La Caporetto di Controscuola e quella in bici

Metadiario – 253 – La Caporetto di Controscuola e quella in bici – AG (2003-004)

Il 27 maggio 2003, a Milano e nello studio del notaio Cesare Suriani, convennero coloro che intendevano costituire l’associazione culturale Alt(r)i Spazi, in memoria di Ettore Pagani. L’iniziativa fortemente voluta dalla mia ex Ornella e dalla vedova Simona Manfredini, stava finalmente per decollare. Quel giorno erano presenti, oltre a noi tre, Delia Maffi, Paolo Bellingardi, Nicolò Berzi, Luciana Genolini, Rocco Ravà, Stefano Sala, Federica M. Schenone, Laura Bernardini, Alessandra Raggio e Stefano Romanengo. L’associazione era destinata a un discreto successo, mi capiterà in seguito magari di raccontare qualcosa. Ma presto l’interesse e la collaborazione della maggior parte dei soci scemò, così da far gravare il reperimento fondi, la ricerca nuovi soci e l’organizzazione delle attività esclusivamente su Simona, Alessandra e me. Tra alti e bassi andammo avanti benino fino a che Alessandra decise, per il suo lavoro, di dedicarsi completamente al Banff Film Festival. Era il 2013 e da quel momento Alt(r)i Spazi vivacchiò fino alla definitiva chiusura del 2022.

In arrampicata su Nasi Goreng al Pizzo Spazzacaldera. Foto: gulliver.it

Della giornata del 27 maggio a me rimase indelebile l’ultimo saluto a Ornella. L’accompagnai alla vicina stazione di Conciliazione della Metropolitana e la vedevo tesa. Le chiesi come andava e lei mi rispose con gli occhi rossi di pianto “Va come a chi gli è stato detto di avere un tumore al fegato e che per lui è solo questione di mesi”. Non l’avrei più rivista, anche per suo preciso volere, fino a che non fui avvertito da Paolo e Michele: andai a trovarla nel tardo pomeriggio del 29 dicembre. Giaceva serena e immobile in quello che era stato il nostro letto, in via Volta 10.

Nel frattempo mandavo avanti a pieno ritmo Controscuola. Avevo ingrandito di parecchio la lista, molto spesso senza chiedere il parere dei diretti interessati. E questo fu senza dubbio un errore. Lorenzo ed io ci fidavamo della presumibile buona volontà di tutti, ma questa spesso latitava. Ad ogni testo che veniva prodotto seguiva l’invio fatto da me a tutti gli aderenti. Se qualcuno rispondeva, la sua risposta veniva fatta circolare alla stessa maniera, cioè sempre con invio circolare di e-mail.

In arrampicata sulla via Rondini sanguinarie alla Sentinella di Gondo. Foto: gulliver.it.

Ma già nelle prime due settimane si verificarono i primi “incidenti”, quelli destinati a inceppare l’intera iniziativa. Furono più d’uno gli episodi di intolleranza delle idee altrui, con conseguenti insulti, scherno e dileggio.

Sulla via ferrata Fernau all’Egesengrat
Dopo la via ferrata Fernau in vetta all’Egesengrat, 28 giugno 2003. Laura, Robert Span, Paolo Madeddu, Anna Pugliese, Claudio Primavesi.

Controscuola non era solo quello, ovviamente. Ci furono spunti buoni, discussioni corrette e ricche di creatività, come ad esempio quella innescata da Heinz Mariacher che, dopo aver ricevuto l’enorme file della Tyrol declaration, il 27 gennaio mi scrisse:
Caro Alessandro, sarei proprio interessato di sentire la tua opinione sui “Dieci comandamenti” (Tyrol declaration)”.

La partenza in parapendio dall’Elferhütte
In parapendio dall’Elferhütte al fondo valle

Possiamo discutere anni se il modo di vivere della maggioranza di noi sia giusto o sbagliato, ma la crescente richiesta di attività ricreative all’aperto di stampo sportivo è un fatto sotto gli occhi di tutti. Lo stesso mondo alpinistico va da tempo in questa direzione. Il proliferare di vie perfettamente attrezzate e le realizzazioni degli alpinisti di punta evidenziano una mentalità alpinistica sempre più votata ad un approccio di tipo sportivo.
In un contesto sociale di questo genere è ovvio che chi si rivolge ad una Guida Alpina cerca uno strumento in grado di portarlo con sicurezza in montagna. La Guida Alpina è per l’alpinista della domenica l’equivalente dello skilift per lo sciatore, un servizio che giustifica il pagamento di un corrispettivo”.

