Metadiario – 236 – Gli occhi del toro (AG 2001-006)
Le Kitzbüheler Alpen si distribuiscono su un territorio complesso ma abbastanza omogeneo nelle sue caratteristiche di diffusa praticabilità. Ci sono innumerevoli possibilità escursionistiche su un terreno che va dal selvaggio al colonizzato, per tutti i gusti.
Il 4 agosto 2001, provenienti da Levanto, arriviamo a Kitzbühel: questa volta la sistemazione in casa privata non è un gran che. Casa piccola, poco luminosa, un bagno con i sanitari marroni e la padrona di casa non proprio simpatica che abita al piano terra. Ma ci accontentiamo, anche perché a preoccuparmi maggiormente era il tempo, poco adatto alle riprese fotografiche. Infatti il giorno dopo è dedicato alla visita della cittadina, un vero e proprio seightseeing.
La personalità di Kitzbühel mi ha colpito improvvisamente, all’ingresso della colorata e viva principale via della cittadina, la Vorderstadt. Circondati da una folla di turisti tra i quali parecchi italiani, ci sembrava d’essere a Cortina o in qualche altro posto esclusivo del genere. Ma le case erano così diverse, e pure le torri che le dominavano, e le chiese. Iniziammo una visita accurata di tutti i punti d’interesse, dalla chiesa parrocchiale con il suo cimitero a quella di «Unsere lieben Frau» e quella di S. Caterina; poi l’Hotel Goldener Greif ed il suo portale gotico, la Hinterstadt, la casa di Toni Sailer, la Pulverturm, anche i monumenti moderni come la Fontana dei Camosci o quello ai Combattenti per la Libertà. L’impressione di amore per la propria città domina su tutto, anche sugli oggetti non bellissimi. Ma è una sensazione valida e determinante solo per chi non è in attesa dell’inverno e dei suoi divertimenti. Sembra infatti che la maggior parte della gente sia lì sapendo che «dopo» ci si diverte. Le montagne al di sopra di Kitzbühel paiono essere immerse nel sonno estivo: tutto è aperto, gli impianti di risalita, gli alberghetti, i panorami che solo con un occhio di sole diventano grandiosi. Tutto funziona, poco vive, come se l’inverno e la neve fossero una droga di cui nessuno può fare a meno.
Il giorno dopo, approfittando di una schiarita, panorama dalla Alpenhaus verso il Kaisergebirge, con nebbie. Poi altro giro per Kitzbühel, rapida escursione al famoso Schwarzsee, tanto celebrato quanto privo di personalità. Quindi di fretta e furia in automobile al Thurn Pass 1274 m: qui da solo, sfruttando anche l’impianto della Moseralm, prendo il sentiero dell’Arnoweg per la cresta erbosa che, attraverso l’elevazione dell’Hanglhöhe 1940 m, porta alla Panorama Alm. E da lì fino alla vetta del Zweitausender 2004 m. Una coppia di austriaci, con il loro cane quieto e rispettoso, è seduta sulla piatta ed erbosa cima, a contemplare nebbie e nubi che ingrigiscono le valli sottostanti, inutile proseguire verso occidente, verso il Grosser Rettenstein fino alle montagne del Gerlos Pass. Non si vedrebbero altro che nubi e montagne d’erba spenta. A Kitzbühel è l’ora del sonnellino, dopo il pranzo di mezzogiorno che la pensione completa non perdona mai, prima del passeggio nella Vorderstadt con gli scarponcini comprati la mattina nel più bel negozio di articoli sportivi. Qui invece è tutto grigio, anche dentro di me.
Il giorno seguente la solfa non cambia. Riesco soltanto a salire con gli impianti all’Hahnenkamm e poi proseguire per la cappella di San Bernardo e l’Ehrenbachhohe 1802 m. Nel pomeriggio, dopo la visita al Wildpark di Aurach, ci trasferiamo a Söll, a 24 km da Kitzbühel, in una casetta assai più bella. Trascorriamo tre giornate tra sole e pioggia, senza particolari avvenimenti da raccontare, se non un episodio che rischia la piccola tragedia.
