romantica, benché tutto sommato si trovi oggi meno sbiadito storicamente. Confesso di essere ormai satura di descrizioni di itinerari, che non consulto più nessuna relazione, che mi domando semplicemente se su un monte che mi piace riesco a individuare un itinerario che mi attira e per me accessibile. Come facevo da ragazzina. Mi rimangono invece “le Castiglioni” che ho salito, magari ricordando anche la sorpresa di qualche passo di V che non mi aspettavo, e tornano presenti i compagni di allora. Siccome però il mio alpinismo spazia in filoni diversi, Ettore Castiglioni mi riappare anche nelle parole che portano la sua firma. L’alpinismo mi ha portato a studiare geologia, e penso di saper cogliere negli itinerari da lui descritti il riflesso dell’aver accompagnato il fratello geologo Bruno Castiglioni in molte esplorazioni. Riconosco dove i diversi modi di considerare le pietre e la costituzione delle montagne si sono intersecati felicemente. Per esempio nelle Pale di San Martino.

Oltre le Alpi, Castiglioni era interessato all’alpinismo extraeuropeo e ha pure curato per Alpinismo Italiano nel Mondo le prime raccolte di resoconti delle spedizioni italiane. La sua esperienza personale si è, credo, limitata alla spedizione di Aldo Bonacossa nelle Ande Patagoniche, nel gruppo Fitz Roy-Cerro Torre. Ritengo che nel 1937 lui fosse comunque troppo giovane, e di passione alpinistica esclusiva prorompente, per confrontarsi con le implicazioni politiche e sociali di quegli anni, sia in Europa, sia in Argentina. Il Fitz Roy non era stato ancora scalato, Ettore scalpitava, ma i compagni non possedevano la sua esperienza tecnica di alto livello su roccia, necessaria per seguirlo nel tentare l’ascensione. Mi è stato confidato che rimpiangeva di non essersi trovato lì con il grande Bruno Detassis, perché con lui avrebbe potuto portare a casa la prima ascensione di quello splendido monte. Non dimentichiamo però che in quella spedizione venne individuato e raggiunto l’intaglio di cresta da cui è poi partita la conquista sommitale del Fitz Roy quasi vent’anni dopo, intaglio che da allora si chiama Brecha de los italianos.

A me, oggi, viene da riflettere su una possibile illazione: Bruno Detassis era socialista – in una cordata alpinistica, questo non c’entrava di certo, ma chissà, forse nel 1937 per partecipare a una spedizione, sì. Castiglioni e Detassis: una cordata nel senso umano del termine. Sulla guida delle Alpi Carniche, ho incontrato la data di una via aperta da loro che corrisponde alla mia data di nascita. Bella casualità. Non mi sono invece mai addentrata in senso storico-politico nelle vicende per le quali Castiglioni è poi emerso nelle cronache dell’antifascismo. Della sua rischiosa attività clandestina di coraggioso accompagnatore attraverso la frontiera tra la Valle d’Aosta e il Canton Vallese, mi sono fatta idee solo personali, che ovviamente valgono per quel che valgono. Collego le sue azioni contro le disposizioni di legge, che potevano costargli la pelle come del resto è successo, non solo a motivazioni umanitarie che da sole non sarebbero state sufficienti, e forse neppure a convinzioni politiche precise, bensì al coraggio di prendere iniziative su responsabilità personale, anteponendo una giustizia morale alle ingiunzioni di regolamenti e decreti, per di più in tempo di guerra. Una rischiosa disobbedienza civile esemplare, per la quale penso che collocarne la memoria tra le azioni de “I giusti dell’umanità” non sia doveroso solo per la Storia e specifico per le vittime della persecuzione degli ebrei: ritengo che riproporla oggi sia doppiamente doveroso in senso molto più esteso, quando considero gli atteggiamenti di “servitù volontaria” dei tempi nostri.

Le guide compilate da Castiglioni per il CAI-TCI, esempi indiscussi di metodo e ricerca: Pale di San Martino (1935) e Odle-Sella-Marmolada (1937), quindi Dolomiti di Brenta (1949) e Alpi Carniche (1954), uscite postume.

Castiglioni è anche l’autore di Guida sciistica delle Dolomiti ( 1942), altro lavoro basilare per lo scoperta e la divulgazione della montagna (p.g.c. Fondazione Giovanni Angelini).

Nelle mie peregrinazioni letterarie, ho immaginato Castiglioni in fuga dal carcere di Sion dove gli svizzeri lo avevano rinchiuso, a scalarne le stesse mura di cinta come Farinet, il protagonista libertario del bel romanzo di Ferdinand Ramuz. Nel recupero della propria libertà e del proprio senso di giustizia contrario alla legge, Farinet fugge dal carcere ma va incontro alla morte sui suoi monti.

Cosa poi pensasse o meditasse davvero Castiglioni, nelle sue scelte esistenziali, nel suo modo di considerare e sperimentare le tappe della passione alpinistica, non lo so. Non mi va di giocare a interpretazioni psicologiche intorno agli scomparsi: appartengono al mio mondo culturale anche se non li ho conosciuti da vivi. Il mio tentativo di avvicinarli e di capirli sta nella rispettosa ricerca di possibili convergenze e sintonie, al di là del contesto storico che li ha condizionati.

Alcune sintonie, in certo qual modo, con un Ettore Castiglioni le posso intuire. L’insofferenza per imposizioni ritenute ingiuste, il bisogno di autonomia e libertà anche fisica, il gusto di un impegno scelto in diversi campi. La selezione nei rapporti di amicizia. Non escludere il confronto con domande aperte, né con domande che pur già sappiamo senza risposta.

Non escludere introspezioni, né verifiche scomode, né tensioni verso una trascendenza spirituale che possono albergare nel panteismo. Decidere con responsabilità personale le priorità da attribuire nella vita, accettando di poter commettere errori e di doverli pagare. Mi piace pensare che siano esistite persone che hanno cercato questi aspetti e valori nell’alpinismo e che tramite l’alpinismo li abbiano praticati. Mi piace pensare a consonanze fuori del tempo. Che sia esistito un personaggio come Ettore Castiglioni in quel mondo di “bellezza inutile” che ho scelto anch’io.

Oggi l’alpinismo sta concludendo una sua tappa storica e non sappiamo dove ci condurrà la sua trasformazione. Le personalità significative del passato possono parlarci ancora, ed è bene richiamarne l’importanza quand’anche fossero solo di nicchia; eppure temo che nella stessa nicchia sovente ci sia la tentazione di interpretarle, oltre le ricostruzioni storiche già di per sé lacunose, come allineate secondo tendenze del momento. Non mi garbano le biografie romanzate di una realtà ipotetica poiché, nel voler salvare il passato pur con le migliori intenzioni, applichiamo i nostri criteri attuali: non sapremo mai immedesimarci davvero nel contesto anche ideologico dei periodi che non abbiamo vissuto. Non mi garbano perché mi sembra che si commettano ingiustizie alla memoria, un peccato che si aggiunge a quello di una probabile incomprensione patita in vita. Possiamo solo salvare il rispetto.

Ettore Castiglioni sugli sci (traversata delle Pale di San Martino)

Non vedo il senso, per esempio, nel nostro mondo alpinistico, di voler confrontare un Castiglioni con un Preuss, o considerare le sue scalate secondo le regole sportive dell’arrampicata attuale. Anzi, proprio pensando a Ettore Castiglioni, a quello che sappiamo del suo alpinismo di ricerca personale e delle sue scelte, mi sembra che sarebbe più consono ricordarlo non applicando più il termine “etica” a regole sportive sulle chiodature in parete, bensì limitando il termine “etica” al comportamento morale praticato nei riguardi del prossimo, e non all’osservanza di regolamenti. Che anche nell’espressione gergale si chiarisca la differenza di significato e di valore tra i rischi di caduta in parete, accettati o meno, e i rischi impliciti nelle scelte che meritano di essere definite etiche. Non solo in montagna. Utile per chiarire anche l’astrazione del concetto di “rispetto per la montagna” tanto in voga mediatica, quando di rispetto ne abbiamo ben poco per il prossimo vivente e forse neppure in futuro per la sua memoria.

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Senza alcun riferimento con quanto riportato sopra, la redazione di GognaBlog offre ai lettori questa “chicca”: una lettera di Ettore Castiglioni (del 14 dicembre 1942) a Giovanni Bertoglio.

Ettore Castiglioni: riflessioni intorno a un riferimento ultima modifica: 2024-04-21T05:23:00+02:00 da GognaBlog

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119 pensieri su “Ettore Castiglioni: riflessioni intorno a un riferimento”

  1. Si vede che da noi siamo forgiati tutti allo stesso modo. A me capita molto spesso, ancora oggi, di incontrare in montagna allievi, anche di 20 o 30 anni fa, che mi ringraziano ogni volta per come li abbiamo impostati, innescando in loro una passione che sta durando per tutta la vita. Ringraziano me perché incontrano me o magari perché sono stati allievi quando io ero direttore, ma certamente nel ringraziamento coinvolgono tutta la scuola e tutti gli istruttori. Lo stesso mi risulta anche per gli allievi più recenti, che io conosco meno perché ora vado più di rado, ma che sono ugualmente riconoscenti verso gli istruttori di generazioni successive alla mia.

  2. @ Benassi, a me NON risulta che sia una questione, come dire?, “negoziabile”. Il modello è ben definito e chiaro. O ci si trova bene nel modello oppure si sta fuori dal modello. A me non risulta possibile che si possa stare in una scuola CAI (quindi per definizione nel modello che ha obiettivi e regole be chiare) e poi agire/ragionare con margini individuali così ampi… Qui da noi sarebbe impossibile, per questo sono stupito. Ciao!

  3. Benassi 89. Menomale che ci sono gli istruttori come te!!! Io ne conosco molti altri  anche molto giovani, e so che sono persone in gamba che apportano in seno al Cai dei valori legati a una frequentazione cosciente della montagna. 
    Non li nomino uno per uno per non innescare polemiche. Crovella dice montagne di minchiate che sono il marchio che fa considerare il Cai un ricettacolo di sfigati. Diciamolo francamente. Per fortuna ci sono persone capaci e in gamba che, pur applicando ‘sti cazzo di protocolli, apportano conoscenze e energie positive tra gli allievi dei corsi. Come guida mi capita spessissimo di accompagnare gente appena uscita da corsi Cai. A parte le differenti capacità individuali, si capisce subito chi ha avuto istruttori validi o no.
    Pur millantando doti di storico dell’alpinismo, il nostro, NON è competente in materia, come devo dirlo! Ma questo sarebbe un altro lungo discorso.

  4. I miei colleghi (ci conosciamo da una vita) che oggi occupano ruoli o in Commissione (nazionale o territoriale) o negli organi tecnici (Scuola centrale o regionale), se sentono discorsi come quelli che fai tu, gli viene l’orticaria e fanno un salto sulla sedia…

    Sicuramente conosceranno  il Gogna Blog quindi avranno letto queste mie considerazioni.
    Del resto arriva per tutti un momento in cui si è fuori dal tempo.
     