Monte Zatta
Mio compleanno, Pignone (SP), 29 luglio 2003. Da sinistra: Andrea Cito Filomarino, Milla Barišić, Mariolina Garraffo, Tommaso Ferrari, Barbarina Baba Uccheddu, Simone Ferrari, Guya, Carlotta Ferrari, Petra, Alessandro ed Elena.
Così Elena e Petra mi hanno “conciato” per il compleanno
Guya ed Elena, salendo alla Franz Senn Hütte
Franz Senn Hütte
Giochi d’acqua e di sete salendo alla Sulzenauhütte

La problematica “eliski” fu introdotta il 20 marzo da Roberto Vitale che comunicava all’intera Controscuola la manifestazione contro l’eliski che Mountain Wilderness aveva organizzato in Valgrisenche per il 6 aprile.

Qui decisamente non funzionò. Nel mio archivio ho solo due risposte, tra l’altro favorevoli all’iniziativa e ricche di suggerimenti: quelle di Emilio Previtali e di Marco Tosi. Dalle guide alpine solo silenzio. Con l’unica eccezione di Marco Spataro, guida di Champoluc, che si dichiarava stufo di ricevere chiacchiere per posta elettronica, accusava i cittadini di non comprendere le necessità di chi abita in montagna e concludeva chiedendo la disiscrizione da Controscuola.

La manifestazione del 6 aprile ebbe regolare svolgimento ma non suscitò un gran che l’interesse dei media.

Sulzenauhütte
Petra al Blaue Lacke
Petra, Alessandro, Elena e Guya al Blaue Lacke
Elena sulla via ferrata Fernau all’Egesengrat
Tirolo, Stubaital, panorama da Grosser Troegler su Zuckerhuetl, Wilder Pfaff. Sulzenau Ferner a destra, Ferner Stube a sinistra.
Elena sulla via ferrata Fernau all’Egesengrat
In salita al Grosser Troegler: in basso la Dresdnerhuette, sullo sfondo Hinterer Daunkopf, Noerdliche Daunkogel.
Vetta del Grosser Troegler, sullo sfondo il Sulzenau Ferner e la Zuckerhuetl.

Il problema è che mi fa’ stare male pensare che le proposte contro l’eliski vengano fatte da persone che con l’elicottero hanno fatto grandi lavori o che comunque non ne sono poi così estranei (Vedi filmati e simili) o ancor peggio anche da persone che sono legate a riviste dove la maggior parte delle foto arrivano da posti lontani con ampio utilizzo di elicotteri e simili.

Io come sai lavoro come guida alpina a tempo pieno e vivo in montagna, la maggior parte del mio lavoro viene svolto con le pelli o gli impianti di risalita, ma lavoro anche con l’eliski quando richiestomi.

Mi sembra che a differenza di quanti dicono, i depositi e la frequenza è regolamentata e non è vero che possiamo volare ovunque. In ogni caso sono stufo di seguire le dichiarazioni delle persone che seppur molto legate al mondo della montagna non ci vivono e lavorano. E’ come se io spingessi per una campagna nelle vostre città abolendo totalmente ad esempio la circolazione con le vetture private…

Dall’arrivo degli impianti di risalita dello Schlick verso la Grosse Ochsenwand.
In cammino dalla Starkenburgerhütte allo Schlick.

Eravamo alle porte dell’estate ed ero stanco, anzi direi sfinito. Questa lotta che mi ero sobbarcato mi dava troppo poche soddisfazioni al confronto delle tante delusioni. Decisi che avrei lasciato che le cose andassero come dovevano. Chiusi i miei battenti, non rilanciai più nulla fino a quando, dopo poco, non arrivò più nulla da rilanciare. Controscuola era morta.

