I boschi sono colpevoli
(portatori di incendi nei paesi, creano dissesti idrogeologici e invadono la terra che può essere coltivata. Tagliamoli per lo sviluppo, per fare mobili e biomasse. Il paradosso che c’è dietro la nuova (sciagurata) legge sulle foreste al vaglio del Presidente della Repubblica)
di Ines Millesimi
Lettura: spessore-weight***, impegno-effort**, disimpegno-entertainment**
Gli antefatti
A distanza di 14 mesi dell’entrata in vigore della legge della Ministra Marianna Madia sulla Pubblica Amministrazione che ha visto sbriciolare il Corpo Forestale dello Stato e soprattutto le grandi professionalità sul tema delle foreste e della loro tutela, il governo uscente ci riprova portando sul tavolo del Presidente della Repubblica una nuova legge sui boschi italiani. La legge è passata alle due Camere.
Nessuno dimentica lo scenario drammatico di quest’estate, intanto. Abbiamo assistito con incredulità, poi con rabbia e dolore, alla distruzione di centinaia di ettari di boschi a causa di incendi ingovernati, dalla Val di Susa all’Appennino Centrale, fino al Sud. Incendi per lo più dolosi, che lambivano le case e hanno dato un bruttissimo colpo alla biodiversità, ai polmoni verdi di interi territori, alle economie di chi aveva un campeggio o un’attività nei pressi del bosco danneggiato. Tutto questo ha evidenziato due cose:
1) che l’accorpamento della Forestale ai Carabinieri e ai Vigili del Fuoco sul piano operativo delle emergenze in questo settore ha dimostrato tutta la sua criticità e debolezza, per scarsa preparazione, burocrazia ed elicotteri a terra (intervista all’ex Direttore della Scuola Forestale, fonte La Stampa del 30 ottobre 2017: http://www.lastampa.it/2017/10/30/italia/cronache/questo-disastro-colpa-anche-della-riforma-che-ha-abolito-i-forestali-QvdItM2R0izJ6ijsEN3VGJ/premium.html);
2) i boschi sono “un problema” da gestire, un caso economico e di investimenti, per la loro protezione, manutenzione e – parola magica – sfruttamento. In un’ottica in cui si cerca di portare in montagna i nuovi investimenti e progetti per un non ben chiaro sviluppo economico (di chi?), si dimentica che in montagna rimangono le uniche risorse pulite del pianeta e l’unico tesoro (come direbbero in Himalaya dove le montagne sono sacre) resta la montagna che per la sua oggettiva caratteristica è luogo impervio, e dovrebbe restare il più possibile selvatico. Lì ci sono gli habitat più a rischio.
La montagna vive da decenni lo spopolamento e perciò bisogna incentivare il ripopolamento con leggi che aiutino e incentivino chi decide di restare a vivere nelle sue valli, ripopolando paesi e frazioni ormai abbandonati. Di questi “ritornanti” sulle Alpi ne ha parlato spesso lo scrittore Paolo Cognetti, Premio Strega 2017, che ha scelto di vivere in baita e che eredita il messaggio di Mario Rigoni Stern: stile di vita semplice e parca, in armonia con la natura. In Appennino questo fenomeno ancora non si registra; i terremoti, le difficoltà di vivere e lavorare in queste terre alte hanno fatto il resto, tant’è che lo spopolamento è un fattore preoccupante in crescita. Una legge organica, un testo unico sulla montagna applicato in tutta Italia non c’è nella pratica. La legge di Bilancio 2017 approvata nel dicembre 2016 conteneva importanti provvedimenti per le zone di montagna: misure per i territori, per le aree interne, per la pubblica amministrazione. Ora sono 28 i provvedimenti a favore della montagna approvati nel dicembre del 2017 nella legge di bilancio del corrente anno. Ma qualche giorno fa protestava il sindaco di Roccamandolfi (Molise), Giacomo Lombardi, chiedendo dove fosse finita (www.notiziemolise.it/index.php/2018/02/21/legge-sulla-montagna). Alcune Regioni, da parte loro, hanno approvato leggi specifiche di aiuti per la montagna e per i suoi abitanti. Insomma la materia resta ancora complessa e con numerosi nodi.
