La nuova rivista del CAI

La nuova rivista del CAI
di Carlo Crovella

Come ricorderanno molti lettori di GognaBlog, qualche tempo fa si discusse animatamente in merito alla rivista del CAI, rivista che negli ultimi dieci anni si è chiamata Montagne360 (M360).

Pochi, se non pochissimi, erano, fra di noi, coloro che si dichiaravano soddisfatti dell’impostazione in voga. “Polenta e mucche” era la sintesi spietata per cassare Montagne360, sottolineando l’allontanamento dal modello di rivista di alpinismo cui noi âgé siamo stati abituati, nei decenni passati, sia dall’allora organo ufficiale del CAI che dalle alternative “laiche” (Rivista della Montagna e ALP su tutti).

Pur non sostenendo a spada tratta la valenza di M360, mi ero alzato a sua difesa, evidenziando che la stampa sociale di una qualsiasi istituzione risponde in prima battuta alle esigenze dominanti nella grande “pancia” del corpo sociale.

Andrea Greci

L’analisi oggettiva deve quindi partire dal bacino di riferimento: da parecchio il CAI non è più (purtroppo, aggiungo io) il “Club degli Alpinisti”, magari non tutti estremi, ma tutti “alpinisti” di mentalità, di impostazione e di gusti. Da parecchi decenni, a maggior ragione per la grande espansione numerica a livello nazionale (oggi i soci totali sono 330.000), il CAI è diventato il “Club degli appassionati di attività sportive che si praticano in montagna”. C’è una bella differenza rispetto al concetto originario (di matrice anglosassone) del “Club di soli alpinisti”. A scanso di equivoci, mi affretto a sottolineare che tale modifica non ha ridotto il mio attaccamento al sodalizio: ma le analisi devono essere condotte in modo oggettivo e si deve dire quello che si vede.

Oggi come oggi i soci che si possono definire “alpinisti” probabilmente non raggiungono le 100.000 unità (su 330.000 totali) e, anzi, io immagino a spanne che stazionino intorno ai 50-60.000 individui, tra l’altro principalmente compresi in fasce anagrafiche non verdissime: il resto della compagine sociale è composta da altre tipologie di soci.

Tipologie del tutto legittime, intendiamoci. Negli ultimi decenni è mutato radicalmente il concetto di base dell’andar in montagna e questo si riflette sulla composizione dei soci del CAI.

Di conseguenza la rivista non poteva (e, temo, valga anche per il futuro…) che tener conto di questo scenario strutturale. La Redazione di M360 ha quindi lavorato in modo lineare con le predominanti richieste della base sociale.

Anche sul piano operativo si è privilegiato l’obiettivo di dare spazio alle voci dei soci piuttosto che pubblicare prioritariamente articoli di grandi firme della montagna. Il magazine ha accentuato la piega da “bollettino sociale”, ma anche in ciò ha risposto ai requisiti di partenza.

Una volta entrati in quest’ottica si comprende facilmente che la recente stampa sociale del CAI non sia stata affatto di pessima qualità, anzi: è bene ricordarsene per ringraziare esplicitamente la Redazione degli ultimi dieci anni con riferimento al pregevole lavoro svolto.

Semplicemente non si è trattato di una rivista confezionata da “alpinisti” e destinata esclusivamente a lettori “alpinisti” e noi, vecchi alpinisti per giunta un po’ bizzosi, questo non lo digeriamo fino in fondo.

Ora il nuovo Consiglio Direttivo ha deciso di apportare dei cambiamenti alla rivista. La prima variazione che balza all’occhio è la preferenza per la cadenza bimestrale, tra l’altro come alcuni commentatori di GognaBlog avevano ventilato a suo tempo. In effetti, su base annua, meglio sei numeri di buona qualità piuttosto che dodici dispersivi. La riduzione dei costi per il dimezzamento dei numeri potrebbe giovare alla qualità del singolo numero, dove è legittimo aspettarsi la concentrazione di maggiori risorse (finanziarie, ma anche redazionali, grafiche, di contenuto).

Però la virata più profonda sembra quella verso una maggior presenza di “montagna” nella rivista. Almeno a giudicare dalla affermazioni del Presidente: «(intendiamo)operare in ambito giornalistico ancora per molti anni, ponendo al centro il primo articolo del nostro Statuto».

Ottime prospettive! Bravo Presidente! Non possiamo che rallegrarci!

Però… però. Ricordiamo che l’art 1 dello Statuto del CAI recita testualmente: «Il CAI… ha per iscopo l’alpinismo in ogni sua manifestazione, la conoscenza e lo studio delle montagne, specialmente di quelle italiane, e la difesa del loro ambiente naturale».

Con l’evoluzione generale che contraddistingue l’andar in montagna, specie dal 2000 in poi, è forte il rischio di entrare in un ginepraio inestricabile: quali sono, oggi come oggi, le “manifestazioni” in cui si declina l’alpinismo? Per esempio: MTB e skyrunning sono compresi? E le gare, sia di corsa/arrampicata che di skialp? E le polentate in rifugio, per la loro valenza social-ricreativa (ragguardevole in assoluto, ma a maggior ragione dopo i recenti lockdown)?

