La prima salita del Mount Mausolus nelle poco conosciute Revelation Mountains dell’Alaska.
Il mausoleo
di Clint Helander
(pubblicato su The American Alpine Journal, 2012)
Dal 377 al 353 a.C., la città di Alicarnasso, sulle rive del Mar Egeo, fu governata da un re di nome Mausolus. Durante il suo regno egli espanse il suo impero, prendendo il controllo di molte città vicine, e di gran parte del Sud-ovest dell’Asia Minore. Quando morì nel 353 a.C., sua moglie Artemisia, che era anche sua sorella, fece erigere una grande tomba, progettata da sei dei più importanti architetti e scultori della Grecia. L’edificio in marmo alto 45 metri era decorato con statue di dei e dee, guerrieri a cavallo, leoni e guardie armate di lancia. A coronamento dell’apice piramidale della tomba c’era un carro trainato da quattro cavalli che trasportavano Mausolus e Artemisia, tutti in marmo. Il Mausoleo era così magnifico che nel 140 a.C. Antipatro di Sidone lo dichiarò una delle sue Sette Meraviglie del Mondo Antico. Per più di 16 secoli il Mausoleo troneggiò su Alicarnasso, anche dopo essere stato conquistato da Alessandro Magno. Ora, grazie ai terremoti e ai saccheggi, rimane poco del santuario un tempo così glorioso.
Nascoste nel profondo della natura selvaggia del Sud-ovest dell’Alaska, le sacre Revelation Mountains custodiscono più miti che verità. Alto e solenne, sullo sfondo di paesaggi inesplorati, il Mount Mausolus 2795 m è una delle più grandi meraviglie della catena montuosa. Nel 1967 un gruppo guidato da David Roberts trascorse 52 giorni esplorando e scalando le Revelations. Durante il volo notò il “labirinto senza speranza del Mount Mausolus”, definendolo “forse la salita più dura della catena” (AAJ, 1968). Come le colonne della tomba, massicce prue di granito svettano verso il cielo, sostenendo la montagna superiore di marmo bianco. Un esercito di gendarmi sulle creste nord e sud sorveglia la sua piramide sommitale. Precari ghiacciai sospesi adornano imponenti pareti dorate.
Come se fosse stato dimenticato dal tempo, il Mount Mausolus era ancora inviolato quando l’ho scoperto nel 2007. Forse è stato l’isolamento dell’Apocalisse, la sua reputazione per il clima atroce e la mancanza di informazioni a spiegare la sua verginità. Una singola foto della parete ovest del Mausolus, alta 1500 m, scattata da un pilota locale, mi ha portato sull’orlo dell’ossessione. La foto rivelava un pugnale di ghiaccio grigio acciaio che si tuffava direttamente dalla cima come una lancia scagliata dal carro aereo del Mausolus.
Nel 2008 Steve Sinor, Seth Holden e io siamo atterrati a nord-ovest del Mausolus, sulla diramazione sud-ovest del Big River Glacier. Un passo soggetto a valanghe ci ha impedito di vedere il Mausolus. Ci siamo concentrati altrove, inclusa la prima salita dell’Exodus Peak (AAJ, 2009). Seth e io siamo tornati nel 2009 e abbiamo riscontrato condizioni di valanghe simili a quelle che ci avevano tenuto lontani dal Mausolus. Durante la prima salita dell’Ice Pyramid (AAJ, 2010) abbiamo intravisto la spettacolare parete ovest del Mausolus. Dopo due viaggi avevamo risolto molti dei problemi di accesso all’Apocalisse, quindi ci ripromettemmo di tornare al Mausolus l’anno successivo.

Nel maggio 2010 Dick Barber fece atterrare me e Seth sul Swift Glacier, disseminato di massi, al suo terzo tentativo. Come nella foto, un grande canale si inarcava fino a raggiungere una ripida vena di ghiaccio che correva dritta fino alla vetta. La montagna ostentava le sue difese. Le valanghe ruggivano mentre ci rannicchiavamo come schiavi ai piedi di un re. All’imbrunire la montagna dormiva e le valanghe cessavano. Le condizioni si stabilizzarono e sembravano temporaneamente sicure. Seth e io non abbiamo potuto resistere. Quella notte abbiamo salito in simultanea quasi 650 metri, fino all’inizio delle vere difficoltà tecniche. Sapendo che il velo della sicurezza si sarebbe presto sollevato con il sole e il Mausolus si sarebbe risvegliato, scendemmo con il cuore pesante.