  5. “I miei colleghi …fanno un salto sulla sedia”
     
    Il che probabilmente rappresenterebbe l’unica attività fisica degna di nota che abbiano mai compiuto negli ultimi 15 anni
    Perché quelli che descrivi o immagini sono appunto istruttori non maestri e tantomeno alpinisti!

  6. Il sistema oggi preferisce stare molto abbottonato e limitarsi ai tre obiettivi chiave di messaggio didattico da dare agli allievi: 1) autodisciplina 2) prevenzione incidenti e gestione in caso capitino (manovre di autosoccorso ecc) 3) comportamento rispettoso dell’ambiente naturale. Tutti gli altri discorsi, per quello che mi risulta, non sono particolarmente “graditi”. I miei colleghi (ci conosciamo da una vita) che oggi occupano ruoli o in Commissione (nazionale o territoriale) o negli organi tecnici (Scuola centrale o regionale), se sentono discorsi come quelli che fai tu, gli viene l’orticaria e fanno un salto sulla sedia… E quelli che occupano analoghi ruoli e che conosco, pur non essendo della mia scuola, lo stesso. Per questo sono stupito che nessuno ti dica nulla. Però se non ti fanno appunti, non devi render conto a me, ma la sensazione è che non ti sia chiaro che il sistema è “da un’altra parte” rispetto a come ragioni tu. La mentalità che ti contraddistingue è roba da scuole CAI di decenni fa. Oggi NON è più così.

  7. Ideali nobilissimi i tuoi, ma (per quello che mi risulta) non fanno più parte dei prontuari centrali. I Maestri non sono utili all’obiettivo di omogeneizzazione nazionale e di standardizzazione del modello didattico CAI. Perché ogni Maestro è “maestro a suo modo”, per cui sfugge alla standardizzazione. I “formatori” invece sono figure standardizzabili e quindi coerenti con la scelta di sistema (in essere da almeno 25 anni!). Inoltre concetti come “spronare”, “far crescere”, peggio che mai “spingere” costituiscono terreni molto sdrucciolevoli (in senso metaforico) che oggi non piacciono al sistema, per le implicazioni di rischio e responsabilità. Sicuramente responsabilità durante le uscite ufficiali delle scuole e lì non ci piove, tra l’altro c’è stata un ulteriore irrigidimento post incidenti del recente passato. Ma anche in termini di possibile condizionamento (esagero: lavaggio del cervello) sull’attività privata degli allievi, laddove NON ci sono responsabilità oggettive né di istruttori né di scuole ecc, ma non si sa mai che piega possono prendere queste cose in Italia e cmq il danno di immagina sarebbe un prezzo troppo elevato che non è gradito al sistema.

  8. Alberto, fai pure, ma vivi nella mentalità che caratterizzava il mondo didattico CAI 50 anni fa

    Vedi Carlo, non bisogna vivere nel passato, bisogna essere aperti al futuro, alle novità, ai cambiamenti. Però c’è anche da essere onesti nel vedere la realtà degli accadimenti: non è sempre vero che le riforme, le novità,  migliorano sempre e comunque quello che è stato prima. Bisogna saper dare un colpo al cerchio e uno alla botte, se vogliamo che  la botte sia ben sigillata e non abbia perdite.
    Comportasi da buon Maestro invece che essere solamente un freddo e distaccato istruttore, non è una cosa negativa, quindi sbagliata. E’ un valore aggiunto. Anche perchè oggi le cose da manuale le trovi spiattellate dovunque. Quindi bisogna saper dare e  trasmettere quel qualcosa in più che solo uno che sa farsi ascoltare ne è capace.

  9. @88 saranno anche ingegneri, ma probabilmente non sono dei “veri” sabaudi. O cmq sono diversi da come ragioniamo nel ns giro. D’altra parte se sono tuoi conoscenti, difficile che siano a te antitetici (e, visto che invece tu ed io siano antitetici, probabilmente anche loro sono antitetici a me). Ci sono diverse “parrocchie”, ecco spiegato il mistero. Cmq, quelli che, in passato, hanno impostato la ns scuola su parametri molto rigidi o quelli che, nel tempo fino a oggi, hanno continuato a gestirla in analoga modalità, non sono certo quelli che tu hai interpellato, perché, se questi facessero parte della stessa scuola, non potrebbero ragionare diversamente da come mi esprimo io. Se non si ha proprio “quella” mentalità, non si sopravvive lì dentro, neppure da allievi

  10. Alberto, fai pure, ma vivi nella mentalità che caratterizzava il mondo didattico CAI 50 anni fa

  11. Crovella, non faccio altro che rispondere alle tue affermazioni, comunque  rispondo per l’ultima volta.
    Non mi interessa che il concetto di “maestro” lo riteniate  sorpassato. Per me è attualissimo e ti dirò di più ce ne è anche bisogno. Io ne ho avuti di ottimi e mi hanno solo fatto crescere e migliorare, mi hanno aperto un mondo. Possono solo essergli riconoscente.  Te lo ripeto per l’ultima volta,  perchè adesso mi sono venuto a noia: un maestro oltre che insegnare le dovute, necessarie e indispensabili manovre tecniche, trasmette dei valori e, se  “spinge” ma possiamo anche dire sprona, invita,  l’allievo a migliorarsi, che non vuol dire cacciarsi nelle rogne, quanto piuttosto aprire la mente oltre gli schemi, oltre le proprie convinzioni e mettersi in discussione,   non fa altro che il suo dovere.

  12. “ma la richiesta di “smetterla”  è implicita! Se uno critica la bulimia, come fastidiosa,  si aspetta che essa venga cancellata. “
     
    Intanto la tua non è bulimia è incontinenza e la differenza non è da poco.
    Comunque chiedere a qualcuno di limitarsi perché oggettivamente fastidioso è molto differente che chiedere di cancellarsi o chiedere che sia cancellato.
    Se non la capisci il problema grosso risiede nel tuo cervello, quello piccolo in questo povero blog continuamente inzaccherato dal prodotto della tua incontinenza.
     
    Quanto agli ingegneri sabaudi non dubito che tu ne conosca qualcuno, io ne conosco altri ben differenti e persino qualcuno che si esprime nei tuoi confronti con giudizi alquanto taglienti. E pure iscritti al CAI.

  13. 3) Benassi. Continui a non capire! NON si ricercano Maestri, ma formatori secondo i parametri previsti centralmente. L’idea dell’istruttore CAI come MAESTRO, ancorché nobile, è storicamente datata, te l’ho già detto. Nelle grandi scuole CAI del Nord tale visione dominava fino ai decenni ’50 e ’60. Nei ’70 c’è stata un’esplosione di libertà, ma FUORI dalla Scuole CAI, con il rifiuto dei maestri CAI. Negli ’80 è iniziato il riordino (abolizione corsi sezionali, ecc), nei ’90 l’irrigidimento (solo INA/INSA come direttori di scuola, solo IA/ISA come direttori di corso, ecc). Nel ’98 c’è stata la fusione che ha creato la CNSASA e da allora si procede (da ormai 25 anni!) verso il modello omogeneo e standardizzato. L’obiettivo è l’insegnamento agli allievi di: 1) autodisciplina, 2) prevenzione infortuni e 3)  comportamento nel rispetto dell’ambiente naturale. Un minimo di personalizzazione c’è, ma NON da arrivare a dire, anche se in buona fede, “spingete”, quando il messaggio chiave è “autodisciplina”. Quindi è una scelta di sistema, non di opinione dei singoli. Ripeto: sono stupito che nessuno ti abbia chiarito questi concetti, ma non è cosa di mia competenza. Se nessuno ti fa degli appunti, comportati pure come vuoi (qui da noi sarebbe impossibile), ma sappi che NON è il “vero” messaggio didattico dell’attuale modello CAI. Anche sue questa faccenda, assodati i punti, possiamo NON tornarci più su? Tanto non cambia nulla…

  14. 2) Cominetti: anche se aggiungi la seconda parte della frase, non cambia niente ai sensi dei “desiderata” centrali. Se tu ti presentassi agli esami da titolato e ti scappassero frase del genere (se non è questa, sarà un’altra equivalente: tu sei un antisitimico, per cui quello che pensi  e che dici è anti-desiderata centrale per definizione) ti rimandano a casa all’istante. 2b) Gli ingegneri  torinesi del mondo corse auto sono i creativi di quell’ambiente e NON rilevano sul mio ragionamento (non mi riferivo a loro, capisci sempre roma per toma). Preciserò meglio il concetto: ingeneri strutturali, cioè quelli che fanno i calcoli di struttura, che progettano palazzi, viadotti, gallerie, autostrade… cioè poesia zero, pragmatismo puro. In più “torinesi”, se vuoi preciso “sabaudi” (non iniziamo con la solta solfa…). Somma  il pragmatismo degli ingegneri strutturali con quello dei sabaudi e avrai il pragmatismo al quadrato, forse al cubo. Se non hai mai avuto a che fare con tali tipologie di persone (che io adoro, ma bisogna esserne affini per apprezzarli), non capirai mai cosa intendo. Per cui non torniamo sul punto. 2c) Da quello che scrivi non traspare che conosci il mondo didattico del CAI. Più volte hai ironizzato sul nome della nostra scuola, come se fosse una parolaccia, dimostrando di non sapere nulla né della scuola né di cosa significa l’acronimo.: prima di tranciar giudizi, acculturati in merito.

  15. 1) Matteo/Paolo: ma la richiesta di “smetterla”  è implicita! Se uno critica la bulimia, come fastidiosa,  si aspetta che essa venga cancellata. Sennò, basta dirlo una volta e…  vabbè ho già risposto “non tutti i gusti sono alla menta” (detto piemontese che Fissore certo conosce). Per cui ci sono quelli come me che amano la bulimia e quelli come voi che la detestano., ma entrambi avranno lo spazio a disposizione. Io amo i libri di 1000 pagine (es Guerra e Pace), mentre i romanzi di 100 pagine, che oggi vanno per la maggiore, in genere mi disgustano, proprio perché “corti”. Preso atto che abbiamo gusti diversi, inutile insistere. Tanto io non cambierò e resterò per sempre bulimico e voi non cambierete e resterete per sempre appassionati della sintesi. Bon: e che sarà mai? non siete né i primi né gli ultimi cui sto antipatico! Se mi fossi dovuto fermare nella vita di fronte a quelli che mi trovavano antipatico, non avrei fatto memmeno un decimo di tutto quello che ho fatto. Possiamo non tornarci più su? Non mi riferisco solo a voi due, ma in generale? E’ punto dal quale non se ne eswce, tanto io NON cambio. Vedrete invece che fra 15 gg al massimo un “nuovo” riproporrà il tema e di nuovo a sviscerarlo… alla fine, siete proprio tutti voi che cascate nel presunto difetto che mi rinfacciate (la ripetitività)

  16. Per cui se vuoi fare l’istruttore-maestro, bisogna sapere che non è quello che,

    77 Crovella, te sarai un istruttore, ma NON un maestro

  17. Proprio con gli ingegneri torinesi hai stuzzicato una delle mie passioni di gioventù: i rally e la storia sportiva della Lancia. Ci sono stati gli Ing. Limone e Lombardi che negli anni ’80 hanno sviluppato mezzi come la Fiat 131 Abarth, la Lancia 037 e la Delta S4 e poi la Integrale. Conosco ogni loro progetto e innovazione tecnica fin nei minimi particolari. Qui (e non solo) sei cascato proprio male.
     