E cosa significa, oggi, “difesa dell’ambiente naturale” con riferimento ai contenuti della rivista?

Io penso: significa che ci saranno, “giustamente”, sistematici interventi su temi di attualità (pista bob Cortina, strade, impianti, divieti, numeri chiusi, ghiacciai che spariscono, pareti che crollano…), ma anche articoli sui lupi, sui grifoni e sulle marmotte. L’ambientalismo ha più facce.

E significa anche che la storia e la cultura, non solo alpinistiche in senso stretto, avranno sempre e comunque il loro spazio, “giustamente”. Di conseguenza: feste popolari, dove è transitato Annibale, la strada costruita da Napoleone, le battaglie del passato, i formaggi delle valli, i vini alpini, i dialetti delle minoranze… e mille altri argomenti continueranno, “giustamente”, ad avere il loro spazio strutturale.

Ho rimarcato l’importanza dell’avverbio “giustamente”, perché, oggi come oggi, una rivista di esclusivo contenuto alpinistico coinvolgerebbe un’esigua minoranza di lettori, in genere d’età e che non rappresentano né il presente né il futuro del CAI. Sia ben chiaro: mi ci metto anche io fra questi ”vecchioscarpun” e sono probabilmente in prima fila, in termini di visione d’altri tempi e di testardaggine senile.

Ma i tempi cambiano e le cose si evolvono. Accade anche per le riviste di montagna: nell’attuale società liquida e traversale non possiamo più considerare l’alpinismo come un mondo a sé, slegato dalla realtà, con standard qualitativi autonomi e indipendenti. Andare in montagna è un’attività sempre più interconnessa con il resto dell’esistenza e, di conseguenze, lo devono diventare anche le riviste di montagna.

Per tutti questi motivi, mi aspetto che, all’atto pratico, non vedremo una rivista di esclusivo contenuto alpinistico, come eravamo abituati in un passato ormai lontanissimo (esempio gli anni ’60-‘70). Per carità, sarò il primo a rallegrarmi se i fatti mi dovessero smentire. Inoltre ciò non preclude assolutamente l’ipotesi che la Rivista possa risultare complessivamente di qualità elevata. Dal canto mio l’importante è che, sulla prossima versione della Rivista, si parli di montagna in generale e anche un po’ di alpinismo, con il suo taglio specifico, i suoi temi particolari e la sua filosofia che è bene definita.

Non ci resta che aspettare i prossimi numeri: l’attesa è fervida. Auguri di buon lavoro alla nuova Redazione.

In ogni caso, concludiamo riportando qui sotto il comunicato ufficiale del CAI apparso su loscarpone.cai.it il 29 novembre 2022.

Progetto CAI Cultura, una nuova veste per il periodico del Club alpino italiano
Al via un grande progetto di rilancio per le aree culturali del Club Alpino Italiano deliberato dall’Organo di indirizzo e controllo: il Consiglio centrale. Un’attività che punta alla qualità e all’approfondimento e prevede come primo passo la revisione del periodico Montagne360 con passaggio a bimestrale e la nomina a Direttore editoriale di Marco Albino Ferrari.

Il Club alpino italiano sta approntando un attento e profondo rinnovamento sul piano della produzione culturale. Come spiega il nuovo Direttore editoriale, nonché responsabile delle attività culturali, Marco Albino Ferrari, le diverse anime del Sodalizio entreranno in armonia tra loro per dar vita a un grande progetto sistemico e coordinato di rilancio mirando alla qualità e all’approfondimento.

Dal prossimo anno il periodico cartaceo Montagne360 tornerà bimestrale, con il nome La Rivista del Club Alpino Italiano e con un nuovo Direttore responsabile: Andrea Greci. Il primo nuovo numero sarà disponibile nel mese di marzo 2023.

La rivista presenterà più pagine dell’attuale, una rilegatura in brossura e si orienterà sui grandi temi del momento, con reportage, inchieste e articoli monografici affidati a firme della cultura e del giornalismo. Un prodotto destinato ad essere collezionato, anche per la particolare attenzione che verrà data alla grafica e alle immagini d’autore.

La scelta, dettata dall’indiscutibile aumento dei costi di carta ed energia, vuole guardare al futuro: il passaggio a bimestrale permetterà di mantenere una pubblicazione amata dai lettori riducendone l’impatto ambientale.

I soci potranno infatti decidere all’atto del tesseramento se ricevere il periodico in formato cartaceo o digitale, andando quindi a produrre le sole copie richieste, dimostrando con questo piccolo gesto un’attenzione all’ambiente che il Club sta ponendo in primo piano con la nuova presidenza. Infine sarà garantita la continuità di temi e firme rispetto a Montagne360 grazie al mantenimento della medesima redazione.