Il 24 agosto 2010 Seth morì in un piccolo incidente aereo non lontano dall’Apocalisse. Solo 30 minuti prima avevamo discusso la nostra strategia per il Mausolus. Avevamo concluso che, per avere qualche possibilità di successo, dovevamo attaccare prima che il sole primaverile sempre più caldo raggiungesse la parete ovest. Ora mi chiedevo se avessi avuto la tenacia emotiva per un tentativo senza Seth. La visione del Mausolus era stata sua quanto mia.

Il 13 marzo 2011, Scotty Vincik e io abbiamo volato verso ovest da Anchorage. Il Super Cub di Rob Jones si è scontrato con turbolente correnti discendenti mentre volavamo per 160 miglia verso il Swift Glacier. L’infinita natura selvaggia, congelata sotto l’arido inverno dell’Alaska, acuiva la sensazione di isolamento imminente. Ben presto il profilo inconfondibilmente frastagliato delle Revelation Mountains tagliò l’orizzonte. I miei occhi erano fissi esclusivamente sul Mount Mausolus, una dozzina di miglia a sud-est della dorsale principale della catena montuosa. Avevo visto questo panorama numerose volte, ma avevo ancora lo stomaco attorcigliato. Senza nemmeno un telefono satellitare saremmo stati completamente soli.
Dopo ripetuti sforzi Jones ci ha fatto atterrare sul Swift Glacier. Mentre montavamo il campo, la parete ovest si ergeva sopra di noi con autorità opprimente. Scotty e io non abbiamo perso tempo. Un sistema di alta pressione senza precedenti era presente sull’Alaska centro-meridionale da un mese, ma sapevamo che non sarebbe durato a lungo.
Abbiamo attraversato la crepaccia terminale all’inizio del 15 marzo e siamo saliti in simultanea fino al punto più alto del 2010, virando leggermente a sinistra per raggiungere la linea più diretta sulla parete. Una sottile chiazza da WI4 ha fornito uno stretto passaggio attorno a una lastra principale che da terra sembrava problematica. Il secondo portava uno zaino che conteneva due sacchipiuma, materassini, cibo e un fornello. Scoprimmo che la nostra dotazione di materiale da roccia era quasi inutile, poiché il granito compatto raramente permetteva infissioni. Ci lamentavamo per aver portato solo otto viti da ghiaccio, il che ci ha costretto a costruire abalakov a V per gli ancoraggi. Buona cosa, però, era che questi avrebbero facilitato la nostra discesa.
L’infinito WI4-5 ci ha portato a una strettoia più inclinata e ricoperta di ghiaccio. Mentre mi dirigevo verso quell’imbuto, sentimmo il rumore secco di una roccia che cadeva. Rimbalzò alla mia sinistra e precipitò nel vuoto, mancando Scotty di parecchi metri. Nonostante l’ora mattutina, era tempo di cercare riparo. Tuttavia, non c’era una sporgenza per trecento metri in nessuna delle due direzioni. Uno schifoso fungo di neve lungo un metro e una roccia inclinata larga quanto il sedere furono il nostro bivacco semi-sospeso. Dopo molto lavoro sull’ancoraggio, abbiamo improvvisato delle amache con la corda e i nostri materassini. Lo “Shiitake Mushroom Bivy” (dal nome del fungo di neve schifoso) recuperava in relativa sicurezza ciò che gli mancava in termini di comfort. Quando il sole della sera colpì la parete superiore, la caduta di massi rimbombò fino al tramonto. Senza un posto dove appoggiarlo, il fornello era inutile. Abbiamo mangiato qualche barretta e assaporato i nostri ultimi sorsi d’acqua prima di sopportare la lunga notte.
I miei pensieri irrequieti erano perseguitati dai ricordi di Seth. Avevamo condiviso una visione. La piramide di ghiaccio era spettrale al chiaro di luna. La cresta sud dell’Angel, che Seth e io avevamo provato nel 2010, serpeggiava verso il cielo in un profilo distante. Tremavo non solo dal freddo ma anche dalla realtà che Seth e io non avremmo mai completato il nostro immaginato percorso capolavoro sul Golgota. Ad un certo punto mi sono svegliato da un sogno e ho pensato brevemente che Scotty fosse Seth.