    Chiedo scusa per le digressioni ma gli allievi vanno istruiti. E se serve, anche bacchettati.

  18. Estrapolare il mio passato “non guardo mai il bollettino” senza aggiungervi: guardo la neve, che completava la frase, significa non fare una giusta analisi.
    Il bollettino valanghe viene fatto dall’Arpa Veneto che si trova a poche decine di m da casa mia. Non dico di saperne più di loro, ma, visto che sulla neve ci vivo e opero giornalmente,  diciamo che mi fido della mia esperienza e consultare un bollettino non la ritengo una cosa indispensabile ma semmai complementare alle proprie conoscenze, se le si possiedono!
    Ovvio che se vado a Chamonix, mi informo da dei colleghi (visto che vivo distante) e magari il bollettino lo guardo.
    Ma non devo spiegarti questo per giustificarmi, lo faccio semmai per informare te.
    Sulla storia dell’alpinismo con e senza sci ritengo di saperne abbastanza da potere tenere una conferenza presso una scuola “blasonata” senza scrivermi un discorso e, pensa un po’, nella mia biblioteca domestica ho dei testi, tra gli altri, dello Ski Club Torino, che sono delle rarità. 

  19. #79 Grazie Matteo, mi sono letto e riletto i miei commenti e mi pare di aver criticato solo ed esclusivamente la bulimia commentizia con la pretesa del “verbo”. Ed è esattamente quello che penso. Per nulla pretendendo di cancellare o fare sparire qualcuno. Addirittura riconoscendo che scrive bene e che non sempre sono in disaccordo.

  20. @ 78
    Carlo, consentimelo: anche confrontandoti con chicchessia, è davvero arduo immaginarti come un farfallone.
    😀 😀 😀

  21. “ti senti autorizzato a “pretendere” che io sia cancellato (o che mi autocancelli,… Invece tu (in realtà non solo tu…) ci aggiungi il corollario (“e allora devi sparire”)”
     
    Crovella e dove di grazia qualcuno ha scritto tutte queste nefandezze contro di te?
    Io temo che tu abbia grossi problemi di lettura, di comprensione o un ridicolo complesso di persecuzione

  22. Cominetti, dimenticavo. Se scrivi che abbiamo la coscienza sporca (?) non sai proprio di cosa stai parlando. Ti ho già sottolineato tempo fa che è incredibile che una guida non abbia una infarinatura sulle scuole CAI più importanti storicamente. Non dico che dovreste conoscere tutti i dettagli (peraltro oggi recuperabili su internet), ma almeno avere una idea di massima… Stiamo parlando di scuole che hanno oltre 70 anni di vita! Senza aver neppure saltano una stagione di attività! La ns scuola è stata costituita e  messa a regime da diverse persone, ma professionalmente erano in gran parte ingegneri. Se non hai idea di cosa sia un ingegnere torinese (che somma la forma mentis dell’ingegnere con quella del torinese), ti dico solo che al loro confronto io posso apparire un farfallone superficiale. Quindi la scuola, fin dalle origini, è nata “blindata” su un modello organizzativo di stampo ingegneristico e torinese. Altro che coscienza sporca!

  23. Fissore: dai, proprio in montagna cui si da tutti del tu! Cmq nessuno qui si da del lei… fai un po’ ridere. Andiamo sul contenuto.  Dove il tuo ragionamento casca è proprio sulla conclusione. Siccome ti sta sulle palle il mio modo di fare allora ti senti autorizzato a “pretendere” che io sia cancellato (o che mi autocancelli, è lo stesso). E’ questo che non sta in piedi. Sei legittimato a dire che io non ti piaccio per nulla (la cosa non mi fa felice ma non mi addolora neppure). Ma poi deve finire lì. La frase deve avere un punto. Invece tu (in realtà non solo tu…) ci aggiungi il corollario (“e allora devi sparire”) il che è… una pretesa fascista e cmq senza fondamento. Cominetti: certo è buon senso… In realtà non mi pare che tu sia uno che segua il principio dell’autodisciplina (es hai scritto che non guardi mai i bollettini… cosa che se la dici ad un esame per titolati ti squartano seduta stante!). L’esempio della gita annullata è un esempio per sottolineare la differenza fra le due concezioni antitetiche della didattica: c’è chi ritiene di “spingere” gli allievi, chi di insegnare loro la ferrea autodisciplina. A tavolino non c’ è una scelta sbagliata e una altra giusta. E’ che il modello CAI ha sposato la linea dell’autodisciplina, quindi esclude l’altra. Per cui se vuoi fare l’istruttore-maestro, bisogna sapere che non è quello che, oggi, risponde alle scelte  centrali del modello CAI. O stai dento al modello e allora segui le direttive del modello, oppure stai fuori dal modello CAI.

  24. Crovella 70. Tutto giusto e ben fatto.
    Ma il metterlo in evidenza mostra solo di avere la coscienza sporca in un sacco di altre occasioni.
    Quello che è successo è una cosa normale. Non è un buon esempio. È l’applicazione di buonsenso
     

  25. Chiedo scusa per infrangere la promessa.
    Sig. Crovella, le dò del lei per educazione ( e anche nei social non dovrebbe fare schifo ), siccome non ci conosciamo e, visto l’atteggiamento, non posso dispiacermene.
    Lei non mi sta sulle palle come persona, come modo di fare nel reale, non la conosco. Come idee siamo certamente lontani, ma so cosa significa pluralismo. Lo stile di scrittura ( non mi hanno chiamato allo Strega, presuntuosi ! ) sicuramente buono.
    Quello che mi sta sulle palle è l’atteggiamento, insopportabile, per me.
    Sul fascismo degli antifascisti, meglio tacere.
    Auguri. Stop.
    Ad Alberto Benassi grazie per la segnalazione. Se capiterò da quelle parti, non mancherò.

  26. Saverio Tutino ha fondato il Piccolo Museo del Diario a Pieve Santo Stefano in provincia di Arezzo. Piccolo ma emozionante, dove sono raccolti e conservati i diari personali di persone comuni e sconosciute. Alcuni sono dei veri capolavori anche se scritti da persone quasi analfabete. Qui si può proprio dire che la storia siamo noi.

  27. Quella è la tua opinione (ma perché mi dai del “lei”?), legittima, ma perché la elevi sul piedestallo come se fosse la verità divina?. Non ti piace come scrivo, la bulimia, la ripetitività ecc. Embhè? e chi sei, il presidente di giuria del Premio Strega? Non tutti i gusti sono alla menta: da piemontese dovresti conoscere il proverbio. Non pretendo assolutamente di piacere a tutti, non è mai stato un mio obiettivo esistenziale. Nello specifico la ripetitività, come peraltro ho già spiegato più volte, deriva dal fatto che, una volta spiegato un concetto dovrebbe essere agli atti e invece, periodicamente c’è sempre qualcuno che lo tira fuori. Anche questo punto mi è già stato obiettato in passato e ho risposto tutelando la mia legittimità espressiva. Se tutto ciò è già stato spiegato 8anche più di una volta), perché lo ritiri fuori? Evidentemente perché ti sto sulle palle, come persona, come idee, come modo di fare, forse addirittura come stile di scrittura. Guarda che non sono né scandalizzato né offeso con te. Ma non puoi pretendere di contenere o addirittura zittire chi non ti piace solo perché ti sta sulle palle… ecco un altro classico esempio di “fascismo  degli antifascisti”.

  28. Sig.  Crovella, ai numeri che vuole, c’è l’imbarazzo della scelta.
    Mi trovo costretto a parlare di me, senza volerlo. Chiarisco, scrivo rarissimamente perché non ho il passato alpinistico e nemmeno le conoscenze di tutto il divenire dell’alpinismo e battaglie ecologiste e altro, che molti di quelli che intervengono in questo Blog hanno. Per rispetto e restare quello che sono. Mi sono iscritto anni fa perché quel mondo lo frequento comunque da più di 50 anni, qualcosa nel CAI ho fatto ( in tutti i ruoli fino al Presidente, dimissionario dopo 2 anni, per scelta non perché pescato con le mani nella marmellata ), mi piace leggere di Alpinismo, ho sempre stimato il Capo e la sua storia è sempre scritta bene e quasi sempre interessante, quando ci sono dei “pezzi” di Motti ( per me la penna numero uno ) mi deliziano, ecc.Mi creda, sono di una sponda diversa dalla sua e sovente (non sempre ) non sono d’accordo con lei, ma non è questo il punto. Ha tutti i diritti di esprimere il suo pensiero, anche più volte. Quello che ho scritto e come concetto “contestato”, e mi sembra piuttosto chiaro,  è il profluvio di commenti ripetitivi, una bulimia di penna pesante ( forse un giro da Motti non farebbe male), la ridondante autoreferenzialità.Certo si può non leggere e passare oltre come lei mi indica di fare, ma non è quasi mai un consiglio che fa onore a chi lo dà. Dovrebbe saperlo.  Chiedo scusa a tutti per il commento di stampo crovelliano, ma lo dovevo. Non ritornerò sull’argomento.
     