Al contrario, in modo spedito, è arrivato al capolinea il disegno di legge sulle foreste che favorisce in modo incondizionato e sistematico il taglio esteso di boschi e aree sino ad oggi protette. Obiettivo? Aprire la montagna allo sviluppo economico per l’utilizzo delle masse legnose a fini energetici nelle centrali a biomasse e per non importare più dall’estero legname per produrre mobili. Il 24 febbraio, in meno di 5 giorni, si sono raccolte 5000 firme per dire no a questo disegno che deturperà i boschi e danneggerà gravemente la nostra salute. La petizione online è stata lanciata da Alberto Bellini, professore associato presso l’Università di Bologna.
Cinque Torri. Foto: Enrico Ferri
Le prese di posizione del mondo scientifico
L’Associazione Medici per l’Ambiente ISDE Italia e il Gruppo di Ricercatori e Scienziati di Energia per l’Italia esprimono la più profonda preoccupazione con il loro comunicato e aprono la raccolta di firme per far conoscere a quali disastri andremo incontro se la legge sarà operativa. “Tale pratica comporterebbe inevitabilmente un ulteriore aggravio dell’inquinamento atmosferico con ricadute negative per salute della popolazione italiana, dimenticando che l’Italia, con 90 mila morti premature all’anno sulle 487.600 del continente europeo, è ai vertici di questa triste classifica e per questo sotto procedura d’infrazione”, si legge nel comunicato.
La Società Italiana di Restauro Forestale presso l’Università della Tuscia di Viterbo scrive nel suo comunicato: “nel testo (di legge ndr) non si tiene in debito conto l’estrema variabilità del sistema forestale italiano in ordine agli aspetti ecologici, alle condizioni sociali delle popolazioni coinvolte, e al diverso stato di conservazione e di degrado. Generalizzando troppo superficialmente le varie attività ammissibili, il Decreto non distingue tra porzioni di territorio meritevoli di conservazione specifica, di restauro e/o di “gestione attiva”. Non risolve in termini coerenti e attuali il dualismo tra conservazione e uso delle risorse. Inoltre, il Decreto legislativo non accenna, o meglio disconosce il problema dei boschi degradati, ad alto rischio ambientale, presenti soprattutto nel meridione d’Italia. Una “gestione attiva” diffusa, quale antidoto al fenomeno dell’abbandono (come emerge nel testo), e senza un adeguato distinguo tra aree a) di conservazione, b) di esercizio delle attività selvicolturali, o c) di degrado, appare semplicistica e avalla surrettiziamente anche attività che potrebbero essere causa di nuovi guasti ambientali”.
Faggio di san Francesco. Foto: Enrico Ferri
Il professore universitario e vice Presidente emerito della Corte Costituzionale Paolo Maddalena, nel suo comunicato dichiara: “è palese la violazione dell’art. 9 Cost., secondo il quale ogni “conciliazione” che implichi una diminuzione della tutela del paesaggio è inammissibile (vedi sentenze nn. 151, 152 e 153 del 1986, della Corte costituzionale), ed altrettanto è da dire a proposito della tutela della salute (art. 32 Cost.), “diritto fondamentale del cittadino e interesse della Collettività”, che non può essere compromesso da manomissioni della Natura per fini di profitto “imprenditoriale”. Infine definitivamente compromesso è l’art. 117, comma 2, lett. s), che considera preminente la “tutela dell’ambiente e dell’ecosistema”.
Il Prof. Bartolomeo Schirone, Direttore del corso di laurea Scienze della Montagna (Università della Tuscia, Rieti) in un’intervista a Montagna tv afferma a proposito di “naturalizzare senza l’intervento dell’uomo”, di rewilding strategy: “Si tratta di un processo che è cominciato all’estero, negli Stati Uniti, in Australia e in molti Paesi dell’Europa. In pratica ci si è resi conto che è necessario lasciare degli spazi alla riconquista dell’ambiente da parte della natura. È necessario farlo per ragioni strettamente ecologiche, ma anche per ragioni culturali e turistiche perché l’uomo ha bisogno del selvatico. Ritornando alla legge è facile capire che non si può portare turismo in luoghi caratterizzati da boschi cedui. Chi mai andrà a fare turismo in zone di taglio? Un esempio eclatante è quello dell’articolo 2 in cui si parla di garantire l’estensione della foresta, in cui si promuove la foresta. Però poi si scopre che tutte quelle aree abbandonate dove il bosco sta ritornando non sono ritenute boschive, ma terreni incolti. E cosa ancor peggiore sono le aree di rimboschimento artificiale, di riforestazione, anche queste non considerate boschive. Sono escluse dalla categoria “boschi” e quando li escludi vuol dire che possono essere eliminati, che li puoi tagliare (www.montagna.tv/cms/119090/nuova-legge-forestale-un-assalto)”.
