Il suono di un nome

Il suono di un nome
di Emilio Previtali
(dal suo profilo fb, 10 maggio 2022)

Scalare le montagne, è inutile. In quanto attività inutile e per giunta piuttosto pericolosa, nessun motivo che ti spinga a salire una montagna può essere considerato più sensato o più intelligente di un altro. Una delle ragioni per cui ho provato a scalare e a sciare certe montagne del mondo – devo ammetterlo – è che avevano un bel nome. Soltanto un bel nome, esatto.

Cho-Oyu, Shishapangma, Ama Dablam, Denali, Lullaillaco, Indrasan, Nanga Parbat, Mazeno, Annapurna, Cerro Torre, Fitz Roy, Kangchenjunga, parole che quando le pronunci sembra spalanchino delle porte su una parte di universo sconosciuto.

Se mi dite che quello del nome che suona bene è un motivo idiota per scalare una montagna, vi dico che avete ragione. D’altra parte dal mio punto di vista è idiota anche scalare una montagna soltanto perché è più alta rispetto a un’altra, perché è bella da guardare, oppure perché è difficile. O perché non ci è mai riuscito nessuno prima. Che cosa vuoi che gliene freghi alla montagna e di essere bella o brutta e all’universo se tu sei il primo, il centesimo o l’851esimo a salirci sopra?

Dalla Rivista della Montagna n. 28, 1977

Il momento in cui credo di essere diventato alpinista è quando ho iniziato a leggere le riviste di montagna che mio papà teneva impilate sul suo comodino, avevo 12 o 13 anni. Mi nutrivo di riviste, allora internet e anche Youtube non c’erano. La televisione iniziava i suoi programmi alle quattro del pomeriggio e nelle nebbiose giornate di novembre dopo i compiti non restava molto altro da fare, se non provare a leggere qualcosa. Riviste, che erano illustrate da belle foto a colori e pur sempre meglio dei libri. La mia passione per l’alpinismo e anche per le riviste credo sia nata lì. Se mio papà quando ero a casa ammalato ed annoiato mi avesse portato a casa da leggere riviste di automobili invece che di sci e di montagna, probabilmente sarei diventato pilota.

C’era una rivista su tutte e un articolo in particolare, tra quelle che teneva sul comodino, che attirava più di altre la mia attenzione. La montagna di cui si parlava era il Changabang.
Changabang. Come puoi non avere voglia di scalare una montagna così?

Le montagne dove mi portava mio papà al sabato o alla domenica si chiamavano Pizzo Arera, Pizzo di Petto, Corno Stella, Pietraquadra, Pizzo dell Orto. Da una finestra di casa mia si vedeva una montagna che si chiama Canto Alto, dall’altra finestra il Monte Cavallo. Voglio dire: nomi un po’ banali e sfigati. Un po’ di differenza nella capacità di proiettarti nel futuro e nel mondo dei sogni, i nomi ce l’avevano.

A scalare il Changabang per primo erano stati due inglesi che avevano a loro volta dei nomi fighissimi: Joe Tasker e Peter Boardman. I nostri alpinisti italiani – bravissimi per carità, non vorrei aprire una polemica adesso, che qui sopra è facilissimo – avevano il difetto di chiamarsi Ratti, Bramani, Bonatti, Mauri, Balicco. Con tutto il rispetto per le persone e per le capacità alpinistiche, dal punto di vista della musicalità dei nomi quelli che facevano sognare me non erano certamente italiani.

Il Changabang per la parete ovest fu salito per la prima volta da Tasker e Boardman e poi mai più ripetuto. Ci sono riusciti proprio alcuni giorni fa due ragazzi australiani e un neozelandese, da allora sono passati 46 anni. Quarantasei anni e una sola ripetizione. Non è pazzesco?