«Con il passaggio a bimestrale, considerando anche l’aumento dei collaboratori operativi, i costi ordinari per la nostra rivista passeranno da 1.4 milioni di euro nel 2021 a meno di 1.2 milioni nel 2023. Siamo certi che i lettori comprenderanno questa scelta che permetterà ai soci di poter usufruire di un prodotto di livello senza dover aumentare la propria quota di tesseramento. Il Consiglio centrale e la Presidenza hanno intrapreso con responsabilità questa via che speriamo possa permetterci di operare in ambito giornalistico ancora per molti anni, ponendo al centro il primo articolo del nostro Statuto», commenta il Presidente generale Antonio Montani.

Nel mese di gennaio 2023, i soci riceveranno nelle proprie case “un assaggio”: un fascicolo che illustrerà per intero il nuovo progetto soffermandosi sulle novità a partire dalla Rivista senza però tralasciare Lo Scarpone online, cinematografia, editoria, piattaforma e-Learning, podcast e Web tv.

«Il CAI vive le stagioni che cambiano, investendo nuove energie e professionalità per migliorarsi e diventare sempre più la casa di tutti gli italiani che amano la montagna», afferma il Direttore editoriale Marco Albino Ferrari.

Ringraziamo pertanto i lettori che in questo momento di cambiamento avranno la pazienza e la voglia di confrontarsi con noi per migliorare insieme e guardare al futuro.

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La nuova rivista del CAI ultima modifica: 2023-01-14T05:30:00+01:00 da GognaBlog

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43 pensieri su “La nuova rivista del CAI”

  1. Cari amici, rieccomi:

    riprendendo quanto ho già commentato il  17 gennaio, e dopo aver riletto attentamente lo scritto di Carlo Crovella, che è sempre molto attento a quanto succede nel mondo alpino,  e i numerosi commenti dei soci, ho l’impressione che in questa vicenda ci sia stata finora troppa urgenza e approssimazione. Mi spiego con alcune domande:

    1°-ci si rende conto che la Rivista del Cai è il mezzo di informazione e comunicazione di un’associazione importante di 322.000 soci sparsi in tutta Italia, dove forse non ne ce ne sono altre più grandi?

    2°-l’anno scorso, ha avuto molto eco l’incredibile scandalo, riportato su molti media, che ha coinvolto il nuovo Presidente Generale Montani (chi è costui?) e due Vice-Presidenti (chi sono costoro?) che ha danneggiato purtroppo l’immagine del Cai  (in parallelo, ometto, per carità di patria, quella del vertice della Sezione di Torino, altro penoso episodio, ma questa è un altra storia penosa).

    3°- i tre personaggi di cui sopra hanno ovviamente subito rassegnato le dimissioni (ma perchè 2 vice-Presidenti?, per fare cosa? chi era quello della Presidenza Torti?),

    4- ora sappiamo con stupore che, (perchè e percome) sono stati tutti e tre prosciolti e hanno festeggiato, con tarallucci e vino, la conferma a capo  della nuova rivista del Cai?

    5-sul contenuto della nuova Rivista del Cai non metto becco, perchè Carlo Crovella ed altri (vedasi i commenti) si sono già espressi a sufficienti su cosa debba essere il contenuto, ma mi soffermo sulle modalità operative.

    6°-negli anni scorsi ho scritto molte volte (senza mai avere un riscontro!) al Direttore della Rivista Calzolari, poi al Presidente Generale Torti, evidentemente troppo occupato a scrivere i suoi insulsi editoriali mensili, che nessuno leggeva, per chiedere il rilancio della Rubrica “Lettere dei soci” .
    Mi è sempre parso assurdo, incredibile  che tra 322.000 soci nessuno abbia mai voglia di scrivere, criticare, chiedere, proporre, ecc. Ho anche scritto al Direttore del Cai (si, sapevate che il Cai ha anche un Direttore?) ed addirittura ai Probiviri, con lo stesso risultato.
    L’indimenticabile Toni Ortelli, Responsabile del Comitato della Rivista, quando era R..M, ci raccomandava che noi avessimo molta attenzione alle lettere che considerava “la palestra dei soci!”.
    A Torti, un qualunque socio di nome Ratto, aveva osato inviare:

    a) di pubblicare un articolo sul Club 4000 che dal 1964 opera in Torino ed attualmente conta 565 soci dii 17 Paesi diversi.

    b) segnalare il “progetto 8000” inviato all’UIAA per la certificazione nel 2013

    pretese assurde di un qualunque socio di nome Ratto che osa rivolgersi per le sue bagatelle addirittura al Presidente di un glorioso Club Alpino.

    7°-chi, e come, dove e perchè, ha deciso che il nuovo Direttore Editoriale debba essere Marco Albino Ferrari,   certamente molto valido ed esperto in materia, ma perchè non sono stati considerati  prima nomi di membri del Cai altrettanto esperti come Alessandro Gogna (accademico, guida alpina, scrittore, fondatore del più importante blog alpinistico?)  o altri accademici?

    8*-per il Direttore Responsabile, idem come sopra:  chi è  Andrea Geci ? che esperienza ha? Non sarebbe stato meglio formare prima un comitato della nuova rivista con nomi noti quali Crovella, Manera, Cominetti, Daidola, Bertoncelli,ecc,)?  Da parte mia voteterei per Crovella o Manera.