La risposta della politica
La replica dell’onorevole PD Enrico Borghi e presidente nazionale UNCEM è significativa per toni e contenuti: “Quello che leggo in quelle dichiarazioni è l’integralismo khomeinista di un ambientalismo conservatore che vuol sopravvivere ai tempi. Sono riflessioni di chi pensa l’ambiente come qualcosa da congelare, da mettere sotto una campana. Non hanno però capito che le conseguenze degli accordi sul clima portano a voler mettere la natura al centro, a estrarla da quella campana di vetro. C’è necessità di creare filiere produttive. Un’esigenza che però chi ha vissuto chiuso nel mondo della conservazione non vede”. L’intervistatore sottolinea che in Italia non ci sono filiere produttive e Borghi risponde: “Certamente. Non esistono grazie a loro e alla loro logica per cui oggi tagliare una pianta significa far scattare il codice penale. Avendo impostato la politica forestale degli ultimi vent’anni all’insegna della vincolistica è ovvio che nessuno voglia lavorarci. Noi siamo però qui per garantire un cambiamento. Stiamo lavorando per una norma che esiste in molti altri Paesi europei”. E chiude: “Mi domando quindi perché non si possa fare nelle nostre valli quel che si fa all’estero dove i terrazzamenti e i pianori sono stati mantenuti. Dove si è conservato perché è stata creata un’economia attorno a questo. Ed è forse qui che viene il problema perché questi signori non vogliono che si crei un’economia. Chiederei soltanto che non si dicessero castronerie. Che adesso si affermi addirittura che non ci sia competenza nazionale su questa categoria è eccessivo. Uno dei problemi sulle leggi forestali sta proprio nel fatto che fino ad oggi ci sono state ventuno leggi forestali. Se siamo diventati il primo produttore di mobili al mondo che compra tutte le materie prime dall’estero, se siamo diventati il primo consumatore di legna in Europa che compra tutto dall’estero è perché non c’è mai stata una legge nazionale (https://www.montagna.tv/cms/119197/enrico-borghi-basta-castronerie-sulla-legge-forestale/)”.
Autunno ad Amatrice. Foto: Enrico Ferri
La mobilitazione delle Associazioni
E mentre si leggono le risposte di commento alle rispettive interviste, si schierano le associazioni e diramano i loro comunicati. Italia Nostra scrive: “Il presente decreto si basa pertanto su considerazioni scientificamente semplificate, che vorrebbero troppo facilmente far convivere il prelievo legnoso con i servizi ecosistemici. Già dalle premesse, infatti, sotto il profilo scientifico-ecologico, appare totalmente privo di senso definire “abbandonati” quei boschi che abbiano “superato il turno” o non abbiano subito interventi da un certo tempo. Tale definizione sarebbe più opportunamente applicabile solo ai giovani impianti artificiali. Infatti i boschi, anche se gestiti, sono ecosistemi auto-sostenuti e, in assenza di attività selvicolturali, evolvono in modo autonomo con caratteri compositivi e strutturali che spesso ne aumentano i servizi associati, come la qualità delle acque, la conservazione del suolo, la difesa dal dissesto, l’habitat per la fauna selvatica”. Mountain Wilderness ricalza sul vero obiettivo della legge nel suo comunicato: “In realtà sono le grandi aziende della filiera del legno che, con l’aiuto dei politici, stanno cercando di essere autorizzate a mettere le mani anche sui boschi dei privati, con una politica che ricorda i piani quinquennali dell’URSS, dove chi comandava ero lo Stato ed il privato perdeva ogni diritto. Anziché una saggia politica del lasciare fare alla natura e ai proprietari terrieri affinché i boschi si trasformino in foreste d’alto fusto, vogliono ritrasformare i cedui ed i cedui invecchiati, che stanno divenendo alto fusto per processo naturale, in cedui semplici (…). Per non dire del consentire la realizzazione di piste e strade ovunque per facilitarne l’esbosco: come se non si costruissero già troppe strade in montagna! Dicono anche che vogliono controllare il degrado del territorio, impedire frane e smottamenti, che invece saranno facilitati proprio dall’eccessiva apertura di strade senza controllo”.
