La realtà climatica che nessun altro osa menzionare
di Patrick Barkham
(pubblicato su comedonchisciotte.org il 22 ottobre 2018)
Fonte: theguardian.com 26 aprile 2018
Traduzione: Markus
“Siamo condannati”, dice Mayer Hillman, con un sorriso così radioso che occorre qualche istante per capire veramente il senso della frase. “Il risultato è la morte ed essa rappresenta la fine della maggior parte delle forme di vita del pianeta, perché siamo diventati completamente dipendenti dai combustibili fossili. Non c’è modo di invertire il processo che sta provocando la fusione delle calotte glaciali. E, a quanto pare, sono pochi quelli in grado di riconoscerlo”.
Hillman, un ottantaseienne studioso di scienze sociali e membro emerito anziano del Policy Studies Institute, lo riconosce. Le sue fosche previsioni su un cambiamento climatico ormai fuori controllo, e lo dice senza enfasi, sono “le sue ultime volontà e il suo testamento”. Il suo ultimo intervento nella vita pubblica. “Non ho intenzione di scrivere più niente, perché non c’è più nulla da dire”, aveva affermato la prima volta che lo avevo sentito parlare, di fronte ad una platea sbalordita all’Università dell’East Anglia, l’anno scorso.
Da Malthus, fino al Millennium Bug, le teorie apocalittiche hanno sempre dato risultati assai poco significativi. Ma, quando vengono da Hillman, potrebbe valere la pena starle a sentire. In più di 60 anni, nelle sue ricerche, ha utilizzato dati di fatto per sfidare l’opinione comune degli uomini politici. Nel 1972 aveva criticato i centri commerciali extra-urbani vent’anni prima che il governo, per fermare la loro diffusione, cambiasse la regolamentazione urbanistica. Nel 1980 aveva raccomandato la sospensione della chiusura delle linee ferroviarie secondarie e, solo ora, alcune di queste tratte dismesse vengono riaperte. Nel 1984 aveva proposto un punteggio energetico per le abitazioni, diventato in seguito legge dello stato nel 2007. E, più di 40 anni or sono, aveva profeticamente sfidato la corsa alla crescita economica della società.
Quando ci eravamo incontrati nella sua rimessa ristrutturata di Londra, la classica Dawes da corsa appoggiata speranzosamente al muro dell’ingresso (con un infarto e un triplo bypass coronarico gli è stato proibito di pedalare), la preoccupazione di Hillman era stata quella che non uscissimo dal campo delle sue ricerche più conosciute, quelle che mettono in dubbio la supremazia dell’automobile.
“Con la condanna che ci aspetta, sostenere la causa della bicicletta come mezzo primario di trasporto è abbastanza futile”, dice. “Dobbiamo smetterla di bruciare combustibili fossili. Troppi aspetti della vita dipendono dai combustibili fossili, con l’eccezione della musica, dell’amore, dell’istruzione e della felicità. E’ su queste cose, che non dipendono dai combustibili fossili, che dobbiamo focalizzarci”.
Anche se negli ultimi venticinque anni la sua attenzione è rimasta concentrata sui cambiamenti climatici, Hillman è noto soprattutto per il suo lavoro sulla sicurezza stradale. Si era già reso conto, alcune decine di anni fa, degli effetti dannosi dell’auto sulla libertà e sulla sicurezza delle persone che non ne dispongono, soprattutto dei bambini. Alcune delle sue raccomandazioni ai politici sono diventate norme di uso comune, come il limite di velocità delle 20 miglia orarie (32 km/h), ma non siamo riusciti ad impedire che le auto distruggessero la libertà dei bambini. Nel 1971, l’80% dei bambini inglesi di sette-otto anni andavano a scuola da soli, oggi è praticamente impensabile che un bambino di sette anni possa camminare fino a scuola senza l’accompagnamento di un adulto. Come aveva sottolineato Hillman, abbiamo allontanato i bambini dal pericolo, invece di allontanare il pericolo (e le strade piene di auto inquinanti) dai bambini nei percorsi da e per la scuola. Aveva calcolato che accompagnare i bambini, nel 1990, era costato, agli adulti, circa 900 milioni di ore lavorative, con un aggravio economico annuale per la nazione di 20 miliardi di sterline. Al giorno d’oggi spendiamo sicuramente molto di più.
