Lato A e lato B del Chiodo d’oro
Sono stato spettatore della consegna del prestigioso Chiodo d’oro agli amici Carlo Claus e Christian Della Maria. E’ stata una cerimonia semplice in una sala gremita (come al solito quando si parla di SOSAT). Preceduta da una bellissima esibizione canora, le laudationes corredate da immagini hanno tratteggiato degnamente i due festeggiati. I quali, quando poi premiati, erano così emozionati da non spiaccicare altro che un timido grazie.
Non ce ne vorrà l’apparato della SOSAT se, in quest’occasione, abbiamo voluto far seguire all’ufficialità anche qualche simpatico risvolto.
Christian Della Maria (con in mano il Chiodo d’oro) e Carlo Claus, alla premiazione del 4 maggio 2017

Il lato A del Chiodo d’oro
Il Chiodo d’Oro SOSAT 2017, è stato consegnato nella sede della SOSAT in via Malpaga 17 a Trento. Il riconoscimento è stato assegnato a Carlo Claus e a Christian Della Maria. Il premio è stato consegnato ai due alpinisti giovedì 4 maggio alle ore 17.30, nel corso della manifestazione Cordate nel Futuro, organizzata dalla SOSAT nell’ambito del sessantacinquesimo TrentoFilmfestival. Dal 2006 il riconoscimento Chiodo d’Oro viene assegnato ogni anno dalla Sezione operaia della SAT a degli alpinisti trentini.
Ci parla del Chiodo d’Oro SOSAT il presidente del sodalizio alpinistico operaio Luciano Ferrari: “Cordate nel Futuro è nato vent’anni fa da una importante collaborazione con il TrentoFilmfestival. Nella nostra sede vi è l’incontro tra vecchie e nuove generazioni di alpinisti ospiti della manifestazione festivaliera. Questo ha fatto sì che Cordate nel futuro sia diventato l’incontro alpinistico del Trento Filmfestival, che riunisce nella nostra storica sede gli alpinisti e gli ospiti della città che rappresentano quel mondo della montagna che ritiene irrinunciabile il confronto tra le generazioni. Lo stile della nostra cerimonia è spontaneo e semplice, ma incentrato sugli alti valori morali, quali l’amicizia, la solidarietà e la riconoscenza, che sono nostro patrimonio sin dal 1921, anno di fondazione della SOSAT.“
La commissione del Chiodo d’oro SOSAT che ha assegnato il riconoscimento 2017 era composta da Luciano Ferrari presidente SOSAT, Mauro Bianchini vice presidente SOSAT, Tony Zanetti, consigliere SOSAT e accademico del CAI, Toni Cembran giornalista, Bruno Menestrina accademico del CAI, Martino Peterlongo presidente del Collegio delle guide alpine del Trentino, Maurizio Giordani guida alpina, Marco Furlani guida alpina e Andrea Zanetti guida alpina.
Le motivazioni
Carlo Claus
E’ uno dei “grandi vecchi” dell’alpinismo trentino, avendo 90 anni. In lui si riconosce lo stile di un alpinista che ha sempre privilegiato il fare, la sostanza, senza mai apparire. Non ha mai cercato le luci della ribalta, a queste, pur essendo un alpinista di assoluto valore mondiale, è sempre rimasto indifferente. Per questo suo stile essenziale e puro che ha sempre praticato l’alpinismo in intimità e con grande rispetto, viene assegnato quale alpinista veterano a Carlo Claus il Chiodo d’Oro SOSAT 2017.
Christian Della Maria sulla via del Festival al Sasso Pordoi

Christian Della Maria
Il suo alpinismo, frutto di una lunga passione è anche per lui fatto di essenzialità. Non cerca di apparire, ma di scalare. Un curriculum prestigioso, che lo fa essere un alpinista trentino forte e preparato, che vive l’amore per la montagna badando al basilare. A Christian Della Maria quale alpinista giovane viene assegnato il Chiodo d’Oro SOSAT 2017.