Conclusioni
I boschi una risorsa naturale da sfruttare? I boschi un problema da gestire in epoca di crisi? I boschi sono solo miti dove ambientare favole e letteratura romantica? Le foreste sono da tagliare per il rilancio dell’economia nazionale a favore dei gruppi? Leggiamo il rapporto delle foreste del mondo: “In soli tredici anni, tra il 2000 e il 2013, la superficie delle foreste considerate ancora incontaminate è diminuita del 7,2 per cento a livello mondiale. Ciò significa una perdita pari a quasi un milione di chilometri quadrati: il triplo dell’estensione territoriale dell’Italia intera. Basterebbe questo dato per comprendere in che modo le attività umane, l’incuria e la mancanza di coscienza ecologica stiano privando l’umanità di un autentico tesoro di biodiversità, nonché di un elemento fondamentale per la salvaguardia dell’equilibrio climatico globale (https://www.lifegate.it/persone/news/stato-boschi-foreste-mondo)”.
Ma queste sono solo “castronerie”… si inizi a disboscare in modo massiccio anche in Italia! Poi chi vivrà vedrà…
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L’analisi della realtà anche storica non è né irrispettosa né presuntuosa.
“… profondamente ignorante o per niente lungimirante….”
Un tantinino presuntuoso e irrispettoso, verso una mezza dozzina di generazione di montanari.
Pace amore e biodiversità (anche mentale) per tutti.
In alcune realta’ montane dell’Emilia, nei piccoli paesi, e’ ormai a rischio di chiusura l’ultimo alimentari (ad es. Burzanella e Monteacuto a BO – Sologno a RE – Bosco di Corniglio a PR). Spesso il negozio e’ tenuto aperto per la sussistenza, per dovere civico, non per il guadagno. In tali realta’ vivono tante persone anziane, i giovani se presenti lavorano quasi tutti scendendo a valle.
Un’economia in crisi, quella della montagna, dove occorre trovare un posto anche per l’uomo e le sue attivita’, oltre che per animali e alberi. Si rischia altrimenti di veder trasformare quei paesi in luoghi abbandonati, il che alla lunga potrebbe generare processi che non farebbero bene neanche all’ambiente.
E’ per questo che l’ipotesi di un moderato e regolamentato aumento dei tagli, assieme all’individuazione o permanenza di zone a tutela forte o anche integrale, anche assai ampie, sembra da valutare: una sorta di zonazione, tra aree da destinare alla “selvicoltura produttivistica” (specie nell’intorno degli abitati) e alla “selvicoltura naturalistica” i cui pregi nessuno vuole mettere in dubbio.
Con questa proposta di legge e nel dibattito di cui sotto, si confrontano due scuole di pensiero, una che per semplificare chiamo della Selvicoltura Produttivistica, ispirata a criteri agronomici ed economici, l’altra della Selvicoltura Naturalistica è quella orientata ad un modello di bosco naturale, spazio non solo fisico, per l’uomo e per gli altri organismi animali e vegetali.
La prima, pur competente(soprattutto sul governo del bosco) è profondamente ignorante o per niente lungimirante, vede il bosco come un orto nel quale fertilizzo, semino e raccolgo, non si tratta di un ecosistema, anzi il taglio è salutare per evitare che” … il bosco che avanza troppo soppianti aree marginali caratterizzate da habitat importanti e peculiari …(Crescenzi)”
La seconda, nella quale, da esperto del settore, mi colloco, tiene conto anche nel tempo lungo, delle implicazioni che il taglio del bosco, l’apertura di strade e vie(piste) all’interno della vegetazione, hanno sull’equilibrio generale dell’ecosistema.
Se hanno bisogno di legname per l’industria che seminino e curino fustaie anche disetanee nel “deserto padano”, nelle aree marginali dei fiumi e in tutte le zone incolte recuperate(risparmiate) alla cementificazione, come le colline del Basso Garda.
Al di là di tutto, penso che il patrimonio forestale sia un bene naturale da tutelare e che, come tale, vada gestito nel modo più corretto possibile. Certamente la legge approvata non procede in tale direzione.