Il fallimento, da parte della nostra società, di rendersi conto dei veri costi dell’auto ha fatto capire ad Hillman la difficoltà di combattere il cambiamento climatico. Ma lui insiste sul fatto che non bisogna presentare la sua teoria sul cambiamento climatico come “un’opinione”. I dati sono chiari, il riscaldamento globale procede in modo esponenziale. Il Gruppo Intergovernativo sul Cambiamento Climatico delle Nazioni Unite prevede che il mondo, in base alle tendenze attuali, si riscalderà di 3°C entro il 2100. Modelli climatici più recenti portano la stima a 2,8°C, ma gli scienziati non sono ancora in grado di prevedere quali saranno gli effetti globali derivanti dagli effetti secondari, come il rilascio di metano dal permafrost in scioglimento.
Hillman si meraviglia del fatto che il nostro modo di pensare si spinga di rado oltre il 2100. “Questo è ciò che trovo così straordinario, quando gli scienziati mettono in guardia sul fatto che le temperature potrebbero salire di 5°C o anche di 8°C. E poi cosa succede, ci si ferma qui? Che eredità lasciamo alle generazioni future? Agli inizi del XXI secolo non abbiamo fatto praticamente nulla in risposta al cambiamento climatico. I nostri figli e i nostri nipoti saranno estremamente critici nei nostri confronti”.
L’emissione di anidride carbonica nel 2016 era rimasta stabile, ma la sua concentrazione nell’atmosfera era stata confermata ad oltre 400 parti per milione, il livello massimo degli ultimi tre milioni di anni (quando il livello degli oceani era più alto di 20 metri di quello attuale). Le concentrazioni potrebbero calare solo se non ci fossero emissioni di anidride carbonica di qualunque genere, dice Hillman. “Anche se il mondo azzerasse oggi il consumo di combustibili fossili, questo non ci salverebbe, siamo oltre il punto di non ritorno”.
Nonostante Hillman non voli più da oltre vent’anni, come impegno personale alla riduzione delle emissioni di anidride carbonica, disprezza le iniziative individuali, secondo lui “tanto buone quanto inutili”. Secondo la stessa logica, dice Hillman, anche le iniziative nazionali sono irrilevanti, “perché il contributo della Gran Bretagna è minuscolo. Anche se il governo riuscisse ad arrivare a zero emissioni, questo non farebbe nessuna differenza”.
Invece, secondo Hillman, la popolazione mondiale deve muoversi globalmente verso il traguardo di zero emissioni, con l’agricoltura, il trasporto aereo, la navigazione, il riscaldamento domestico, tutte caratteristiche della nostra economia, e anche con la riduzione della popolazione umana. Si può fare senza un collasso della civiltà? “Non penso sia possibile” dice Hillman. “Se lo immagina, in una democrazia, che tutti quanti rinuncino a volare? Se la vede la maggioranza della popolazione che diventa vegana? O che la maggior parte delle persone accettino una restrizione alle dimensioni delle loro famiglie?”
Hillman dubita che l’ingegno umano sia in grado di trovare una soluzione e dice che non ci sono prove che l’effetto serra possa essere messo da parte in sicurezza. Ma, se ci adatteremo ad un futuro più povero, concentrandoci sull’amore e sulla musica auspicati da Hillman, potrebbe essere, per noi, una cosa buona. E chi siamo “noi?”, si chiede Hilmann, con il suo tipico sorrisetto ironico. “Le persone facoltose riusciranno ad adattarsi meglio, ma la popolazione mondiale si dirigerà verso quelle zone del pianeta, come l’Europa del Nord, che saranno temporaneamente risparmiate dalle variazioni estreme del cambiamento climatico. Come reagiranno queste regioni? Lo stiamo vedendo adesso. Ai migranti verrà impedito di arrivare. Li lasceremo affogare”.
Un piccolo gruppo di artisti e scrittori, come quelli del Progetto Dark Mountain di Paul Kingsnorth ha abbracciato l’idea che la “civiltà” finirà presto a causa di una catastrofe ambientale, ma solo alcuni scienziati, che operano ormai al di fuori dei circuiti ufficiali di finanziamento e che sono arrivati al termine della loro vita, osano dirlo. I punti di vista di Hillman sono forse una conseguenza dell’età e della cattiva salute? “Dicevo le stesse cose 30 anni fa, quando ero vispo e arzillo”, dice.
Hillman accusa tutti i leader, religiosi, scientifici e politici, di non essere riusciti a discutere con onestà su quello che dovremmo fare per arrivare a zero emissioni di anidride carbonica. “Non penso siano in grado di farlo perché la società non è strutturata per permettere loro di farlo. I partiti politici si concentrano sui posti di lavoro e sul PIL, che dipendono dal consumo dei combustibili fossili”.