Al nostro seguito è sempre la gatta Tara, quella paralizzata che trascina il sedere e le zampe posteriori. Quando usciamo per le varie attività le lasciamo tutte le camere a disposizione, anche il balcone.
Un fine pomeriggio entriamo in casa e la gatta non c’è. A dispetto dei richiami e delle ricerche accurate, di lei non c’è traccia. Dopo una mezz’ora in cui mettiamo sottosopra l’intero appartamento, concludiamo che l’unica possibilità logica è quella di una caduta dal balcone. L’agitazione cresce rapidamente. Una ricognizione sotto alla terrazza e negli immediati dintorni non porta a nulla. Bene, se non altro non è morta nella caduta da 4 o 5 metri. Chiediamo alla padrona di casa e ai suoi bambini col mio tedesco stentato. Soprattutto vogliamo far capire che il felino non può essere andato lontano, perciò ci esibiamo in ridicole imitazioni. I bambini se la prendono a cuore e, assieme ai loro amici, avviano una vasta ricerca in tutto il paese, nei prati e nei giardini. Qualcuno telefona al veterinario del posto il quale nega di aver saputo di gatti in quelle condizioni. In questo modo arrivano più o meno le 20: nessuno si rassegna, ma è anche tempo di preparare da mangiare. La Guya, trattenendo le lacrime, si mette ai fornelli, le bambine sono silenziose e tristi. Verso le 20.30, quando ormai stavamo per sederci a tavola, si sente un vago miagolio. Eccitati, ci chiediamo conferma l’uno con l’altra di aver sentito bene. E in quella si sente un altro miagolio, questa volta più direzionato. Infatti viene dalla nostra camera da letto, anzi viene da sotto il letto. Avevamo guardato in quattro: sotto il materasso e sotto alle doghe ci sono due cassettoni, che avevamo trascinato più volte a fine corsa. Ma i fottuti cassettoni non fuoriescono del tutto e rimangono bloccati in modo che non si può guardare lo spazio che si apre tra il letto e i cassettoni stessi. Ma la gatta è proprio lì, perché era entrata in un cassettone e poi aveva scavalcato il lato interno, imprigionandosi perciò come in una trappola. Invisibile da fuori. Certo, cara Tara, che se tu avessi miagolato prima magari ci risparmiavamo questo spiacevole incidente… Ma un gatto è un gatto.
Poi, l’11 agosto, è ora di trasferirsi a Hintertux, in Zillertal: già sto pensando a come ricavarmi almeno un giorno per tornare da queste parti e finire il lavoro appena incominciato sul Kaisergebirge.
Non si può dire di conoscere il Tirolo se non si è stati nella Zillertal, che è un vero e proprio mondo a parte. Dai fasti magici di Innsbruck, Hall e di Schwaz, nella valle dell’Inn, poco oltre si entra a destra nella Zillertal, tipico solco glaciale ad U, che s’insinua tra le Tuxer Voralpen e le Kitzbüheler Alpen. A Zell si lascia a sinistra la Gerlostal e si prosegue fino a Mayrhofen, dove la valle si divide in quattro rami: da est a ovest, Ziller Grund, Stillup Grund, il solco principale verso lo Zamser Grund (Zemmtal) e infine la Tuxertal. Questa divide le verdi Tuxer Voralpen dalle ghiacciate Zillertaler Alpen (che per la loro parte di confine con il Sud Tirolo e l’Italia sono chiamate Alpi Aurine).
Finalmente il 12 agosto il tempo è bello. Affamato di foto mi preparo a partire da solo per il più bel balcone sulle Zillertaler Alpen, con buone possibilità di incontrare branchi di camosci.
Da Hintertux 1493 m a passo di carica raggiungo la Bichlalm 1695 m, poi vado per un sentierino appena accennato sul pendio erboso verso nord-est fino a girare un costone con alberi, lo Stulfegg 1965 m, e risalire poi ripidamente il costone sul lato Madseitbach fino a raggiungere la sommità del cocuzzolo erboso della Kellenspitze 2179 m.