     9°-Obiettivamente è giusto riconoscere che “Montagne 360” è una gran bella rivista, che forse in materia non ha eguali. Però tutto questo sul piano  editoriale, perchè sul piano dei contenuti e di taglio prettamente alpino  e non alpinistico, come noi alpinisti vorremmo.
    Possiamo dare l’ OK  per una rivista che consentirebbe la cadenza bimestrale con evidente riduzione  dei  costi:  non capisco però la rilegatura in brossura: che vantaggio offrirebbe  sul piano dei costi con la modifica in peggio  dell’estetica della rivista? Semmai si potrebbe utilizzare carta più leggera.

    9°-Infine, ultimo ma non meno importane è il capitolo economico: quanto costerebbe la nuova “Rivista del Cai, con annesso  “Notizie del Cai”  (in sostituzione del brutto “Lo scarpone”?) .
     Rivista, Notiziario, eventuali annuari e calendari (del Caai e altri delle varie Sezioni, ecc) costituiscono una notevole spesa er il Cai e quindi meritevolr di attenzione,. E un”bussines” non di poco conto, appetibile sia a chi oggi provvede alla stampa ed alla diffusione, ma anche ad altri concorrenti a cui si potrebbe (dovrebbe) lanciare un bando di concorso.

     

  2. Condivido pienamente il commento di Ugo Manera del 14 gennaio. Come Ugo ho fatto parte del Comitato di Redazione  della vecchia rivista quando ne era responsabile Toni Ortelli. Sono stato anche Vice- Presidente della Commissione delle Pubblicazione del Cai (Presidente era il grande Alfpnso Bernardi. 
    Leggerò con più attenzione i molti commenti inviati, il che dimostra il gande interesse che i soci hanno per questo problema
    Ora c’è da chiedersi cosa si farà del notiziario che oggi ha un orrendo titolo “Lo Scarpone”.
    Mi riprometto in seguito di leggere con attenzione gli scritti di  Carlo Crovella e di altri.
    Cordiali saluti
    Luciano Ratto

  3. Sinceramente mi pare di esser  sempre molto lineare e coerente, su questo come su qualsiasi altro tema. Forse le mie posizioni sono troppo elaborate per esser capite da tutti.

  4. Come al solito Crovella scrive una cosa e poco dopo il suo contrario, impiegando milioni di parole oltre il necessario.
     
    Una cosa terribile è la rassegnazione. Nella vita, sempre.

  5. Per curiosità sono andato a recuperare la “linea editoriale” della rivista Alpinist. La copio qui sotto:
    We believe in sinker jams high off the deck, a bomber nut, the crescent moon, your partner’s whoop, sand-washing the fry pan, road trips, one-swing sticks, remembering to breathe, alpine starts (more for the alpenglow than the early hour), espresso in the desert, the plunge step, lenticular cloud caps, rest days, the focus of a runout, a cold beer at the end of it all”
     
    Non ho tempo di fare la traduzione per renderla comprensibile a tutti, ma credo che il senso sia facilmente catturabile da chiunque. Bene, se vi aspettate che la rivista sociale del CAI abbia questa impostazione, mi sa che sarete sempre delusi. Il CAI per sua natura punta ad allargare la platea dei suoi associati IN ORIZZONTALE e non IN VERTICALE e quindi produce una stampa sociale che non potrà mai essere l’espressione di questa visione, troppo di nicchia.
     
    La differenza fra i decenni passati e l’attualità è che è cambiata la composizione della pancia sociale del CAI, di conseguenza si è anche adeguata la rivista. Un tempo il CAI era il Club di soli alpinisti/scialpinisti (ma cmq non esclusivamente degli alpinisti di punta, che anche allora erano numericamente una minoranza e, al limite, si riconoscevano nel CAAI e non nel CAI), e invece oggi il CAI è il Club degli appassionati di montagna. La stampa sociale non può che esserne l’espressione conseguente. Certo, l’ideale sarebbe tornare al compromesso degli decenni finali del Novecento, ma temo che ci siamo staccati così tanto da quei livelli che ormai non li recupereremo più.
     
     

  6. E giusto per rinnovarsi, prende un direttore pluri-riciclato (non me ne voglia MAF), che ha portato ALP.GrandiMontagne pari pari su Meridiani Montagne… Forse era meglio trovare volti/voci DAVVERO nuove…

  7. Cmq non è esatto che di cartaceo serio non esiste nulla. Procuratevi il numero attualmente in edicola di Meridiani Montagne, incentrato sull’Oberland. È un raro esempio, al giorno d’oggi, di rivista di Alpinismo cime la intendiamo noi.