  29. Tanto per dire, 2 interventi di risposta a 1 solo per un totale di 39 righe contro 6…

  30. Torno sul tema messaggio da trasmettere agli allievi. Cito un evento recente. La ns. scuola ha organizzato un‘uscita (corso scialp. SA2) con caratteristiche tecniche che, a livello di normativa centrale, impongono un PRECISO rapporto numerico fra istruttori accreditati e allievi. Per motivi non imputabili alla volontà (influenza, lavoro/famiglia, cose così), all’ultimo il numero di istruttori accreditati non permetteva il pieno rispetto del rapporto numerico. C’erano altri istruttori disponibili, ma di categorie che, a prescindere dal livello di capacità individuale, NON rientrano nel calcolo del rapporto numerico. Forzando, si sarebbe anche potuto fare l’uscita. Ma, pur con buone condizioni niveo-meteo, la Direzione ha SCELTO di non fare l’uscita per due motivi precisi: 1) senso di responsabilità dei direttori; 2) dimostrare agli allievi che tutte le regole, comprese quelle burocratiche, vanno assolutamente rispettate, anche quando “costa” rispettarle (es NO gita, nonostante le condizioni OK). Se avessero derogato sulla regola, avrebbero dato un messaggio sbagliato agli allievi, cui “pestiamo” assai sul tema dell’autodisciplina in montagna. Io oggi NON ricopro ruoli decisionali nella scuola (ho già dato…), ma approvo in pieno la decisione proprio sul piano del messaggio didattico per gli allievi. Inoltre scelte di segno opposto non sono certo “quelle” cui si punta a livello centrale (dove operano alcuni di noi: non credo che “là” si pensi diversamente)

  31. Forse non lo richiedi tu, ma appoggi le richieste di altri… i mie interventi numerosi hanno la stessa motivazione dei tuoi: segnalare che non esiste SOLO una certa visione (“liberi tutti”) né sull’attualità generale (es tema israelo-palestinese) né sui temi di montagna. Spesso i miei interventi sono numerosi perché devo rispondere a numerosi interlocutori che ingaggiano polemiche dirette e personali con me. Siamo all’assurdo che, se tralascio di rispondere a qualcuno, costui si lamenta… salvo, poco dopo, rinfacciarmi l’eccesso di interventi… Non è meglio lasciare fluire il tutto senza tutte queste fisime? Tizio farà due interventi all’anno e Caio ne farà due milioni all’anno. E allora? se Caio è stupido o tale lo giudicate, lasciate perdere i suoi interventi… invece vi autoinfliggete la pena corporale di costringervi a leggerli, salvo incazzarvi per il contenuto e allora DOVETE fare tutta questa sceneggiata sui troppi commenti, troppo lunghi, troppo ripetitivi… quando il fulcro è che vi danno fastidio nei contenuti. Se io scrivessi due milioni di commenti, tutti “peace and love”, “istruttori maestri”, “Castiglioni eroe perché ha pagato con la vita l’essersi avventurato sul ghiacciaio in mutande”, “Gervasutti osa osa sempre e sarai simile a un dio” ecc ecc ecc, non solo NON protestereste per i due milioni di miei commenti, ma mi osannereste. Dimostrazione che quello che volete cancellare è il contenuto che esprimo, non il numero o la forma dei miei commenti.

  32. Faresti fatica a trovare un intervento mio ogni tre tuoi e perlopiù i miei interventi sono per sbugiardare i falsi che propali tu o Expo (e ai quali NON rispondete mai puntualmente)
    C’è fastidio ideologico?  Per le bugie di certo. ma IO non ho mai chiesto o minacciato di bannare nessuno, né per ideologia non conforme né per turpiloquio come hai fatto tu.

  33. Richiedere di autolimitarsi significa di fatto una richiesta OBLIQUA di censura. Tra l’altro non mi pare proprio che tu sia uno che si “autolimita” nel numero di interventi e neppure nella ripetitività delle posizioni.
    Ma poi perché certi lettori, che NON contribuiscono minimamente con articoli propri, né con segnalazioni a Gogna di articoli che poi, guarda caso, trovano pubblicazione, né con lavoro para redazionale ecc ecc ecc, si sentono autorizzati a mettere dei paletti, numerici o di contenuto? In realtà è una questione di fastidio ideologico, come ho già descritto, perché vi infastidisce che qui possano trovare spazio anche tesi che vorreste che, qui, fossero solo combattute e messe all’indice.
     
    Possiamo superare questo scoglio una volta per tutte? Lasciate che anche gli stupidi (questa volta non è un errore del correttore…) abbiano il loro spazio. Mi pare una pretesta fascista che certi lettori pretendano di mettere le regole, quando la linea editoriale fin dal 2013 è ben chiara.

  34. ” Il punto è che a quelli (come te) cui sta sulla balle che esistano persone con certe caratteristiche, vogliono cancellarle…”
     
    Piantala di dire balle e con questo giustificare: nessuno e ribadisco NESSUNO ha cercato di cancellare te o di impedirti di parlare (anche se mi par di ricordare che TU in passato invocassi l’intervento censorio del Capo!)
     
    Ti è stato invece detto e ripetuto che quando i tuoi interventi assommano dal 30% al 50% del totale non è più liberta, è abuso e colonizzazione da parte tua!
    Paolo ti è stato chiesto in maniera molto gentile di autolimitarti…e non è l’unico ad averlo fatto.
     
    E bada bene, non dico nulla sul tuo “fascismo dell’antifascismo”, che mi pare un fratello gemello della “mafia dell’antimafia”, cavallo di battaglia di noti boss mafiosi pluriassassini…

  35. Paolo, ma anche se fosse (docente-rettore-ego da niente), ma a te che te ne frega? Passa oltre… Ognuno esprime le sue caratteristiche, se quelle sono le mie (naturalmente non condivido fino in fondo, ma ora parlo provocatoriamente) a te che te ne frega… Io firmo sempre in prima persona (quando invece anche qui sul Blog ci sono frotte di commentatori che si nascondono dietro nick a volte individuali a volte doppi o tripli). Il punto è che a quelli (come te) cui sta sulla balle che esistano persone con certe caratteristiche, vogliono cancellarle… è quello che (estendendo a tutta la realtà) io chiamo il “fascismo degli antifascisti”. Siete per il pluralismo e la libertà di espressione? Ebbene andate fino in fondo: lasciate che ognuno esprima se stesso. Ripeto che risvolti quali “troppi commenti”, “troppo lunghi”, “troppo ripetitivi”… sono solo pretesti per cercare di operare una censura obliqua. Se scrivessi un muilione di dommenti del tipo “peace and love, giustizia, libertà, montagna senza regole, ecc ecc”, nopn solo NON prottereste, ma direste “viva Crovella, Crovella for presidente, quoto Crovella” ecc ecc. Il tuo ultimo commento dimostra che ti infastidisce il contenuto. Non sono scandalizzato, ma devi prendere atto che esistono anche persone come me e che, incredibile dictu!, tali persone ripugnanti vanno in montagna da decenni e, oltre ad aver diretto Scuole ecc, oggi sono perfino chiamati a tenere lezioni, conferenze e scrivere articoli/libri.

  36. Sig. Crovella. Io dico che più contributi ci sono e più è vivo il dibattito. Convintissimo anch’io, basta essere convinti che l’invasione di commenti ripetitivi (mi creda, non possono essere tutti ignoranti e duri di comprendonio. Qualche sospetto dovrebbe indurlo, altrimenti non chiamiamola mentalità fascista ma mi trovo incapace a trovare un altro termine), si configuri come contributo. Mi ripeto, e non voglio imitarla, tutto mi fa pensare al rettore, docente, esaminatore, castigatore del personale College.
    Non devo dire nulla al padrone di casa, gestisce il Blog come meglio ritiene e come è giusto che sia. Di sicuro in casi come questo e numerosi altri in cui casualmente è quasi sempre lei il protagonista-docente, è per nulla un esempio di dialogo costruttivo. Piuttosto l’esibizione di un ego da niente. 

  37. Crovella io non credo alle tue parole!
    Il Cai che dipingi, e magari ti auguri nella tua testa bacata, si baserà certamente su un modello didattico ben preciso, ma che l’istruttore pinkopallino non possa trasmettere esperienze e/o farsi maestro di chi partecipa come allievo, perché sennò viene bacchettato dai vertici apicali del “NSDAP” (sapendo della passione per le sigle di voi caiani col chiodo sull’elemetto ne ho volutamente scelta una emblematica e provocatoria), non me la credo proprio.
    Il fatto che ti piaccia ribadire all’infinito che dalle tue parti sarebbe inammissibile mi fa pensare che queste scuole caiane blasonate (tutti titoli autoconferiti) cui ti riferisci siano composte da istruttori/robot totalmente idioti. 
    Siccome penso che non sia affatto così, avendone più di un motivo, ritengo le tue reiterate affermazioni come la solita manifestazione di mitomania e squilibrio a cui ci hai abituati.
     
    Se così non fosse PREGO qualche istruttore sabaudo, pluri decorato, titolato, blasonato, lucidato, sbiadito o invertebrati di farsi avanti sostenendo o smentendo le tesi di Crovella, perché ne ho i coglioni veramente pieni.

  38. “Sono però stupido” finalmente un’affermazione su cui non c’è nulla da eccepire!

  39. Benassi. Ho usato volutamente il termine pretoriani, apparentemente in contrasto con il concetto “mito della libertà”, perché la società di oggi, dal tema Israelo-palestinese fino a questioni sul come andare in montagna, sta sviluppando quello che io chiamo il fascismo degli antifascisti. Quindi l’ossimoro ci sta tutto. Sul concetto di maestro, ho capito perfettamente che tu ti ispiri a quel concetto, ma ti ho già detto che è roba storicamente datata in ambito CAI. Il modello oggi è un altro, completamente diverso. Sono stupito che tu non abbia contezza della trasformazione che c’è stata, ma si vede che vivi ai margini e le informazioni non ti arrivano. Se nessuno ti dice niente, continua così. Sono però stupido perché qui da noi comportamenti del genere sono inammissibili. Anzi non si palesano neppure, non c’è bisogno di tirare le orecchie a nessuno.
    Fissore, ennesima riproposizione dello stesso tema. Possibile che salti sempre fuori qualcuno su robe già dette e ridette? Devi chiarirti con l’amminisitratore del sito. Io dico che più contributi ci sono e più vivo è il dibattito. Tutti quelli che anelano a un’area di commenti semideserta non si capisce perché accedano a un blog. In realtà c’è una strisciante censura obliqua: si cercano risvolti collaterali (troppo commenti, troppo lunghi, troppo ripetitivi) per cercare di escludere contenuti che infastidiscono, proprio per la loro fondatezza.

  40. Caro Paolo, “e se in inglese non è giusto”  meglio ancora, perché sarebbe perfettamente in linea con il personaggio! 🙂

  41. Questo spazio si chiama GognaBlog. Al bel scritto della Metzelin, 57 commenti, 17 del sig. Crovella, quasi il 30%. Mi permetto di proporre di cambiare il nome in Crovella’s college ( e se in inglese non è giusto, non è questo il punto ). Credo ci siano i termini per un intervento dell’antitrust, un College con una persona che raduna in sé la figura del rettore, unico docente per tutte le facoltà, della commissione esaminatrice, del “bacchettatore” virtuale con aspirazione anche alla fisicità, …
    Mi tengo fuori dal chi erano e cosa hanno fatto Castiglioni e Gervasutti (non ho abbastanza conoscenza della loro storia), del protocollo didattico del CAI (e qui qualche conoscenza in più c’è l’ho) con inquadramento militaresco, ecc. ma nessuno può farmi credere che dire/sproloquiare in questo modo assoluto abbia un senso di confronto e di portare un contributo a un dialogo. E non vale dire che questi studenti proprio non vogliono capire, ignoranti i irrecuperabili.
    Ma nemmeno un predicatore di 2000 anni fa… aveva la pretesa di avere il Verbo…
     
     

  42. Pertanto è doppiamente sbagliato pensare di conquistare la mia eventuale “approvazione”, tanto non sono io che devo pronunciarmi in merito a livello istituzionale.