Carlo Claus
Nasce il 6 dicembre 1926, da una famiglia contadina a Lavis, sembra un segno del destino, all’ombra della Paganella, un tempo montagna sacra per gli arrampicatori di Trento e dintorni. Il suo primo sport è la bicicletta, facile in un mondo che poco conosceva la climalterante automobile, poi l’attrazione per le pareti verticali. I suoi primi compagni di cordata: Marino Stenico, Gino Pisoni.
Prima le palestre, poi la Paganella, il Croz dell’Altissimo, le Torri del Vajolet, il Campanil Basso, le Tre Cime di Lavaredo, le Tofane, il Civetta. Nel suo cammino incontra Angelina, è amore solido come il porfido e da quell’unione nascono Elisabetta, Giuseppe e Andrea e poi nipoti e sorrisi e affetti. Nel lavoro incontra i tubi, quelli dell’idraulica, ed è in quel settore che diventa un bravo e capace artigiano: nel 1954 darà vita a una sua attività imprenditoriale, oggi portata avanti dai figli. Nel 1958 per le sua capacità alpinistiche viene nominato membro dell’esclusivo CAAI, il club degli alpinisti accademici italiani. Alpinisticamente è un secondo di cordata fortissimo, ineguagliabile, affidabile. Incontra Cesare Maestri, in quegli anni senza ombra di dubbio il più forte dolomitista e uno dei più forti al mondo, e con lui effettua molte scalate, ma nasce una solida e ferrea amicizia, che lo porterà ad essere nel 1970 uno degli uomini di punta della cordata, guidata da Cesare Maestri, con Ezio Alimonta, Claudio Baldessari, Daniele Angeli, Pietro Vidi. Con loro salirà il discusso Cerro Torre per la via del Compressore. Ma Claus, non più da secondo di cordata, va anche nel 1969 in Himalaya, esplora il deserto in Africa, dall’Hoggar all’Air. Tra le sue attività va annoverata anche quella di dirigente satino, è stato per tanti anni nel consiglio direttivo della SAT centrale, anche li facendo poche parole, ma tanti fatti, fedele al suo stile di uomo concreto e pratico.
Christian Della Maria
Nasce a Trento il 3 aprile 1971. Si avvicina all’alpe frequentando il campeggio in Val d’Ambiez, organizzato dalla parrocchia del suo quartiere Cristo Re. S’innamora delle verticali pareti del Brenta. E’ la Paganella la prima parete seria che affronta. Nell’ambiente alpinistico conosce e frequenta quelli che sono i suoi miti: Edy Covi, Marco Pegoretti, Marco Furlani, Dario Sebastiani. Scala per quattro anni con un suo giovane nipote e poi per dieci fa cordata con Giuliano Rossi.
Christian vuole crescere e va ai corsi della scuola Graffer, della quale oggi è istruttore, conosce gli istruttori, li frequenta e con loro (Bruno Menestrina, Mauro Loss, Diego Filippi, Renzo Zambaldi) scala sulle pareti delle Alpi, ma anche quelle, complice la sua compagna ligure, le falesie del Sarca e quelle vicine al mare. Il suo nome di battaglia è lider maximo.
Christian Della Maria. Foto: Sara Molinari

Il lato B del Chiodo d’Oro
di Sara Molinari
Mi è stato chiesto/suggerito di descrivere l’altra faccia della medaglia o meglio, l’altra faccia del chiodo (quella color marrone): e allora eccomi qua.
Christian è una di quelle persone che ama spingere la vita al limite, forse al limite della riserva, al limite della rottamazione…
Già dalla seconda uscita avrei dovuto capire che la strategia non era il suo punto di forza. Quando partendo da Trento con l’auto praticamente in riserva siamo rimasti senza benzina a pochi metri dal Passo Sella e al rientro abbiamo guidato con la macchina in folle per 15 km fino al primo distributore, incrociando le dita a ogni striscia pedonale, rotonda, incrocio… e vi assicuro che ce ne sono parecchi.