Ne tentò un riassunto evocativo Lorenzo Merlo, quando il 24 settembre 2021 scrisse:
Controscuola” è una formula che alludeva ad una critica sia didattica che formativo-culturale.Tra le Guide, ma non solo, ordinariamente si impiegava la dimostrazione e la valutazione come elementi centrali della didattica. Chi meglio realizzava un’imitazione del maestro otteneva una buona valutazione. C’era anche la descrizione del gesto da compiere e la sua scomposizione dei momenti successivi che realizzavano la prassi.
La tecnica era al centro del processo didattico. Non a caso al tempo tecnica e didattica erano un binomio solido che implicava l’esaurimento della didattica nella comunicazione/dimostrazione della tecnica.
Era una modalità a sfondo meccanicistico. Ovvero sostanzialmente proposta identicamente a tutti. In essa vi era nascosta la falsità che il maestro detenesse la verità e l’allievo la dovesse riconoscere e fare sua.
La linea didattica di Controscuola era maieutico-ricreativa. Non era centrata sulla
tecnica, e la descrizione, come la dimostrazione non erano elementi centrali della relazione didattica. Tutto era invece riferito alla persona, alla sua motivazione, alla sua paura, distrazione o intento.

Guya, Petra e Carl-Alberto Pinoli alla Starkenburgerhütte
Carl-Alberto Pinoli ed Elena alla Starkenburgerhütte
Petra alla Starkenburgerhütte
Guya alla Starkenburgerhütte

Chi rientrava in sé e diveniva corpo, cioè si liberava dall’idea che aveva di sé, dai timori ad essa coniugati, dai confronti con gli altri o il proprio mito, dalla vanità di cui non era fino a quel momento consapevole e dall’identificazione della realtà con ciò che pensava, invece che con ciò che sentiva, certamente si avviava a trovare la sua linea personale di evoluzione, di scoperta di un sé che pareva già sapesse fare ciò che credeva di dover apprendere.
Attraverso il sentire – dimensione nuova per la maggior parte delle persone, non presente nella nostra cultura – scopriva come realizzare l´opportuno gesto per ogni attività dell´alpinismo. Ricreava la tecnica a sua misura psicomotoria.
Essere sé secondo quanto si sente è il contraltare dell’essere io secondo quanto si crede. Permette di muoversi in modo idoneo a sé, al gruppo, all’ambiente. Permette di realizzare la miglior sicurezza. Significa emancipazione dal conosciuto.

Controscuola era dunque un momento evolutivo della persona, che poi imparasse il fuoripista, a scalare il ghiaccio o la roccia, diveniva del tutto di portata inferiore.

Erano passati 38 anni da quando con Salvatore Bragantini avevo salito la via Vinatzer al Piz Ciavazes. L’unica volta che ci eravamo legati assieme, poi tutti quegli anni ognuno per la sua strada. Per qualche motivo che non ricordo l’avevo rivisto qualche anno prima allorché con la famiglia si era stabilito a Milano, ero stato in casa sua in corso di Porta Romana. E poi di nuovo il nulla. Con i suoi sessant’anni e dopo una brillante carriera era teoricamente in pensione e quindi voglioso di andare a scalare più di quanto potesse permettersi prima. Il 21 giugno andammo assieme in Albigna e salimmo la via Nasi Goreng al Pizzo Spazzacaldera, una piacevole scalata su un granito stupendo. Il 25 giugno invece andai con Lorenzo Merlo alla Sentinella di Gondo dove scegliemmo di ripetere una via davvero classica: Rondini sanguinarie, piccolo capolavoro di Alberto Paleari e Mauro Rossi (1978).

Petra al Belvedere di Vienna

Seguì un viaggio stampa nella Stubaital dove il 28 giugno fui “costretto” a salire con i giornalisti la via ferrata Fernau all’Egesengrat 2631 m. Riattrezzata nel 1999, con tratti ripidi ed esposti tra favolosi scorci sul ghiacciaio, il percorso supera più di 200 metri di dislivello, protetti e guidati da una continua fune d’acciaio e con l’aiuto dei gradini metallici.