  8. Preciso che io non sono dell’opinione che la rivista debba in assoluto adeguarsi ai soci, anzi. Tuttavia non vedo alternative, essendo l’organo di stampa sociale CAI, per cui la vedo dura che la direzione massima (che è il Consiglio Direttivo del CAI, non il.Direttore respinsabile) opti per un’impostazione che non sia quella di tenere costanti contatti con tutte le anime della pancia sociale. L’errore è pensare alla rivista come una rivista indipendente che va sul mercato, invece e’ una rivista pagata implicitamente da tutti i soci CAI, per cui ogni socio vuole “riconoscersi” sistematicamente in un pezzetto di rivista, sennò si sente un socio dimenticato. È questa la sostanziale differenza fra un organo sociale e una rivista indipendente che va sul mercato. Cmq, vedremo.

  9. 30, arieccoci col discorso che la Rivista si deve adeguare ai soci…
    Una Rivista si fa apprezzare se ha carattere. Questo lo determina tanto il direttore quanto la redazione. Conosco giovani che apprezzano gli articoli di Alpinist (lunghissimi ma di qualità) e vecchi che rimbalzano tra i social a caccia di pettegolezzi. Tra i soci Cai c’è sicuramente di tutto ma una Rivista può fare anche educazione. Basta questo farsi compiacere piatto e noioso!
    Ai soci che la Rivista non piacerà non la leggeranno   esattamente come accade ora. Si spera siano di più quelli che l’apprezzeranno, ovviamente,  ma una cosa ben fatta deve andare per la sua strada.
    La Rivista del Cai oggi ha l’opportunità di diventare un punto di riferimento, visto che di cartaceo decente non esiste nulla in Italia. Speriamo bene, ma non facciamoci troppe seghe. 

  10. Criticismus in factis et contentis niti debet, non in principiis meris ac temere liberis.

  11. O saranno articoli lunghi oppure – giovani o non giovani – sarà una rivista da cesso.
     
    N.B. Scusate la volgarità, ma cosí mi sono fatto capire meglio.

  12. Dipende molto dal ruolo dell’on-line. Se l’on-line sarà solo un pdf del cartaceo è un conto. Se invece sarà il primo passo per l’avvio di una transizione più corposa la faccenda cambia e cambieranno anche le competenze necessarie (Vedere in proposito cosa è successo anche nei quotidiani). Vedremo. Per ora ho capito che sarà solo una versione paro paro del cartaceo, che dubito, tra l’altro potra’ a lungo reggere i costi di una spedizione gratuita.

  13. Vien quasi da dire: lunghi per vecchi, corti per giovani. Ergo: rivista votata alla tradizione o che adocchia alle nuove leve?? 
     
    Non si può avere un piede in due scarpe ma si deve scegliere. E scegliere, inevitabilmente, è eliminare. Quindi summa di tutto: fuori i vecchi e dentro i giovani …via, via, aria al ciarpame polveroso 😁

  14. Un’altra cosa da verificare nelle scelte del nuovo Direttore della Rivista sarà se propenderà per articoli “lunghi” o “corti”. La questione è tutt’altro che collaterale. Noi boomer o pre-boomer, nostalgici delle “belle” riviste di alpinismo (non solo CAI, ma RdM e Alp, ecc) propendiamo per scritti di contenuto, articolati, strutturati, ben calibrati ecc ecc. Il tutto si traduce in testi tendenzialmente “lunghi”. Come segnala Pasini in un commento precedente, la tendenza generale del mercato di oggi è invece quella di preferire scritti brevi, spesso a sostegno delle foto e non il contrario (come invece accade normalmente negli articoli “lunghi”).
     
    perché questo è rilevante? Perché se la propensione della nuova direziona sarà favorevole ad una rivista di alpinismo (come la intendiamo noi), inevitabilmente vi saranno pochi articoli “lunghi”. Se invece si preferirà una rivista trasversale, sarà giocoforza pubblicare (sullo stesso numero) tanti articoli “corti”. Il tutto a parità di numero di pagine.
     
    Di conseguenza la preferenza per la lunghezza dei testi sarà la cartina di tornasole della linea editoriale. non resta che aspettare i prossimi numeri e verificare.

  15. La differenza la potranno fare quelli che,  vogliosi di scrivere e raccontare,  maderanno alla redazione articoli con  storie, argomenti, idee nuove interessanti da leggere, quindi da pubblicare. Magari  di autori sconosciuti, non sempre di professionisti della montagna.
    Sempre che di nuovo ci sia rimasto qualcosa da dire,  e non si ricaschi nel già detto e scritto, nella solita minestra riscaldata.

  16. Esco volentieri fuori tema perché Bertoncelli con Una lacrima sul viso di Bobby Solo mi ha fatto voglia di suggerire a tutti il video intervista di Red Ronnye sulla scomparsa dell’immenso Jeff Beck.
    Inoltre, sempre per restare fuori tema, suggerisco la lettura su Altrispazi dei racconti di Gianni Pastine: Genovesi in montagna. Foto molto belle e stile di racconto impagabile!
    Altro che Montagne 360. Così sono tornato in…tema.

  17. Per un rinnovamento sul piano culturale  tagliamo le pagine  diminuiscono i costi e aumenta la cultura. Passiamo al digitale e gli ALPINISTI in primis saranno tutti i nostri lettori. Di chi da 56 anni ha raccolto e letto con passione “chi se ne frega”.