E’ solo l inizio di una fine annunciata, con grande dispendio da parte nostra, possiamo solo rallentarla.
Nuova legge sui boschi – una riflessione.
Alcuni nostri territori, ad es. l’Emilia Romagna, sono fatti cosi’: a Nord della via Emilia, solo il 2,5% della superficie e’ boscato, a Sud invece si va dal 38% (collina) all’80% (montagna) del territorio coperto da boschi.
Ora, in tanti sono preoccupati di perdere, con questa nuova legge, qualche percento di boschi in aree montane dove il bosco predomina, e nessuno pone il problema del riportarne un po’ in pianura.
Quando nel 2012 il legislatore cambio’ la definizione di bosco e consenti’ di tirare via i boschetti fatti prevalentemente in pianura con i fondi CEE (una volta scaduti i contributi) li’ si’ che si perse un’importante occasione di tutela di habitat, che in pianura erano rarissimi ed ora ancora di piu’.
In montagna si dovrebbe considerare invece che a volte il bosco che avanza troppo soppianta aree marginali caratterizzate da habitat importanti e peculiari (a volte ricadenti tra quelli protetti dalla CEE – rete natura 2000) dove allignano specie che nel bosco rischiano di non trovare ricetto, ad es. l’Amanita cesarea, la lepre.
Basta cercare per es. lo studio del PNATE sul sito di Camporaghena – Monte Acuto per capire che la crescita eccessiva della vegetazione arborea ed arbustiva puo’ paradossalmente impoverire e banalizzare l’ambiente ed il paesaggio.
Certo che non bisogna far tagliare alla man bassa, e tantomeno trasformare i boschi in aree antropizzate, ma attenzione a pensare che la soluzione di tutti i mali sia l’evoluzione “naturale” di boschi che sono molto spesso dei cedui e bellissimi resterebbero sia se ceduati razionalmente che se avviati all’alto fusto.
Un bosco appena tagliato sembra sempre brutto, ma anche noi sembriamo strani appena tagliati i capelli: gli alberi ricresceranno.
L’ipertutela puo’ comportare problemi, anche di natura idrogeologica (basta pensare al profluvio di legna morta che intasa e fa crollare i ponti durante le alluvioni), e soprattutto, nelle zone intorno agli abitati ed alle singole abitazioni, un aumento del carico d’incendio francamente eccessivo.
Infine, anche un appezzamento di bosco tagliato regolarmente assume caratteristiche interessanti per determinati specie selvatiche: non occorre quindi demonizzare i tagli boschivi, si dovrebbe invece regolamentarli (tempi, aree, periodi, modalita’, etc.) ma renderli anche economicamente sostenibili, anche per creare un po’ di lavoro in piu’ in aree depresse ed in via di abbandono.
Qui il sottobosco spinoso divora tutto e non si può toccare, nemmeno si possono tagliare gli alberi. Se gli alberi cadono, i sentieri vengono ritracciati da altre parti. In città gli alberi vengono espiantati e ripiantati altrove, poi muoiono. Le stufe a pellets, nonostante siano vietate, vengono vendute bene. E la multiutility A2A fa quasi 500 milioni di utile lordo (quanti clienti ha?)! Il ministero dell’agricoltura esiste, ma non dovrebbe, essendo stato eliminato con un referendum. Le guardie forestali non esistono più….. e l’abete spelacchiato ha fatto il successo della sindaco, anche se è costato 60.000 euro! I boschi cosa c’entrano?
E chi li assumerà questi giovani e bravissimi tecnici e laureati in scienze forestali? Il governo italiano? Per ora quello che c’è adesso ha soppresso anche le guardie forestali. Speriamo in quello che ci sarà dopo le elezioni di dopodomani.
Io posso testimoniare che da noi, in valle del Boite, sono ormai alcuni anni che gli Austriaci vengono a tagliare tantissimo bosco soprattutto abeti in quota (sopra i 800 mt.) . Mi giunge voce, non so se vera, che in Austria, soprattutto in Tirolo, sono state costruite alcune mega segherie (con investimento di milioni di euro) che possono trattare migliaia di tronchi al giorno con investimenti anche relativi al taglio, pulizia e trasporto; hanno costi altamente competitivi e pertanto vincono tutte le gare di taglio anche da noi. Solo che per errore di pianificazione (sempre in Austria) hanno tagliato troppo e adesso per un paio d’anni , in Tirolo, hanno revocato tutte le concessioni di taglio e perciò si sono concentrati nelle nostre zone, anche sottocosto pur di non lasciare fermi gli impianti.
