La cruna dell’Ago

Metadiario – 222 – La cruna dell’Ago (AG 1999-004)

Il mio rapporto col Salbitschijen è di assai lunga data, ne trovo traccia nella mia memoria già nel 1964. Nella primavera avevo frequentato con successo il corso di alpinismo della Sezione Ligure del CAI, in estate ero sopravvissuto ad una lunghissima campagna di scalate solitarie nelle Dolomiti, in autunno ero alle prese, ogni sera in sede al CAI, con il mio inserimento nel giro di quelli che “andavano”, così invidiabili, così distanti. Leggevo con voracità qualunque foglio riguardasse la loro attività, primo fra tutti il bollettino sezionale.

Già allora avevo osservato che un buon numero di montagne, sempre le stesse, erano tra le più “gettonate”: la maggior parte dei soci frequentava le montagne a ondate di moda, anche allora evidentemente non c’era molto tempo o voglia per la fantasia. Me ne ero accorto, ma avevo recepito il concetto assai supinamente, forse desideravo soltanto fare anch’io le stesse cose e non criticavo di certo.

Una delle montagne più frequentate dai “migliori” era proprio il Salbitschijen, e sempre per la cresta sud.

La cresta sud del Salbitschijen vista dall’elicottero. Foto: Mario Verin.

Una sera l’accademico Euro Montagna, che io consideravo un mito, nonché il mio maestro a sua insaputa, mostrò le sue diapositive sulle sue scalate e, tra le tante immagini, finalmente capii il perché di tanto interesse per questo famoso Salbitschijen. Oltre ad alcune belle foto di scalata aerea in una giornata radiosa di sole, ecco il gran finale, la salita ad una guglia di granito del tutto incredibile, alta una dozzina di metri, posta proprio sulla sommità della montagna. La sua inclinazione verso il vuoto, la sua esile circonferenza, la purezza di linee e soprattutto la posizione in Dülfer dell’arrampicatore che la saliva erano suggestioni tali da non poter più essere dimenticate.

In seguito rividi centinaia di immagini simili a quella, e in un angolino della mente conservavo sempre il desiderio prima o poi di andare a fare anche il mio pellegrinaggio a quello che per me era ormai un luogo di gioventù.

Un ago, un ago di memoria sottile, nella cruna del quale volevo passare una volta per tutte.

La Salbithütte
Cresta sud e cresta est (frontale) del Salbitschijen viste dal rifugio.

Dal posteggio di Ulmi 1195 m nella Göscheneralptal seguiamo il bel sentiero che sale alla ripida radura dell’alpeggio di Regliberg 1680 m, proseguendo poi per gli ultimi pascoli fino a raggiungere il cordone morenico che porta dritto alla bella costruzione della Salbithütte 2105 m. Ci mettiamo poco più di due ore, arrivando per cena. Trascorriamo il breve dopocena assieme al custode, la guida alpina Hans Berger, per illustrargli quali sono i nostri programmi per il bell’articolo che abbiamo intenzione di scrivere per la Rivista della Montagna. Gli accordi prevedono che lui ci accompagni in tutte le salite.

29 giugno 1999. Siamo tutti un po’ più vecchi, mi riferisco al tempo in cui sognavo di salire l’Ago, ma siamo sempre motivati allo stesso modo quando si tratta di granito e di geometrie d’arrampicata.

Piero Gomarasca assicurato da Hans Berger, cresta sud del Salbitschijen
Alessandro Gogna sulla cresta sud del Salbitschijen

La giornata è perfetta, dal laghetto vicino al rifugio ci godiamo il facile e amichevole sentierino su terreno erboso, che in un’ora e un quarto ci porta sul costone che è la naturale prosecuzione dell’evidente cresta sud del Salbitschijen 2981 m.

Marco Milani ed io attacchiamo con entusiasmo la variante Takala, evitando perciò il più facile canalino che segna l’inizio della via originale; dietro a noi salgono Hans e l’amico Piero Gomarasca. Era stato lo stesso Hans, con Vreni Hauser e Marcel Bircher, ad aprire questa bella variante nel 1992.

La prima ascensione di questa stupenda via risale al 16 agosto 1935, quando Alfred e Otto Amstad con Guido Masetto risalirono l’intera cresta destinata a diventare la via superclassica del Salbitschijen, che coniuga l’aerea eleganza con una splendida arrampicata, assai lunga, su roccia sempre solida.

Alessandro Gogna sulla cresta sud del Salbitschijen
Alessandro Gogna in vetta all’Ago del Salbitschijen

Le difficoltà non sono mai eccessive (V+ e A0, oppure VI+), ma il tipo di arrampicata, se non si ha grande pratica, può far perdere tempo con manovre magari un po’ scolastiche qui spesso non necessarie.

È un tripudio, le frequenti fermate fotografiche non riescono neppure a scalfire quello che è un meraviglioso senso di ritmo e di compiutezza che ci accompagnano per tutta la salita: peccato che in vetta il cielo sia completamente grigio, di foto non si parla neppure. Mi accontento di salire in cima all’Ago, per onore di firma e di memoria.