    Ribadire di avere una visione diversa, non vuol dire cercare un tua  “approvazione”. E’ solo sottolineare un diversa visione della figura dell’istruttore che va oltre il solo rigido schema puramente didattico. Per me l’istruttore dovrebbe essere sopratutto un MAESTRO, che oltre a insegnarti le tecniche del manuale, sappia anche trasmetterti dei valori che sul manuale non ci sono.
    Se te non lo approvi a me, in fondo, non interessa. Quello che mi interessa e che lo apprezzino gli allievi. E la mia esperienza, in tutti questi anni, mi porta  a dire di essere assai apprezzato.

  43. A differenza dei pretoriani del “mito della libertà”, io non ho i paraocchi e sono libero di valutare lucidamente cosa accade intorno a me.

    Crovella 55
    Il termine PRETORIANO mal si addice ad accostarli al “mito della libertà”  i pretoriani erano garanti di un potere dittatoriale, altro che libertà.
    Quindi non invertire i ruoli. Qui se c’è un pretoriano sei te.
     

  44. Su Castiglioni: ma avete letto bene i libri tratti dai suoi taccuini? Mica da tutti perché Tutino la maggior parte non li hai mai fatti vedere… Leggete attentamente e, secondo me, capirete che qualcosa “stona” nella ricostruzione mitica del personaggio… 

  45. Detto ciò (e spero di non doverci tornare), confermo che io, allo stato attuale, io sono un normale istruttore (cioè non ho compiti istituzionali) e inoltre appartengo ad un OTTO diverso da quello TER (Toscana Emilia Romagna), per cui non spetta a me preoccuparmi della coerenza o meno di istruttori che operano lì o in altri OTTO ancora. Pertanto è doppiamente sbagliato pensare di conquistare la mia eventuale “approvazione”, tanto non sono io che devo pronunciarmi in merito a livello istituzionale. Volete fare l’istruttore ciascuno a “suo” modo? A me risulta che il principio sia conflittuale con le regole del modello. Tuttavia ho già detto che evidentemente si procede morbidamente, trattandosi di un ruolo da volontari, e anziché fare antipatiche polemiche con istruttori dalla contenuta vita residua, si “lavora” sulle giovani generazioni, che assicurano il futuro delle scuole e del modello intero (principio che condivido in pieno).
    Incasso con piacere la simpatia di Bragantini e spero di arrivare un giorno a contraccambiarla, perché no? A differenza dei pretoriani del “mito della libertà”, io non ho i paraocchi e sono libero di valutare lucidamente cosa accade intorno a me. Può valere anche per altri: certo devono cambiare le prese di posizioni e soprattutto l’eventuale modo di porsi. se uno parte con le contumelie, a me non fa una piega (ho la pellaccia da rinoceronte), ma non mi fa venir voglia di andargli incontro…
     

  46. Sul punto “capire o accettare” sfugge proprio l’assioma di base. Il modello didattico del CAI è rigido: se oggi si vuole fare l’istruttore CAI, non è possibile farlo da un lato col bollino CAI e dall’altro dire “non accetto questo o quello”. Piuttosto, si sta FUORI del modello CAI e si fa attività didattica in un ALTRO contesto. A quel punto le autorità preposte al controllo non avranno di che dire, se uno sta FUORI, ma se uno sta DENTRO al modello didattico del CAI,  certo che hanno da dire. Ribadisco che l’idea diffusa sul personaggio Gervasutti è in genere impropria, proprio perché egli era molto ermetico e lo conosce di più solo chi lo ha studiato a fondo, non chiunque abbia letto il suo libro e basta. In particolare la sua concezione di istruttore è molto caiana (con linguaggio attuale): si dedicava ad allievi che erano sconosciuti terzogradisti, insegnando loro ad andare in sicurezza ma sempre sul terzo grado, MAI ha spinto gli allievi a fare “dei più”. In ogni caso, anche se fosse fondata l’idea generale su Gervasutti, egli ha operato, come istruttore, fra anni 30 e 40, cioè 80-85 anni fa, quando il modello didattico del CAI era agli albori (quasi inesistente): Da allora acqua sotto i ponti ne è passata a vagonate e il modello didattico odierno del CAI è cosa completamente diversa. Per cui pensare di proporsi, OGGI, come un istruttore “alla Gervasutti” (nell’accezione cmq sbagliata) è storicamente datato e sbagliata, in quanto non allineata ai protocolli in essere.

  47. Alberto, Matteo, Marcello e tanti altri, credo di avere anch’io robuste credenziali anti-crovelliane, potrei narrare diversi episodi; penso di essere quasi un pioniere nel campo, direi un sansepolcrista se il richiamo non suonasse contraddittorio. Però  la crovelliana, tetragona capacità di affrontare i ragionamenti come le contumelie, spendendo sempre le medesime argomentazioni, ad nauseam direi, mi sucita alla fine una inspiegabile ma irrefrenabile comprensione, che confina quasi con la simpatia. Parcete Crovellae, dai

  48. Niente, non riesci proprio a capire

    Crovella, non è che non lo capisco, non lo accetto, non lo condivido. E’ diverso e te lo ribadisco!!

    e, da distante, ti senti autorizzato a ripetere la tua idea,

    Certo che mi sento autorizzato, mica sono l’ultimo arrivato.
     

  49. Niente, non riesci proprio a capire. A parte che non sai neppure cogliere quanto ho scritto (la mia frase è chiarissima, come fa a costruirci sopra quelle tue fisime?). Cmq, ti sei creato una “tua” idea di Gervasutti, peraltro senza neppure esser cresciuto nello stesso ambiente associativo (quindi senza neppure aver avuto a che fare con l’eredità ideologica e didattica del personaggio…) e, da distante, ti senti autorizzato a ripetere la tua idea, che NON è quella corrispondente alla realtà. (A parte che GG operava 80 anni fa circa, in un modello didattico CAI che NON era uguale a quello CAI “omogeneo e centralizzato” di oggi, altro concetto che ti ho ripetuto mille volte e che non riesci proprio a capire).
     
    Bertoncelli. Capisci perché DEVO ripetere gli stessi concetti milioni di volte?

  50. Cioè che le mie tesi di Gervasutti molto “caiano” (usando linguaggio di oggi), cioè molto coinvolto nell’attività del CAI, istruttore a disposizione di alpinisti medi, capogita di gite sociali affollate e spesso in piacevole compagnia, ebbene la mia tesi di un Gervasutti non solo “eroe solitario dedito alle grandi imprese”, è una tesi che scombussola molti lettori, li infastidisce.

    Crovella, l’unico che si può infastidire sei te. Perchè oggi sarebbe un istruttore fuori dai tuoi canoni. Un istruttore che potrebbe creare scompiglio e pericolose illusioni negli allievi.

  51. Le mie considerazioni riportate al 48 NON riguardano te, ma i pretoriani della censura. La ripetitività dipende dal fatto che spesso i pretoriani ripropongono a rotazione gli stessi strali. Chiarisco il punto con uno e me ne esce subito un altro. Certo si potrebbe silenziare il tutto, ma allora che senso ha un dibattito? Altro punto: il ricercatore che ha elaborato la tesi su Gervasutti delatore è tutt’altro che un imbecille. Io non condivido la specifica posizione su GG, ma l’ho citata per sottolineare un’altra cosa. Cioè che le mie tesi di Gervasutti molto “caiano” (usando linguaggio di oggi), cioè molto coinvolto nell’attività del CAI, istruttore a disposizione di alpinisti medi, capogita di gite sociali affollate e spesso in piacevole compagnia, ebbene la mia tesi di un Gervasutti non solo “eroe solitario dedito alle grandi imprese”, è una tesi che scombussola molti lettori, li infastidisce. Ma è una tesi addirittura moderata rispetto ad altre conclusioni. Io non condivido la faccenda dell’OVRA, ma va chiarito un punto. Cioè il mito che per esser grandi alpinisti si deve essere limpidi, intonsi, nobili, superiori ecc, per cui NON è proprio possibile che Gervasutti o, mettiamo, Castiglioni si siano “sporcati”, perché altrimenti non avrebbero realizzato le loro scalate. Un elemento della compagine torinese dei ’30 era magistrato del Tribunale Speciale (quello che condannava gli antifascisti) eppure arrampicava bene e gli altri si legavano con lui senza reticenze.

  52. “Cioè volete cancellare i pensatori a voi antitetici pur di non esser disturbati nella vostra convinzione”. 
     
    Carlo, per quanto mi riguarda io vorrei soltanto cancellare i commenti oltre il ventesimo al giorno, il centoquarantesimo alla settimana, il seicentesimo al mese, il settemilatrecentesimo all’anno.
    E pure quelli che ripetono le stesse cose per quarantasette volte. 
    Tutto qui. 
     
     

  53. “Cioè volete cancellare i pensatori a voi antitetici pur di non esser disturbati nella vostra convinzione”
     
    Autocritica e pudore, zero eh?

  54. Caro MG, a proposito di giudicare i fatti e non insultare, mi sono appena accorto che nel mio commento 22 ho apostrofato come imbecille l'”analista” secondo il quale Gervasutti fu addirittura informatore dell’OVRA. 
    Beh, ho sbagliato. 
     
    Il tizio ha “solo” sparato un’idiozia. Un’idiozia astronomica. 

  55. Non voglio farmi coinvolgere in polemiche del genere, ma è incredibile quanto sia inestirpabile la propensione (che è sempre quella di un “certo” orientamento ideologico) a ergersi come “giardinieri” del blog, con il compito di ripulirlo dalla erbacce giudicate malsane e puzzolenti. Lasciate che, nel caso, agisca Gogna: perché dovete intervenire voi con tale fare censorio? E se non condividete il laissez faire dell’amministratore, che permette (a vs giudizio) la sopravvivenza di schifezze indegne, chiedete lumi al suddetto amministratore. Semmai polemizzate con lui per la sua scelta “libertaria” (incredibile, siamo al paradosso!). Invece, oggi uno, ieri l’altro, domani l’altro ancora, agite come i bambini dell’asilo. Cioè volete cancellare i pensatori a voi antitetici pur di non esser disturbati nella vostra convinzione che la realtà non comprenda anche l’opposto di quello che pensate voi (e che voi vorreste vedere qui in modo esclusivo). E’ questo cancro di fondo che sporca lo spazio web, non i pensieri a voi opposti, al di là che questi ultimi siano fondati o meno.