E’ noto che in molti stati, dove si produce legname, è vietato esportare tronchi. Ciò è ovvio poiché così si aumenta l’occupazione in segherie, attrezzature, magazzini etc.
Chiedo agli esperti. La nuova legge tiene conto di questi aspetti basilari?
Da tecnico laureato e dottorato in scienze forestali che si occupa di questi temi da anni, pur non avendo letto il disegno di legge in oggetto, credo che vi siano margini ampi per passare dall’abbandono del bosco alla gestione fatta in modo sostenibile…esistono da anni anche in Italia sistemi di certificazione sulla provenienza e sulle tecniche per produrre legno, esistono tecniche selvicolturali sperimentate, esistono tanti giovani operatori diplomati e laureati nel settore preparati che possono pianificare interventi e governare la gestione il bosco. Alcuni boschi vanno tutelati, altri possono essere governati e gestiti.
E stiamo parlando di un bosco che dal medioevo in poi è stato continuamente utilizzato in modo più o meno intensivo dall’uomo, non certo di foreste immacolate. Ecco le foreste primarie: credo che dovremmo concentrarci su quelle e sui motivi per cui vengono ancora sfruttate quelle. Dal legno alla zootecnia finalizzata a sopperire all’enorme richiesta di carne alle agroenergie a tutto quello che sta succedendo nel sud del mondo e da altre parti più o meno remote. Su quello dovremmo dedicare energie e farci sentire
avere cura del territorio è cosa fontamentale. Anche per prevenire i disatri. E chi lo abita e lo conosce dovrebbe essere incentivato a farlo, nel rispetto della buona esecuzione e dell’armonizzazione del rapporto uomo/natura.
Diverso è autorizzare lo sfruttamento massiccio che va a modificare totalmente l’ambiente, fatto anche senza il rispetto della giusta tecnica. Ma solo per depredare.
Sono piuttosto daccordo con l’intervento di Ghirelli.
Io mi riscaldo a legna e la legna me la taglio da solo, me la porto a casa, la dipezzo, la accatasto e via discorrendo.
Più vanno avanti gli anni e più il cerchio si restringe e tende a voler strozzare chi fa questo tipo di attività. La direzione sembra esser quella di arrivare ad un patentino e a lunghe liste di richieste e permessi anche per attività minime come questa.
I risultati sono che non si cammina più nei sentieri, perchè provare a manutenerli se non sei una ditta (per far lavorare la quale non ci sono soldi da stanziare) vuol dire rischiare il penale. Non si puliscono più gli argini e i letti dei piccoli corsi d’acqua per il medesimo motivo….e via discorrendo.
Quindi è evidente che qualcosa deve essere fatto, perchè, tranne nelle riserve integrali, che è giusto rimangano tali, nel resto dei boschi la mancanza di una “cura” non porta vantaggi a nessuno.
E’ ovvio che questo non debba essere un via libera ad una apertura indiscriminata di piste per megaruspe o ad un piano di sfruttamento intensivo…ma una giusta via di mezzo andrebbe trovata.
Un pò come succede in Apuane. In tanti anni di frequentazione, mai viste sui sentieri. Eppure di troiai da controllare e prevenire, qui, ce ne sono tanti !!
Invece seduti sulle jeep si vedono spesso.
Tutto vero, ma se si da il via senza limiti. Vorrei vedere cosa accadrebbe in verità. Ci si ritroverebbe le macchine parcheggiate sulle vette.
Infatti. Da enesperto quale sono, era solo una precisazione che mi sono andato a vedere e l’ho riportata.
Che palle. Che stanchezza questa italica propensione a fare polemica su tutto. Sembra sempre che le uniche soluzioni corrette siano gli integralismi e i conservazionismi più miopi. I vacini fanno male: Viva le pandemie. Gli idrocaurburi fanni male: Viva le auto elettriche che tanto l’energia elettrica è gratis (magari) e le batterie si fanno scavando le terre rare e impoverendo il terzo mondo. Bandiamo il diesel che è brutto: Viva la benzina che inquina di più ma nessuno lo sa.