  18. Scusate, ma cosa c’entrano le guide Cai-Tci con la nuova Rivista?
     
    Non facciamoci prendere solo dalla nostalgia ma auguriamoci soprattutto che la nuova Rivista accetti contributi validi dai soci che ne hanno e che non si crei un circolo chiuso di contributors come da goniometrica memoria e che comunque la redazione giudichi severamente la qualità di quanto proposto e che paghi adeguatamente chi fa buoni lavori di cui poi tutti i lettori potranno giovarne.
    In ultimo aggiungo che alla prima fotocopia di screenshot di google Earth propinata ai lettori, ci si unisca tutti o quasi in piazza Duomo per andare a distruggere la redazione armati di bastoni e bombe molotov. Tanto per essere diplomatici.

  19. @ Angelo al 21. Pro e contro per entrambe le versioni, cartacea o digitale. Per l’enorme mole e qualità di lavoro che ci sta dietro, secondo me la versione digitale, aggiornabile giorno per giorno, ripagherebbe maggiormente per potenzialità gli autori e gli utilizzatori. La consultazione deve essere a pagamento. La guida delle Alpi Orobie a metà degli anni ’90 del secolo scorso, stava per essere rifatta, ma poi . . . E’ meglio se non ci ripenso!

  20. Anche a me piacerebbe che tornassero in vita le GMI, si dovrebbe fare l’aggiornamento delle vecchie,.,.in particolare anche Masino Bregaglia Disgrazia un grande gruppo montuoso dove vi è stata una bella evoluzione alpinistica…e che dire del volume Orobie..si deve caldeggiare le riedizioni , la carta, è la carta rappresenta la storia e rimane nel tempo, l’è minga el Computer..gli ultimi volumi erano ben documentati.. tutto per la storia..sfogliando ad es. il volume Civetta, è ottimo, purtroppo si era svalutata per il fatto della copertina in plastica.. pazienza,. Il grande Buscaini ci ha lasciato un bel tesoro..sarà da collezionisti ,  a me piace la storia ,. e questa è storia e cultura del territorio.. ma non sento nessuno che parla de Lo Zaino documentatevi…
     

  21. Condivido la posizione di Ugo Manera, ma per quanto riguarda gli articoli riguardanti l’alpinismo noto da tempo una difficoltà intrinseca. Gli alpinisti in molti casi non sanno scrivere o meglio non sanno comunicare in modo convincente e talora autoironico. L’ambiente alpinistico è spesso ricco di personaggi boriosi, professionisti o simili, che pensano di essere dei ” grandi” solo perché loro sono riusciti a fare ciò che l’alpinista della domenica ( caiano) immagina  nei sogni. È difficile trovare alpinisti come Gogna, Rabanser o Cominetti, capaci di parlare di alpinismo di ricerca, di storie di uomini e montagne, di fallimenti, passione e successi senza cercare di mettere sempre al primo posto il proprio ego.
    ( caiano)

  22. “Aggiungo che mi piacerebbe che le Guide Monti d’Italia tornassero in vita…”
     
    Sogni mostruosamente proibiti (cfr. Fantozzi rag. Ugo). 😂😂😂
     
    😰😰😰

  23. Anche io concordo al 100 per 100 con quanto scritto da Ugo Manera.
    Aggiungo che mi piacerebbe che le Guide Monti d’Italia tornassero in vita…

  24. Sul passaggio alla versione on/line (per ora solo come opzione) porto la mia esperienza di lettore. Sono da molto tempo abbonato a due riviste straniere, una di Trail Running e una di Climbing, che sono passate all’on-line. Ho notato che progressivamente il cambio di veicolo ha cambiato anche il contenuto. Gli articoli sono diventati sempre più corti, sempre più a carattere informativo che riflessivo e a volte sembra persino che siano gli articoli a supporto delle foto e non viceversa. Io stesso ho cambiato il mio comportamento. Ne faccio un uso “effimero”, difficilmente vado a rivedere un numero arretrato, anche perché il passaggio al’on line, non subito ma dopo in po’, ha filiato un altro prodotto, un sito web indicizzato e interattivo, con parti aperte e parti riservate, che attira quasi di più che non la rivista. Devo dire che di fatto ho mantenuto l’abbonamento forse più per avere un accesso open al sito che non per la rivista stessa. In altri temini, volevo segnalare che un passaggio pieno all’on-line, penso destino ineluttabile per molta editoria outdoor, ha impatto anche sulla struttura e sui contenuti. Non so se meglio o peggio, per chi ha avuto abitudini cartacee, ma sicuramente diverso. Vediamo cosa succederà con l’editoria Cai, che comunque può contare su una estesa rete di clienti garantiti. 