Il grigiore ci accompagna lungo l’intera discesa, un po’ complicata ma poco impegnativa.

Piero Gomarasca assicurato da Hans Berger sulla 3a lunghezza (VII) della via Mocca al Gemsplanggen. 30 giugno 1999.
Hans Berger assicurato da Piero Gomarasca sulla 5a lunghezza (VII) della via Mocca al Gemsplanggen. 30 giugno 1999.

Il giorno dopo è ancora brutto, ma non dovrebbe piovere. Avevamo riflettuto a lungo se andare alla via Incredibile o alla via Mocca, entrambe vie che percorrono la parete sud delle Gemsplanggen 2576 m, una bastionata posta subito a est del Salbitschijen: si trattava di decidere se, a parità di difficoltà (VII+), proporre una via aperta da Hans Berger assieme al nostro amico Mario Verin nel 1985 che, come dice il nome, è famosa per la sua “incredibile” arrampicata, oppure scegliere una più anonima Mocca, nota però per la bella arrampicata su fessure ad incastro.

Alla fine optiamo per la seconda, per il motivo assai pratico che questa ha il vantaggio che in caso di temporale concede una ritirata veloce a doppie.

Ancora noi quattro, dunque, ci impegniamo su Mocca, a dispetto del tempo minaccioso, dopo un avvicinamento di circa tre quarti d’ora.

Hans Berger assicurato da Claudia Simmen sulla cresta est del Salbitschijen
Hans Berger e Claudia Simmen scrivono sul libro di vetta

La prima ascensione di questo gioiello è merito di Moses Gamma e Kaspar Regli, nel 1965. La via si conferma una splendida arrampicata in fessura d’incastro con un’uscita di eleganza rara. L’ultima lunghezza è davvero impressionante ed estetica, uno slalom tra fessurette e tetti in un vuoto notevole. Però Hans e Piero non fanno a tempo ad arrivare in cima, perché inizia a piovere: Marco ed io, paghi della salita compiuta, li raggiungiamo con una doppia alla base dell’ultima lunghezza e da lì, tra gli scrosci, scendiamo tutti verso la base.

1 luglio 1999. Piero ci ha lasciati ieri sera per impegni di lavoro, ma una dea nordica ne ha preso il posto. Alle cinque di mattina infatti arriva dal basso Claudia Simmen, bionda, robusta nei punti giusti, occhi azzurri e aria frizzante e simpatica. Ancora in quattro, quindi, dirigiamo alla classica salita della cresta est del Salbitschijen, pure questa assai frequentata, anche perché molto più facile della Sud.

Hans Berger assicurato da Claudia Simmen sta per raggiungere la vetta dell’Ago del Salbitschijen.

Anche l’approccio è un po’ più breve e l’attacco è situato alla base della cresta est in corrispondenza di un intaglio con una notevole torre antistante.

E’ la cresta più facile del Salbitschijen, ma pure lei è assai aerea e offre una splendida arrampicata, assai lunga, su roccia sempre solida. Le difficoltà non superano il V-, con un breve passo di A0 (VII). La via era stata aperta il 20 giugno 1920 da August e Hugo Müller, mentre fu lo stesso Berger, assieme a Marcel Bircher, ad attrezzare in ottica moderna l’itinerario (1992) salendo, tra l’altro, la variante diretta con il breve passo in artificiale.

Verso la cresta ovest del Salbitschijen
Marcel Bircher sulla ferrata verso il Salbithütte
Alessandro Gogna, Hans Berger e Marcel Bircher verso la cresta ovest del Salbitschijen

Per l’intera ascensione notiamo la particolare attenzione di Marco a fotografare con insistenza Miss simpatia che, infatti, mai come in quella occasione, aveva fatto tante lunghezze da capocordata… Questa volta il tempo è di nuovo splendido e, giunti alla vetta, riusciamo tutti a salirne l’Ago e a fare delle foto per noi sicuramente memorabili.

2 luglio 1999. Oggi è l’ultima giornata di bel tempo previsto e così l’ultimo grande desiderio, quello di salire la cresta ovest, forse ci può essere esaudito.

Hans Berger assicurato da Marcel Bircher sulla Prima Torre della Cresta ovest del Salbitschijen, 2 luglio 1999.

Raggiungere l’attacco della cresta ovest del Salbitschijen dalla Salbithütte non è così agevole, né conveniente.

Di solito, infatti, chi affronta questa lunghissima e per nulla facile ascensione usa il Salbitbiwak 2402 m, uno scatolotto metallico da otto posti situato in posizione adeguata. Per raggiungerlo dal fondo valle, l’accesso di circa 3 ore è completamente diverso da quello della Salbithütte.