Sulle pagine della Rivista della Montagna numero 28 del 1977 l’occhiello di apertura diceva: “Devi andare a ficcare il naso in un posto, prima di essere certo che non ce la potrai fare” – Joe Tasker. Penso che tutta la mia vita alpinistica – ma anche quella non alpinistica – tutti i tentativi che ho fatto in vita mia, tutto quello che nel bene e nel male sono riuscito a fare e quello che non sono riuscito a fare, in montagna, in bici, a piedi nel deserto, nella giungla in 4×4, in metropolitana, per strada, con le morose, nel lavoro, praticamente ovunque e sempre, ha preso origine da quella frase lì. Un mantra: prova ad andare a vedere.
Changabang è un nome bellissimo.

Poi dicono che l’alpinismo è finito. A essere finita probabilmente è soltanto la nostra capacità di sognare a partire da una semplice parola. Cioè, in pratica, a partire da niente.

Il suono di un nome ultima modifica: 2022-06-04T05:07:00+02:00 da GognaBlog

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17 pensieri su “Il suono di un nome”

  1. Bellissima narrazione di cosa muove l’animo di un uomo, anche se a me ha sempre colpito l’aspetto estetico, il vedere. Ho salito parecchie vie o montagne solo perché mi piacevano, quasi mi chiamavano.
     
    Però il nome Changabang più che bello, mi pare un suono onomatopeico di cattivo auspicio!

  2. Vorrei aggiumgere un mio arcimodestissimo commento.
    Da ragazzino ho salito i miei monti… a due passi da casa e raggiungibili a piedi.
    La Palanzana col suo ripidissimo sentiero per arrivare in cima che nei nostri sogni era il Monte Bianco.
    Il San Valentino un pò più basso, per noi era il Cervino ,… perchè si poteva arrivare in cima salendo direttamente i meravigliosi roccioni vulcanici che costituivano la cima ( peraltro facilmente aggirabili) ocn passaggi di III° e addirittura un passo di V° esposto ( valutazione poi verificata da grande nelle arrampicate al Gran Sasso.
    …. che dire … la bellezza e l’avventura ognuno se la costruisce con la propria sensibilità… 
    Quanto è bella la montagna ….
    Arcangelo Paolucci

  3. Marguareis..un nome tra le montagne qui intorno.un bel nome tra l’orientale e il sardo…cmq quando si scala,cammina, insomma si va in montagna c’è un perché…chi non lo sa è perché non ha mai provato.provare per credere.

  4. Cosí parlò Atanasio, uomo saggio e sensibile alle bellezze e agli insegnamenti dei monti.
    … … …
    Anche per Alessandro il Piz Boè fu una montagna importante, la sua decima cima e primato di altezza; beninteso, salí a piedi dal Passo Pordoi. Era il 22 agosto 1960.
    Otto anni piú tardi il ragazzo si sciroppò la prima solitaria dello Sperone Walker.

  5. Dietro un nome spesso c’è un incognita,mistero,fascino,attrazione avventura ed è strettamente personale.La prima volta che sono salito su una montagna che non fosse dietro casa è stato sul Piz Boè avevo 12anni era d’estate e c’era tanta neve anno 1975.Oggi può sembrare banale ma quando giunsi sulla cima mi sembrava di toccare il cielo con un dito ,momenti del genere rimangono impressi tutta la vita ,ti senti vivo! In pace con te stesso appagato non vorresti essere da nessuna altra parte ma solo lì in silenzio e fantasticare sulla bellezza delle montagne e di tutto quello che le riguarda. Smettiamola di dire che andare in montagna è inutile, fatelo e vi accorgerete quanto ne ha da guadagnare la vostra esistenza .

  6. Monte Prana, piuttosto bruttino. Ma per me,  una montagna inizitica, che mi ha fatto sognare e vedere oltre. 
    Non è il nome della montagna  a fare la differenza ma quello che te ci vedi e quello che non vedi ma ti sogni di vedere.