  56. Un bel respiro profondo e  un sorriso e togliamo il disturbo da questi posti, tossici, dove l’inquinamento ideologico, scorre a fiumi, dove i manganellatori di tastiera soprafanno quelli fisici, dove la ratio e la sintesi, e il mondo colto raramente vi entrano, entrano facilmente fango e scarponi malmessi, poi taluni energumeni di ritorno da epiche imprese resistenziali e al limite che sentenziano, come devi scrivere, e cosa devi scrivere, dove annunciano l’invettiva ,poichè non sei dei loro, loro chi poi non è dato sapere. in quanto esistono, loro sono loro e voi nun siete un cazzo, questi signori in una pubblica assise parlerebbero da soli a se stessi o sarebbe presi a calci in … esatto..il difetto sta nel manico.in effetti il blog alla lunga si rivela per quello che è, e il suo gestore accondiscende, a tale procedere, la balla del blog libero, Sig.Crovella, non esiste, è e resta solo una balla ,una mistificazione per  veicolare solo cose gradite, o ingeneranti attenzioni finalizzate ad altri scopi. Ai Sig, censori, correttori di bozze, ……..stilisti del mercato rionale………

  57. CAro Bertoncelli
    l’attacco non è alla persona, che si commenta da sè, quanto ipiuttosto ai modi ai toni e ai contenuti (ottusi, poveracci, mistificatori e quasi sempre fuori contesto) che quella persona usa qui (e presumo nel resto del mondo, ma sono affari suoi).
    Mi ero ripromesso di non intervenire più, poiché trovo particolarmente desolanti le diatribe da cinquecento commenti di uno contro tutti in cui si ripete all’infinito un assioma campato in aria (faranno piacere i click a Gogna, ma di certo hanno desertificato  questo luogo e ucciso ogni confronto …) . 
    Mi ha però  particolarmente disturbato vederli spesi anche su un articolo di una splendida autrice come la Metzelin, su una figura emblematica e a cui sono particolarmente legato come CAstiglioni, sul quale è stato sparso  dubbio e schifezza con tesi senza senso e senza costrutto (se ha scritto venti anni prima le guide dei monti d’italia era fascista anche lui…. sic!). 
    Per fortuna su Castiglioni esistono fiumi di letteratura seria e non saranno le tesi bislacche di un sedicente storico sabaudo che ha scritto tre cartelle su un blog ad offuscarne la memoria. 
    Ma ho comunque sbagliato, perché ho ridato il la all’ennesima tiritera sui contestatori gli antisistema i nuovi mattini  etc. 
    non accadrà più. buona giornata
     

  58. Il 38 è un classico esempio di attacco sul terreno personale da parte di chi si inalbera perché sul Gogna Blog non ci sono solo inni alla libertà tipici di quella ideologia che io chiamo “nuovimattini”. Qualche giorno fa ho spiegato le contraddizioni di chi si aspetta qui un tazebao (forse ho scritto “un giornale di partito”) e non un vero spazio di dibattito, come invece inteso dal padrone di casa. Certo che partire con “sei veramente un povero ottuso, ignorante e mistificatore” non aiuta per un confronto sereno… Sulle mie ricerche in tema di storia dell’alpinismo, temo che dobbiate informarvi meglio. Le mie ricerche su Gervasutti (confluite in una molteplicità di conferenze e di scritti, fra cui una miriade di articoli su riviste come Meridiani Montagne e poi anche qui sul Gogna Blog, nonché alcuni ospitati perfino sul sito CAAI) sono molto accreditate. Ho contribuito a far luce sul personaggio anche con la scoperta di una parte dell’archivio di Gervasutti finito (per ragioni troppo lunghe da sintetizzare) in un’altra casa torinese. Dal solo Gervasutti, ho poi spaziato ad ampio raggio e non solo su Torino. Su Castiglioni – in versione scialpinista – c’è un mio articolo qui sul Blog, mi pare di averlo già linkato. Non voglio dire di più per non dare appiglio a chi poi vuole accusarmi di lustrarmi la medaglia, ma di fronte a affermazioni infondate e fuorvianti, frutto solo di un livore astioso e incomprensibile (se non per il discorso di cui sopra), una precisazione va fatta.

  59. Possiamo naturalmente criticare chiunque, se riteniamo che abbia scritto una bestialità, una castroneria, un’idiozia, addirittura una menzogna. 
     
    Però, per favore, giudichiamo i fatti e non insultiamo le persone.
    Insomma, se proprio vogliamo essere pesanti, limitiamoci a“tu hai scritto una bestialità” e non “tu sei una bestia”. Basta e avanza. Grazie.

  60. Il commento di Matteo@37 mi pare opportuno. Chi aveva conosciuto solo il fascismo e non aveva alle spalle una famiglia che gli potesse dare le chiavi per “leggere” la storia, era ovviamente, direi necessariamente fascista. E una volta cresciuto e maturato, si contrapponeva per rifiuto irreprimibile al fascismo che aveva potuto conoscere dagli atti. Castiglioni sarà pure andato a Capodanno alla villa sul lago di Como mentre il Bruno marciva in prigionia, però ci ha lasciato la ghirba (certo Crovella non voleva dire la ghiera) per tornare a fare il passeur sfidando la polizia svizzera che lo imprigionava. Non era un incosciente, era un coraggioso cui era tante volte andata bene, e sperava che la fortuna lo avrebbe sostenuto ancora una volta. Onore al suo coraggio e alla sua ribellione dunque, e ancora grazie a Silvia Metzeltin, un’alpinista. Con l’apostrofo.

  61. Del resto Crovella è un nessuno che se non avesse questa ribalta dove qualcuno  che ha evidentemente tempo a disposizione per  continuare  a ribattergli  consentendogli   di scrivere cinquecento commenti inutili e tautologici, sarebbe  ignorato dal mondo alpinistico e non.
    Invece che continuare a scrivere fregnacce su Castiglioni, leggiti i Giorni delle mesules e il vuoto alle spalle, del tuo collega Ferrari. MAgari (anche se ne dubito) impari qualcosa su una delle personalità più belle e interessanti di quel periodo  sotto il profilo alpinistico, culturale e umano. 
    Un consiglio ai lettori, anche se comprendo che dinanzi alle ridondanti fesserie di un ottuso arrogante non sia semplice,  onde evitare di rendere anche il post di una splendida personalità come la metzelin, che è invece bellissimo, la solita latrina crovelliana, smettiamo di replicare, a un saccente dall’ego  straripante e inversamente proporzionale alle sue competenze.
    Le cazzate appassiranno da sole.
    Statemi bene.  
     
     

  62. @ 35 sei veramente un povero ottuso, ignorante e mistificatore.
    CAstiglioni nel 1943 era ufficiale alla Smalp quindi evidentemente sino a quel momento era inserito nel sistema, rendendosi poi conto – come molti  in quel periodo – che le cose non erano come sembravano , faccenda che li ha portati a scelte radicali (per una storia  interessante e molto bella, legata alle cinque terre  e alle apuane, consiglio un volume recentemente uscito su Dario Capellini, sottotenente in grecia e poi passato alla resistenza dapprima sui monti del cuneense e poi della Lunigiana).
    Continuare a sostenere tesi a vanvera  pur di aver sempre  ragione, dichiarandosi colleghi di Albino Ferrari e di altri storici dell’alpinismo (ci dici qualcuno dei tuoi libri sul tema? perchè a parte un paio di romanzucoli di appendici on line non ho trovato nulla) mistificando i fatti e sostenendo tesi contrarie a verità storiche è desolante e qualifica come un poveraccio chi è legato a simili miserande dinamiche.
     

  63. “ma si sa come è andata”
     
    Tu dimostri di non saperlo proprio, sia la storia di Castiglioni che l’antifascismo in generale e di travisi il poco che sai.
     
    Certo che erano tutti fascisti, indottrinati fin da piccoli e senza alcuna alternativa effettiva.
    Anche gli alpinisti, come altri sportivi e come praticamente tutti i resistenti e i partigiani, prima erano stati fascisti.
    L’Italia era così, non solo l’alpinismo
     
    Ma qualcuno, gente come Castiglioni o Cassin, ha saputo capire quanto quel mondo e quel regime fosse sbagliato e si è opposto, come poteva e quando poteva.
    Qualcuno ci ha perfino lasciato la pelle, come Ratti.
    E’ questo che li ha fatti grandi, non le Vinatzer-Castiglioni o le Ratti-Panzeri

  64. Quanto al concetto di “doppio”, è evidente dall’obiezione che non è stato proprio capita la mia precedente considerazione, ma non la ripeto, tanto, se non l’avete capita la prima volta, non lo capireste neppure adesso, così come dimostrate di non riuscire a ccogliere lo spirito didattico del CAI, né quello degli anni ‘30, né quello attuale.

  65. Nel raccontare gli ultimi mesi di Castiglioni l’ho fatta breve, anche per il limite di battute, ma si sa come è andata, non è un commento in un blog il luogo dove ricostruire. Non credo proprio che l’ultimo Castiglioni sia un’icona che il sistema istituzionale ama sbandierare come “eroe”, anche se il tutto va contestualizzato nel contesto preciso (evasione ecc, ma una volta evaso c’era modo e modo di affrontare la montagna). Il Castiglioni storicamente importante è quello precedente, quello anni ’30, tra l’altro importante anche come scialpinista oltre che come arrampicatore e compilatore di guide (una guida anche scialpinistica sulle dolomiti, vedi mio articolo: https://gognablog.sherpa-gate.com/prefazione-alla-guida-sciistica-delle-dolomiti/). Ma come quasi tutti gli accademici del periodo (’30) neppure Nino era del tutto privo di un coinvolgimento istituzionale con il CAI del momento, che era estremamente fascistizzato (il presidente Manaresi è stato nominato direttamente dal regime), sennò non avrebbe potuto pubblicare i volumi della GMT. Coinvolti lo erano quasi tutti, ripeto più per opportunismo che per effettiva ideologia, da Gervasutti a Cassin a Comini (che fu addirittura nominato Commissario prefettizio a Selva di Val Gardena), per cui non scandalizziamoci, l’alpinismo al tempo era così, altro che “inno alla libertà, alla ribellione, all’anti-istituzionalizzaizone”! Castiglioni mi pare proprio che prese anche lui la medaglia d’oro del regime, per la via sulla Marmolada con Vinatzer. 

  66. “Sale in montagna, in Valpelline, poi, mentre cerca di andare in Svizzera, i gendarmi lo arrestano”
     
    E tanto per cambiare non conosci, ricordi male e pretendi di insegnare e trarre insegnamenti morali…perfetto modello di istruttore caiano (con la O di Otranto)
     
    Castiglioni era già entrato illegalmente in Svizzera (non stava andando) per portare oggetti a Saverio Tutino che vi era internato. E’ stato fermato dai Gendarmi in val Bregaglia e detenuto al Maloja (non c’entra niente la Valpelline) ed è fuggito per paura di essere ricondotto in Italia dove era ricercato per renitenza e per aver fatto espatriare molti ebrei e i fratelli Einaudi (questo è avvenuto in Valpelline, l’estate precedente).
     
    Essere liberi può significare infrangere la legge e aiutare a infrangerla, quando questa è moralmente sbagliata e ripugnante, portare aiuto a chi è in difficoltà e qualche volta dover rischiare la vita piuttosto che sottomettersi, preoccupati sopratutto di cosa i fascisti avrebbero potuto fare alla propria famiglia.
     