Da lì mi riporto sul versante Hintertux, con bellissima vista sull’Olperer e il suo ghiacciaio (Gefrorne Wand), fino ad una spalletta erbosa. Da qui salgo direttamente con tracce di sentiero verso nord fino alla sommità della Wandspitze 2614 m. Questa non è una vera e propria vetta, bensì una pronunciata spalla ad oriente della Gamskar Spitze 2750 m. Torno quindi alla spalletta erbosa e continuo per sentiero verso ovest al di sopra dei dirupi nerastri della Schwarze Kelle; tralascio la traccia che continua a ovest verso la Gamskarspitze e verso lo Junssee e scendo con decise serpentine verso sud nell’erbosa Weitental fino a raggiungerne il fondo a 2000 m c., accanto a belle cascate. Per il sentiero scendo ora nella valletta a est, supero il risalto roccioso della Schleierfall, e quindi per bosco e prati faccio ritorno a Hintertux.
Dato il tempo sempre sereno e terso, prendo la macchina e mi rivolgo a tutt’altra zona, quella che ritengo sia la più importante dal punto di vista fotografico.
Le Tuxer Voralpen, nel settore sud-orientale, sono il balcone più bello in vista dei ghiacci del Gefrorneferner, contornati dall’Olperer e dall’Hoher Riffler. Il ghiacciaio è addomesticato dagli impianti di risalita, simile in questo agli altri ghiacciai austriaci dove ha trionfato lo sfruttamento. Chi vuole però scoprire con le proprie forze il mondo dei ghiacci e delle altezze, può evitare i servizi e salire a piedi. Sono in molti a farlo, più di quanto si creda. Proprio al di sotto della cabinovia, la prima tratta di impianti, una serie di fragorose cascate e di orride gole stupisce il volonteroso viandante.
Approfitto di qualche ora che ho a disposizione prima che le luci sul ghiacciaio siano giuste. Andiamo alla cascata Kesselfall, ai limiti della piana di Hintertux, dove qualcuno è in costume da bagno e fa la doccia con piccoli urli, mentre altri osservano dalla panchina e ridono; poi saliamo nel silenzio più assoluto ad un budello roccioso, la Schraubenwasserfall: la vediamo e la sentiamo d’improvviso dall’alto, perché per arrivarvi non si segue il corso d’acqua ma una serie di stretti tornanti. L’acqua infatti sparisce tra i grandi massi del fondo per riapparire più sotto nel Kesselfall. La gente osserva questa meraviglia e non riesce neppure a comunicare dal rumore. Quindi riscendiamo e andiamo a prendere gli impianti per l’Hintertuxer Gletscher che ci portano con due tratte alla Spannagel Haus, una vecchia e fascinosa costruzione al limite del ghiacciaio e della folla di turisti e di sciatori. Nei pressi della Spannagel Haus è l’ingresso della Spannagelhöhle, una grotta lunghissima che s’insinua nel marmo della montagna. Se ne può visitare un piccolo tratto e, se si vuole sapere di più, ci si può far raccontare molte belle storie dal custode del rifugio, Sepp Klausner.
Il ghiacciaio è assolutamente privo di pericoli e lo risalgo velocemente fino alla base della cresta sud della Gefrornewandspitze 3288 m, che salgo facilmente fino alla vetta.
Da lì si può toccare con mano l’elegante spigolo nord dell’Olperer. Vista fantastica sul ghiacciaio e sul bacino artificiale dello Speicher Schlegeis che si allunga incassato a sud-est, verso i colossi ghiacciati dell’Hoch Feiler (Gran Pilastro) e del Grosser Möseler.
Il lunedì 13 agosto inizia con una corsa in auto alla Dominikus Hütte, accanto alla diga del bacino dello Speicher Schlegeis, per una foto mattutina sull‘Hoch Feiler. Ma oggi è deputato ad un’escursione con famiglia. Prima facciamo una passeggiata al mulino di Tux (Tuxer Mühle), una costruzione di legno del 1839, restaurato e funzionante a testimonianza della vita montanara di una volta, quando i masi erano per la maggior parte autosufficienti e a queste altezze si coltivava l’orzo per farne farina. Il mugnaio, aiutato da una bambina, ci mostra come il complesso macchinario macini il frumento e alla fine torniamo con un simpatico sacchetto di farina ed una ricetta per il pane fatto in casa.