Al mattino abbiamo lasciato la maggior parte della nostra attrezzatura nel bivacco sospeso. Diversi tiri ripidi hanno portato al tiro chiave della via, una cortina verticale di ghiaccio grigio impenetrabile alta 50 metri. Con solo cinque viti da ghiaccio per il tiro, ho affrontato numerosi run out di 9-12 metri prima di raggiungere un punto in cui assicurarmi con le due viti rimanenti. Verso la cima della parete ci siamo crogiolati al sole. Tiri più ripidi hanno lasciato il posto al ghiaccio a minor pendenza e alla cima scolpita dal vento. Abbiamo scalato in simultanea 120 metri di neve non protetta a 60 gradi.
Sulla stretta vetta mi sentivo come il re Mausolo che cavalcava fiero sul suo carro. Guardavo le pianure dell’Alaska occidentale come un sovrano che osserva il suo impero. La mia euforia, però, era in qualche modo attenuata dalla sensazione di vuoto lasciata dall’assenza di Seth. Che però in un certo senso era con me. Sotto il cielo viola della luna piena, gettai le ceneri di Seth dalla vetta. Quella montagna divenne il suo mausoleo. Un posto straordinario dove trascorrere l’eternità.
Dopo una breve sosta siamo scesi per tutta la notte. Non avevamo bevuto neppure un sorso d’acqua in più di 24 ore. Ci sono volute nove ore per calarsi in corda doppia per 670 metri. Ho iniziato ad avere allucinazioni, poi a lottare per riprendere il senso della realtà. Ad un certo punto puntavo la lampada frontale verso un muro bianco e vedevo infiniti pascoli verdi pieni di mucche. Eravamo in ballo da quasi 48 ore. Mi sono addormentato appeso agli ancoraggi mentre Scotty preparava le doppie inferiori. Abbiamo raggiunto una grande grotta naturale di neve alle 7 del mattino e abbiamo dormito per quasi 10 ore. Finito anche il cibo, facemmo i bagagli e scendemmo con cautela fino al ghiacciaio. Solo 120 metri sopra la crepaccia terminale, ho visto un Corn Nut nella neve. Avevo mangiato un pacchetto di Corn Nut sulla cima del Mausolus, e questo pezzo era caduto per 1200 metri lungo la nostra linea di salita.
Dopo diversi giorni di eccessi nel mangiare e nel bere caffè, abbiamo sciato sul Swift Glacier verso nord, oltre il passo che aveva bloccato l’accesso al Mausolus diversi anni prima. Abbiamo continuato lungo il Big River Glacier, oltre l’Ice Pyramid e l’Exodus. Ogni montagna portava ricordi di Seth. Dopo 18 miglia Scotty e io ci accampammo sotto la parete nord-ovest del Mount Hesperus, assai simile al Cervino. Il giorno successivo abbiamo sciato le restanti 17 miglia fino al lodge di Rob Jones sul Big River.
Ancora oggi provo un profondo senso di orgoglio nel sapere che anche Seth sarebbe pieno d’orgoglio. In suo onore abbiamo chiamato il nostro percorso Il Mausoleo.
Sommario
Zona: Revelation Mountains, Alaska.
Ascensione: Clint Helander e Scotty Vincik hanno effettuato la prima salita del Mount Mausolus 2795 m il 15-17 marzo 2011, lungo la via del Mausoleo (1370 m, V WI5) sulla parete ovest.
Una nota sull’autore
Clint Helander, 27 anni (oggi ne ha 39), vive ad Anchorage. Dopo la laurea presso l’Università dell’Alaska, lavora stagionalmente per finanziare la sua vita di alpinismo. Nel 2011 ha anche scalato il Mount Hunter, ha percorso 17.000 miglia in un viaggio di arrampicata di quattro mesi e ha sopportato un mese di maltempo in Patagonia. Nel marzo 2012 si è recato per la quinta volta alle sue amate Revelation Mountains, con grande successo.
Clint ringrazia il Mugs Stump Award, l’AAC McNeill-Nott Award, l’AAC Mountain Fellowship Award e il Mazamas Alpine Adventure Award per aver reso possibili i suoi viaggi.
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Gli spazzi e le possibilità ancora ci sono, l’importante è non uniformarsi rimanendo originali.
È notevole come ancora nel 2011 si possa fare alpinismo esplorativo di un certo livello e con stile …..altra nota più antropologica/ sociologica…..la nostra società non ammette zone grigie …o fai carriere o cerchi di sopravvivere e vai a scalare……( Si laurea e lavora stagionalmente) …..il mondo è paese!
I resoconti all’americana si assomigliano un po’ tutti, forse per il taglio che gli autori vogliono dargli per renderli pubblicabili sull ‘AAJ.
Ma a me piacciono.