Dopo una confortevole sosta alla Dresdner Hütte camminammo per prati e lisce placche rocciose un centinaio di metri a nord-est: ad un ometto di pietra, seguimmo un sentierino abbastanza pianeggiante che si dirige alla base dell’evidente contrafforte roccioso risalito dalla ferrata. Le difficoltà iniziano subito, senza mezzi termini, e proseguono omogenee, inframmezzate da alcune comode piazzuole di sosta che interrompono la continuità della salita. Risalimmo degli spigoli, dei diedrini e dei caminetti, fino ad arrivare dopo circa 100 metri ad una strettoia rocciosa, in cui bisognava incastrarsi con qualche fatica, uscendone poi su un’esposta placca. Di certo i due tratti più spettacolari dell’itinerario, davvero ariosi. Dagli ultimi dispositivi di sicurezza, e seguendo gli omini di pietra su una facile traccia ormai su terreno detritico ed erboso, raggiungemmo il punto più alto della Egesengrat. Facile discesa per sentierino frequentato dai camosci verso la Dresdner Hütte.
Il giorno dopo, assieme a tutti loro, feci la mia prima (e ultima, potrei dire) esperienza in parapendio, dalla Elferhütte al fondovalle. L’istruttore del quale ero passeggero fu gentilissimo. Non avevo alcuna paura e fu divertente. Ma non mi passò mai per la testa di approfondire…

Alba sul versante meridionale dell’Ellmauer Halt, Kaisergebirge.

Il 6 luglio mi trovavo a Levanto per passare il consueto weekend con le bambine quando John Bertacchi e Andrea Cito Filomarino (l’attuale compagno di Bibi) mi convinsero a fare un giro in bicicletta con loro. Io titubavo perché sapevo bene quanto loro pedalassero senza problemi per ore. Inoltre non disponevo di apposito “salvaculo”, il pantaloncino imbottito (la culotte) che ogni ciclista degno del nome indossa. L’imbottitura interna (il fondello), riduce di molto il rischio di irritazioni durante la pedalata. Con i miei jeans inforcai a prestito una bicicletta e li seguii nelle prime strade pianeggianti di Levanto (praticamente a livello del mare) in direzione collina. Sapevo la meta ed ero assai preoccupato. Infatti già ai primi tornanti della provinciale n. 38 mi trovai in difficoltà: la salita era ripida e anche con il rapporto più leggero mi sembrava di avere due pezzi di legno al posto dei polpacci. Mi tornava in mente quella volta che Heinz Mariacher mi aveva prestato la sua bici al Passo di Costalunga: ma presto capii che quella era nulla in confronto a questa.

Alba sulla Vordere Karlspitze, Kaisergebirge.

Dopo i tornanti anche le cosce mi dolevano e fui costretto a scendere dalla bici per riposare un poco. John e Andrea si dimostrarono comprensivi, aspettandomi a lungo e incoraggiandomi. Ciò non tolse che l’arrivo alla Colla della Gritta 330 m mi costasse ulteriore fatica. Sapevo che da lì in poi la pendenza era sicuramente più moderata, ma la prosecuzione fino al Santuario di Soviore 464 m fu travagliata. In questi casi non basta l’essere coscienti che certe discipline non si possono affrontare assieme a chi le pratica con regolarità. Subentra e permane l’incazzatura di sentirsi inetti.
Dal santuario abbandonammo la provinciale e prendemmo la stradina del Monte Bardellone che in leggera salita porta a una quota di 590 m e poi gradualmente scende un poco fino alla Cappelletta di san Bernardo per poi risalire al Passo del Bardellone 592 m. Lì arrivai al limite delle mie possibilità ma, per fortuna, il seguito fino alla Foce di Dosso e fino a Levanto sarebbe stato solo discesa.

La prolungata inazione della calata sul mare fece in modo che quando scesi di sella mi ritrovassi pressoché paralizzato. Non riuscivo a camminare. E quando, qualche ora dopo, andammo numerosi a cena in un ristorantino dalle parti di Carrodano non riuscivo neppure a salire le scale. Mi prendevano tutti bonariamente in giro…

Dal campo di golf di Ellmau verso il Kaisergebirge

Il 12 luglio assieme a Lorenzo Merlo andammo in Canton Ticino per salire Tage der Kälte alla parete sud del Poncione di Cassina Baggio 2648 m, una bella via di 340 m (11 lunghezze) fino al 6b su ottimo gneiss. La via era stata aperta undici anni prima (1992) da Reto Ruhstaller e Pasci Wipfli. L’arrampicata, assai divertente, fu interrotta alla sesta lunghezza, quando un sasso di discrete dimensioni colpì il casco del povero Lorenzo provocandogli quindi una piccola ferita vicino all’orecchio. Il proiettile non era caduto a caso ma proveniva da una cordata che ci precedeva. Preferimmo scendere immediatamente con cinque corde doppie.