Proseguiamo poi per Lanersbach 1281 m e con la funivia saliamo alla Eggalm 1975 m. Per buona strada saliamo su terreno erboso fino al poggio del Beil 2300 m e da lì seguiamo la cresta erbosa con bella vista sui pascoli della Eggelkar fino quasi alla vetta della Grüblspitze 2395 m. Guya, Elena e Petra arrivano quasi in cima, poi fanno dietro-front. Ma naturalmente Guya si becca l’incarico di venirmi un po‘ incontro con l’auto sopra a Vorderlanersbach.
Raggiunta la vetta della Grüblspitze, ho un’ottima visuale sull’Olperer, sulla Gefrorne Wand e sulle strane formazioni rocciose della Torwand. Scendo brevemente per sentierino allo Zilljöchl 2336 m e risalgo ripidamente fino alla sommità del Ramsjoch 2508 m, con bella veduta sulla Torspitze e sulle Tuxer Voralpen. Ora posso scendere su detriti rossastri nel bacino dei Torseen fino al laghetto principale, a 2258 m. Accanto è una piccola baita di legno, dove vedo i pastori mungere ancora a mano. Il luogo è intatto, solitario. La leggenda narra che sul fondale del lago viva un toro gigantesco, i cui occhi si vedono minacciosi solo nelle nitide notti di luna.
La gita è ben lungi dalla conclusione: seguo il sentiero a nord-est, passo accanto ad una bella cascata e raggiungo poi l’alpeggio Nasse Tuxalm Hochleger e quindi le baite del sottostante Nasse Tuxalm Niederleger 1843 m. Da qui scendo nel Ramsanger e prendo il Pfisterwaldweg sulla sponda destra idrografica della valle che per boschi che, con belle vedute sui masi della sponda sinistra, porta ai masi Gemais e al paese di Vorderlanersbach 1250 m.
Ma nella Tuxertal mulini, formaggio e tori non sono i soli ricordi dei tempi andati: i custodi della Höllensteinhütte, poco distante dal fondo valle, da tempo raccolgono gli attrezzi un tempo di uso quotidiano, aratri in legno, banco da falegname, grattugia, zangola e tanti altri oggetti. Nel Museo contadino, tra le gerle da testa e da schiena c’è anche quella della famosa «messaggera di Tux», una donna che in ogni condizione di tempo, anche d’inverno, scendeva a Mayrhofen per procurare oggetti di vitale importanza. «Dopo il 1913, quando fu aperta la strada e quindi arrivarono le prime carrozze a cavallo, la messaggera non poteva certo competere…», ci racconta Klaus Erler, il custode. Siamo arrivati fin qui da Lanersbach, prima per una strada forestale poi per una bella mulattiera antica che sale a curve nel bosco fino alla radura dell’Höllensteinhütte. Le più belle costruzioni di tutta la valle sono i masi di Gemais, poco al di sopra di Vorderlanersbach, risalenti al XVIII secolo. Le quattro costruzioni, molto ravvicinate tra loro, sono l’evoluzione di un insediamento ancora più antico (XIII secolo).
Il 14 agosto torno ancora da solo alla diga dello Speicher Schlegeis 1782 m, poi mi avvio a piedi sulla strada che costeggia il lago a sud-ovest fino a raggiungere la Furtschaglhütte 2293 m, dominata dai colossi ghiacciati dell’Hoch Feiler e del Grosser Möseler. Quindi riscendo all’auto, passo da Hintertux e Mayrhofen e salgo fino al bacino artificiale dello Speicher Zillergründl 1850 m. Da lì seguo un sentiero verso il KleinerMagner e mi fermo a 2048 m per fotografare il lago con la Reichen Spitze.