  25. Il CAI ha fatto un bellissimo lavoro digitalizzando tutti (?) i periodici dal 1865 in poi e rendendoli disponibili a chiunque (non ai soli soci). Da questo indirizzo https://tecadigitale.cai.it/periodici/index.php si possono scaricare i pdf e fare anche una ricerca sul testo… non è come possedere la copia cartacea ma è preziosissimo per fare ricerche (storia dell’alpinismo, della pubblicità, dell’equipaggiamento da montagna, eccetera) o anche solo per chi, come me, ha nostalgia di epoche passate.

  26. Il titolo della rivista non aiuta a risolvere la crisi di identità che agita il Cai. Se appariva orroroso il nuovo “Montagne360” con la sua goffa formula goniometrica, il vecchio “Rivista del Club Alpino Italiano” nasce orfano e banale. Come si chiama la rivista del Cai? la rivista del Cai si chiama rivista! Sarebbe stato più elegante suggerire nel titolo un orientamento utile per identificare una mentalità e un comportamento differenti. D’altra parte il ricorso al concetto dell’alpinismo non risolve il problema, ma apre una contraddizione perché non c’è più l’equivalenza tra la montagna e l’alpinismo. Poiché molti arrampicano anche sulle scogliere del mare o sui muri delle città una rivista specializzata in alpinisno non sarebbe più una rivista sulla montagna. Viceversa in una rivista sulla montagna avrebbero più spazio la polenta e le mucche che non l’alpinismo.
     

  27. Il nuevo direttore della nuova Rivista dovrebbe stamparsi e incorniciare per appenderlo al muro della redazione   il commento 8 di Ugo Manera.
    Se così farà (ma non lo farà) la nuova Rivista sarà bellissima!

  28. Ciao Guido
    scusate se mi intrometto cambiando argomento, colgo l’occasione per salutare,tu sei Guido Riva quello che ha aperto il Gran Diedro al Pizzo del Salto che ho ripetuto tanti anni fa? recentemente anch’io con mio figlio ho aperto la direttissima,. articolo esaustivo su Lo Zaino…
     

  29. Quando una Redazione chiede ai propri lettori cosa vorrebbe leggere, è meglio che quella redazione (redazione) cambi mestiere.

  30. Anch’io ho raccolto le annate della Rivista dal 1959 (data di mia iscrizione al CAI) fino a una ventina di anni fa e ho conservato qualche esemplare degli anni 20/30 di mio papà. Un tempo mi leggevo tutta la Rivista con piacere. Poi ho cominciato a leggere solo pochi articoli e infine quando è diventata Montagne360 a scorrerla in tre minuti prima di cestinarla.
    Ho scritto alcune volte alla redazione chiedendo che si parlasse più di alpinismo ma mi hanno sempre risposto che il loro compito (360) era di parlare di tutto un po’ (col risultato di non soddisfare nessuno). Ho suggerito anche di chiedere ai lettori cosa volevano leggere ma loro dovevano scrivere quello che aveva deciso la direzione. Spero che la nuova Direzione riesca a realizzare il cambiamento anche se può sembrare un arretramento al passato.
    Mi rendo conto che questo è il desiderio di un quasi ottantenne e forse i più giovani si aspettano qualcos’altro ma cosa? Forse la nuova redazione dovrebbe chiedere proprio ai soci cosa vogliono leggere.

  31. Solo per amor di precisione, ricordo a tutti che (a meno che io abbia capito fischi per fiaschi…) M.A. Ferrari è stato nominato Direttore Editoriale di tutto il CAI (cioe’ di tutte le iniziative culturali ed editoriali del CAI), mente il Direttore Responsabile della Rivista sara’ Andrea Greci. “Nel più sta il menu”, si dice. Quindi l’occhio lungo di Ferrari sorvegliera’ anche l’andamento della Rivista, però le due cariche non coincidono perfettamente.
     
    Approfitto inoltre per sottolineare che nel comunicato CAI si dice che “viene mantenuta continuità di Redazione e di firme rispetto a M360″…
     
    Infine circa il fatto che il CAI debba tornare ad essere “solo” il Club degli alpinisti/scialpinisti… beh con me si sfonda una porta aperta, l’ho.scrotto apertamente. Vedremo cosa ci riserverà il futuro. Buona domenica a tutti.