    Andare in montagna non c’entra nulla e solo un imbecille o qualcuno in malafede potrebbe confonderlo con cercare di fuggire.
    Per questo tu non puoi capire.

  67. Tornando a Castiglioni, se esser “liberi” significa perdere lucidità a tal punto da partire, senza pantaloni né scarponi, per un colle glaciale di oltre 3000 m, tra l’altro in marzo (quando in quota è ancora inverno) e quindi rimetterci la ghiera… beh, io dico senza peli sulla lingua che sono ben felice di esser un istituzionale e un sistemico, cioè che NON amo andar in montagna cosi’ e che NON insegno ad andare in montagna in tale modo così privo di lucidità e ragionevolezza. E inevitabilmente il CAI non può che esser istituzionale per definizione, per cui non solo non diffonderà mai ne’ esaltera’ mai approcci così irragionevoli, ma cerca di educare gli allievi delle scuole CAI a comportarsi in modo razionale, maturo e assolutamente prudenziale.

    Per quanto la vicenda dei suoi ultimi giorni sia avvolta nel mistero, confondere l’evasione e la fuga di Castiglioni con “andare in montagna”, come se si trattasse di una gita di piacere, mi sembra un errore talmente marchiano che mi sento ridicolo ad evidenziarlo.

  68. Tornando a Castiglioni, se esser “liberi” significa perdere lucidità a tal punto da partire, senza pantaloni né scarponi, per un colle glaciale di oltre 3000 m, tra l’altro in marzo (quando in quota è ancora inverno) e quindi rimetterci la ghiera…

    ma che c’incastra il praticare una  libera attività alpinistica con questo?!?!?
    Chi ha mai detto di spingere gli allievi ad andare in montagna d’inverno in perizoma. 
    Crovella non sparare cazzate mettendo in bocca agli altri le tue invenzioni per sminuire il pensiero altrui.

  69. Io per istituzionalizzato intendi che GG era molto coinvolto nel CAI, e ne ruolo di istruttore ad alpinisti medi, molto caiano per usare termini di oggi.

    se fosse vera questa tua descrizioni di Gervasutti, allora dovremmo dire che Gervasutti, oggi , sarebbe un istruttore “doppio”  come te hai definito quelli che fanno gli istruttori, ma poi non seguono una attività personale in linea con l’essere istruttore, non istituzionale.  Insomma sarebbe un cattivo istruttore.

  70. Volete un esempio di un alpinista anni 30 veramente antifascista? Massimo Mila, che pagò con 5 anni di carcere (mentre i suoi amici continuavano ad arrampicare…) le sue idee, senza camuffarsi fra le pieghe del sistema. Tornando a Castiglioni, se esser “liberi” significa perdere lucidità a tal punto da partire, senza pantaloni né scarponi, per un colle glaciale di oltre 3000 m, tra l’altro in marzo (quando in quota è ancora inverno) e quindi rimetterci la ghiera… beh, io dico senza peli sulla lingua che sono ben felice di esser un istituzionale e un sistemico, cioè che NON amo andar in montagna cosi’ e che NON insegno ad andare in montagna in tale modo così privo di lucidità e ragionevolezza. E inevitabilmente il CAI non può che esser istituzionale per definizione, per cui non solo non diffonderà mai  ne’ esaltera’ mai approcci così irragionevoli, ma cerca di educare gli allievi delle scuole CAI a comportarsi in modo razionale, maturo e assolutamente prudenziale.

  71. Pur avendo studiato anche la figura di Castiglioni, non posso affermare che lo conosco così in profondità come Gervasutti. Certamente ci sono altri, fra cui Marco A. Ferrari, che lo conoscono molto meglio di me. Tuttavia l’ho studiato assai anche io e posso dire che il Castiglioni veramente ribelle e insofferente è solo quello dei suoi ultimi mesi. Sale in montagna, in Valpelline, poi, mentre cerca di andare in Svizzera, i gendarmi lo arrestano, poi (la faccio breve) scappa senza pantaloni né scarponi, cerca di scavalcare un colle glaciale, a marzo. In più sul ghiacciaio lo prende un tempesta e non sopravvive. Pare un iconoco partigiano Johnny, ma il Castiglioni degli anni 30 non era così. Era molto inseroto nel sistema. Ha scritto diversi volumi della Guida Monti d’Italia e, se fosse stato avverso al sistema, il CAI fascisticizzato di quegli anni non glielo avrebbe permesso.

  72. Sicuramente però Gervasutti non si è mai contrapposto apertamente al regime. Questo è acclarato. Oltre alle foto che ho citato stamattina, è ormai noto che è stata trovata, nel suo archivio, la tessera del PNF. Ovvio che era per opportunismo, per poter fare ascensioni presso il confine o addirittura in Francia, ma intanto era ufficialmente iscritto. E durante la resistenza (43-45) non si è mai schierato apertamente, è sempre stato defilato. Questo è comprovato. Infine la famosa fase “osa oda sempre e sarai simile a un dio”, che tanto danno ha prodotto alla memoria di Gervasutti, se uno la analizza lucidamente è più unavfrase “fascista” che altro, in quanto intrisa di cultura superomista, di cui in realtà Gervasutti non è mai stato espressione.

  73. Fabio, non spetta a me dire pubblicamente nome e cognome di chi sostiene tale tesi, peraltro diffusa anche tramite scritti storici. Mi limito a dire che, alpinisticamente parlando, è perfino più accreditato di me. Condividiamo il piacere di fare ricerche su molti personaggi della storia alpinistica, compreso Gervasutti. Parliamo spesso e io ho molta stima di questo altro collega storico. Su Gervasutti abbiamo una differenza di vedute solo su questo punto. Non mi metto io a descrivere le argomentazioni in base alle quali il mio collega sostiene la sua tesi. Io personalmente non penso che Giusto fosse un delatore. Certo è che era molto più istituzionalizzato di come alcuni lettori (di questo blog) lo hanno mitizzato. Io per istituzionalizzato intendi che GG era molto coinvolto nel CAI, e ne ruolo di istruttore ad alpinisti medi, molto caiano per usare termini di oggi.

  74. Potrei riportare parole che Bruno De Tassis mi ha detto conversando in amicizia al “suo” Brentei ma non lo faccio per rispetto di Bruno, socialista sì, internato in un campo di concentramento mentre l’altro si preoccupava di come andare alla villa di Como per il Capodanno. Ecco, su Castiglioni “politico” e “antifascista” io avrei molte domande da fare e che ho fatto al nipote Saverio Tutino senza ottenere risposte…

  75. Crovella, sei come la Meloni: invece di rispondere a domanda precisa di Cominetti, ci hai sommerso di minestroni pur di aggirare lo scoglio.

  76. Vi entra poco,ma credo,e non me ne abbia,il Sig.Crovella,che sia superficialità nel classificarlo un nostalgico e reazionario di destra etc.etc.invece sia più riconducibile al pensiero Stirneriano,l ‘unico e la sua proprietà,riassumendo,per l’ordine,certo,ma da buon anarchico.Altri sono i manganellatori nel blog.Dai quali sarebbe certamente fuggito il Castiglioni

  77. Caro sabaudo ignorante (nel senso che ignori le più ovvie regole), se il tuo primo commento a un articolo a firma Metzeltin inizia con “un ulteriore minestrone”, parrebbe ovvio a un parlante italiano che al suo articolo ti riferisci. 
     
    Se nel commento a un articolo che riguarda Castiglione tiri in ballo ipotesi infondate su presunte appartenenze politiche di Gervasutti (che affermi di non condividere nemmeno tu) solo per avvalorare le tue stupide classificazioni ideologiche, stai inquinando l’atmosfera.
     
    Preoccupati della tua ignoranza, delle tue fissazioni al limite del patologico e impara a esprimerti.

  78. “Esiste una linea di analisi storica, che sul punto io NON condivido, ma che ha una sua valenza, secondo la quale Gervasutti sarebbe stato un agente in incognito dell’OVRA (la polizia politica del regime), da cui si faceva pagare per relazionare “cosa si diceva” nell’ambiente degli alpinisti.”
    Quale linea di analisi storica? Chi? Nomi e cognomi! Le prove!
    Se si hanno documenti, si mostrino! Altrimenti si taccia! Se non si tace, non avendo nulla in mano, si fa sciacallaggio ai danni di un morto. 
     
    UN UOMO DEL VALORE DI GERVASUTTI VENDEVA ADDIRITTURA  INFORMAZIONI SUI SUOI COMPAGNI DI CORDATA? COME UNA LURIDA SPIA? 
    MA CHI È L'”ANALISTA” – UN IMBECILLE – CHE LO SOSTIENE?

  79. https://youtu.be/sQTYoc9OcFY
    Rispetto e Onore a quest’ Uomo. Doveroso preservarne il ricordo in questi tristi tempi rigurgitanti razzismo , guerre e smemorata politica.
    Splendidi spunti di riflessione intimi che ci fa condividere la  Metzeltin . BELLO!

  80. @19 Silvia Metzeltin non c’entra nulla, se la citi non hai capito niente (come ti capita spesso). Ho parlato di lettori, le polemiche con insinuazioni personali si svolgono in quell’ambito. Si tratta di “tipici” lettori (che ho ben descritto in precedenza), fra i quali ci sei dentro anche tu, in pieno. “Smettila” al massimo potrebbe dirlo il padrone di casa, nel suo ruolo legittimo, e invece non lo dice, né a me né ad altri, proprio per scelta editoriale (che evidentemente non riesci proprio a focalizzare). Circa Gervasutti collaborazionista dimostri la tua profonda ignoranza (nel senso latino “che ignora”) in merito alla storia dell’alpinismo. Esiste una linea di analisi storica, che sul punto io NON condivido, ma che ha una sua valenza, secondo la quale Gervasutti sarebbe stato un agente in incognito dell’OVRA (la polizia politica del regime), da cui si faceva pagare per relazionare “cosa si diceva” nell’ambiente degli alpinisti. A parte ciò, è innegabile che Gervasutti abbia fatto parte di gruppi in cui diversi maggiorenti alpinistici del periodo sono sfilati in camicia nera in Piazza Venezia (poiché premiati con medaglia d’oro per le loro imprese alpinistiche) e/o sono stati ricevuti (sempre in camicia nera) dal Duce a Palazzo Venezia è provato da foto indiscutibili.

  81. “Ulteriore minestrone…Ma che c’entrano le scelte personali, ideologico-politiche, con l’alpinismo? il vizio di fondo è che partite…Non focalizzate invece … in odor di collaborazionismo col regime, come una certa lettura storica fa dello stesso Gervasutti …”
     
    Chi è che non perde occasione per tirar acqua al suo mulino?
    Ma poi minestrone chi? La Metzeltin?
    E poi la boutade su Gervasutti collaborazionista…maddeché? Collaborazionista come Cassin che aprì la via del Littorio o Castiglioni che il fascismo premiò con la medaglia d’oro.
     