Con noi, purtroppo, non è più Claudia, e al suo posto abbiamo l’atletico Marcel Bircher. Purtroppo non riusciamo a partire dal rifugio prima dell’alba. Occorre seguire un sentierino che ci fa oltrepassare il costone erboso che costituisce la naturale prosecuzione della cresta sud del Salbitschijen. Un lungo falsopiano ci fa raggiungere delle opere artificiali (una specie di via ferrata) che, con parecchi saliscendi, alla fine ci fa raggiungere il Salbitbivak.

Dalla Salbithütte 2105 m, costeggiato il vicino laghetto, seguire un sentiero che sale dolcemente verso ovest fino ad oltrepassare su terreno erboso il costone di naturale prosecuzione dell’evidente cresta sud del Salbitschijen. In falsopiano si continua ancora un po’ fino ad incontrare le opere artificiali di una via ferrata che, con vari saliscendi, porta in prossimità del Salbitbivak. La via ferrata è in certi punti molto esposta e, prima della fine, richiede l’attraversamento di un canalone che, in presenza di neve, può creare qualche problema. Sono già passate due ore e mezza e sono circa le 9.
Meno male che dal Salbitbivak l’attacco si raggiunge in pochi minuti, alla base del fianco sud della Prima Torre della cresta.

Alessaandro Gogna, assicurato da Marcel Bircher, sulla fessura di VI della Seconda Torre della Cresta Ovest del Salbitschijen
Dalla sommità della Seconda Torre della Cresta ovest del Salbitschijen osserviamo assai dubbiosi il resto della via.

La prima ascensione di questa ciclopica cresta fu appannaggio di Betty ed Ernest Favre con Louis-Maurice Henchoz, nel giugno 1948. Del Salbitschijen è la cresta più impegnativa, una successione frastagliata di torri, con oltre 30 lunghezze di corda. Spesso sottovalutata, ha costretto a bivaccare molte cordate. Per fortuna ci sono alcune possibilità di ritirata dalla via con una serie di corde doppie sul versante sud della Seconda Torre, oppure a piedi nel canalone tra la Seconda e la Terza Torre. Chi ha avuto la buona sorte di riuscire in questa impresa ne parla in termini decisamente entusiastici per la splendida arrampicata su roccia sempre solida.

Purtroppo, però, noi non riusciamo ad attaccare così presto come la situazione richiede e le fotografie portano via tanto tempo. In più ci impegniamo a salire in libera e il primo tiro di VII, così a freddo, non va affrontato di fretta e furia: in vetta alla Seconda Torre sono felice di aver arrampicato fin qui in modo pulito ma dubitiamo di poter arrivare per sera in cima e così, a malincuore, scendiamo a doppie sulla verticale parete sud della Seconda Torre. In effetti la guida dà un tempo di percorrenza variabile tra le 10 e le 14 ore. Sarà per un’altra volta?

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La cruna dell’Ago ultima modifica: 2024-07-16T05:41:00+02:00 da GognaBlog

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7 pensieri su “La cruna dell’Ago”

  1. Non vorrei fare il pignolo, ma credo che la didascalia della prima foto vada corretta: se non sbaglio quella è la cresta ovest, non la sud.

  2. Ricordo un bellissimo bivacco sotto la vetta ,alle 8 del mattino dopo passavamo già presso il rifugio, c’era un bimbo di un anno (forse ) parcheggiato nel suo box ,li tranquillo e solo . Già a quel tempo conoscevamo i prezzi degli svizzeri e tirammo dritti. Grazie Claudio Ratti per questa avventura

    E grazie a Ratti per le tante belle vie Apuane.

  3. Ricordo un bellissimo bivacco sotto la vetta ,alle 8 del mattino dopo passavamo già presso il rifugio, c’era un bimbo di un anno (forse ) parcheggiato nel suo box ,li tranquillo e solo . Già a quel tempo conoscevamo i prezzi degli svizzeri e tirammo dritti. Grazie Claudio Ratti per questa avventura 

  4. All’inferno hanno un cuoco svizzero , per il resto non mi lamento degli sfizzerotti , in particolare per com e riescono a gestire “senza compromessi” la circolazione automobilistica.

  5. mi ricordo anche le schifezze che ci diedero da mangiare la sera al rifungio. Bisogna proprio impegnarsi per cucinare così male!!

    E non te lo regalano. Con i prezzi sono fuori di testa.

  6. Nonostante la bellezza indiscutibile dei luoghi, della Svizzera ci si ricorda più di tutto l’antipatia delle persone e l’indecenza del cibo.
     
    Sarà che mangiare schifezze non aiuta l’umore…
     
    Generalizzando, eh.

  7. Sono stato una sola volta al Salbit e ripetemmo la lunghissima cresta ovest. Riuscimmo a farla in giornata in un bello sforzo prolungato. Salita bellissima, con lunghezze entusiasmanti su roccia super, complicata dal continuo sali e scendi dalle aeree torri che porta via tanto tempo. Oltre alla bellezza della via, purtroppo mi ricordo anche le schifezze che ci diedero da mangiare la sera al rifungio. Bisogna proprio impegnarsi per cucinare così male!!

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