Adesso anche una legge forestale diventa motivo di sommossa. Ma qualcuno dei critici sa quanto costa un metro cubo di legname comprato in piedi da un boscaiolo che deve campare con il suo lavoro? Qualcuno ha idea di cosa voglia dire lavorare in bosco? L’italia è un popolo che ha esportato boscaioli e carbonai in mezza europa un po di memoria storica qualcuno dovrebbe averla, almeno per via di qualche racconto dei nonni o dei padri. Qualcuno ha idea di come si fa a portare un tronco di abete a bordo strada senza ammazzarsi? Qualcuno ha idea quanto è aumentata la superfice di bosco in Italia negli ultimi 50 anni a scapito dei prati, dei pascoli, dei vigneti e della biodiversità colturale che ha fatto dell’Italia il paese più bello del mondo? Qualcuno può capire cosa si prova quando cerchi di portare una stradina di due metri in alpeggio per recuperare una baita crollata e farne un edificio polifunzionale per l’alpeggiatore che fa agriturismo in quota e ti trovi un esposto e una denuncia penale perchè sei passato su una cazzo di prateria di Sanguisorba dodecandra, specie infestante che colonizza le praterie silicee e che disgusta bovini, ovini, caprini e umani, ma che qualche lungimirante legislatore ha inserito nelle specie tutelate dalla Comunità Europea?
Qualcuno dice che i boschi vanno tagliati? Evviva !! Era ora. Mettete anche le divise sul territorio e fatele camminare sui sentieri invece che sulle 4 ruote motrici e vedrete che ci sarà più gente in motagna e meno gente a leggere Cognetti. (A cui voglio bene, sia inteso).
Non ho ben capito l’intervento di Benassi.si parlava di faggete….quindi cosa c’entrano le conifere? Ma forse non ho capito.
Non capisco neanche cosa c’entri il PD piuttosto ch altri partiti…la cecità mi sembra comune a le fari fazioni correnti che dir si voglia….
Non capisco neanche perchè non si debba trovare un giusto equilibrio…gli alberi di possono e si devono tagliare, nella giusta misura, nei posti adatti e con i giusti mezzi. Magari smettendo di tartassare i privati che fanno piccoli tagli con strumenti poco invasivi a favore delle solite ditte che prendono appalti esagerati fegandosene del territorio. Ma questo presupporrebbe la presenza di un ente forestale competente invece di piccoli sceriffi impegnati a far cassa con stupide multe.
Ma, come ho detto fin’ora…è evidente che io non capisco molto….
I boschi sono un patrimonio da preservare, non vanno sfruttati. Purtroppo le politiche ambientali del PD sono disastrose perché interpretano la natura come un mezzo per fare denaro. E’ tutto sbagliato. Speriamo che cambi il vento, ma non sono fiduciosa.
io non sono un esperto ma se non sbaglio il governo di un bosco ceduo si può fare sulle latifoglie. Su piante che emettono polloni. Si taglia il vecchio e si lascia crescere il pollone.
Mentre sulle conifere no.
Il problema credo sia anche nel sistema di taglio e di asporto della legna tagliata dal bosco. Se per fare questo interveniamo in maniera massiccia, con grossi macchinari e mezzi, trattori, ect. . Sicuramente andiamo a danneggiare gravemente il sottobosco e il suolo. Quindi tutto questò adrà fatto sotto l’occhio vigile di qualcuno, che dovrà prevenire ed impedire questi danni . Altrimenti i furbi, e ce ne sono tanti, faranno man bassa.