    Smettila di inquinare tutti i thread con la logorrea delle tue fissazioni e delle tue frustrazioni.
     
    Bellissimo e toccante scritto su una delle più belle persone che hanno calcato le montagne.
     
     

  82. Alberperth
    .Ribadendo il forte valore icastico delle ultime 4 righe,il Sig.Crovella a parte alcuni arzigogoli,tipici,in realtà emerge essere una sorta di rasoio di Ocam,in effetti,analizza con lucidità deduttiva l’argomento,Suo difetto,è un tuttologo,il pregio è che in materia alpinistica molte volte ,purtroppo per i suoi dettrattori si avvicina alla ratio cartesiana.Esatto

  83. Anticipo una obiezione. E’ molto raro, per non dire che non succede MAI, che io parta con polemiche personali e/o insinuazioni e/o valutazioni sulle persone. Normalmente esprimo delle posizioni oggettive, che sono molto chiare e quindi “nette” (e, in quanto tali, infastidiscono i fan dei “nuovi mattini”). Certo, se vengo attaccato a titolo personale, da buon schermitore paro e rispondo su tale terreno Ma in linea di principio io NON sono interessato a battibecchi da bar, a stuzzicare tizio o a descrivere i difetti di caio o a sottolineare le contraddizioni di Sempronio… come invece è abitudine nei mie confronti.
    Altro punto. Il fatto che io abbia una mentalità “istituzionale”, che inevitabilmente è antitetica al “liberi tutti”, non significa che, in qualità di storico dell’alpinismo, io sia un detrattore dei nuovi mattini, intesi sia come movimento anni ’70 che come come vari personaggi anche precedenti (è il caso di Castiglioni, può esserlo Gervasutti, ma solo in certi termini che non voglio qui ripetere, ecc). Anzi proprio il mio distacco ideologico ed emotivo da tale filosofia mi permette di analizzare più lucidamente i movimenti alpinistici e i vari personaggi.

  84. Siete fuori luogo. Cerco di non usare troppe righe per ripetere la solita solfa. C’è una schiera di lettori, che non sono pochi (ecco il perché del “voi”), schiera che oggi si esprime col suo rappresentante Caio, ieri con Tizio, domani con Sempronio, ma alla fin fine la linea è quella. È una linea che, legittima ex ante, casca sistematicamente in un errore di base, quello di rivolgersi al Gogna Blog come se fosse l’organo di partito di un orientamento alpinistico, quella che io chiamo “i nuovi mattini” (NB: al plurale). Cioè ci si aspetta che, siccome Gogna è stato in prima persona un alfiere di tale approccio, il suo blog ne sia il giornale di partito. Cosa che sarebbe legittimissima, se, però, fosse la scelta di Gogna. Siccome, (leggere Chi Siamo), Gogna ha optato fino dal 2013 per un’altra impostazione, cioè di spazio di dibattito dove possono esprimersi la destra come la sinistra, chi pensa al blog come a un giornale di partito, resta disorientato e infastidito dalla presenza di interventi antitetici. E’ come se il lettore del Manifesto vi leggesse sopra miei articoli o il lettore del Secolo d’Italia vi leggesse articoli di Fratoianni. Ma l’errore sta “a monte”: credo di averlo spiegato efficacemente. Gran parte delle sterili polemiche “personali”, che sporcano solo il Blog (nonché rischiano di depauperare il lavoro che si fa per alimentarlo), hanno questa causa d’origine. Non sarebbe male se la si superasse una volta per tutte.

  85. @ 13
    “Scusa Crovella, ma perché dai del “voi” a Cominetti?” 
    Gianni, tu forse credi che Carlo usi il “voi” di mussoliniana memoria. 
    E invece no! 
     
    Lascia che dia la mia interpretazione , dato che ormai, dopo tanti anni di “crovellate”, mi ritengo un esperto “crovellologo” (che fortuna!).
    Quando si esprime cosí, Carlo non pensa al Duce, bensí a Savonarola che si rivolge al volgo: Pentitevi!“.
     
    P.S. Carlo, dico bene, vero?

  86. Ribadendo il forte valore icastico delle ultime 4 righe,il Sig.Crovella a parte alcuni arzigogoli,tipici,in realtà emerge essere una sorta di rasoio di Ocam,in effetti,analizza con lucidità deduttiva l’argomento,Suo difetto,è un tuttologo,il pregio è che in materia alpinistica molte volte ,purtroppo per i suoi dettrattori si avvicina alla ratio cartesiana

  87. Bellissimo. Sono questi gli articoli che mi piacerebbe leggere quotidianamente sul Blog.

  88. Inoltre il sopracitato errore di lettura si mescola con un altro profondo errore, tipico dei lettori antisistemici, cioè che “alpinismo” sia solo quello di vertice, quello di punta, quello dei “grandi”, mentre nella realtà esistono folle immense di alpinisti “medi”. L’errore è come se si pensasse agli “automobilisti” solo come se fossero i piloti di F1, mentre invece la massa degli automobilisti è costituita da chi si muove la domenica su banalissime berline ai 110 km/h . Dal punto di vista numerico, l’ “andar in montagna” NON è costituito dai top climber, passati o attuali, che statisticamente sono una minima porzione dei frequentatori della montagna, ma da “quartogradisti amatoriali”. Per i quali i concetti di sistemici o antisistemici possono esser molto diversi rispetto a quelli dei top climber.
     
    Conseguenza di tutti questi errori basilari “ di lettura” è aspettarsi che una rivista/spazio web di montagna parli “solo” di alpinismo o di alpinisti di vertice. (ricordato, cmq, che anche questi ultimi sono molto diversi l’uno dall’altro). Infine dispiace constatare che ogni articolo, anche di nobile scrittura come questo, sia strumentalizzato per basse polemiche esistenziali a livello individuale. La mia sensazione è che ci si rivolga alle riviste/blog per trovare affermazioni di ribellione antisistimaica e si resti quindi infastiditi se non è “solo” così.

  89. Ulteriore minestrone, che difficilmente si può dipanare in poche battute. Ma che c’entrano le scelte personali, ideologico-politiche, con l’alpinismo? il vizio di fondo è che partite dall’assioma che l’alpinista sia esclusivamente un ribelle del sistema, in quanto ricercatore della libertà esasperata fino alla ribellione. Non focalizzate invece che sono due panieri diversi, che possono o non possono andare a braccetto. Ci sono stati e ci sono alpinisti ribelli e, invece, alpinisti che, seppur grandi alpinisti, non sono stati per nulla ribelli e anzi sono stati molto allineati. Addirittura alcuni sono in odor di collaborazionismo col regime, come una certa lettura storica fa dello stesso Gervasutti (alla faccia di chi, invece, lo sbandiera come alfiere della libertà sfrenata). Più in generale il principio è che si può essere alpinisti e poi si può esser “sistemici” o “antisistemici”, perché le due cose non si collegano assolutamente. trattasi di tabella a doppia entrata, con quattro categorie: 1) alpinisti capaci e sistemici; 2) alpinisti capaci e antisistemici; 3) alpinisti non capaci e sistemici; 4) alpinisti non capaci e antisistemici.

  90. Mi emoziono sempre venendo a conoscenza di simili gesta e sono felice d’avere numerosi amici che perseguono così alti ideali.
    Grazie per il consiglio di lettura!
    E tanti complimenti alla Signora Meztelin per la sua ricerca perpetua.

  91. Non mi sono invece mai addentrata in senso storico-politico nelle vicende per le quali Castiglioni è poi emerso nelle cronache dell’antifascismo. Della sua rischiosa attività clandestina di coraggioso accompagnatore attraverso la frontiera tra la Valle d’Aosta e il Canton Vallese, mi sono fatta idee solo personali, che ovviamente valgono per quel che valgono. Collego le sue azioni contro le disposizioni di legge, che potevano costargli la pelle come del resto è successo, non solo a motivazioni umanitarie che da sole non sarebbero state sufficienti, e forse neppure a convinzioni politiche precise, bensì al coraggio di prendere iniziative su responsabilità personale, anteponendo una giustizia morale alle ingiunzioni di regolamenti e decreti, per di più in tempo di guerra. Una rischiosa disobbedienza civile esemplare, per la quale penso che collocarne la memoria tra le azioni de “I giusti dell’umanità” non sia doveroso solo per la Storia e specifico per le vittime della persecuzione degli ebrei: ritengo che riproporla oggi sia doppiamente doveroso in senso molto più esteso, quando considero gli atteggiamenti di “servitù volontaria” dei tempi nostri.
     
    Sarei curioso (non penso di essere il solo), di sapere cosa ne pensa il “Catenacci” Crovella, di questa figura esemplare di alpinista, intellettuale e antifascista che tanto si oppose alla legge che riteneva ingiusta pagando con la vita. Grazie.

  92. Grazie Silvia per questo scritto, voli sempre alto nelle tue riflessioni. In particolare, oltre a quanto già sottolineato da altri nei commenti precedenti, mi fa piacere leggere quanto scrivi sull’uso – e l’abuso – di parole importanti come “etica” e “rispetto”. E sul rispetto della memoria.

  93. Mi piace pensare che siano esistite persone che hanno cercato questi aspetti e valori nell’alpinismo e che tramite l’alpinismo li abbiano praticati. 
     
    Chapeau!
    Al protagonista e a chi li ha qui colti.

  94. Al Sig. censore.. giusto proteggere i propri estimatori, fans? no! potrebbe essere letto, antinfiammatori, meglio il primo. .comunque ribadisco il concetto espresso e poi cancellato, dell’ottima,riflessione articolo, le  ultime quattro righe ..essenziali.. ed icastiche.. mi fermo qui…ci siamo capiti.

  95. Se desiderate passare momenti piacevolissimi, anche di riflessione, leggetevi il libro Alpinismo a tempo pieno. È l’autobiografia di Silvia Metzeltin edita da Dall’Oglio nel 1984 e inserita nella collana Exploits.
     
    Il libro naturalmente è esaurito.
    Riuscire a procurarsene una copia fa parte del gioco. Un bel gioco!

  96. Che penna Silvia Metzeltin! Merita davvero tanto di quel rispetto che spesso gli umani non hanno. Grazie per questa lezione magistrale. Se Castiglioni potesse leggere le sarebbe certamente grato.

  97. Grazie a Silvia Metzeltin per questo bel ricordo di una persona che per ogni persona appassionata dell’alpinismo e interessata alla sua storia dovrebbe conoscere meglio. Grazie anche per le parole sulle biografie romanzate e per il tentativo di fare chiarezza sull’uso delle parole, e dei sottostanti concetti che troppo spesso usiamo senza discernimento. E grazie per il contributo che anche lei ha certo dato alle guide curate, o coordinate, da Gino Buscaini. Piacevole il lieve accenno alle valutazioni delle difficoltà delle guide del grande Ettore Castiglioni, su cui ogni alpinista alle prime armi ha sbattuto il muso…

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