Il 13 luglio, nella grande caldazza di quell’anno, con Guya andammo in Valsassina e posteggiammo all’Alpe Brunino 1012 m, con l’intenzione di andare alla Chiesetta di san Calimero 1490 m. Con noi era anche il nostro Pelucco, il quale era ben contento di poter correre sui sentieri. Purtroppo, giunti non distanti dalla meta, ci accorgemmo che il povero cane faceva fatica a camminare, zoppicava vistosamente. Esaminammo le zampe e vedemmo che tutti e quattro i plantari erano piagati, di certo scottati dal calore dei sassi. Facemmo immediato dietrofront, io con Pelucco infilato nello zaino.
Tornai anche a Levanto per due weekend consecutivi, ma questa volta evitando accuratamente la bici. Preferii stordirmi di fatica solitaria nella calura della cresta nord-nord-ovest del Monte Gòttero 1639 m (20 luglio) e in quella ancora peggiore della cresta sud-est del Monte Zatta, fermandomi però alla Quota 1393 m (27 luglio).

Gruttenhütte ed Ellmauer Halt

E arrivarono finalmente le cosiddette vacanze. L’avventura dei Grandi Spazi delle Alpi era terminata, ma nulla vietava di andare ancora una volta in giro per il Tirolo. Di concerto con l’ufficio del turismo della Valle dello Stubai andammo per una settimana a Neustift. Con noi era però anche Mario Pinoli e Katja Roediger con il figlio piccolissimo Carl-Alberto. Lei era incinta di un secondo. Il 3 agosto salimmo alla Franz Senn Hütte: con noi sette era anche l’amica Cristella. Il 4 agosto andammo solo con Petra, Elena e Guya alla Sulzenauhütte e da lì raggiungemmo il bellissimo lago del Blaue Lacke 2289 m.

Il 5 agosto, con Mario, salimmo in cabinovia dalla Mutterberger Alm alla Dresdner Hütte 2308 m, un ampio e bellissimo edificio vecchio stile con tavoli anche all’aperto. Ci dirigemmo verso sud-est fino all’inizio dell’immane pietraia che costituisce il versante nord-occidentale del Grosser Trögler 2902 m, nostra meta. Un’esile traccia a ripidi tornanti (a volte su terreno erboso) ci portò ad una spalla dalla quale la vista cominciava a spaziare maggiormente. Obliquammo a destra e poi ritornammo a sinistra su una poco accennata cresta ovest, seguendo la quale guadagnammo la rocciosa cresta sud e la cima, come di consueto da queste parti dotata di croce e di libro di vetta. Il panorama si era aperto, davvero in maniera improvvisa, sulla sottostante colata ghiacciata del Sulzenau Ferner e quindi sulle bianche vette dello Zuckerhütl 3507 m, Wilder Pfaff 3458 m e Wilder Freiger 3418 m. In lontananza, la mole dell’isolato Habicht 3277 m.

Nel pomeriggio passeggiata con Guja, Elena e Petra a Neder e Rain.
Il 6 agosto volli portare Elena su quella stessa  via ferrata Fernau all’Egesengrat 2631 m che avevo salito con i giornalisti cinque settimane prima.

Dopo un giorno di riposo per via del tempo incerto, trascorso nella visita dello Schloss Ambras e di Patsch, baciati ancora dal bel tempo, l’8 agosto con tutto il gruppone, compresa Cristella, dopo aver posteggiato a Fulpmes, prendemmo la funivia dello Schlick che ci portò al Kreuzjoch. Da lì, mentre gli altri procedevano con tutta calma verso il Sennjoch, Elena ed io seguimmo un’altra ferrata, quella che dal Kreuzjoch sale al Wetzsteinschrofen 2235 m per poi traversare in cresta alle Marchleitenfels 2260 m e scendere quindi al Sennjoch. Qui ci ricongiungemmo agli altri e proseguimmo con bellissima passeggiata in piano fino alla Starkenburger Hütte 2237 m. Dopo il bel picnic e al sole caldo eravamo così rilassati che non ci venne in mente che dovevamo tornare alla funivia in tempo per l’ultima corsa. Fatti due conti, era chiaro che non ce l’avremmo mai fatta, perché eravamo fuori di almeno mezz’ora… Il dislivello in discesa che eravamo costretti ad affrontare era di circa 1250 m: eravamo tutti preoccupati per Katja che, all’ottavo mese di gravidanza, di certo avrebbe avuto grosse difficoltà. Cominciammo a scendere tutti assieme ma poi, prima ancora di raggiungere la Kaserstattalm 1890 m, mi venne l’idea che avrei potuto scendere di corsa, recuperare un’auto e risalire a Pfurtschell, una località a circa 1300 m fuori dal normale itinerario di discesa che però avrebbe fatto risparmiare almeno 300 m di dislivello alla povera Katja. E così facemmo. Date le debite istruzioni a Mario sul come reperire il luogo dell’appuntamento mi precipitai  verso la Knappenhütte 1830 m, Vergör 1266 m e finalmente verso la Talstation di Schlick 2000, a Fullpmes, dove avevamo lasciato le auto.