Se non ci sono speranze, e questa è una verità lapalissiana, ci si arrende. E, comunque, essere ottimisti sul futuro è un pio desiderio, dice Hillman. Crede che arrendersi al fatto che la nostra civiltà è condannata renderebbe invece l’umanità simile ad un individuo che riconosca di essere allo stadio terminale. Queste persone di rado si abbuffano in maniera catastrofica, al contrario, fanno tutto quello che possono per prolungarsi la vita.
Potrà la civiltà prolungare la propria vita fino alla fine di questo secolo? “Dipende da quello che saremo pronti a fare”. Teme che passerà ancora molto tempo prima che vengano attuate misure adeguate per arrestare il disastro climatico. “Chi si oppone è il capitalismo. Se lo immagina smantellare l’industria mondiale del trasporto aereo quando, proprio in questo momento, in tutto il mondo si stanno costruendo centinaia di nuove piste? E’ come se stessimo volutamente cercando di sfidare la natura. Stiamo facendo il contrario di quello che dovrebbe essere fatto, con il tacito consenso di tutti e nessuno che batta ciglio”.
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Hanno anche una concezione consumistica ereditata dall’Ovest.
Quindi il relativo diritto-dovere al consumo.
Tutto l’Ovest nel suo grido di battaglia per il progresso non fa che pasturare i mercati che presto gli produrranno ricchezza.
Chiunque faccia un giro nel mondo ancora rurale troverà pannelli pubblicitari di nuovi macchinari e altro anche nei paesi di sperdute lande.
Produrre il bisogno è la premessa.
@Fabio, se anche si azzerasse la crescita della popolazione, cosa risolvi? Avrai a disposizione 10 anni in più per poter sfruttare i combustibili fossili. Bene. e poi?
PS: secondo me azzerare la crescita è un miraggio, perchè riguarda governi del secondo e terzo mondo che hanno una visione a lungo termine forse peggiore della nostra.
A proposito, esiste ancora l’ONU?
È attualmente impossibile rinunciare ai combustibili fossili: significherebbe pretendere di ritornare a vivere come nel Seicento. Una popolazione di piú di sette miliardi e mezzo non potrebbe alimentarsi con la tecnologia di quattro secoli fa.
È però possibile diminuire il tasso di incremento della popolazione, poi azzerarlo, infine ridurre gradualmente il numero degli esseri umani sul pianeta. Il tutto – beninteso – nell’arco dei decenni e decenni necessari affinché ciò avvenga senza eccessivi traumi.
Perché non si discute mai della sovrappopolazione terrestre, vero problema che di questo passo, prima o poi, minaccerà la sopravvivenza della nostra specie? Perché si tace sul fatto che in molte parti del mondo si continuano a generare quattro, cinque o sei figli per donna e la popolazione, di conseguenza, cresce in misura pazzesca? Mi riferisco, senza tacerlo ipocritamente, all’Africa e ai Paesi mussulmani.
Signor Hillman, perché? E rivolgo la domanda a tutti noi: perché?
E la rivolgo pure agli inutili e ipocriti sfaccendati dell’ONU: perché? In quest’ultimo caso si conosce già la risposta: domanda non “politicamente corretta”.
Nei 2 secoli passati, e in questo che stiamo vivendo, avremo bruciato le risorse fossili che la Terra ha prodotto nel corso di centinaia di milioni di anni. E poi?
Chiunque neghi questo, non è solo cieco, è anche stolto. Se l’uomo non comincia subito a cambiare radicalmente il modo su cui basa la propria civiltà, temo che le previsioni di Hillmann si avvereranno.
Per gli interessati, qui si può trovare qualche elemento emerso dai commenti del post precedente https://gognablog.sherpa-gate.com/benvenuti-nel-nostro-glorioso-neomedioevo-scientista/
Più una mente è strutturata – società, capitalismo, progresso – più si chiude le porte dell’infinito.
Senza intima ricerca personale, l’informazione razionale non trasmette che dati. Questi, in quanto tali, si accumulano insieme a quelli precedentemente raccolti, perdendo progressivamente il collegamento con la loro originaria natura, con il sentimento e lo sguardo che li ha generati.
Diverranno ereditati e infine maneggiati dagli specialisti che, in quanto strutturati a loro volta, avranno più a cuore la propria vanità e importanza personale che non il problema di cui sanno argomentare.
Significa che questo non sarà ricreato, non avrà alla base il sentimento necessario per farlo.
L’esperienza non è trasmissibile.