Il giorno di Ferragosto lo dedico al mio solitario ritorno dalle parti del Kaisergebirge. Non sono pochi chilometri. Posteggio alla Grieseneralm 988 m e salgo alla Stripsenjochhaus 1577 m e allo Stripsenkopf 1807 m. Bellissima immagine del versante settentrionale del Kaisergebirge. Scendo all’auto e proseguo un giro per catturare altre immagini: da St. Jakob in Haus e da Weissbach bei Lofer sul Loferer Steinberge, da Leogang sul Leoganger Steinberge. Infine dal Ritzensee su Leoganger Steinberge, Saalfelden, Steinerner Meer e Hochkoenig. Poi, preso da frenesia, al ritorno altri scatti, da Dienten sull’Hochkoenig, dalla Wochenbrunneralm e da Ellmau verso il versante meridionale del Kaisergebirge. Infine salgo con gli impianti all‘Hohe Salve 1827 m, dove aspetto ore la bella luce della fine pomeriggio. Qui in cima un’appassionata di parapendio attende il suo turno, sono quasi le 17.30, la telecabina sta per chiudere, occorre decidere se volare o no. E io se scendere a piedi o no. Più sotto un amico, dopo un decollo abortito, sta raccogliendo i vari pezzi del suo apparecchio e disponendoli con ordine nel sacco. Lei, bardata e paziente, aspetta. Poi rinuncia. Mentre il sole cal,a un’altra ragazza non sa che fare, parla con i suoi amici con il telefonino, chiede perfino a me consiglio, in un inglese stentato. Alla fine prende coraggio e, al sole ormai al tramonto, prende la rincorsa verso il vuoto di Westendorf. Le Kitzbüheler Alpen sono lì di fronte, dorate. Anche dentro di me è l’oro della solitudine e della pace. Poi scenderò a piedi sulla Stocklalm e su Hoch Söll.
Rientro a Hintertux che le bambine sono già a letto.
Abbiamo ancora due giorni da stare e finalmente mi sento tranquillo, ciò che dovevo fare l’ho fatto. Finalmente posso sentire appieno la bellezza dell’essere in questi posti con coloro che amo, senza dover costringere nessuno a fare ciò che non gradiscono. Mi direte: è questione di misura.
Infatti, assai gradita da tutti è la quieta gita del 16 agosto da Hintertux alla Tulferalm e alla Grieralm 1787 m; come pure quella del 17 da Vorderlanersbach alla Wallruckalm 2132 m in taxi e da lì a piedi all’incantevole Eiskarsee 2310 m, i cui dintorni sono pieni di cavalli che pascolano.
La sera del 16, mentre siamo a cena nel solito ristorante convenzionato, veniamo gentilmente abbordati da una nonna italiana con la figlia. Vediamo che Elena le saluta espansiva, capiamo che si erano conosciute nel pomeriggio.
La nonna è la più intraprendente e dopo i primi convenevoli ci confida il perché di questa visita al tavolo (ormai avevamo mangiato anche il dolce). Nel pomeriggio Elena le aveva raccontato tutto di noi, chi siamo, cosa facciamo, che la Guya non è la loro mamma ma è come se lo fosse, eccetera, con dovizia di particolari. Perfino di Tara le aveva riferito e dell’incidente di Söll. Insomma, era stata così avvincente nei racconti che addirittura la nonna voleva conoscerci di persona (e magari, aggiungiamo subito Guya ed io tra di noi, per avere altri succosi particolari del nostro ménage). Beata curiosità!
Sabato 18 la nostra vacanza finisce, ma nel tornare a Levanto abbiamo anche modo di vedere la bellissima cittadina tirolese di Schwaz.
Una ventina d’anni fa andai a Hintertux e dintorni per una settimana di freeride con dei clienti catalani ottimi sciatori. La fortuna volle che per almeno 3 notti caddero una trentina di cm di neve fredda e impalpabile, così da regalarci discese da sogno.
L’unica nota negativa fu che nel pomeriggio e fino a notte fonda, ogni angolo del villaggio era popolato da ubriachi molto molesti che uscivano dai vari apres-ski posizionati lungo le piste e alla loro base. In pratica tutta Hintertux era in balia di un’enorme massa di strafatti che facevano anche paura. Fu così che non uscimmo più dall’albergo e i miei clienti, nonostante facessimo ogni giorno delle sciate memorabili, mi dissero di non portarli mai più in un posto come quello.