  7. ad ogni suono abbiamo dato un nome….forse per riconoscerlo o spiegarlo….ad ogni nome può essere affiancato un suono…forse per riconoscerlo o spiegarlo…certo che questi personaggi hanno ficcato il naso in un gran bel posto….magico direi
    e aldilà del nome orientale che a qualcuno può risultare più interessante o attraente di altri non si tratta della noiosissima montagna himalaiana che si sale passo passo attaccati ad uno jumar
    poi salire le montagne noiose dell’Himalaya attaccati ad uno jumar forse è storia recente perché quando le ho salite io certo usavo lo jumar ma perché avevo posizionato le corde i giorni prima 
    aldilà di tutto grande salita E GRANDE LIBRO CHE OGNI TANTO ME LO TROVO TRA LE MANI

  8.  Un Nome..! di una “Montagna  leggendaria..!  Articolo bellissimo..!

  9. Magico il nome e magica la montagna. Nel 1976 Ho incontrato Boardman e Tasker al campo base, di ritorno dalla loro straordinaria scalata. Tascker è sceso a valle con noi ed abbiamo parlato di montagne e scalate per una settimana, l’ho invitato io ad inviare il racconto dell’impresa alla Rivista della Montagna. Ero stato stregato anch’io dal Changabang, tanto che ci sono tornato 5 anni dopo per salirlo.

  10. Evviva la Rivista della Montagna! Con articoli che hanno lasciato una traccia, dedicati alla Montagna di luce, alla Dea della beatitudine, agli Dei della Conoscenza e alla Saggezza, al Giardino degli Dei…

  11. Non entro nel merito del nome che affascina piu’ o meno.
    Ricordo e posseggo ancora l’articolo sul Changabang, cosi’ come quello della prima ripetizione della Gervasutti alla Est delle Jorasses scritto da Tasker , anche quest’ultimo sulla Rivista.
    A seguito delle letture di cui sopra comprai e divorai il libro uscito sulla straordinaria salita del Changabang da Pete Boardman. 
    Un po’ come la salita di Calcagno e Machetto al Tirich Mir.
    Tutti grandi davvero

  12. Nelle onde del mare di pietra che è la pelle della terra non vi è una forma uguale all altra,proprio come quelle dei mari,sentirne i suoni e i profumi dei primordi , incantarsene e incatenarsi come  Ulisse (corde e moschettoni)ma a differenza sua per sentir più forte il richiamo…e andare…anche il suono venisse da un comodino non e’da tutti” Sentire”Aggiungo:…per fare certe coseee Ci vuole orecchio…(Jannacci Vincenzo)

  13. Ci ho pensato se dire la mia, insomma non capivo se ci fosse ironia o altro, poi mi sono accorto che c’era una gran dose di paraculismo anche un po’ snob nel distaccarsi dalla dozzinalita della montagna nostrana a favore della, noiosissima montagna himalayana che si sale passo passo arrancando e sbuffando attaccati ad una jumar, ma sì che ne capiscono quelli che in solitaria salivano in inverno la nord del Cervino oppure arrivavano al rifugio sotto le Jorasses con solo una cartolina senza averle mai viste….

  14. Mi spiego: il nome Changabang è stupendo. Fa volare il pensiero.
    Ma i nomi italiani possono non essere da meno. Su quelli che ho scritto – e su tanti altri – io ho sognato.

  15. Gran Paradiso? Pizzo Palú? Picco dei Tre Signori? Torre delle Madri dei Camosci? Pizzo del Diavolo? La Grivola? Roccia Viva? Monte Cristallo? Torre di Val d’Inferno? Pizzo Bernina? Cima di Rosso? Croda dei Toni? Gran Zebrú? Cimon di Croda Liscia? Torre del Gran San Pietro? Campanile di Fontana d’Oro? Torre di Babele? Monte Scerscen? Spalti di Toro? Cima Su Alto? Dirupi di Larsèc? Pizzo Rosso di Predoi? Corno del Doge? Crodon di Giaf? Cima dei Tre Scarperi? L’Altissima?
    … … …
    Esterofilia?

  16. Il mondo è concepito nei pensieri le parole lo realizzano. (Salvatore se non lo capisci non fa niente).

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