Salita all’Ellmauer Halt: il passaggio della scala.

Non avendo idea di quanto avrebbe potuto impiegare il gruppone a scendere a Pfurtschell non mi ero risparmiato. Arrivai all’appuntamento e non c’era nessuno. Con una telefonata venni a sapere che stavano per arrivare. Katja era in effetti stanchissima, le gambe gonfie e doloranti: ma naturalmente, da buona teutonica, non profferiva lamento.

Il giorno dopo la compagnia si separò perché noi quattro avevamo in programma di andare a Vienna a trovare una vecchia amica di Guya, Firuze Attar, un’iraniana che aveva sposato il simpaticissimo Camillo e da tanti anni abitava a un centinaio di metri in linea d’aria dal Duomo di Santo Stefano e vicinissima al suo negozio di moda. Facemmo tappa per qualche ora a Salisburgo dove Elena, felice proprietaria di una sua macchina fotografica, era particolarmente interessata a fotografare i numerosi mucchietti di escrementi lasciati per strada dai cavalli. Proseguimmo per la capitale austriaca e vi arrivammo a sera. La Firi (diminutivo di Firuze) non era in città ma ci aveva lasciato le chiavi di casa sua in negozio. Ci trattenemmo da lei tre notti, con giorni meravigliosi in una Vienna calda ed estiva piena di cose da vedere e da vivere. Prima di tutto il Duomo, ma poi la Haas Haus, il Graben (colonna della Peste), l’Hofburg, il monumento a Mozart, il monumento a Goethe, la Stadtopera, il Palazzo della Secessione, l’Albertina Platz, la Kärtnerstrasse, la Fontana di Maria Teresa e l’American Bar. Almeno due furono le fermate in locali caratteristici per il consumo di generose fette di sachertorte. Il secondo giorno al Belvedere, al Schönbrunn (appartamenti imperiali, giardini privati, labirinto, Gloriette), alla Hundertwasser Haus e infine al Prater, che le bambine agognavano tanto. Qui ci raggiunse Firi e ci fu il grande piacere di una cena assieme.

In vetta della Vordere Goinger Halt

D’accordo con l’ufficio del turismo di Going avevamo in programma un due-tre giorni in zona Kaisergebirge per chiudere il lavoro dell’anno precedente. Il 13 agosto salii da solo alla Gaudeamushütte e da lì salii al Baumgartenköpfl 1572 m. Sceso da lì, portai Elena, Petra e Guya alla Gruttenhütte 1620 m. Le lasciai nella pace di quel luogo per salire la via normale dell’Ellmauer Halt 2344 m, mentre il giorno dopo salii la via normale dell’Hinteres Goinger Halt 2192 m. La giornata si concluse con la salita in funivia da Hochsöll al grande parco di Hexenwasser. Il 15 agosto era brutto tempo, facemmo solo una gita in bicicletta al Badsee e a Ellmau.

La Caporetto di Controscuola e quella in bici ultima modifica: 2024-12-26T05:10:00+01:00 da GognaBlog

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1 commento su “La Caporetto di Controscuola e quella in bici”

  1. Concordo in pieno lo scrito su eliski e uso dell’ elicottero in montagna. Circa 10 anni fa come gruppo OVER THE TOP abbiamo raccolto 3500 firme e depositate in regione Veneto per ottenere il divieto del elicottero turistico. La Regione se ne è fottuta e oggi REDBULL, ma anche gruppi privati americani-olandesi organizzano rotazioni su torre trieste,agner,pale s.lucano per le tute alari. Inoltre alcune guide di Cortina propongono eliski, e così in altre regioni e località (Cervinia ecc). Così va, in modo sbagliato. 

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