Sembra sempre più difficile farsi un’idea precisa su molti temi ambientali (e non solo) a causa delle competenze tecniche che bisognerebbe avere su ogni argomento: quando poi si interpellano gli esperti si constata che le opinioni spesso divergono. Questo del governo dei boschi è uno dei temi controversi, ma lo stesso dicasi ad es. per le auto elettriche o per i vaccini multipli. Si pensa che la scienza possa fare chiarezza su tutto, ma un conto sono le leggi fisiche e altra è la complessità dei fenomeni naturali sui quali interviene l’uomo. Da laureato in scienze agrarie che ricorda ancora qualcosa di boschi, posso solo dire che molti boschi collinari e montani del Nord Italia sono “cedui invecchiati”, ossia il risultato di boschi cedui (a turno di taglio breve -20-30 anni-) che dal dopoguerra, con l’esodo delle popolazioni verso la pianura, sono stati abbandonati all’evoluzione naturale: ora quegli alberi hanno circa 60-70 anni e se non più cedutati evolveranno verso l’alto fusto, ossia la loro condizione “climax”, quella più naturale e ricca di biodiversità. L’opinione della frangia più ecologista è di perseguire proprio questa evoluzione naturale, senza effettuare “prelievi” di massa legnosa. Il decreto invece, da quanto ho capito, vorrebbe realizzare le condizioni favorevoli ad un ritorno di ceduazione con l’impiego anche delle cooperative forestali , realizzando in questo modo un obiettivo di utilizzo del legname (come si è fatto per secoli) e di impiego di lavoratori in questo settore. Di per se questa seconda visione non mi pare negativa: si tratta di definire dove l’intervento è possibile e in qualche caso anche opportuno per ridurre il rischio di smottamenti che sui terreni più acclivi sarebbero provocati dalla maggior biomassa di un bosco d’alto fusto. In tutto questo intervengono come sempre gli interessi economici, più difficili da regolare di quanto non lo sia il bosco: si vorranno certamente effettuare gli interventi sui terreni più accessibili, effettuando tagli con il minimo dei costi, senza l’oculatezza che guidava il boscaiolo che viveva (sopravviveva) sul territorio fino al secondo dopoguerra.
Mi pare comunque che il dibattito in VII e VIII Commissione (28 gennaio) abbia fornito qualche elemento di cautela in più.
Infine non trovo significativo riportare il dato della deforestazione a livello mondiale per affermare che il decreto in discussione non va bene: la scelta su come governare i boschi va fatta a livello locale e le soluzioni/leggi che vanno bene per l’Amazzonia non sono le stesse che funzionano per le conifere scandinave o per i boschi pioemontesi.
Perché non copiare da Svezia e Finlandia che hanno bellissimi boschi tutelati ma molto produttivo?
e come mai non ci sono i controlli?
Perchè non c’è personale sufficiente? O perchè si fa finta di non vedere?
A certa gente del bosco non gli frega nulla. Hanno la pancia talmente tonda che vedono il bosco solamente come fonte di legna per arrostire le salsicce…
Non hanno dentro di se la capacità di capire che il bosco è un essere vivente che a sua volta da vita a tanti altri esseri viventi.
Non si nega la necessità di tagliare o pulire il bosco . Ma va fatto con la giusta tecnica e rispetto delle regole per permettere la ricrescita. Altrimenti si fanno solo danni e si creano anche dei pericoli. Come quando si sfalciano i corsi d’acqua abbandonado tutto lì.
Ci sono degli alberi che sono dei veri e propri monumenti della natura. Purtroppo per capire certe cose bisogna avere dei sentimenti. Certi personaggi, che ci governano, hanno solo il sentimento del serpente a sonagli.
In questi ultimi anni intorno a dove abito, Gignese, sopra il lago Maggiore c’è stato un incremento del taglio di boschi, soprattutto di faggio, parlo di boschi vecchi con grandi faggi, il cui sottobosco è naturalmente pulito e coperto da un morbido strato di foglie e in cui crescono i funghi. Il taglio avviene in modo industriale, con enormi trattori che aprono piste fra le piante e portano via i tronchi più belli, già puliti dalla ramaglia, che viene lasciata per terra. Restano quindi la ramaglia e le piante più piccole. Nel giro di un anno cresce la boscaglia e quello che prima era un santuario con le meravigliose colonne d’argento degli alberi, diventa una specie di cimitero di rami secchi e arbusti, in cui sì che possono svilupparsi gli incendi. Penso che questo non sia permesso ma il problema, credo, è che non ci sono controlli. Con qualsiasi legge, senza controlli, il privato agisce di rapina, perché tener pulito, dopo aver tagliato, o tagliare in modo da permettere la ricrescita del bosco è molto più costoso. Quanto all’onorevole PD Enrico Borghi, che è anche sindaco di Vogogna, meriterebbe secondo me il premio Attila. Ha prontamente messo a disposizione un’area del suo comune (all’interno del Parco nazionale Valgrande) per la costruzione della enorme centrale di riconversione della linea elettrica Interconnector, altamente invasiva, con i suoi tralicci, di alcuni dei luoghi più belli dell’Ossola. Leggendo ciò che dice dei boschi sembra poi che non ne abbia mai visto uno.