O ancora quella volta in Corsica quando, diretti a Bavella per arrampicare, per evitare mezz’ora di traffico costiero decidemmo di prendere una scorciatoia via direttissima appena segnata sulla carta topografica: bene, non pretendo che voi sappiate di cosa si tratti. Per il semplice fatto che l’accesso ai comuni mezzi automobilistici non è consentito. Per percorrere una strada del genere servono dei mezzi speciali, quelli alti mezzo metro da terra, con gomme spessissime, in grado di superare buche, fossi, guadi… oppure devi possedere un kangoo e un autista pazzo.
Dopo più o meno due ore di saliscendi, un’infinità di stradine e vallate percorse senza più orientamento e dopo essermi immaginata ogni sorta di scenario, siamo miracolosamente approdati a una strada, una di quelle vere, dove passano le auto!
Ci eravamo appena “fidanzati” quando, vedendo una coppia di rocciatori di ritorno dal Campanile Basso vistosamente in litigio tra di loro, commentai ingenuamente il loro comportamento con un “noi non saremo mai così”. Ecco, credo che quella sia stata una delle cazzate più grosse mai dette da me.
Molte delle persone che ci vedono in parete si stupiscono di come riusciamo ad arrampicare senza utilizzare i comandi vocali (infatti non ci parliamo): al che sono solita rispondere che noi parliamo/urliamo solo in caso di estrema necessità, quando cioè è estremamente necessario insultarsi/mandarsi a quel paese. E questo avviene ogni volta che si deve rinunciare a una via, quando il tiro è troppo duro, la corda poco tesa, il traverso troppo difficile o, peggio ancora, quando si deve superare un tetto con le staffe (lì sta il meglio del mio repertorio). Insomma, ogni qual volta si va in montagna.
Sara Molinari. Foto: Christian Della Maria

Chi conosce bene Christian sa quanto poco gli piaccia camminare o meglio quanto poco gli piacciano le camminate fini a se stesse. Negli ultimi anni però sembra averci preso gusto a fare chilometri. Della Valle del Sarca conosce non solo ogni parete, ma anche ogni sentiero e linea di corriere che riportano a Trento. Per esempio, in questi mesi invernali ha voluto approfondire la conoscenza del territorio mocheno e, visto che le cose o le si fanno bene o non le si fanno affatto, ha camminato per quasi due ore carico di tutto il materiale per fare ghiaccio, nel tentativo di tornare a casa. Ciò nonostante, ancora non sembra aver capito di quanto poco conveniente sia litigare con la morosa se questa ha con sé le chiavi della macchina.
L’abito, si sa, non fa il monaco né tantomeno l’alpinista, e a guardarlo bene quando è in montagna Christian assomiglia più a un operaio metalmeccanico o, nei momenti di maggior lustro, agli alpinisti cecoslovacchi degli anni Ottanta. Gli indumenti sono rigorosamente recuperati, riadattati e il valore tecnico che attribuisce loro è inversamente proporzionale al valore di mercato… nel senso che lui le cose le compra proprio al mercato.
Nel tempo poi ha sviluppato un rapporto morboso, quasi ossessivo, con i guanti, decine e decine di paia di guanti. Credo che il fattore traumatico scatenante sia riconducibile a una perdita: a quando lasciò il suo paio migliore su Cima Brenta e se ne accorse solo dopo qualche ora, praticamente ormai in fondo alla Vedretta ovest. Beh, credo che in quell’occasione per via delle imprecazioni se ne accorse ogni essere vivente nel raggio di chilometri, senza considerare il fatto che era fermamente intenzionato a lasciarmi lì, sola e abbandonata, per andare a riprenderseli.
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Super Sara! 😀
Marcello, grazie, ma col mio caratteraccio non sarei proprio capace.
E poi ambienti come il loro sono molto auto referenti per difesa, non guardano quasi mai fuori e raramente premiano estranei.
Per capire questo basta leggere i nomi dei giudicanti.
Panzeri for President
Loro bravi e divertente l’articolo, ma “CORDATE DEL FUTURO” è molto più divertente.