  32. Per commentare le varie stagioni della Rivista del CAI porterebbe a scrivere un mezzo romanzo che difficilmente chi segue il blog avrebbe voglia di leggere, mi limiterò ad esporre  alcune mie opinioni. Ho la collezione della Rivista Mensile completa dal 1949 fino alla fine degli anni 80 con varie annate degli anni ’30. Ho fatto parte del comitato di redazione della RM per diversi anni curando anche delle rubriche. Giudico il periodo di “Montagne 360 gradi il peggiore della storia della Rivista del CAI, già il titolo, di stampo qualunquista, non rappresentava nulla ed era ridicolo. A malincuore ho interrotto la collezione e negli ultimi anni, dopo una veloce scorsa, ho cestinato la rivista, non valeva proprio la pena occupare le librerie per una collezione.
    Il CAI non è un partito politico che deve presentarsi alle elezioni per cui deve raccattare voti dappertutto imbarcando ogni attività. Il CAI è nato con l’alpinismo e l’alpinismo (o sci alpinismo) deve restare il faro conduttore pur dando voce anche al altre attività secondarie indipendentemente dalle tessere che queste attività di contorno possono portare. Chi è contrario a questa impostazione si formi o scelga un altro Club.
    Un altro tema che mi sta a cuore: la letteratura alpinistica. L’alpinismo, fin dalla sua origine, ha generato letteratura attraverso scritti e racconti dei protagonisti, sarà una letterature minore ma è tuttora viva e vegeta, basta vedere quanti libri vengono ancora pubblicati sull’argomento “alpinismo”. La Rivista Mensile era la palestra di allenamento per questo tipo di letteratura, invito, chi ne ha la possibilità, a sfogliate la Rivista Mensile 1952 a pagina 373 e leggere: “Da solo sulla parete Nord Est del Badile” di Hermann Buhl. Non è necessario fare commenti sulla differenza di livello con gli scritti di alpinismo (rari) che sono comparsi su Montagne 360 gradi. Questi ultimi sono scarni, spolpati, quasi fatti per togliersi in fretta il fastidio. Non hanno proprio nulla di letterario.
    Potrei andare avanti con altri argomenti ma credo che la mia opinione sia emersa a sufficienza.
    Colgo con piacere la fine della rappresentazione goniometrica della montagna e spero proprio che la futura nuova rivista abbia tutt’altro stampo.

  33. Concordo, con Albino Ferrari la rivista è sicuramente in buone mani. Ma  tutto oggi viene bruciato in diretta sui social. Quindi,  la vedo dura,  per la rivista,  suscitare i necessari interessi che possano farla leggere invece che cestinarla. 

  34. Sicuramente ci saranno dei cambiamenti più o meno grossi, d’altra parte il tessuto sociale del Cai è molto articolato,..e come mi disse un dirigente, sai dobbiamo accontentare tutti.. ma se volete un libro (perchè chiamarlo rivista è riduttivo e offensivo) documentatevi e leggete Lo ZAINO, siamo sempre in ambito CAI, edito dalla Scuola Centrale di Alpinismo! frutto della collaborazione di alpinisti, specialisti,. Istruttori regionali e Nazionali,. anche semplici Soci, scoprirete un mondo..solo alpinismo e basta…non si parla d’altro

  35. Non è certo la prima volta che la Rivista del CAI cambia. È normale, capita, anzi è capitato, anche per molte altre riviste di montagna. Una sola cosa è sicura: ogni rivista, come ogni orchestra, esprime sempre la personalità del suo direttore. Da questo punto di vista direi che con Marco Albino Ferrari la Rivista del CAI sarà in buone mani.

  36. Un tempo conservavo la Rivista del CAI: era interessantissima. Mi procurai pure le annate degli anni Cinquanta, Sessanta e Settanta: magnifiche! A quelle dei decenni precedenti ho dovuto rinunciare a malincuore a causa del costo proibitivo. 
     
    In seguito, con l’attuale impostazione, mi sono limitato a leggicchiarla; poi a sfogliarla, con l’illusione di trovarvi qualcosa di meritevole. Infine la rivista è passata quasi subito nel cestino. Ora non sono piú neppure socio del CAI.
     
    Sic transit gloria mundi.

  37. Questa rivista, Montagne 360, è decaduto come format a livello di un banale bollettino parrocchiale…si vede chiaramente che la linea editoriale universalistica è dettata dai veri finanziatori che sono gli sponsor (industria della MTB in primis) e dalla dirigenza “politica” per propaganda di parte. Lo “scarpone” si conservava in raccolte di annate in quanto aveva  contenuti “formativi” e di “proposta” per il praticante …la rivista di oggi si sfoglia e si butta…tanto è sconfortante …

  38. Dimenticavo, Jeff Beck, sarà che ha vissuto di più, ma ha forse influenzato la musica con la sua chitarra più di Jimi Hendrix.
    Peccato se ne sia andato troppo presto. 
    Nell’alpinismo farei un parallelo con Jean Marc Boivin.

  39. Questo tipo di editoria, nel tempo, ha fatto come la musica. Gli artisti, fino ai primi anni ’80, suonavano prima di tutto per il loro piacere personale. Il pubblico seguiva quello che più gli piaceva. Poi è successo pian piano che gli artisti si sono adattati a un gusto maggiormente appiattito, qualitativamente parlando, e suonano al solo scopo di accontentare una fetta di pubblico più vasta possibile.
    L’esempio più terra terra che mi viene da fare è quello di Alex Britti, che è un chitarrista di elevatissimo livello, che però fa canzonette per restare in un genere che vende.
    Sarà che il 10 Gennaio è mancato Jeff Beck, forse il chitarrista più influente della storia della musica tutta, chiaro esempio di quello che intendevo dire prima, ma l’offerta che si adegua a una richiesta piatta, resta ben salda in molti settori. 
     
    Spero tanto che Marco Albino Ferrari, già direttore con successo di Alp e Meridiani Montagne, porti alla nuova Rivista quello che oggi le manca.

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